Gabriela Santomauro su Mario Benedetti
Parlare di Mario Benedetti non è facile perchè bisogna entrare nella sua anima, per poter capire la profondità della sua opera letteraria.
E’ stato un grande, sia come scrittore impegnato in una lotta continua a favore della libertà, sia come essere umano, sempre dicendo quello che pensava anche pagando un prezzo, a volte molto caro.
Qui sotto inserisco una breve biografia per chi non lo conosce e una delle sue più belle poesie.
MARIO BENEDETTI: PALABRAS VERDADERAS by klaudia_daniela
Mario Benedetti è nato a Paso de los Toros, in Uruguay, nel 1920.
Era considerato uno dei massimi poeti e narratori viventi. Purtroppo è venuto a mancare nel maggio 2009.
Educato in un collegio tedesco, cominciò a guadagnarsi la vita come commerciante, contabile, impiegato pubblico, giornalista e traduttore.
L’ambiente impiegatizio, nel suo grigiore, lungi dallo scoraggiarlo, gli fornì argomento di poesia (Poemas de la oficina, 1956).
Dal 1945 al 1975 collaborò al settimanale “Marcha” di cui fu anche direttore, la rivista più influente della vita politica e culturale dell’Uruguay e una delle più importanti dell’America Latina, poi chiusa dalla dittatura militare.
Ha scritto racconti, romanzi, poesie, drammi, saggi, testi di critica letteraria, copioni cinematografici, testi di canzoni.
Con il romanzo “La Tregua” (1960), Benedetti acquisì notorietà internazionale: il libro ebbe più di 100 edizioni, è stato tradotto in 19 lingue e adattata per il teatro, la radio, la televisione e il cinema.
Da allora, lo scrittore uruguagio ha pubblicato più 40 libri, tradotti in 18 lingue. E’ stato direttore del Centro di Ricerche Letterarie della “Casa de las Américas” all’Avana e del Dipartimento di Letteratura Latinoamericana, dell’Università di Montevideo. Dopo il golpe militare del 1973, rinunció all’incarico all’Università e fu costretto all’esilio, durato 12 anni, prima in Argentina e poi in Perù, a Cuba e in Spagna.
Nella sua vasta produzione spiccano le raccolte poetiche “Inventario” e “Inventario Dos“, i canti “La muerte y otras sorpresas” (1968), “Con y sin nostalgia” (1977) e “Geografías” (1984), le novelle “Gracias por el fuego” (1965) e “Primavera con una esquina rota“. Il suo ultimo libro è “Memoria y esperanza. Un mensaje a los jóvenes” (Ed. Destino).
Aveva cantato l’esilio e il ritorno a Montevideo, scritto versi d’amore e urlato la sua rabbia contro le dittature. Il poeta e scrittore uruguaiano Mario Benedetti è morto all’età di 88 anni, per una malattia polmonare cronica che era andata peggiorando negli ultimi mesi. Romanziere, commediografo, saggista e giornalista, è stato un punto di riferimento della letteratura ibero-americana. “La mia speranza è che le giovani generazioni si ricordino di me. I giovani finora non mi hanno mai lasciato. Quando faccio una lettura di poesie, la metà della platea è composta da giovani”. A partire dagli anni ’80, insieme al chitarrista Daniel Viglietti ha iniziato a mettere in musica alcuni suoi scritti. I suoi reading hanno sempre fatto il tutto esaurito.
FACCIAMO UN PATTO
Compagna
tu
sai
che puoi contare su di me
non fino a due né fino a dieci
ma contare su di me.
Se a volte
sentirai
che ti guardo negli occhi,
e una vena d’amore
riconosci nei miei,
non impugnare fucili
non pensar che
deliro.
Malgrado la vena
o magari perché esiste,
puoi contare
su di me.
Se altre volte
mi trovi
oscuro senza motivo,
non pensare che sono giù
puoi contare lo stesso su di me.
Ma facciamo un patto:
Io vorrei contare su di te.
E’ così bello
Sapere che tu esisti
Uno si sente vivo.
E quando dico questo
voglio dire contare
anche fino a due
anche sino a cinque.
Non perché tu corra
premurosa in mio aiuto,
ma per sapere
con certezza
che sai che puoi
contare su di me.
Da: http://spizzichi.blogspot.com/2009/05/hagamos-un-tratomario-benedetti.html
UNA PICCOLA AGGIUNTA
Come ho raccontarto su codesto blog (il 14 febbraio) in una delle manifestazioni con le quali abbiamo preparato il “1 marzo” a Imola uno di noi portava su un cartello “Paese innocente” di Mario Benedetti. Eccola.
“Certi come invasori
altri come invasi
quale Paese
non ha perduto l’innocenza?
Ma a che serve comunque
un Paese innocente?
Che importanza possono avere
le frontiere pusillanimi
le province dell’ingenuità?
Solo i Paesi
che perdono il proprio candore
potranno riconoscere il nemico.
E’ per questo che non rivendico
un Paese innocente.
In ogni caso cerco
uno strano Paese
capace di dichiararsi
colpevole
di innocenza.
Un’altra volta vi parlerò di Daniel Viglietti (che il pezzo di Gaberiela nomina di sfuggita) o chiederò a qualcuna/o di raccontarne. Uno dei cantori dell’Amèrica. Magari intanto cercate in rete i suoi testi e magari… la sua voce. (db)