Sara Bilotti, Candice Fox con…

…Anne Holt, S. A. Cosby – quattro recensioni di Valerio Calzolaio

La punizione – Sara Bilotti

HarperCollins Milano 2024

Pag. 268 euro 18,50

 

Faro, piccola sperduta isola del Mediterraneo (chiamata così dagli indigeni). Nell’ultimo decennio. Barbara Doria vi si è trasferita a insegnare, dopo la svolta di vita verificatasi otto anni prima: la sera che stava decidendo ancora una volta di fuggire, delusa dal cronico innamoramento verso Luca, uscendo dal locale in auto sotto la pioggia, le era accaduta una vicenda straziante: aveva involontariamente travolto un invisibile fagotto con un bambino. Aveva chiamato il pronto intervento, detto la verità alla polizia, rifiutato patteggiamento e rito abbreviato. Incidente, non omicidio: ebbe la condanna con molte attenuanti, non fece giorni di carcere, partì. Dopo le inevitabili tristi vicende giudiziarie aveva provato a ricominciare altrove, a tagliare i ponti con il passato, a fuggire pure da sé stessa, dai propri dubbi e desideri. Un nuovo luogo isolato, il lavoro di maestra elementare, perfino un differente nome, è conosciuta e stimata come Alice, ormai una 35enne dai lunghi capelli scuri. Un giorno di maggio all’improvviso la preside della scuola annuncia che è in arrivo proprio nella sua classe un’alunna imprevista di 8 anni, Anna, bambina complicata già cacciata da tre scuole, con un serio problema di aggressività e accessi di rabbia. Vanno al porto ad accoglierla, dove sbarca con i genitori, ed è uno shock inesorabile: il padre è Luca Damiani, l’amore non ben corrisposto della sua vita, l’uomo che ha provato in tutti i modi a rimuovere dalla mente e dal cuore. E la mamma è Isabella Maisto, incredibile, ovvero la madre del bambino che Barbara aveva investito e ucciso, una donna che dovrebbe odiarla, ma che adesso pare soffra di una grave forma di amnesia. Come può essere un caso che Luca e Isabella si siano trasferiti su quell’isola? Isabella non ricorda nulla? Perché con lei arriva anche Marilena, sorella e zia? E quest’ultima cosa sa, che rapporto ha con Luca? Crescono tensione e pericoli: Barbara Alice affronta antichi sensi di colpa e nuovi conflitti relazionali, i morbosi percorsi delle spinte emotive, pure illogiche, e delle paranoie mentali, pure parallele.

L’ottima traduttrice e scrittrice Sara Bilotti (Napoli, 1971) continua a realizzare testi originali e intensi, fra un passo di danza e l’altro. Qui la coinvolgente narrazione è in terza persona varia al passato, attraverso una sessantina di capitoli, speso brevi e concitati. Tutto ruota intorno a Barbara Alice, comunque, ai suoi fili di ragionamento e incubi, di fronte alle svolte della vita: “non chiedeva altro che diventare evanescente nella frivolezza, e invece le toccavano pensieri eternamente pesanti”. Sull’isola ha rinunciato pure a relazioni sessuali, si tratta di un grumo di rocce, strapiombi, strade in salita non asfaltate e polvere nera, il faro è spento da secoli, i pochi felici abitanti sembrano incapaci di una qualsiasi conversazione profonda e guardano con sospetto chiunque sia venuto da fuori. Il titolo deriva appunto dalla Punizione che la protagonista ha voluto infliggersi fuggendo lontano da ogni precedente contatto ed evolve nei significati: le punizioni che altri (come Luca) le hanno spesso inflitto (anche solo con i silenzi), la punizione definitiva per la colpa che sente ancora di dover espiare fino in fondo, la punizione che potrebbe profilarsi da altri in forma di vendetta; ma anche le complicate dinamiche in ogni relazione, di responsabilità e di perdono, di accettazione parziale o reciproca, di doppiezza o di falsità, di spietata determinazione e di precaria fragilità. Forse gli errori si pagano. Il primo a morire ora è Brando, il Golden Retriever della famiglia ultima arrivata, niente di naturale. La villa in cui i quattro forestieri vanno ad abitare è sul versante ovest, apparteneva da generazioni alla famiglia di Isabella, ben tenuta, su due piani, con grande balcone a strapiombo. Alla prima occasione sociale, il 40enne Luca arriva con due bottiglie di prosecco immerse in altrettanti secchielli ghiacciati, poteva scegliere meglio ma lui è pur sempre molto affascinante.

