nei CPR d’Italia

articili di LasciateCIEntrare, Roberta Ferruti, Silvia Di Meo, Mai più Lager – No ai CPR

“Dietro le Mura”: abusi, violenze, diritti negati nei CPR d’Italia

Una finestra di verità su uno dei più controversi e imbarazzanti argomenti delle politiche migratorie italiane. Un dossier che racconta storie di abusi, di umiliazioni e di violenza. Sono storie di quotidiani orrori e di diritti negati a persone fragili  raccolte nel dossier “Dietro le Mura” dalle attiviste e dagli attivisti della campagna LasciateCIEntrare

 

LasciateCIEntrare, che da molti anni si occupa del problema agendo attivamente a tutela delle persone migranti, ha pubblicato questo rapporto sui centri di detenzione, i CPR, riservati a coloro che, arrivando da lontano, hanno commesso l’errore di camminare sul suolo di uno Stato che non li vuole. Motivo per il quale, pur non avendo commesso alcun reato, vengono detenuti in un sistema sostanzialmente privo di garanzie, soggetto all’arbitrio, e reso ancor più pericoloso dall’opacità che lo contraddistingue.

Sono storie di abusi, di umiliazioni e di violenza. Sono storie di quotidiani orrori e di diritti negati a persone fragili, queste raccolte nel dossier “Dietro le Mura” dalle attiviste e dagli attivisti della campagna LasciateCIEntrare. La prima parte del volume racconta i drammatici casi seguiti dalle attiviste e dagli attivisti nei Cpr di tutta l’Italia. Da quello di Macomer a Gradisca di Isonzo, da Pian del Lago a San Gervasio. Centri che hanno causato la morte di persone come Wissem Ben Abdel Latif e di tanti altri migranti che avevano la sola colpa di aver raggiunto l’Europa alla ricerca di una vita migliore.

La seconda parte è dedicata all’approfondimento giuridico di una detenzione amministrativa realizzata al solo scopo di colpevolizzare il migrante e favorire le multinazionali del malaffare che gestiscono questi centri dove non solo gli attivisti, ma anche i giornalisti e i parlamentari non possono entrare liberamente per informare l’opinione pubblica di quanto avviene al loro interno. Nell’appendice trovano spazio tabelle comparative e dati statistici che aiutano a comprendere il fenomeno migratorio e la repressione ad esso collegata al di là di una narrazione tossica costruita solo per favorire paure ed insicurezza tanto care ad una certa politica. Completano il volume interviste a psichiatri e operatori che raccontano il loro vissuto all’interno di queste strutture. Un libro che non vuole, né potrebbe essere, esaustivo dei gravi episodi che quotidianamente accadono dentro i Cpr ma che rimane comunque necessario per tutti coloro che vogliono capire cosa accade “Dietro le mura”.

Il volume realizzato grazie al contributo di GLS Treuhand e Safe Passage Foundation è disponibile con offerta libera sul sito del Progetto Meltig Pot Europa

Chi preferisce la versione ebook, può scaricarla a questo link in formato epub o a quest’altro in formato pdf e fare una donazione con PayPal

https://www.osservatoriorepressione.info/dietro-le-mura-abusi-violenze-diritti-negati-nei-cpr-ditalia/

 

La memoria del Mediterraneo – Roberta Ferruti

 

 

Mai più naufragi avevano detto diverse voci istituzionali dopo il 3 ottobre 2013, quando annegarono a largo di Lampedusa 368 migranti. I naufragi non sono mai terminati. Intanto in Italia nasce il ministero del Mare: quello che dovrà amministrare è da decidere, ma è evidente che al centro ci sarà la questione dei porti e dunque l’arrivo dei migranti. Per cercare speranza abbiamo bisogno di guardare in basso: per cambiare l’ordine delle cose e fornire sostegno, supporto legale e psicosociale ai familiari dei dispersi è nata “Mem.Med”, Memoria Mediterranea, il frutto della collaborazione tra diverse realtà sociali e reti antirazziste. Le testimonianze, le lotte e le proposte di chi migra e dei loro familiari diventano uno spazio di libertà e di memoria collettiva. “Non possiamo smettere di lottare”, gridano Jalila e Hajer, madri tunisine di ragazzi dispersi in mare

 

Il 3 ottobre 2013 una barca in viaggio verso Lampedusa affondò a poche centinaia di metri dall’Isola dei Conigli. Almeno 368 persone annegarono. Solo otto giorni dopo, un’altra barca si rovesciò e il colpevole ritardo nel salvataggio costò la vita a 268 persone, fra cui oltre tra bambini e ragazzi. Da allora si celebra la tragica ricorrenza del 3 ottobre affinché non si ripetano più naufragi di Stato.

