Extincton Rebellion: corsa contro il tempo e… 2035
articoli ripresi da comune-info e dal blog di Enrico Euli. A seguire Alessandro Ghebreigziabiher
Una corsa contro il tempo – Extinction Rebellion Italia
Extincton Rebellion Italia (XR) ringrazia per il supporto espresso da Enrico Euli ai movimenti di disobbedienza civile nonviolenta. Il sostegno è sempre apprezzato: essere attivista è un lavoro faticoso e spesso poco gratificante in termini di risultati raggiunti. Il movimento sente però il bisogno di integrare alcune riflessioni esposte nell’articolo. Tra queste: ricondurre le lotte per la giustizia climatica unicamente ai giovani e valutare come opinabili o mediocri le scelte strategico-operative attuate dagli attivisti.
La giustizia climatica è un tema cruciale oltreché universale. Vincolarlo alle nuove generazioni è miope e contribuisce a distorcere il quadro narrativo. La crucialità del collasso ecoclimatico investe tutte e tutti, a prescindere[i] da origine, sesso, età. La trasversalità anagrafica è un valore all’interno dei movimenti e di XR in particolare. Anche chi non ha figli sente, in questo momento, una profonda responsabilità per la pesantissima eredità in termini di crisi eco-climatica che si sta lasciando alle generazioni future.
Si agisce per la sopravvivenza della razza umana e degli ecosistemi, per rivendicare il diritto a un futuro sostenibile e per smentire l’indifferenza e la sufficienza di chi sbeffeggia l’attivismo. La disobbedienza civile nonviolenta non è un capriccio giovanile, un desiderio di ribellione alle autorità o, peggio, mero vandalismo.
Vanessa Nakate scrive:
“Serve veder coinvolta gente di tutte le origini e di tutte le età, con il più ampio ventaglio possibile di competenze, di tutte le estrazioni socioeconomiche, da tutta la Terra. Proprio come non esiste un solo attivista o un modo ‘giusto’ di essere attivisti, limitare il movimento per il clima a una sola categoria anagrafica o a una sola forma di protesta o a una sola parte del globo, vuol dire ridurre la portata della forza potenziale ed effettiva della nostra energia collettiva, delle nostre capacità e voci condivise e sottovalutare l’urgenza delle sfide che siamo chiamati ad affrontare”.
Le sfide universali che Nakate cita, confliggono con quella narrativa reiterata, che fa pelo e contropelo alle azioni promosse dai movimenti ambientalisti, e che tralascia sempre di includere nell’analisi il problema reale: l’inazione della classe politico-dirigenziale, quella con potere legislativo. Un potere, ad oggi, rivolto altrove, completamente scollato dalla fragilità sociale e ecologica che abita il Pianeta.
Pertanto sì, accogliamo chi scende in strada a bloccare le auto, lancia zuppe sui quadri, blocca i jet privati negli aeroporti: non sono persone che hanno manie di protagonismo, con l’agenda degli impegni vuota o le spalle coperte da qualcun altro. No, sia chiaro. Banalmente è gente disperata, inascoltata nel messaggio che porta, della Scienza con i suoi dati e della Natura con le sue lacrime salatissime.
Gli attivisti ad oggi prendono solo sanzioni, amministrative e penali, critiche e stigmatizzazioni. Allora l’invito, sincero e spontaneo, è a unirsi. Perché non c’è una soluzione, c’è l’intelligenza collettiva dove tutte e tutti possono contribuire, per crescere, per vincere, non per affossare.
Le azioni individuali sono importanti ma non salveranno il mondo finché le grandi lobby industriali (alimentare, bellica, energetica, logistica…) godono della copertura politica che consente loro di continuare a inquinare, senza scrupoli, mantenendo fermo l’unico interesse di cui sono portatrici: la crescita dei profitti.
Dall’alto non arriveranno segnali concreti di lungimiranza perché lungimiranza oggi vuol dire sacrifici, rinunce, frugalità. E il famoso 1 per cento della popolazione non intende rinunciare proprio a nulla, men che mai agli agi e alla connivenza politica.
