Julian Assange scrive al re inglese

Patrick Boylan spiega come interpretare la lettera di Julian Assange al re d’Inghilterra, presentata anche per immagini sul sito di Pressenza; Carlos Latuff commenta da par suo la decisione che conferma l’estradizione

L’Alta Corte britannica respinge l’appello di Julian Assange contro l’estradizione negli Stati Uniti – Comitati per la Liberazione di Assange

Un giudice dell’Alta Corte del Regno Unito ha respinto tutti e otto i motivi dell’appello dell’editore australiano Julian Assange contro l’ordine di estradizione negli Stati Uniti firmato dall’allora Ministra degli Interni britannica Priti Patel nel giugno 2022.

L’appello di Assange è stato deciso da un giudice unico [tribunale monocratico], il giudice Swift, che martedì ha emesso una decisione di tre pagine.

Secondo quanto affermato nel ricorso formulato da Assange, la ministra Patel avrebbe commesso un errore procedurale nel decidere di approvare un ordine di estradizione che viola il criterio di specificazione [secondo il quale non è consentito estradare un individuo per un reato non specificato nella richiesta di estradizione] e perché la richiesta stessa è in violazione dell’articolo 4 del Trattato di estradizione USA-Regno Unito.

Inoltre, secondo il ricorso:

  • Julian Assange verrà processato e punito per le sue opinioni politiche (in violazione dell’art. 81(a) della Legge sull’estradizione);
  • Julian Assange verrà processato nonostante il fatto che la sua libertà di espressione andrebbe tutelata [dalla legislazione vigente nel Paese di estradizione, ovvero dagli artt. 1 e 14 della Costituzione USA], come prescritto nel articolo 10 [del trattato di estradizione];
  • la richiesta stessa viola il Trattato di estradizione tra gli Stati Uniti e il Regno Unito e il diritto internazionale in quanto incentrata su reati di natura politica;
  • il governo statunitense ha travisato i fatti principali del caso davanti ai tribunali britannici;
  • la richiesta di estradizione e tutto ciò che essa ha comportato costituiscono una procedura abusiva, [ovvero, un uso sproporzionato e fuori luogo di mezzi legali per finalità persecutorie].

Il team legale di Assange ha tempo fino a martedì prossimo (13 giugno) per presentare un appello di 20 pagine massime a una giuria di due giudici, che convocherà un’udienza aperta al pubblico.

Dichiarazione di John Shipton: “Julian presenterà ora un appello per essere udito davanti a due giudici dell’Alta Corte. Le ragioni per chiedere queste udienza sono chiare, solide e giuste. La famiglia di Julian rimane inorridita davanti agli ultimi sviluppi e insieme a tutte le persone oneste nel mondo intero assiste a quanto sta avvenendo con profonda inquietudine e allarme.”

Dichiarazione di Stella Assange: “Martedì prossimo mio marito Julian Assange presenterà una nuova richiesta per essere udito davanti all’Alta Corte. [Se la richiesta verrà accettata,] egli avrà un’udienza pubblica davanti a due nuovi giudici dell’Alta Corte.  Rimaniamo fiduciosi di avere la meglio e che Julian non sarà estradato negli Stati Uniti, dove dovrà affrontare accuse che potrebbero portarlo a trascorrere il resto della sua vita in un carcere di massima sicurezza per aver pubblicato informazioni veritiere, che hanno rivelato crimini di guerra commessi dal governo degli Stati Uniti”.

Campagna per Assange
assangecampaign.org

da qui

 

 

La lettera di Julian Assange al Re Carlo III: due traduzioni a confronto Patrick Boylan

I traduttori automatici somigliano attualmente ai primi navigatori satellitari – quelli per la guida in macchina – apparsi sul mercato alla fine degli anni ‘90.  Funzionavano, sì, ma spesso ingannavano l’utente e non sempre indicavano il percorso ottimale.  (Succede a volte anche con i navigatori più moderni.)