La storia e l’amara realtà smentiscono questi buoni propositi e i naufragi continuano a ripetersi: la traversata del Mediterraneo è diventata una roulette russa. I governi europei sembrano essere insensibili e sostengono le criminose azioni della Guardia Costiera Libica e dei trafficanti di persone organizzate in bande e fazioni contrapposte. Il 7 ottobre, nella disattenzione totale dei grandi media, l’Ansa ha battuto la notizia di un barcone dell’emigrazione clandestina preso di mira da razzi Rpg, provocando la morte di oltre quindici migranti, alcuni dei quali morti bruciati. Secondo alcune indiscrezioni, le vittime sono migranti coinvolti in una disputa tra due gruppi rivali di trafficanti di esseri umani. Altri sostengono invece che si è trattato di un attacco compiuto da trafficanti contro migranti che tentano di operare indipendentemente da loro. Di certo, un fatto gravissimo che delinea diversi scenari, tutti inquietanti: scontri tra mafie locali di trafficanti di persone, scontri tra trafficanti di organi, lancio di razzi senza controllo per impedire alle persone di mettersi in viaggio in modo autonomo. Il silenzio su questa notizia è calato immediatamente: restano i morti senza nome, senza storia, inghiottiti dal mare e dispersi per sempre.

 

Per contrastare l’indifferenza e fornire sostegno, supporto legale e psicosociale ai familiari dei dispersi è nata Mem.Med, Memoria Mediterranea, grazie alla collaborazione tra Borderline Sicilia, Carovane Migranti, CLEDU, LasciateCIEntrare, Rete Antirazzista Catanese, Watch the Med – Alarm Phone. Il progetto mira a costruire, attraverso le testimonianze, le pratiche e le richieste delle persone migranti e dei loro familiari, una memoria collettiva del Mediterraneo che si opponga all’oblio, contribuendo a costruire un’alternativa alla Fortezza Europa.

In occasione delle manifestazioni promosse per la ricorrenza del 3 ottobre, alcune donne tunisine, madri di ragazzi dispersi in mare, sono giunte a Palermo e sono state intervistate da Silvia di Meo.

[Roberta Ferruti, Recosol / Benvenuti Ovunque]

https://comune-info.net/la-memoria-del-mediterraneo/

 

 

Non smetteremo di lottare – Silvia Di Meo

 

 

In occasione delle manifestazioni promosse per la ricorrenza del 3 ottobre, alcune donne tunisine, madri di ragazzi dispersi in mare, sono giunte a Palermo e sono state intervistate da Silvia di Meo.

Perché oggi siete state a Palermo e in che ruolo avete partecipate alla manifestazione del 3 ottobre?

[Jalila] Sono Jalila Taamallah, madre di due giovani tunisini morti nel Mediterraneo nel 2019 mentre tentavano di raggiungere clandestinamente in barca l’Italia. Sono anche un’attivista per la libertà di circolazione e per sostenere i diritti di tutte le persone.
[Hajer] Sono Hajer Ayachi, tunisina, madre di due giovani scomparsi nel meediterraneo nel 2011 e come Jalila mi batto per la chiusura delle frontiere.
[Jalila] Siamo a Palermo per partecipare alla manifestazione organizzata dai ragazzi e dalle ragazze di Stra Vox per ricordare le vittime del 3 ottobre del 2013 e tutte le vittime migranti morte nel Mediterraneo in questi anni. È stata una manifestazione bellissima e siamo state fiere di partecipare e di condividere le nostre esperienze con tante persone impegnate. Noi viviamo ogni giorno il 3 ottobre, la memoria su queste morti è la nostra vita.

 

Non è la prima volta che viaggiate fuori dalla Tunisia per raccontare il vostro impegno. Qual è stato il vostro percorso di testimonianza e denuncia fino ad oggi?