Allora, piuttosto, aiutate i movimenti in questa corsa contro il tempo: occorre agire immediatamente.
La critica riempie un vuoto ed è comodamente articolata da casa: è il tempo dell’azione. Unitevi!
restare in ascolto, vedersi in azione – Enrico Euli
Lo ammetto: ero rimasto basito -ed anche un po’ ferito- da alcuni commenti ricevuti sul mio ultimo post pubblicato, relativo alle azioni contro il silenzio omertoso (o le false parole) che -colpevolmente e collettivamente- attornia la catastrofe climatica.
Questo intervento di XR mi rincuora e mi stimola a scrivere ancora su questo tema, che sento decisivo per le nostre vite e per le sorti di quel che ancora potremmo provare a chiamare ‘politica’.
Vedo che -almeno da parte loro- non sono stato frainteso.
Lungi da me l’idea che le azioni dirette di disobbedienza civile non servano e non siano legittime ed auspicabili.
Credo anzi che da tempo non ci sia più nulla da aspettarci dai potenti di turno, dai partiti e dalle istituzioni.
E che non abbia senso quindi continuare a chiedere loro qualcosa (attraverso petizioni o appelli) o a protestare in forme convenzionali e ritualizzate (quali cortei o manifestazioni di massa su appelli generici e superati dagli eventi).
L’azione diretta nonviolenta (anche illegale) è l’unica possibilità che la nonviolenza propone quando la situazione risulta bloccata e compromessa come quella attuale.
Spero che ne nascano molte, diverse e tali da permettermi di prendervi parte in prima persona.
Appartengo a quella minoranza di persone adulte che pensa ancora di poterselo permettere, anche a costo di apparire ingenui, adolescenziali o semplicemente ‘fuori’.
Ho qualcosa da perdere anch’io, e non è facile confrontarsi con il mondo adulto, anche da sessantenne quale ormai sono.
Ma non avrei paura e non mi sentirei a disagio in azioni rischiose e illegali, se potessi condividerle con altri (giovani o meno).
Il mio dubbio -lo voglio chiarire per una volta ancora- riguarda dove e come inserire queste azioni, se vogliamo creare intorno ad esse un clima favorevole ed un sostegno più ampio (e quindi favorire la possibilità di un consenso che le protegga almeno in parte dai forti rischi che esse comportano per chi le compie).
Fatta salva quindi la possibilità, la necessità e l’urgenza che qualcuno le faccia, resta da chiedersi cosa potrebbero fare le maggioranze silenziose che sinora assistono ad esse -più o meno distratte, inquiete o ambivalenti- senza che queste azioni le stimolino ad agire a loro volta.
Non credo sia probabile che queste ultime possano passare immediatamente dall’inazione simpatizzante alla disobbedienza civile illegale.
Ma potrebbero compiere azioni potenti di non collaborazione attiva all’interno di una campagna più ampia, che preveda al suo interno un’integrazione tra atti legali ed illegali.
Oppure esse potrebbero almeno trovare il modo di manifestare in forme più evidenti il loro sostegno (legale, politico, economico, sociale) alle azioni illegali in corso ed a chi coraggiosamente sceglie di compierle a suo rischio e pericolo.
Quel che conta è che si rigeneri un ponte tra le generazioni, animato da un comune senso di urgenza e disperazione, ma anche da un vero dialogo che -non rimuovendo il valore delle esperienze pregresse- sappia però aprirsi alle novità che la nonviolenza ha sempre dimostrato di saper far emergere nella sua storia.
Storie e Notizie N. 2093
Okay, raccontiamo anche questa come se fosse una fiaba, ma una di quelle per adulti, perché ho la netta impressione che i più piccoli la conoscano già, visto che i cosiddetti “grandi” la mettono in scena quotidianamente.