La stessa cosa si può dire oggi per le app di traduzione più comuni, come Google Translate, DeepL e ChatGPT.   Funzionano, sì, ma spesso ingannano l’utente e non sempre forniscono una resa ottimale

Ne sono la dimostrazione le recenti traduzioni in italiano della lettera di Julian Assange al Re Carlo III del Regno Unito – quelle che sono apparse su alcuni mass media in Italia.  Con poche eccezioni, le redazioni si sono avvalse di un traduttore automatico (di solito DeepL, che fornisce traduzioni istantaneamente) per essere in grado di diffondere subito la lettera in lingua italiana.  Ma con quali risultati?

Alla lettura della lettera di Julian nella sua versione in lingua italiana, molti sostenitori del giornalista/editore australiano sono rimasti perplessi, qualcuno incredulo e sgomento.  Infatti, i traduttori automatici hanno generato, tutti quanti, una lettera che all’orecchio italiano di questi sostenitori suonava pietosa e sottomessa, a tratti inintelligibile e senza uno scopo chiaro.  Non si percepiva affatto la voce sempre pacata ma tagliente e arguta di Julian il fustigatore del Potere, quella voce che aveva ispirato milioni di persone in tutto il mondo sin dalla prima conferenza stampa del cofondatore di WikiLeaks, il 26 luglio 2010 presso il Frontline Club di Londra.

Che cos’è successo? Dobbiamo concludere che le versioni italiane della lettera di Julian costituiscono un lampante caso di “tradurre/tradire”?  Cioè, falsano il vero stato d’anima di Julian e i suoi veri intenti comunicativi?  Oppure dovremmo concludere che l’impressione che la lettera in italiano ha generato in molti lettori era giusta. E che, dopo undici anni di reclusione, Julian si sarebbe effettivamente arreso.

Non ci sono dubbi: si tratta senz’altro di un caso di “tradurre/tradire”.  Ma allora come porre rimedio a questo tradimento (per quanto involontario) degli intenti comunicativi espressi nel testo originale?  Non rimane che chiedere a un traduttore umano di rifare la traduzione per farci sentire davvero la voce di Julian.  La sua voce alla Jonathan Swift, maestro della prosa satirica in inglese, colui che seppe usare un linguaggio sempre elegante e forbito… come una frusta.

Segue dunque il tentativo, da parte di chi scrive, di tradurre la Lettera al Re rendendo fedelmente tutti gli intenti comunicativi del testo di Assange ma non necessariamente i contenuti semantici: alcuni vengono soppressi o alterati per attenuare l’impressione di eccessiva ossequiosità proprio perché, all’orecchio di un britannico che legge la lettera nell’originale, i termini di rispetto utilizzati – che a noi sembrano eccessivamente ossequiosi – risultano invece del tutto normali e scontati.  Inoltre vengono aggiunte, laddove necessario, delle glosse – una ventina – per rendere immediatamente percepibili a un lettore italiano gli intenti comunicativi latenti.

In sostanza, la lettera verrà tradotta comunicativamente.  Spiegheremo meglio la differenza tra la traduzione semantica e quella comunicativa in un futuro articolo incentrato sempre sulla Lettera di Julian al Re e anche su come utilizzare al meglio i traduttori automatici per non essere tratti in inganno.

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  1. Le frasi ironiche vengono segnalate con un asterisco.
  2. Le glosse vengono segnalate con la scrittura in corsivo.

A Sua Maestà il Re Carlo III,

ritengo doveroso cogliere l’occasione della Vostra incoronazione per rivolgervi un sincero invito a celebrare questa occasione memorabile visitando il Vostro “regno nel Regno”: (*) ovvero, la prigione di  Belmarsh. Senza dubbio ricorderete le sagge parole di un famoso drammaturgo:

“Non s’è clementi per calcolo o costrizione:
la clemenza è una dolce pioggia spontanea
che si sparge su ogni terreno, e, dandosi,
valorizza sia quel terreno che se stessa.”