[Hajer] La mia esperienza come attivista comincia nel 2011, da allora sono attiva per chiedere verità e giustizia per i miei figli e per tutti gli scomparsi. Nel 2018 sono andata in Messico dove ho incontrato le madri degli scomparsi sulla rotta centroamericana per gli Usa. La lotta delle donne per la giustizia è globale. L’anno scorso, esattamente nello stesso periodo del 3 ottobre, siamo state invitate a Lampedusa e in Sicilia da alcune associazioni italiane, tra cui Carovane Migranti. Qui abbiamo potuto fare il prelievo del Dna con il laboratorio Labanof, abbiamo portato le nostre storie e la nostra Coperta della memoria con i volti dei nostri figli e il lenzuolo della memoria dove abbiamo ricamato i loro nomi. Poi siamo state a Palermo dove abbiamo avuto un incontro con le avvocate che ci sostengono nella nostra ricerca di verità e giustizia. Da questo progetto è nata una collaborazione tra associazioni italiane e famiglie per la ricerca delle vittime delle frontiere. Quest’anno sono partita con la Carovana 2022 tra Alpi e Pirenei, un’esperienza importantissima su un altro luogo di frontiera violento. E poi insieme a Jalila siamo partite pochi giorni fa dalla Tunisia per partecipare alla Marcha Bruxelles organizzata da italiani, baschi e spagnoli tra il 30 settembre e l’1 ottobre.
[Jalila] la Marcha è stata un’esperienza straordinaria, non solo per il valore degli eventi ma anche per la presenza umana. Io ero nella delegazione che ha partecipato alla discussione al Parlamento Europeo sul tema delle politiche migratorie e delle morti in mare. È stato per me emozionante portare la mia voce lì e anche incontrare tutte le persone che ogni giorno si battono in Europa per i diritti dei migranti. Da Bruxelles siamo arrivate a Palermo per partecipare alla manifestazione del 3 ottobre. Qui abbiamo incontrato i ragazzi STRA VOX e tanti giovani migranti di origine subsahariana che hanno attraversato il mediterraneo come i nostri figli: è stato emozionante ascoltare i loro racconti e vederli in piazza a lottare per la loro libertà.

Come è cambiata la vostra vita da quando avete iniziato questa lotta?

[Jalila] La mia vita è cambiata totalmente, io sono cambiata come persona. Quando ho rimpatriato i corpi dei miei figli in Italia, ho promesso loro che non avrei mai più smesso di lottare affinché nessuno muoia più così. Nel momento in cui i miei figli sono morti sono diventata un’attivista. Mai più! ho detto. Non posso smettere di lottare, lo faccio per i miei figli ma anche per tutte le sorelle e madri che sono mie compagne in questa lotta. Questo impegno ci unisce come madri e come donne che lottano contro le frontiere.
[Hajer] È una vita che porto avanti questa lotta. Non ho mai smesso di cercare verità e giustizia, di scendere in piazza o viaggiare per raccontare la storia dei miei figli. Dobbiamo farlo, unite, tutte le madri del mondo, delle varie parti del mondo dove le politiche assassine distruggono le vite umane. La solidarietà ci unisce e ci cura il dolore. Ricamare è un momento di unione e di condivisione. Condividiamo i dolori e le gioie insieme e proseguiamo a testa alta.

Qual è il vostro impegno oggi?

[Jalila] Noi supportiamo le famiglie tunisine delle persone scomparse, aiutandole nelle ricerche dei loro cari e mettendole in comunicazione con le associazioni italiane che fanno lavoro di ricerca nei centri di arrivo, nei centri di detenzione. Sosteniamo le madri e le sorelle e le aiutiamo quando possibile nelle procedure burocratiche per iniziare il lavoro di ricerca. Siamo vicine inoltre a tutti i giovani tunisini che protestano contro i visti e sosteniamo i rifugiati di altri paesi arrivati in Tunisia dove hanno incontrato moltissime difficoltà, così come le donne migranti subsahariane arrivate dalla Libia che a medenine e zarzis vivono con i loro figli in condizioni durissime.

Cosa vi aspettate dal futuro e che progetti avete?

[Jalila] Il futuro ci vuole attive e preparate ad affrontare le sfide che verranno. I morti in mare, la reclusione dei migranti nei centri di rimpatrio, le violenze in generale contro le persone che migrano ci preoccupano molto. I tunisini soprattutto sono sempre più disperati e cercano la libertà e il benessere buttandosi in mare. Dobbiamo aprire le frontiere e noi saremo qui per ribadirlo. Io spero di poter continuare a viaggiare in Europa per poter portare la nostra voce e contribuire a mettere fine al visto e alle limitazioni per viaggiare e continuare ad incontrare gli altri militanti che lottano con gli stessi scopi.
[Hajer] Rimarremo disponibili per tutte le iniziative a cui speriamo di poter partecipare sempre per testimoniare le esperienze che abbiamo vissuto e che continuiamo a vivere. Davanti a tutte queste violenze non smetteremo di raccontare e denunciare, grazie a Carovane Migranti e alle associazioni italiane che ci supportano sempre.

 

 

Storie dai CPR – Mai più Lager – No ai CPR

 

Milano, 2022: Scene di disagio ed abbandono in via Corelli (video)

 

Un ragazzo irrigidito con gli occhi sbarrati, seminudo stesso per terra nel cortile; i compagni di settore che gridano inutilmente aiuto “un’emergenza! maresciallo! commissario!” sferrando calci alla porta blindata di ferro del cortile, ma nessuno accorre.

