Cesare Zavattini insegna un bel gioco
Voglio insegnare ai poveri un gioco molto bello.Salite le scale con il passo del forestiero (quella volta rincaserete più tardi del solito) e davanti al vostro uscio suonate il campanello.
Vostra moglie correrà ad aprirvi, seguita dai figli. È un po’ seria per il ritardo, tutti hanno fame.
– Come mai? – domanda.
– Buona sera, signora, – levatevi il cappello e assumete un’aria dignitosa. – C’è il signor Zavattini?
– Su, su, il lesso è già freddo…
– Scusi, avrei bisogno di parlare con il signor Zavattini.
– Cesare, andiamo, vuoi sempre giocare…
Non muovetevi e dite: – Evidentemente si tratta di un equivoco. Scusi, signora…
Vostra moglie si volterà di scatto, vi guarderà con gli occhi spalancati. – Perché fai così?
Serio, state serio, e ripetete avviandovi giù per le scale: – Io cercavo il signor Zavattini.
Si farà un gran silenzio, udrete solo il rumore dei vostri passi.
Anche i bambini sono restati fermi. Vostra moglie vi raggiunge, vi abbraccia: “Cesare, Cesare…”. Ha le lacrime agli occhi, i bambini forse cominceranno a piangere. Scioglietevi con delicatezza dall’abbraccio, allontanatevi mormorando: “È un equivoco, cercavo il signor Zavattini”.
Rientrate in casa dopo una ventina di minuti fischiettando.
– Ho tardato tanto perché il capo ufficio… – e raccontate una bugia come nulla fosse avvenuto.
Vi piace? Un mio amico a metà giuoco si mise a piangere.