 

 

Il sangue dei peccatori – S. A. Cosby

Traduzione di Giuseppe Manuel Brescia

Rizzoli Milano 2024 (orig. All the Sinners Bleed, 2023)

Pag. 387 euro 19

 

Charon (“Caronte”), verosimile immaginaria contea della Virginia. Un ottobre in anni recenti. Secoli fa il piccolo insediamento fu fondato sul sangue e sulle tenebre, evolvendo anche con innumerevoli tragedie: 1805, eccidio razzista bianco sugli indigeni; 1853, cannibalismo in inverno; 1901, epidemia di malaria; e via proseguendo. Da un anno lo sceriffo si chiama Titus Alexander Crown, l’ora 36enne vinse a sorpresa: era cresciuto lì, amato quarterback della squadra di football, 1,88, possente (200 flessioni ogni due giorni) e di incarnato scuro (negritudine portata con fierezza); dopo l’università con borse di studio per meriti sia sportivi che accademici, aveva lavorato dodici anni come agente FBI, prima di tornare in seguito a un episodio molto cruento che ha lasciato scorie; vive con il padre Albert battista pentecostale (il fratello minore 31enne risiede in un caravan all’altro capo della contea, falegname autodidatta), la mamma morì 40enne, lui aveva 13 anni, tutti ne sentono la mancanza; sta fedelmente con la fioraia 37enne Darlene; leale, duro, puntuale, ordinato, disciplinato, annota tutto e resta un gran lavoratore. Negli ultimi 15 anni a Charon c’erano stati esattamente due omicidi: una moglie aveva infilzato il marito sorpreso con un altro, una valigia conteneva pezzi di cadavere sconosciuto. Sotto continuano a covare cose terribili. Quella mattina succede qualcosa a scuola, ragazzi e ragazze escono fuggendo, parlano del professore di geografia bianco ucciso, poi un nero sbalestrato esce urlando sulla scalinata, con un fucile in mano e una maschera di lupo nell’altra. Sembra fuori di testa, fa in tempo a dire di guardare nel telefono della vittima, forse sta per sparare, due uomini della squadra dello sceriffo lo abbattono. Sul cellulare e sul pc trovano torture pedopornografiche verso almeno sette ragazzini neri, oltre ai due complici c’è un terzo uomo bianco mascherato. Scatto di violenze.

Prima di diventare ottimo premiato scrittore Shawn Andre Cosby (Contea di Mathews, Virginia, 1973) si è affaccendato in tutto: buttafuori, operaio, giardiniere, manager di ferramenta, montatore di palchi, addetto alle pompe funebri; ne ha fatto tesoro. Questo è il quinto romanzo (tradotti dal terzo del 2020), ancora una volta uno splendido pezzo unico (non seriale, in linea di massima), narrato in terza (quasi) fissa al passato, con al centro le persistenti tensioni razziali tipiche del Sud statunitense. L’autore le affronta con grande efficacia, fa pulsare le dinamiche collettive innervate sulla storia comunque meticcia delle varie comunità, inevitabilmente mai monocolori al proprio interno (nemmeno economico, culturale o morale); inoltre, un “poliedrico arazzo” abita pure in ciascuno. In parallelo all’indagine sui recenti inediti crudeli fatti di sangue cattivo (da cui il titolo), spesso in primo piano emerge la vicenda della statua dei generali confederati che la banda di nostalgici suprematisti bianchi stanno per celebrare (marcia e parata stile Charlottesville nel 2017) e molti neri vorrebbero invece fosse abbattuta, lo sceriffo sa che la funzione acquisita impone equilibrio e fermezza verso tutti, santi e peccatori (il Sinner non fa ovviamente riferimento a Jannik). Thriller adrelanico, giallo abbastanza, noir molto, nuovo eccelso crime sociale, hard-boiled religioso (verrebbe da dire), meglio lasciar perdere le definizioni, ottima alta letteratura. Titus combatte l’alterigia (pensa prima di agire) e ripensa di continuo alla mamma, ne uscì ateo: “Vecchio Testamento, Nuovo Testamento, erano solo parole con la p minuscola, scritte da zeloti per far pubblicità alla nuova setta che avevano fondato in memoria di un falegname morto!”. Pensieri così sono ovunque, ostile alla religione sia come consolazione che come arma, pur con molto senso etico. Sarà fortunatamente il fratello a prestargli la fibbia col coltello. Soliti riferimenti incidentali al diabete. Certo, rum e whisky, ma quando serve davvero ci vuole il moonshine. Quel geografo era un fan sfegatato dei Grateful Dead.