 

Chi, dei compagni, lo soccorre recita una sura del Corano, a calmarlo, se non quasi ad esorcizzarlo: si era sparsa la voce fosse indemoniato, seminando in molti il panico e aggiungendo disagio a disagio, abbandono ad abbandono.

 

⚡Questo è quel che accade nel CPR di Milano, nell’anno 2022.⚡

 

Scene di ordinario disprezzo della dignità umana.  QUI IL VIDEO

 

💥Al link 👉 bit.ly/3RIqGUY👈 è liberamente scaricabile il report-denuncia “Delle pene senza delitti. Istantanea del CPR di Milano – Un anno dopo”, resoconto della visita ispettiva effettuata da una delegazione dell’ex senatore Gregorio De Falco.

Vi hanno partecipato nel maggio 2022 due attiviste ed un dottore collegat* alla nostra Rete, quest’ultimo esperto di medicina penitenziaria, il quale ha definito il CPR di Milano – come tutti gli altri – come luogo “patogeno”, constatando (pur nell’ostruzionismo di gestore e Prefettura) gravissime carenze strutturali, in una gestione privatistica , anche della salute, all’insegna dello spregiudicato taglio sui costi sulla pelle dei trattenuti, in totale assenza della sanità pubblica e di controllo.

 

💥Il report segue “Delle pene senza delitti”, relativo all’accesso del precedente giugno 2021👉 bit.ly/3i4IE4m👈, che ha originato due esposti alla Procura della Repubblica (uno per un pestaggio avvenuto nei bagni da agenti in tenuta antisommossa e l’altro per gli aspetti sanitari di cui sopra), allo stato senza alcun risultato.

 

Finchè non ci sarà una diffusa presa di coscienza e una ferma protesta per quel che sta accadendo nel luogo di Milano dove i diritti umani sono sospesi, ciascun* sarà responsabile di quel che vi accade.

 

📧Per informazioni, per organizzare e seguire le nostre attività di formazione, sensibilizzazione e mobilitazione: noaicpr@gmail.com 📌Allo stesso indirizzo scrivici per avere info o partecipare al nostro ambito “NoCPRsalute”, dedicato a medic* e student* in medicina.

 

 

/// M., tornato in libertà dopo i mostri del CPR 

 

 

“Se parli col babbo è meglio”, disse con una spiccata inflessione toscana M., marocchino, 22 anni – dei quali gli ultimi cinque in Italia – la prima volta al centralino del NAGA dedicato a chi è nel CPR.

 

Era entrato da poche ore, dopo che la sera prima aveva litigato con il barista che lo aveva cacciato dal locale e la cosa era degenerata. La polizia, giunta sul luogo, lo aveva trovato senza documenti: una rapida medicazione della mano e subito in partenza verso Milano dopo la notte in questura. Tanto rapida che quella ferita nei giorni successivi sarebbe andata in suppurazione; nei lunghi mesi di CPR l’ha tenuta sempre fasciata.

 

“Sono 38 anni che vivo in Italia e non ho mai avuto problemi con la giustizia, ho sempre lavorato duro” si lamentava “il babbo” raggiunto al telefono, sconsolato per questo figlio che gli dava pensieri. “Ma davvero rischia di tornare in Marocco? E come farà?”

 

  1. era stato regolare fino all’anno scorso, dopo l’amara scoperta che la datrice di lavoro non gli aveva più pagato i contributi, così impedendogli di rinnovare il permesso. Poi il carcere. Tiene i capelli un po’ alla Ghali.

 

Da quando è entrato nel CPR di Milano, M. ha chiamato il centralino quasi tutti i giorni. Aveva deciso di impiegare il proprio tempo per gli altri, segnalando i più bisognosi di assistenza, medica o legale e segnalando tutte le storture e gli abusi di quel luogo.

 

Chissà se sarà anche per questo che quel pomeriggio, nel corso di un feroce diverbio con un agente al quale chiedeva di poter essere, dopo giorni, ricevuto in infermeria per essere medicato, M. è “rimasto” con il braccio (proprio quello già ferito) chiuso nella porta di ferro del settore abitativo.

 

Questa è ormai la nuova trovata per tenere a bada chi si avvicina alla porta e pretende di far valere qualche proprio diritto troppo insistentemente: nessun contatto fisico ma un braccio, un piede chiuso nella porta.

