Leggere e scrivere fantascienza #13
Un manifesto da “Stranimondi”
di Giulia Abbate
Il 14 e 15 ottobre 2017 si è tenuta a Milano Stranimondi – convention del libro Fantastico, che ogni anno riunisce tantissimi appassionati del settore: lettori, scrittori, editori, estimatori e incroci genetici tra le precedenti categorie.
Ci sono state delle bellissime conferenze, incontri e panel interessanti che ho cominciato a riportare insieme alla mia socia Elena sulle nostre pagine. [Leggi qui il resoconto dei due giorni di Stranimondi a Milano]
Una delle conferenze più interessanti si è tenuta domenica a metà giornata ed è consistita in una lezione di Franco Ricciardiello, autore più volte pubblicato e premiato, che si chiedeva: è possibile insegnare a scrivere fantascienza? Considerare cioè la scrittura di fantascienza come una branca a sé della scrittura creativa, bisognosa di regole ad hoc?
La risposta è ovviamente sì, non solo è possibile, ma anche auspicabile e doveroso, per un successo di pubblico che ancora non è arrivato.
Franco Ricciardiello ha pubblicato il testo completo del suo intervento nel suo blog “Ai margini del caos” con il titolo: Science-fiction Creative Writing: è possibile insegnare a scrivere fantascienza? Vi invito a leggerlo, per capire il livello della sua proposta e per coglierne i tantissimi spunti.
Quello che mi ha colpita molto, in un discorso generale con il quale sono d’accordo, è la sua introduzione. Aprendo il panel, Franco ha affermato:
Finora noi autori di fantascienza italiana siamo stati troppo indulgenti con noi stessi.
Nel testo del blog, ha riportato il concetto in questo modo, il grassetto è mio:
Fino dai primi passi della fantascienza nel nostro paese, siamo stati troppo tolleranti con gli autori italiani. Cresciuti in un vero e proprio ghetto, ci siamo costruiti al suo interno una seconda cerchia di mura protettive per tenere fuori la Letteratura. Questo cerchio interno si chiamava fandom.
Per anni, all’interno del fandom ci siamo confrontati non con gli scrittori pubblicati dalle case editrici, ma con altri fanzinari. Questo ha abbassato il livello qualitativo della scrittura, perché ci siamo sempre accontentati di essere meglio degli altri scrittori del fandom. È questa la ragione per cui la fantascienza italiana è rimasta indietro rispetto non solo a quella americana, inglese o russa, ma persino dietro quella francese.
Molto bello quel “persino” Detto ciò, pur non avendo la conoscenza enorme della letteratura SF che ha Franco Ricciardiello e che hanno altri, mi trovo d’accordo con questa retrospettiva.
Franco Ricciardiello, nel corso della sua lectio “stranimondensis” o giù di lì!
Più volte, nel corso di questi vent’anni durante i quali sono stata una lettrice di fantascienza, ho sempre trovato la fantascienza italiana quella più faticosa da leggere; quella più arraffazzonata, sia dal punto di vista editoriale che da quello letterario tout court; quella più visibilmente dilettantistica e meno curata. Persino gli autori statunitensi più beceri, retrivi, vecchi e balordi risultavano meglio curati! (Meglio tradotti, corretti, impaginati, editati, scritti!)
Negli ultimi anni, le cose stanno cambiando. Perché tutto si mischia.
Qualcosa di fatto crolla. Tanto per dire:
- l’editoria “tradizionale” non ha più una lira e, dovendo ricorrere a stagisti non pagati, pubblica libri di merda zeppi di refusi e imprecisioni grafiche;
- la stampa costa sempre di più e quando non hai i soldi non dico per farla in Cina, ma manco nei Balcani, anche tu editore un tempo fulgido usi il digitale;
- gli autori hanno capito le potenzialità del fandom e quindi grazie alla loro fanbase riescono a far passare anche una produzione discutibile.
Allo stesso tempo, dall’altra parte della barricata, tra i “dilettanti” l’asticella si alza:
- l’autore indipendente ricorre a un editor che gli blinda il testo nello stile e nel contenuto (uno tipo me, per capirci!)
- il nerd attento è capace di impaginare con QuarkXpress meglio di un redattore col contratto indeterminato (ne esisteranno ancora?)
- la qualità della stampa digitale si alza sempre di più con costi accessibili.
Quello che voglio dire è che le barriere cadono. E mentre molta parte dell’editoria blasonata va a braccio e sprofonda perché non capisce, una buona parte del fandom SF, abituato per definizione al fai da te e allo scavalcamento dei confini incerti, sta facendo dei bei passi in avanti per quanto riguarda la professionalità editoriale e la capacità di ritagliarsi uno spazio autonomo e vivo nel quale esistere e sostenersi (Stranimondi ne è in fondo la dimostrazione).
