Cizre sotto assedio
Seconda giornata degli attivisti di «Ya Basta! Bologna» sul confine turco-siriano, verso la Carovana Internazionale in Kurdistan
La delegazione di Ya Basta Bologna si trova in Turchia per consegnare un carico di materiale sanitario alla popolazione della città di Kobane nell’ambito della Carovana Internazionale in Kurdistan e per monitorare il progetto Rojava Playgrounds in collaborazione con la Municipalità della città di Suruç.
Suruç 10 settembre 2015
Sono sette giorni che la città curda di Cizre è sotto assedio da parte dell’esercito turco.
«Una mamma è stata costretta a conservare la propria figlia nel congelatore in modo che il corpo non andasse in decomposizione» ci dice Mehmet Kosti, coopresidente del Dbp (Partito Democratico Regionale) che oggi abbiamo incontrato a Suruç assieme alla coopresidente Rojda Binici. La notizia, apparsa anche su tutti i media turchi, ci lascia attoniti.
I cecchini turchi posti sui tetti delle case aprono il fuoco sui civili ferendo donne, bambini e chiunque abbia tentato di violare il coprifuoco al fine di trovare qualcosa da mangiare.
«Non c’è acqua, né elettricità da una settimana; i forni sono stati chiusi e non è possibile uscire da casa. Hanno interrotto tutte le vie di comunicazione. Chi è lì riesce a postare foto e video sui social-network solo attraverso i propri cellulari, ma quando bloccheranno anche queste connessioni non saremo più in grado di avere notizie di cosa sta accadendo».
Nel frattempo Demirtas (copresidente di Hdp) e una delegazione di parlamentari del suo stesso partito sono stati bloccati nelle vicinanze di Cizre. Con una lunga carovana di autobus e auto hanno cercato di entrare nella città per bloccare questo massacro.
Dopo il primo tentativo hanno deciso di continuare la loro marcia a piedi, con la consapevolezza che entrare a Cizre significa lottare per l’umanità. Sono stati attaccati con lanci di gas lacrimogeni.
Ma la determinazione e la tenacia dei cittadini e dei deputati dell’Hdp ha permesso proprio in questo momento, mentre scriviamo l’articolo, di rompere l’assedio ed entrare a Cizre.
Municipio nel nord della Mesopotamia, alle sorgenti del Tigre, Cizre è sempre stata una delle roccaforti delle lotte per la rivendicazione dei diritti del popolo curdo.
Dieci giorni fa Cizre aveva dichiarato la propria autonomia confederale mettendo in pratica il confederalismo democratico teorizzato da Ocalan.
La risposta del governo turco è stata un assedio militare alla città e l’imposizione del coprifuoco.
Nella lunga discussione avvenuta nella sede del Dbp, ci confrontiamo anche sulla situazione che vivono le città del confine a ridosso della Siria, impegnate a sostenere la resistenza del Rojava ma anche i contraccolpi di una guerra violentissima. A Suruç negli ultimi mesi, dopo la liberazione di Kobane, i campi profughi si stanno ormai svuotando. La Municipalità ha ancora in gestione tre campi che vedono la presenza di 150 famiglie. Ma fra il grande campo Afad (gestito dal governo turco) e i molti profughi ancora ospiti nelle case e nei villaggi circostanti, a Suruç sono ancora presenti 45.000 persone, mentre negli ultimi due anni sono state 250.000 le persone che hanno trovato rifugio in questa città curda.
Proprio partendo dal grande sforzo che Suruç ha fatto, gli amministratori del Comune ci chiedono perché l’Europa non accolga e non riconosca il diritto d’asilo a chi fugge dalla Siria. «Quanti bambini come Alan Curdi devono morire ancora perché ci sia una presa di posizione netta e risolutiva dei Paesi dell’Unione Europea affinché si creino corridoi umanitari per evitare in futuro le stragi che abbiamo visto nei nostri mari?».