 

Al pronto soccorso, poi, tutt’al più compare sul referto un “riferisce aggressione”, ma anche se riferisce aggressione da parte di un agente, la cosa non viene mai annotata. Anche per timore, forse, di quello che potrebbe accadergli al rientro. Forse.

 

“Zia, giuro, quando esco lo denuncio!”

 

Con il passare dei giorni nel CPR, M. si è spento sempre più. Il braccio, martorizzato, che gli dava forti dolori, non veniva medicato se non eccezionalmente e dopo decine e decine di chiamate e calci alla porta. Il dolore la notte era insopportabile, e nessun farmaco specifico gli veniva dato per attenuarlo. Ma sedativi sì, e quanti. Un giorno era così stordito che non era riuscito ad alzarsi per andare alla sala colloqui per parlare con l’avvocato.

 

Per la disperazione, per protesta, per ottenere cure, aveva iniziato a tagliarsi la spalla rimasta libera dalla fasciatura di quello stesso braccio, con un pezzo di metallo, sperando di poter andare in ospedale e ricevere le cure e uscire almeno un po’ fuori di lì.

 

Essendo marocchino, sapeva bene che evitando il tampone Covid avrebbe evitato il rimpatrio. Sicuramente quella settimana di febbre alta era Coronavirus. Ma sottoporsi al tampone e farsi curare era un lusso che non poteva permettersi. E’ rimasto così, nel letto, senza cure e senza termometro.

 

Sempre più magro e triste, aveva poi cominciato a svenire, con il caldo.

 

Finalmente un giorno, trascorso il termine massimo di trattenimento, grazie ad un legale che ha sventato più volte la minaccia di rimpatrio facendo valere la presenza in Italia della sua famiglia e la sua pregressa regolarità, M. è strato rilasciato ed ha preso il primo treno per casa. E’ tornato dal babbo e della ragazza.

 

“ZIAAA FINALMENTE LA LIBERTAAAA'” Questo il vocale lasciato al numero del centralino quel giorno, pochi dopo avere varcato la soglia.

 

Poi ancora qualche altro messaggio la notte, verso l’ora alla quale era solito scrivere per ingannare il tempo ed i mostri del buio di via Corelli. Poi niente più, è tornato alla sua vita, cercando di seppellire quei giorni nella memoria.

 

No, quell’agente non l’ha denunciato. Anche le denunce sono un lusso, per chi non ha un permesso di soggiorno e non può avvicinarsi ad una questura.

 

“Zia, perché scrivete le storie di tutti e la mia no?”

 

M., eccola qui.

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Il CPR, da sempre, è un luogo in cui i diritti basilari che il Naga difende sono quotidianamente violati. La detenzione amministrativa per le persone migranti e la loro deportazione in ragione della sola loro provenienza geografica vanno abolite.

 

(Da NAGA ODV)

 

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/// Ora anche i rimpatri a tradimento

 

 

Come dicevamo giorni fa, dai racconti ricevuti nelle ultime settimane, neppure nel riposo notturno i trattenuti di via Corelli potevano trovare pace: sempre più frequentemente infatti i prelievi delle persone per i rimpatri avvengono nel cuore della notte, con l’incursione all’improvviso di agenti in tenuta antisommossa a strappare le persone dal letto, in modo da coglierle di sorpresa. Così, non possono opporre resistenza né ricevono supporto dai compagni che dormono, e che spesso nel corso di tali operazioni invece di solito inveiscono contro gli agenti, si frappongono tra loro e il malcapitato, specie quando questi è padre di famiglia e lascia qui figli piccoli, o quando ha ingoiato lamette o pezzi di metallo o vetro (merce ricercatissima proprio per tale utilizzo), per cercare di scampare al pericolo con un ricovero d’urgenza.

 

Molti, per questo, come dicevamo, avevano iniziato a preferire dormire o sotto la brandina, anziché sul materasso, per avere come una sorta di riparo, una protezione cui aggrapparsi all’occorrenza per fare resistenza: oppure nel cortile, dove la luce non si spegne mai e si può tenere d’occhio la situazione.

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https://www.facebook.com/NoaiCPR/posts/1255273501710820

 

Forse a seguito delle denunce, da noi inviate anche al Garante Nazionale sul punto, per segnalare una pratica assai vicina alla tortura psicologica, le modalità pare stiano cambiando in questi giorni. Ma quanto è stato escogitato, per preservare l’effetto sorpresa di cui sopra, è forse ancora più ignobile.

 

⚡Questo il sotterfugio: in sostanza, un agente, in tenuta ordinaria, entra nel modulo chiedendo della persona in questione dicendo che è arrivato il momento di una visita medica da lui richiesta, o che è arrivato il turno per andare dalla psicologa, o con altra scusa.

