La Bolivia resiste

Risposta democratica davanti al nuovo tentativo di colpo di stato. Oltre all’assenza di sostegno popolare e internazionale, questo movimento guidato da Zúñiga sembrava contare su una partecipazione minoritaria del settore militare e della polizia.

di Álvaro García-Mayoral (*)

 

 

La forte tradizione caudillista che impera in America Latina dai tempi di Simón Bolívar ha condotto ad una permanente tensione tra lo spazio civile e l’ambito militare nella recente storia latinoamericana. È risaputo che il XX secolo è stato specialmente virulento in questo senso, con costanti colpi di stato che hanno aperto la strada a processi dittatoriali promossi da capi militari di diverso segno e provenienza.

Il XXI secolo ha visto, fortunatamente per la salute democratica della regione, come si è notevolmente ridotta la quantità di tentativi di presa del potere politico attraverso la via armata. Nonostante ciò, tentativi falliti come quelli avvenuti in Venezuela nel 2002, Honduras nel 2009, Ecuador nel 2010 o Bolivia nel 2019 ci invita a concludere che ancora esistono certe ridotte dentro il ceto militare che confidano in questa formula di presa del potere politico.

In poche ore, la grande maggioranza dei presidenti e cancellieri della regione si sono dichiarati a difesa della democrazia e dell’ordine costituzionale boliviano

L’ultimo tentativo di sovvertire l’ordine costituzionale attraverso la via militare nella regione è avvenuto questo mercoledì 26 giugno in Bolivia, con “mobilitazioni irregolari di alcune unità dell’Esercito”, secondo le parole del presidente Luis Arce nella rete X -precedentemente Twitter-. Queste unità erano guidate dal generale Juan José Zúñiga, comandante generale dell’Esercito boliviano destituito dopo uno scontro diretto con l’ex presidente Evo Morales, quando criticò l’ingerenza dell’ex mandatario boliviano e rivendicò il ruolo dell’esercito come “il braccio armato del popolo”.

I fatti di mercoledì 26 giugno hanno generato un clima di alta tensione, con il tentativo da parte dei militari di entrare con la forza nel Palazzo Quemado, sede della presidenza boliviana, provocando un’immagine che passerà alla storia latinoamericana quando il presidente Arce ha ordinato, faccia a faccia con il generale Zúñiga, di abbandonare i loro propositi e sospendere la loro operazione. L’impressione trasmessa dai militari implicati è stata di un’organizzazione senza obbiettivi definiti e articolata in modo improvvisato e senza il sostengo dei distinti poteri -politico, imprenditoriale o mediatico- che configurano la società boliviana.

L’esperienza storica mostra che affinché un colpo di stato trionfi, e ancor di più nell’ambito delle democrazie latinoamericane del XXI secolo, è necessario che si compia una serie di condizioni previe che in nessun caso sembravano essere presenti nel movimento del generale Zúñiga. In primo luogo, questa fazione dell’esercito non contava su nessun tipo di appoggio popolare. La Bolivia è un paese con una cultura democratica robusta, che conta su una base popolare eterogenea e una struttura politica molto decentralizzata. Questi fattori sociopolitici, insieme ad altri, rendono difficile un potenziale successo di tentativi golpisti in un paese che lotta per lasciarsi dietro la propria tradizione militarista, molto presente durante il XX secolo In questo caso, gli stessi dirigenti boliviani hanno istigato la società civile a mobilitarsi a difesa dell’ordine costituzionale e della democrazia, sfociando in tensioni tra manifestanti e l’esercito in alcune enclave urbane che felicemente si sono risolte senza vittime mortali.

D’altro canto, affinché si materializzi il successo di un colpo di stato militare risulta chiave contare su un certo appoggio internazionale. Durante il  periodo delle dittature della fine del XX secolo, paesi già immersi in processo dittatoriali appoggiavano -con il beneplacito degli Stati Uniti nel quadro del loro Piano Condor- l’instaurazione di regimi militari in diversi paesi della regione. Oggi, nonostante ciò, l’America Latina e i Caraibi sono una regione che, sebbene stia soffrendo un processo di erosione democratica, conta su alcune delle democrazie più consolidate del mondo. Insomma, le stesse istituzioni regionali come la CELAC, l’UNASUR o l’OEA stabiliscono come principio fondante la difesa della democrazia. Questa convinzione condivisa ha implicato che, in poche ore, la grande maggioranza dei presidenti e cancellieri della regione manifestassero a difesa della democrazia e dell’ordine costituzionale boliviano, condannando l’indefinita operazione militare guidata da Zúñiga.