Ma con loro non potevamo non parlare della strage del centro culturale Amara. Mehmet Kosti era presente il 20 luglio al momento dell’esplosione del kamikaze e ci spiega perché è stato scelto quel momento per colpire. «Uccidendo 32 ragazzi e ragazze turche, della Federazione Socialista dei Giovani Rivoluzionari venuti a portare solidarietà ai bambini di Kobane si voleva contrastare l’idea delle relazioni solidali tra i popoli. Se invece avessero voluto fare una strage colpendo indistintamente la solidarietà al Rojava avrebbero potuto colpire il giorno prima, quando erano scesi in piazza a Suruç 50mila cittadini in sostegno al Rojava».
Affidiamo la conclusione di questo nostro secondo report alle parole di Mehmet Kosti, coopresidente del Partito Democratico Regionale:
Il progetto portato avanti dall’HDP mira a dimostrare che diverse culture possono convivere anche nell’ovest della Turchia, e sta riscuotendo successo.
In queste regioni s’è infatti riscontrato l’appoggio di turchi, aleviti, sunniti ed altre minoranze.
Il risultato positivo di questo progetto sta attirando le poco amichevoli attenzioni di chi invece crede ancora fortemente nello stato nazione a base etnica turca. Attenzioni che si traducono in attacchi alle sedi dell’HDP, ai sostenitori del partito ed indiscriminatamente al popolo curdo in generale.
Esattamente come trent’anni fa (quando la questione curda era al centro della politica in Turchia con la richiesta di un Kurdistan indipendente).
Oggi il Governo turco sta usando gli stessi metodi, applicazione del coprifuoco in diverse località, tra cui Cizre.
Proprio a Cizre sta avvenendo il più chiaro esempio del massacro di civili nel Kurdistan Turco, la città è assediata da 6 giorni, nessuno può entrare o uscire, si hanno notizie frammentate se non della continua moria di civili e bambini.
Come voi sapete, una delegazione di nostri parlamentari (Hdp) ed una parte di popolazione stanno provando a raggiungere la città a piedi dopo che la polizia ha bloccato i mezzi con cui viaggiavano verso Cizre. Ma anche la marcia a piedi è stata fermata in mezzo alla campagna con gas lacrimogeni e circondando i deputati dell’HDP.
A Cizre non c’è eletticità nè acqua, le farmacie sono chiuse, i forni anche. Riceviamo queste notizie sui social network ma, ovviamente ci sono anche problemi con la connessione ad internet.
La maggior parte degli aggiornamenti arriva tramite l’uso di reti mobili, ma temiamo che con l’interruzione anche di questo servizio le già scarse comunicazioni con l’interno della città s’interromperanno del tutto.
Una delle notizie più strazianti che ci hanno mandato è l’immagine di una madre che per evitare l’avanzare della decomposizione del cadavere di sua figlia l’ha prima protetto con del ghiaccio per poi metterlo in freezer, il tutto perché il fuoco dei cecchini impedisce di seppellire i morti, e ci giungono informazioni che suggeriscono che questo non sia un caso isolato.
Ci sembra che questo sia un attacco all’onore dell’umanità, un crimine contro l’umanità.
E a tutta l’umanità ci rivolgiamo, non a singoli colori, popoli o religioni, ma tutti coloro che lottano per l’umanità e che vogliono difenderla devono far sentire la propria voce in favore di Cizre.
Chi si definisce un essere umano, chi lotta per l’umanità, chi per i diritti fondamentali deve oggi lottare anche per Cizre.
Lo stanno facendo le tante persone scese nelle piazze turche, stanno dando voce a quella madre che non riesce a seppellire la sua bambina.
Noi curdi subiamo massacri e torture ma non smetteremo di chiedere la pace.
Anche qui nel Kurdistan turco seguiremo l’esempio della rivoluzione del Rojava, pur continuando a lottare non schiacceremo sotto i nostri piedi la dignità umana e continueremo a difendere la pace, consci che se continueranno a verificarsi attacchi saremmo costretti a difenderci e a dar vita a processi d’ autorganizzazione e di autonomia.