 

Fatta uscire la persona dal modulo abitativo dove sono gli altri trattenuti, la si scorta fino all’infermeria, posizionata vicino all’uscita: è lì che, ormai isolatala, compare una squadra di agenti che lo preleva con la forza e lo carica sul cellulare.

 

A volte non si riesce neppure a portare con sé i propri effetti personali, dei quali si è stati spogliati all’ingresso, e spesso neppure a recuperare il denaro che si aveva indosso al momento del fermo, o con il quale si è giunti dal carcere (spesso si tratta di parecchio denaro: magari stipendi accumulati con il lavoro durante la detenzione). Sono sempre più frequenti i casi di persone che, rimpatriate, chiedono di poter recuperare i propri beni e i propri soldi, che restano nella disponibilità del gestore.

 

💥Quindi, alla paura di dormire si è ora aggiunta la paura di chiedere assistenza medica.

E già per il timore di essere sottoposti in ospedale al test covid necessario all’imbarco per il rimpatrio, molti preferiscono soffrire in silenzio e non chiedere cure.

 

⚡Dal ricatto del sonno, insomma, al ricatto della salute.

 

A tal proposito, anche la questione del test covid resta a tutt’oggi oscura: pare che il Marocco lo imponesse fino ad alcuni giorni fa prima dell’imbarco (dimodoché, chi rifiutava di sottoporsi al tampone, non veniva rimpatriato), mentre Tunisia ed Egitto (con i quali i rapporti commerciali ed i trattati milionari sono più “fluidificanti”) accettano i loro connazionali a vagonate dai CPR anche senza test covid. Da qualche giorno, anche il Marocco pare ora avere annullato le restrizioni covid, e anche i marocchini ricominceranno ad essere rimpatriati.

 

Sta di fatto che del rimpatrio non solo non vengono preavvisati i diretti interessati (tampone “premonitore” a parte, nell’immediatezza), ma neppure i loro legali, che spesso ne vengono a conoscenza dopo diversi giorni, magari dal proprio cliente arrivato a destinazione: prassi gravemente illegittima.

 

💥Abusi su abusi, violazioni su violazioni, vigliaccherie su vigliaccherie.

Si tratta in ogni caso di persone che non avevano affrontato il Mediterraneo con leggerezza e che spesso hanno costruito in Italia famiglie, relazioni, rapporti di lavoro anche pluridecennali alle spalle, intere vite.

 

⚡Sempre più spesso accade che si tratti di persone magari con permesso di richiesta asilo in altro Stato europeo, venute alcuni giorni in Italia per trovare un parente stretto, e trovate con un permesso sì, ma valido solo in altro Stato che evidentemente ha ritenuto troppo pericoloso per loro vita soggiornare nel paese di origine: neppure il tempo di trovare un legale abbastanza attento per sottoporlo all’attenzione del giudice, che si ritrovano in Tunisia, da dove anni prima erano fuggite.

 

💥Si sappia che cercheranno di rientrare sicuramente tutti, partendo un’altra volta; e se malauguratamente qualcosa dovesse andare storto nel viaggio, o nel paese da cui erano fuggiti, la responsabilità sarà della Prefettura che ha prodotto il decreto di espulsione e di trattenimento nel CPR, del giudice che lo ha convalidato, del Questore che lo ha eseguito, dell’avvocato che lo ha trascurato, di chi ha contribuito in qualsiasi modo al funzionamento del CPR. E, infine e soprattutto, del parlamento italiano ed EU che si ostinano a perseguire politiche che impediscono la regolarizzazione.⚡ E di chi non avrà protestato per cambiare lo stato delle cose⚡.

 

💥💥Non possiamo chiudere questo post senza riportare le segnalazioni sempre più frequenti di pesanti sedazioni praticate prima e nel corso del trasferimento all’aeroporto, durante il quale si è sempre ammanettati, spesso anche mani e piedi, contrariamente ad ogni principio e regola anche internazionale in materia di esecuzioni dei rimpatri.

 

💥DEPORTAZIONI sulla base della nazione di provenienza: queste sono, ed è tempo di prenderne coscienza💥

 

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/// Per la prima volta i CPR alla SIMM  con la rete Mai più Lager – No ai CPR

 

 

Siamo liet* di annunciare che in questi giorni si sta tenendo a Roma il Congresso della SIMM- Società Italiana di Medicina delle Migrazioni e che la nostra Rete vi partecipa con due abstract, che sono stati ammessi, relativi alla drammatica situazione sanitaria all’interno del CPR di Milano. Per la prima volta vi si parlerà di CPR, grazie alla tenacia del dr. Nicola Cocco e della dr.ssa Francesca Sabbatini.