Ah, ma cosa saprebbe della clemenza quel bardo se fosse confrontato con tutto ciò che Voi invece dovete affrontare all’alba del Vostro storico Regno?  Soprattutto tenendo presente che il valore di ogni società si misura guardando come tratta i suoi ultimi: i carcerati.  Ebbene, su questo piano, bisogna riconoscere che il Vostro Regno detiene molti primati. (*)

La Prigione Reale di Belmarsh si trova al prestigioso indirizzo di One Western Way, Londra.  Dista, dal Collegio Reale della Marina di Greenwich, meno di una cavalcata di caccia alle volpi, sport che Voi nobili avete praticato da queste parti fin quando non fu messo al bando in quanto crudele. (*)  Quanto dovete essere orgoglioso del fatto che due istituzioni così stimate portino il Vostro stemma! (*) 

È qui dentro che sono detenuti 687 dei Vostri fedeli sudditi, a conferma del primato del Regno Unito come nazione con la più grande popolazione carceraria dell’Europa occidentale. (*)  Non solo ma, stando alle recenti dichiarazioni del governo, il Vostro Regno conosce attualmente «la più grande espansione di posti in carcere in oltre un secolo». Anzi, le Vostre ambiziose proiezioni mostrano un aumento della popolazione carceraria da 82.000 a 106.000 nei prossimi quattro anni. Una bella incombenza, davvero. (*)

In qualità di prigioniero politico (*), detenuto per volontà di Vostra Maestà per conto di un sovrano straniero alquanto imbarazzato (*), sono onorato (*) di risiedere tra le mura di questa istituzione, di livello mondiale. (*)  La prigionia politica è illecita? Sciocchezza! Il Vostro Regno non conosce limiti. (*) Un primato anche questo. (*)

Durante la Vostra visita, avrete l’opportunità di banchettare con le delizie culinarie (*) preparate per i vostri fedeli sudditi (*) alla modica spesa giornaliera di € 2.30 (complessivamente, per colazione, pranzo e cena). (*)  Sicuramente un primato.  (*) Assaporerete le teste di tonno frullate e le onnipresenti polpette presumibilmente fatte di pollo e…? (*)  Comunque, non vi dovete preoccupare della figura che farete a pranzo o a cena, perché a differenza di istituzioni di poco conto come Alcatraz o San Quentin (*), non ci sono pasti comuni a Belmarsh, non esiste una mensa.  I prigionieri mangiano da soli nelle loro celle.  Sempre soli, per poter gustare le pietanze nella massima intimità. (*)

Al di là dei piaceri della bocca (*), posso assicurarvi che Belmarsh offre ai Vostri sudditi ampie opportunità per elevarsi (*).  Come scritto in Proverbi 22:6: «Insegnate al giovane la condotta da tenere e anche da vecchio non se ne allontanerà». Osserverete, dunque, le lunghe code alla farmacia carceraria, dove i detenuti si aggregano per avere le loro prescrizioni, non perché ne abbiano bisogno quotidianamente, ma per poter fare un “bagno di folla”, come quando andavano ai concertoni.  (*)

Avrete anche l’opportunità di rendere omaggio al mio amico Manoel Santos tristemente deceduto, un omosessuale che temeva la deportazione nel Brasile di Bolsonaro e che si è tolto la vita a soli otto metri dalla mia cella usando una rozza corda ricavata dalle sue lenzuola.  (*) La sua squisita voce tenorile è stata messa a tacere per sempre. (*)

Avventurandovi nelle profondità di Belmarsh, Voi troverete il reparto più isolato di tutti dentro le sue mura: l’Infermeria  (o l’Inferno-ria, come lo chiama amorevolmente chi lo frequenta). (*)  Ha regole accuratamente studiate per la sicurezza: sono una meraviglia. (*)  Ad esempio, niente gioco di scacchi per far passare il tempo (sarebbero pericolosissimi), mentre invece il gioco della dama è consentito. (*)

