La sentenza per la morte di Leonardo Riberti

Il 21 giugno 2022 Leonardo Riberti, un ragazzo ferrarese ricoverato nel reparto di otorinolaringoiatria dell’Ospedale Maggiore di Bologna, cade dal tetto precipitando per circa 15 metri. Leonardo stava vivendo una fase di evidente fragilità psichica, tanto che il medico del reparto aveva provato a contattare lo psichiatra in turno.
Ieri l’inchiesta sulla sua morte è stata archiviata.
Quello che segue è il commento di Vito Totire.

TUTTI “INNOCENTI”, ANCHE L’OSPEDALE MAGGIORE? ABBIAMO RADICALI DUBBI …

E’ ormai luogo comune dire che “le sentenze dei giudici vanno rispettate”, il che tuttavia non significa doverle condividere o dover tacere.
La sentenza  che riguarda la vicenda di Leonardo Riberti non la condividiamo assolutamente, né nelle conclusioni ma soprattutto nella impostazione delle indagini e nel percorso per la individuazione di eventuali responsabilità.
Il problema a nostro avviso non sta tanto nella ricerca della colpa individuale del singolo operatore ma nella “colpa di organizzazione” di una struttura sanitaria e ospedaliera che non ha saputo essere accogliente.
Traspare a mezzo stampa il rammarico, attribuito ai familiari, circa il fatto che Leonardo avrebbe dovuto essere “contenuto”. Noi diciamo piuttosto che avrebbe dovuto essere accudito.
Quindi non ci pare che la questione si debba insabbiare su un tentativo non riuscito di un otorinolaringoiatra di contattare lo psichiatra.
L’ospedale maggiore di Bologna dovrebbe essersi interrogato sull’accaduto e forse lo ha fatto ma al momento non lo sappiamo e quindi non sappiamo a quali conclusioni possa essere giunta questa eventuale riflessione.
Perché il contatto tra un medico e l’altro non è avvenuto? Cellulare senza campo? Psichiatra contattato che non risponde? Psichiatra contattato sovra impegnato?
Primo medico che non insiste?
Tuttavia non si può eccessivamente parcellizzare le competenze mediche.
Che Leonardo Riberti non fosse, quella notte del 2022  in cui è caduto e deceduto, nelle condizioni di percepire esattamente i pericoli, come può succedere per ragioni psichiatriche ma anche di altra natura, come può accadere in ogni condizione di regressione alla fase infantile, emerge evidentissimamente dalle cronache ed era verosimilmente riscontrabile da chiunque, anche non medico o infermiere.
Cosa è stato fatto per fronteggiare questa evidente condizione di grave rischio?
L’unica strategia è una telefonata a cui nessuno risponde?
Se lo psichiatra non risponde nessuno è responsabile ?

Sempre dalle cronache emerge che Leonardo non aveva alcuna effettiva né ipotizzabile pulsione suicidaria. Egli evidentemente si sentiva fortemente a disagio nella sua condizione di “detenuto” tanto da fare un primo tentativo di fuga (non riuscito) e da tentarne un altro ancora più a rischio che ha comportato la caduta fatale da 15 metri.

A Bari pochi mesi fa il tribunale ha emesso condanne penali per il “suicidio” di un paziente che si è lanciato dalla finestra (evidentemente non del primo piano).
Questa sentenza ha preso le mosse da un tragico evento precedente a seguito del quale la magistratura aveva disposto la apposizione di chiusure di sicurezza delle finestre, misura che la clinica (pubblica) teatro dell’evento non aveva rispettato.

Allora probabilmente era facile pensare che fosse meglio ricoverare Leonardo in un reparto al pian terreno? O comunque Leonardo, psichiatra o non psichiatra, avrebbe dovuto essere, non “contenuto” ma accudito e certo questa esigenza era alla portata della percezione di chiunque senza la necessità del supporto dello specialista che, contattato, non risponde.
Nasce quindi un interrogativo?  Non sarà che questa semplice esigenza si è scontrata col solito problema della “carenza di personale”?

In alcuni ospedali italiani hanno organizzato una particolare capacità relazionale, ambientale e fisica di accoglienza per i bambini che hanno problematiche dello spettro autistico, dopo aver constatato i livelli elevatissimi di distress che questi bambini subiscono nel pronto soccorso ospedaliero come abitualmente gestito (sovraffollameto, sovraccarico di lavoro, rumori , tensione nervosa).
Per Leonardo – e per tutti – occorre mettere in campo una capacità di accoglienza e di accudimento personalizzata che può certamente evitare, se attuata, epiloghi tragici come quello che si è verificato. Se è troppo tardi per Leonardo dalla sua drammatica storia possiamo trarre qualche indicazione per il futuro?

Non è per chiudere la vicenda giudiziaria che per noi deve rimanere aperta ma , quantomeno, è evidente che “dimenticare” e non riflettere su quello che è accaduto nuocerebbe molto al futuro di tutti.
Un abbraccio ai familiari di Leonardo e a tutti quanti hanno manifestato sentimenti di solidarietà.

Vito Totire, Centro per l’alternativa alla medicina e alla psichiatria F.Lorusso via Polese 30 40122 Bologna

Bologna, 28.6.2024
***

alexik

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