 

L’avvio del nostro gruppo “NoCPRSalute”, composto da attivist* della nostra Rete insieme a medic* e student* di Medicina, ci ha infatti consentito:

 

🔸 di approfondire anche da un punto di vista medico, oltre che legale, le gravi violazioni al diritto alla Salute, che è forse il principale dei diritti violati nell’ambito della detenzione amministrativa, insieme a quello alla libertà personale;

 

🔸 di ricomprendere, nella delegazione dell’ultimo accesso al centro di via Corelli, anche un medico ben al corrente sulla peculiare realtà dei centri di permanenza per il rimpatrio, per quindi denunciare le gravi carenze rilevate sotto il profilo sanitario sia nel report-denuncia “Delle pene senza delitti. Istantanea del CPR di Milano – Un anno dopo” ( 👉 bit.ly/3RIqGUY👈) sia nell’esposto presentato alla Procura di Milano;

 

🔸 di sensibilizzare e formare sull’argomento personale dell’ambito medico, perché sia messo al corrente circa funzione e condizione, dal punto di vista sanitario, del luogo da cui provengono i pazienti che dovessero essere loro sottoposti in pronto soccorso o per una visita di idoneità al trattenimento; e anche perché sia messo al corrente di quale sarebbe il luogo di lavoro nel quale si troverebbero ad operare – e al cui funzionamento contribuirebbero – se rispondessero positivamente alla continua richiesta di lavoro nell’ambulatorio del CPR di Milano, dal quale ogni medic* e infermier* che svolga con coscienza il proprio lavoro fugge nel giro di poche settimane, con un eloquente turn-over (pare che attualmente vi operino un chirurgo estetico ed un ginecologo, uno dei due peraltro pendolare da una città di altra regione italiana);

 

🔸di contribuire alla creazione, nell’ambito della SIMM – che per questo ringraziamo – di un gruppo di lavoro a tema “Salute dei migranti sottoposti a detenzione”, oggi presentato  al Congresso, per il quale saremo consulenti esterni di riferimento quanto ai CPR.

 

💥 Se sei medic* o student* di Medicina, e hai interesse a partecipare alle nostre attività di NoCPRSalute, o vuoi anche solo curiosare ad una riunione, scrivici a 📧 noaicpr@gmail.com

 

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/// Comunicato congiunto con Avocats Sans Frontières

 

 

Abbiamo sottoscritto insieme a molte altre realtà europee e tunisine un comunicato di Avocats Sans Frontières dal titolo “Un’altra tragedia al largo di Zarzis – Alla ricerca di verità e giustizia”, del quale proponiamo uno stralcio qui in fondo, con le istanze condivise.

 

💥Intanto, nelle stesse ore, ha fatto il giro dei media la notizia di una bambina di 4 anni sbarcata da sola a Lampedusa

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https://www.ansa.it/…/migranti-bimba-di-4-anni-arrivata…

 

La Tunisia intanto è in fiamme, e aumentano i casi di decessi per mano della polizia

(…) Nel corso degli anni la polizia non ha esitato a riprendere il controllo del piccolo stato nordafricano lasciando dietro di sé casi sospetti di vittime morte in circostanze mai del tutto chiarite in sede di processo.

 

Come Mohamed Marzouki, 30 anni, deceduto il 2 agosto 2021 dopo che il suo camion sbandò inseguito dalla polizia; Abderraouf Khamessi, entrato in una caserma di polizia in una calda estate del 2012 per un’accusa di furto e uscito con una frattura al cranio ed evidenti segni di tortura; o Majdi Allani, deceduto in una manifestazione a Feriana nel 2014 dopo essere stato colpito da un proiettile.

 

Solo tre istantanee di una quotidianità di soprusi che per i tunisini sta diventando insopportabile. L’ultimo caso a Mornag, sobborgo alle porte di Tunisi, dove nelle scorse settimane ci sono state diverse proteste legate al suicidio di un giovane ambulante della zona dopo che la sua merce era stata sequestrata dalla polizia.

 

. (…) Le manifestazioni riassumono lo stato di agitazione in corso nel paese, anche meglio delle proteste politiche dell’opposizione che hanno interessato Tunisi nel fine settimana per chiedere la fine del regime di Saied.

 

Oggi in Tunisia si fa fatica a trovare i beni di prima necessità – l’ultimo prodotto a mancare è stata la benzina – e l’accordo da 1,9 miliardi di dollari di tre giorni fa tra il Fondo monetario internazionale e il governo di Najla Bouden Romdhane promette di presentare presto il conto con ingenti tagli alla spesa pubblica, una riduzione sostanziale delle sovvenzioni di Stato e nuove proteste e rivendicazioni.”