 

 

Fuoco al fuoco – Candice Fox

Traduzione di Beatrice Sterza

Marcos y Marcos Milano 2024 (orig. 2023 Fire with Fire)

Pag. 454 euro 20

 

Los Angeles. Ottobre 2022. Durante una nuotata al largo di Abalone Bay vicino a Palos Verdes, contro la corrente con fatica e fortuna, Mina Delforce riesce a salvare un uomo barbuto, tatuato e ferito. In spiaggia arriva qualcun altro, chiamano l’ambulanza, lui fa una telefonata, grida più volte “Hellfire” poi sviene. Era il nome della sua operazione da infiltrato per cinque anni nella crudele banda di motociclisti criminali, i Death Machines, non avrebbe dovuto saperlo nessuno, rischia ancora la vita. Due giorni dopo la 21enne Lynette Lamb, agente in prova del dipartimento di polizia di Los Angeles a Van Nuys, viene licenziata dal servizio prima ancora di cominciare: per festeggiare il diploma dell’accademia qualche notte prima era finita a letto con tal Brad Alan Binchley, che si era connesso al suo computer mentre dormiva, accedendo con un trucco a documenti top secret, ritengono che l’infiltrato sia stato scoperto proprio così. Si chiama Charlie Hoskins e, dopo essere stato torturato su una barca, era repentinamente riuscito a scappare e a buttarsi in mare, nascondendosi sott’acqua e nuotando fino allo sfinimento. Altri due giorni dopo i coniugi Elsie e Ryan Delaney si introducono nel Centro di biologia e chimica forense Hertzberg-Davis, prendono in ostaggio tre persone e, una per volta, minacciano di bruciare le provette biologiche delle analisi del Dna connesse a vari casi giudiziari (fra cui tante recapitate proprio da Hoskins), se la polizia non riapre le indagini relative alla scomparsa della figlia Tilly, avvenuta due anni prima quando aveva cinque anni ed era vicina all’oceano con la sorella maggiore, sono convinti che sia viva e vogliono risposte immediate. Lynette impone la sua presenza a Charlie e lui chiede aiuto al caro amico borderline Surge. La capa della polizia Saskia Ferboden lo stima, ma la SWAT scalpita e tutti hanno abbastanza le mani legate. Ci prova l’inedito informale terzetto.

La giovane ottima premiata scrittrice australiana Candice Fox (Bankstown, Sydney, 1985) inanella un successo dietro l’altro, da sola o in coppia (con James Patterson dal 2015), conducendo in parallelo varie serie letterarie crime, oltre a sceneggiature soprattutto televisive. Qui l’interessante avvincente narrazione hard-boiled è in terza varia al passato, concitata nelle 48 ore successive al tumultuoso sequestro del laboratorio, concentrata prevalentemente sull’originale coppia dei due investigatori, l’esperto duro vissuto Charlie e la novellina acuta intraprendente Lynette. La loro indagine riguarda il cold case della sparizione di Tilly, chi c’era in spiaggia o nel parcheggio, la sorella Jonie, le poche testimonianze. Il primo pedofilo (di dollies e teddies) che rintracciano ha il diabete di tipo 1 e fa schifo. D’altra parte, i bikers sono restati sulle loro tracce e vogliono farla comunque pagare all’infiltrato ancora vivo, in testa l’efferato Dean Willis. Come intermezzo, ogni tanto, i dialoghi telefonici dei reciproci tentativi di trovarsi per i due iniziali sopravvissuti, la forte nuotatrice Mina (tecnico del suono) e lo stesso Charlie, che non sanno nulla l’uno dell’altro. Il fuoco infernale del titolo richiama l’operazione andata in fumo. Potendo scegliere la qualità, si beve vino. Surge ha impostato i cellulari usa e getta per i due amici sodali con suonerie personalizzate, per esempio Bad Case of Loving You di Robert Palmer.