Allora, com’è d’uopo, c’erano una volta i protagonisti di questa storia, ovvero tre sovrani: Sunak, re del Regno Disunito, Kishida, imperatore dell’Arcipelago del Sol Morente, e la Regina Giorgia, monarca del Paese dello Stivale.
Un bel giorno, ovvero il contrario, essendo alquanto preoccupata, la Madre Terra – cioè la mamma di tutti, quindi anche loro – si recò dai nostri e disse: “Vado subito al punto, perché il tempo stringe, anche se non ho ancora capito se ve ne siate resi conto o meno. A ogni modo, siccome non me la sto passando affatto bene e non ho idea di quanto sarò ancora qui con voi, volevo sapere cosa avevate pensato per il futuro, ecco.”
I tre si guardarono perplessi l’un l’altro, come a dire parla tu, no io no, rispondi tu, eccetera, e allora la Terra si spazientì: “Non siamo a scuola, eh? Non interrogo e non sono la vostra maestra, solo vostra madre e in quanto tale mi preoccupo per il domani, cosa che dovreste fare anche voi in quanto umani. Per esempio, cosa avete in mente per il 2035?”
I nostri stavolta si guardarono come se a tal proposito avessero una risposta pronta, ma la Terra incalzò: “Non ho detto una data a caso, eh? Solo cinque anni prima, ovvero entro il 2030, secondo un autorevole studio il 92% dei paesi che ospito sperimenterà temperature “estremamente calde”, o temperature che sarebbero state osservate solo una volta al secolo in epoca preindustriale, ogni due anni. Sempre entro il 2035 le emissioni globali di anidride carbonica aumenteranno del 43% se le principali nazioni rimarranno legate alle politiche energetiche esistenti e non agiranno per frenare il riscaldamento globale, secondo la US Energy Information Administration. Quest’ultima, nella sua analisi energetica globale a lungo termine, prevede che nel 2035 il consumo di energia aumenterà del 49% tra il 2007 e il 2035. Capite cosa intendo? Nel 2035 la metà degli ecosistemi delle barriere coralline in tutto il mondo dovrà affrontare permanentemente condizioni inadatte se il cambiamento climatico continuerà senza sosta. Ma soprattutto, un’altra importante ricerca condotta da scienziati britannici e dei Paesi Bassi afferma che nel 2035 attraverseremo un punto di non ritorno, dopodiché sarà estremamente improbabile riuscire a fermare l’aumento della mia temperatura di 2 gradi Celsius, dando il via a un pericoloso miscuglio di disastri globali. Restare sotto i 2 gradi Celsius è fondamentale per il mio benessere, mi auguro lo sappiate. Una volta che mi sarò riscaldata di altri 2 gradi, gli scienziati prevedono una serie di effetti catastrofici, da inondazioni diffuse nelle zone costiere a ondate di caldo torrido e tempeste estreme.”
La Madre Terra si interruppe, perché aveva il fiatone e si era accaldata, ormai incapace di sapere se fosse colpa dell’effetto dell’agitazione o quello serra.
“Allora?” domandò di nuovo ai tre. “Cosa avete in mente per il 2035?”
“Un aereo”, rispose Sunak.
“Cosa?”
“Un aereo”, confermò la Regina Giorgia.
“Un aereo?” chiese la Madre di tutti.
“Ma un aereo da combattimento, eh? Sarà pronto proprio entro il 2035”, chiarì l’Imperatore del Sol Morente.
“Già”, sottolineò il sovrano inglese. “Un jet supersonico di sesta generazione.”
“Mica robetta”, aggiunse la regina nostrana. “Pensa che si chiama Tempest, cioè Tempesta, e costa circa 25 miliardi di sterline, quasi 30 miliardi di euro.”
“E l’avete pure chiamato Tempesta…”
La Madre Terra per poco non svenne, ma stavolta era certa che non fosse colpa del riscaldamento globale.
“Sono praticamente spacciata, a meno di un miracolo…” pensò angosciata.
O una rivoluzione…