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https://ilmanifesto.it/dal-governo-violenza-e-bugie-la…

 

💥I CPR di Italia straripano di ragazzi tunisini.

 

Il “cruscotto statistico giornaliero” del sito del Ministero dell’Interno parla di 76.716 persone sbarcate al 20 ottobre dall’inizio dell’anno, a fronte dei 50.876 e dei 26.280 degli anni rispettivamente 2021 e 2020.

 

Al primo posto, per numero di persone sbarcate, c’è l’Egitto, con 16.229 persone e seconda la Tunisia, con 15.931 persone. I minori non accompagnati sbarcati dall’inizio dell’anno sono 9.249.

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https://www.interno.gov.it/…/cruscotto_statistico…

 

Sono anni e anni che i numeri non tendono a diminuire, ed anzi aumentano. Con quale credibilità si parla ancora di “emergenza”, per un fenomeno ormai palesemente strutturale e che necessità di un approccio radicalmente diverso rispetto a quello attuale, che miete migliaia di morti ogni anno?

 

Di seguito lo stralcio del comunicato di Avocats San Frontières, che, per essere compreso appieno, va letto nel contesto di quel che sta accadendo a pochi chilometri da noi.

 

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“Il Mediterraneo sta restituendo i corpi delle vittime di un naufragio avvenuto a metà settembre al largo di Zarzis, nel sud della Tunisia. Le famiglie, i cittadini e le

cittadine della città chiedono dignità e un impegno concreto da parte delle autorità

per ritrovare gli altri corpi dispersi in mare e ottenere giustizia. (…)

 

La tragedia che ha tolto la vita a queste 18 persone non è un caso isolato. In questa geografia razzializzata dell’Europa contemporanea, sempre più persone perdono la vita. Il numero di vittime e persone scomparse sulle coste tunisine nel 2022 è di 544. Recentemente sono stati recuperati altri corpi in mare, in seguito al naufragio di Teboulba (governatorato di Monastir).

 

Queste tragedie mettono in evidenza la matrice razzista e securitaria dei meccanismi di controllo delle frontiere, del regime dei visti e il valore subordinato riconosciuto alle vite umane.

 

Scossi da questa tragedia che colpisce ognuno di noi, le organizzazioni firmatarie :

 

🔸Esprimono incondizionata solidarietà a tutte le famiglie, le compagne, gli amici

e le comunità straziate dal dolore, a cui va riservato un trattamento dignitoso;

🔸Ringraziano i pescatori che hanno dimostrato, ancora una volta, la loro

solidarietà e il loro impegno nella ricerca e nel salvataggio in mare;

🔸Denunciano l’opacità e la passività delle autorità tunisine che non sono

intervenute per portare assistenza alle persone in difficoltà e per effettuare le

operazioni di ricerca e salvataggio, e chiedono l’apertura di un’inchiesta

giudiziaria per stabilire la verità;

🔸Ricordano che il diritto alla mobilità e alla libera circolazione è parte

integrante dei diritti umani e ritengono che i ripetuti drammi legati alla

migrazione irregolare siano diretta conseguenza della mancanza di canali

regolari verso i Paesi dell”Unione Europea.

 

Qui tutte le firme, insieme alla nostra:

👇

https://m.facebook.com/story.php?story_fbid=2443229192485615&id=670119673129918

 

QUI il nostro post su Facebook

 

 

/// Percorso collettivo antirazzista verso la mobilitazione: prossimo incontro martedì 25 ottobre ore 20.30 al Lato B di viale Pasubio 14

 

Continua ed entra nel vivo il nostro percorso collettivo antirazzista verso la mobilitazione, con altre realtà cittadine. Per info e per partecipare: noaicpr@gmail.com

 

Prossimo appuntamento a martedì 25 ottobre ore 20.30 al Lato B di viale Pasubio 14.

 

 

 

/// Prossima riunione lunedì 24 ottobre ore 19.30 on line

 

Per seguire il percorso collettivo del martedì sera, le riunioni della nostra Rete sono state spostate per un periodo al lunedì sera, on line.

 

Appuntamento al  24 ottobre ore 19.30  Link a chi è già in lista e a chi lo chiederà a noaicpr@gmail.com

 

Alla prossima!

 

Mai più Lager – No ai CPR

Redazione
La redazione della bottega è composta da Daniele Barbieri e da chi in via del tutto libera, gratuita e volontaria contribuisce con contenuti, informazioni e opinioni.

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