Una speciale menzione merita il comunicato di Luis Almagro, presidente dell’OEA, coinvolto nel tentativo di abbattimento del presidente Nicolás Maduro tra gli anni 2017 e 2019, e che ha anche riconosciuto la propria partecipazione al tentativo di colpo di stato in Bolivia nel 2019 contro Evo Morales. Al di là della doppia misura e dell’incoerenza discorsiva, si deve festeggiare il ritorno dell’OEA e di Luis Almagro in particolare, sul sentiero della difesa della democrazia e della ferma condanna dei tentativi violenti di presa del potere politico. D’altro lato, Jeanine Áñez, beneficiaria della congiura politica avvenuta nel 2019 innalzandosi alla presidenza ad interim ha condannato, questa volta sì, il movimento militare guidato da Zúñiga. In questo modo l’insieme della comunità internazionale e i differenti attori politici boliviani hanno espresso la loro ferma disposizione a difendere il presidente Arce e la democrazia boliviana.

L’esperienza di questo tentativo di golpe fallito in Bolivia deve servire da avvertimento sui rischi legati ad una crescente presenza militare nella vita politica delle società latinoamericane

Oltre all’assenza di sostegno popolare e internazionale, questo movimento guidato da Zúñiga sembrava contare su una partecipazione minoritaria del settore militare e della polizia. In questo caso, le indagini concluderanno qual fosse il grado di implicazione dei distinti ceti militari, ma la sensazione trasmessa è che non si sia trattato di un movimento orchestrato né maggioritario dentro l’insieme delle Forze Armate.

In qualunque caso, la regione latinoamericana si trova in un processo di progressiva militarizzazione della sua vita pubblica -come risposta alla richiesta cittadina in materia di sicurezza-, che implica che l’esercito occupi in modo graduale posti di responsabilità nei processi di decisione politica. In questo modo, l’esperienza di questo tentativo di golpe fallito in Bolivia deve servire da avvertimento sui rischi legati ad una crescente presenza militare nella vita politica delle società latinoamericane.

La Bolivia è un paese che sta soffrendo un rallentamento della sua economia dopo più di un decennio di continuata crescita. Le differenze campo-città, la “emergenza indigena” o le tensioni politiche interne nel movimento MAS tra il presidente Arce e l’ex presidente Morales appaiono come elementi destabilizzatori che rendono difficile la governabilità del paese. Insomma, la Bolivia si sta trasformando in un’enclave geopolitica strategica per le sue grandi riserve di litio, materiale chiave nella produzione di dispositivi tecnologici, trasformatisi in una componente altamente richiesta nel mercato internazionale, fatto che in qualche modo può danneggiare la sovranità del paese.

Alcuni analisti hanno legato il motivo del golpe a questa causa, mentre lo stesso generale Zúñiga ha accusato il presidente Arce di aver organizzato tutto questo movimento per aumentare la propria popolarità. Infine, le indagini concluderanno quali siano l’origine e le motivazioni del golpe, che in principio ha avuto come volontà, con le parole del suo istigatore, di modificare il gabinetto del governo, per successivamente dichiarare che si trattava di una dimostrazione di scontento per la situazione politica del paese. Il saldo che lascia questo fatto invita alla preoccupazione per l’aumento della tensione politica che si sta producendo nella regione, nonostante ciò, è da festeggiare la forte ed unanime risposta democratica tanto del popolo boliviano come dell’insieme della comunità internazionale.

(*) Traduzione del Comitato Carlos Fonseca: https://comitatocarlosfonseca.noblogs.org/post/2024/06/27/la-bolivia-resiste-risposta-democratica-davanti-al-nuovo-tentativo-di-colpo-di-stato/#more-22260
Álvaro García-Mayoral, “Bolivia resiste: respuesta democrática ante nuevo intento de golpe de Estado”

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