 

 

Dodici cavalli – Anne Holt

Traduzione di Margherita Podestà Heir

Einaudi Torino

2024 (orig.: 2023)

Pag. 509 euro 21

 

Oslo. Febbraio e marzo 2022. Sabato 12 marzo la dolce Nefis se ne va da casa con la figlia diciottenne Ida, sbattendo la porta, non ne può più della moglie Hanne. Tutto era cominciato un paio di settimane prima, quando avevano a cena due cari amici: il timido ispettore Henrik Holme e la giovane redattrice Ebba Braut. Lui, 35enne laborioso competente meticoloso, era stato incredibilmente sospeso per l’accusa di un presunto casuale contatto sessuale e, senza incarico, si stava interessando al caso della 23enne Vilde, suicidatasi improvvisamente (della quale si era invaghito senza dirlo a nessuno, come al solito). Ebba, bionda snella carina, aveva appena saputo di essere incinta pur essendo andata a letto l’ultima volta con un uomo ben due anni prima e si sta comunque occupando del manoscritto consegnatole a mano da un poeta eremita. Nefis aveva cucinato benissimo ma la moglie si era mostrata inopportuna con gli ospiti, preoccupati e desiderosi di dire, alla fine imbronciati. Nei giorni successivi Henrik aveva scoperto che pure Vilde era incinta all’insaputa di tutti, senza aver avuto rapporti sessuali, ancora vergine. Provando a indagare, aveva chiamato insistentemente Hanne senza risposta, poi è stato ucciso. Da quasi diciannove anni la 62enne Hanne Hammo Wilhelmsen è su una sedia a rotelle, tappata in casa, sempre più ombrosa e insopportabile. Prima che un proiettile le tranciasse il midollo spinale, era stata brava poliziotta per oltre un ventennio: suo malgrado si trova a indagare, si fa aiutare anche da Emma, Ida e dalla recluta Marius; non si accanisce solo fa per affrontare in qualche modo il senso di colpa e la sofferta attesa che Nefis possa ricomparire prima o poi; è quello il suo mestiere e non smette mai di studiare, legge compara riflette. Capisce che c’è un gruppo che mette incinta donne alla loro insaputa: come accidenti fanno e quanto sono pericolosi?

La grande scrittrice norvegese Anne Holt (1958), laureata in legge, giornalista dal 1984, avvocato dal 1994, ministro nazionale della giustizia nel biennio 1996-97, ha pubblicato ora il dodicesimo bel romanzo della serie iniziata trenta anni prima, nel 1993. Nel frattempo ha scritto pure tanto altro, di genere e non solo, seriale e non solo, anche diverso dalla fiction. Considera il movente il buco della serratura dell’atto criminale, l’indagine serve a capire le connessioni, ben diverse dalle casualità. L’amata protagonista ha maturato quasi il peggior carattere di eroe seriale che si ricordi. Innamorate al primo sguardo (si erano incontrate in una piazza a Verona), sta insieme con Nefis dal 1999, ma questa volta la moglie è proprio stufa, nel prologo. La prima parte racconta le due settimane precedenti e arriva al ritrovamento del cadavere dell’amico ispettore, che per un decennio era stato il tramite per tanti casi, lui sempre gentile e premuroso, definibile quasi come incel (bloccato nei rapporti con le donne, “vergine”), pur mai violento o con fantasie violente (come invece il gruppo su cui si sviluppano le indagini). La lunga seconda e ultima parte è appunto “la caccia” e il titolo viene evocato attraverso poesie e tatuaggi con riferimento a “dodici cavalli”. La tenace Hanne si sforza di dare il massimo, abbandonata e abbastanza isolata, trovando un discreto rapporto con il 58enne capitano capo Odin Gammelgård. Emma ha due “giallisti” nella scuderia (così giustamente recita la traduzione italiana). L’appena maggiorenne Ida spiega che gli uomini “pensano che vogliamo solo i maschi belli e attraenti quando in realtà sarebbe già d’aiuto se si … facessero la doccia. E fossero gentili. Interessanti … Mostrassero affetto e senso dell’umorismo …”. Hanne preferisce il rosso e offre Barbera all’ospite. Ida sceglie Let It Be in chiesa, era stato Henrik a insegnarle ad amare i Beatles, e Hanne si commuove.

redaz
una teoria che mi pare interessante, quella della confederazione delle anime. Mi racconti questa teoria, disse Pereira. Ebbene, disse il dottor Cardoso, credere di essere 'uno' che fa parte a sé, staccato dalla incommensurabile pluralità dei propri io, rappresenta un'illusione, peraltro ingenua, di un'unica anima di tradizione cristiana, il dottor Ribot e il dottor Janet vedono la personalità come una confederazione di varie anime, perché noi abbiamo varie anime dentro di noi, nevvero, una confederazione che si pone sotto il controllo di un io egemone.

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