Il team Stranimondi! #meravigliosi
In tutto questo, cosa resta? Cosa rimane da presidiare, da migliorare per iniziare a fare i soldi veri (in senso figurato, ma anche no!)? Senza più bisogno di accattonare una dignità, ma dimostrandola e basta, facendo cantare i fatti, senza più chiedere il permesso di esistere?
Beh, resta la scrittura.
La scrittura, amiche e amici mie, è ancora il rospo principale della SF e piano piano, grazie allo scenario in evoluzione che ho descritto poco sopra, lo sarà sempre di più.
Perché non cambiano solo gli operatori. Cambiano anche i lettori: oggi sono ben coscienti della marea di principanti che intasano le librerie, e hanno sviluppato delle antenne ricettive nei confronti della fuffa.
Non importa quale sia l’etichetta, se grande, piccola o pulviscolare. I lettori sanno distinguere la roba buona e le cose dalle quali tenersi ben lontani: beccata una fregatura, si segnano i nomi di autori e autrici e non si fanno più vedere. Sono un po’ indietro per quanto riguarda gli editori: non c’è ancora la piena consapevolezza che un brutto libro è anche responsabilità di chi lo pubblica. Ma indovinate chi paga questa ignoranza? Eh, sì: sempre noi, autori e autrici spesso mal consigliati e pubblicati a sproposito.
Anche Lui disapprova: il Primo Blastatore della storia dell’italiano moderno
Quindi, dicevo, cosa resta?
La qualità della nostra produzione letteraria. Messa in prima linea, mai come ora.
E mai come ora tanto, troppo del risultato finale è affidato alla capacità di chi scrive: alla sua bravura, alla consapevolezza stilistica, alla sua efficacia, che significa niente meno che la capacità di ottenere nel lettore esattamente l’effetto voluto. Chi legge deve tremare quando noi vogliamo che tremi e deve ridere quando vogliamo suscitare la sua ilarità. Se trema all’ennesimo svarione grammaticale, oppure ride per la nostra tragica imperizia, affondiamo noi e tutta la baracca.
Per questo, mai come ora dobbiamo entrare in un ordine di idee diverso da quello del fandom appassionato che manda avanti chiunque purché parli di navi spaziali e stimoli quel sense of wonder risalente a un’adolescenza persa nelle nebbie del tempo. Bisogna anche recuperare il tempo buttato a piegarci agli sproloqui sfasati ed esteti secondo i quali “un disco volante non può atterrare a Lucca”, bisogna rottamare questo tono saccente, rottamare pure i dischi volanti e tenerci stretta Lucca.
Meanwhile, a Lucca… c’è anche un certo Comics&Games.
Lucca è bella ma è pure viva e lotta insieme a noi.
Lucca vende cara la pelle, prendi questo, F&L!
Perché, indovinate un po’: il lettore di genere sta imparando anche a leggere in lingua originale. E temo che i paragoni tra la SF italiana e quella di molti altri paesi (solo l’ultimo dei quali è gli USA) potrebbe essere ancora molto a nostro sfavore.
Quindi, animo! Molliamo la nostra nostalgica fuffa anni Cinquanta, liberiamoci di supposti “debiti culturali” che ci hanno solo affossato e facciamoci sotto.
Iniziamo a considerare la fantascienza come quello che è: un genere importantissimo, portatore di significati profondi e necessari, che ha fatto la storia della letteratura nel Novecento, che cambia la vita dei lettori e la loro percezione, che migliora la società e che per questo è adorato dalle masse.
Abbiamo sulle spalle una grande responsabilità. Siamo chiamati all’eccellenza, non “nonostante” scriviamo fantascienza ma “proprio in virtù del fatto che” l’abbiamo scelta.
Smettiamola di strisciare. Basta scusarci. Puntiamo alle stelle e rendiamoci degni di ciò che pretendiamo di avere e di dare.Dopo questo manifesto/siluro, ringrazio Franco Ricciardiello che ha condiviso la sua competenza con noi e vi annuncio il prossimo post. A novembre torneremo giù, tra i ferri del mestiere, per parlare proprio di idea e di creatività: dopo tanta pianificazione e documentazione, arriva il momento di mettersi a scrivere!
Quanto hai ragione, Giulia!
“Rottamare i dischi volanti e tenerci stretta Lucca”! questo sembra l’inizio di un Manifesto!