All’interno della Inferno-ria, si trova il luogo più eccelsamente edificante (*) di tutta Belmarsh, anzi, dell’intero Regno Unito: la Suite (*) “Fine Vita”.  Che designazione sublimemente inequivocabile! (*) Ascoltate attentamente e potrete sentire le grida dei reclusi: «Fratello, qui dentro muoio», un tributo sia a ciò che vuol dire vivere, sia a ciò che vuol dire morire, dentro la Vostra prigione. (*)

Ma non angosciatevi per così poco (*); perché tra queste mura c’è anche molta bellezza da scoprire. Deliziatevi nel guardare i pittoreschi corvi che nidificano fra il filo spinato (*) e le centinaia di topi affamati che chiamano Belmarsh casa. (*) E se venite in primavera, potreste persino intravedere gli anatroccoli nati dalle uova deposte da germani reali all’interno della prigione. Ma fate presto, perché le loro vite sono fugaci… per via dei topi famelici. (*)

In conclusione, Vostra Maestà, vi supplico di visitare la prigione di Belmarsh: sarebbe un gesto degno di un re. (*) Vi supplico inoltre, mentre salite al trono, di ricordare le parole riportate da Matteo (5:7): «Beati i clementi, perché troveranno clemenza».  E possa la clemenza essere la stella polare del Vostro Regno, sia all’interno che all’esterno delle mura di Belmarsh.

Il Vostro più devoto suddito, (*)

Julian Assange

A9379AY…

continua qui

 

redaz
una teoria che mi pare interessante, quella della confederazione delle anime. Mi racconti questa teoria, disse Pereira. Ebbene, disse il dottor Cardoso, credere di essere 'uno' che fa parte a sé, staccato dalla incommensurabile pluralità dei propri io, rappresenta un'illusione, peraltro ingenua, di un'unica anima di tradizione cristiana, il dottor Ribot e il dottor Janet vedono la personalità come una confederazione di varie anime, perché noi abbiamo varie anime dentro di noi, nevvero, una confederazione che si pone sotto il controllo di un io egemone.

3 commenti

  • Não entendo; Assange como cidadão Australiano/ Equatoriano não deveria primeiro ser extraditado para um de seus países de cidadania, e daí os USA entrar com novo processo para pedido de extradição?!…
    Como o Reino Unido pode extraditar um cidadão de outro país para um país ao qual o cidadão não tem cidadania?!…
    O que diz o Direito Internacional sobre isso já que estamos falando de um caso que se refere a um cidadão de nacionalidade diferente da norte americana!
    Além do fato evidente que trata-se de um caso político, por denúncias de crimes cometidos pela administração dos USA, cujos crimes Assange denunciou! Portanto trata de vingança do governo americano contra Assange, o que é notório, e por sua vez ilegal!
    Esse me parece um caso de duas uma: ou se julga o caso em corte internacional ou se concede a liberdade a Assange por considerar o pedido americano improcedente!

  • Assange senza più speranze? Così potrebbe sembrare, ma… – Patrick Boylan

    Il 9 giugno scorso, l’Alta Corte britannica ha reso noto di aver respinto perentoriamente il ricorso avanzato dall’editore australiano Julian Assange contro la sua estradizione negli USA dove rischia 175 anni di prigione per aver rivelato i crimini di guerra statunitensi in Afghanistan e in Iraq.

    Non solo, ma, com’è noto, la settimana prima, la FBI aveva ripreso le sue indagini contro Assange, interrogando un suo ex collaboratore, Andrew O’Hagan. Nel 2014 questo “scrittore dietro le quinte” (ghostwriter) scozzese e confidente di Julian lo aveva aiutato a realizzare la sua autobiografia. Lo scorso primo giugno la FBI ha bussato alla sua porta per avere qualche indiscrezione in più su Julian. La risposta di O’Hagan ai poliziotti è stata esemplare: “Signori, incarceratemi se volete, ma non soddisferò la vostra richiesta cinica.” E la FBI è dovuta andar via a mani vuote. Tuttavia, il solo fatto che indaghi sembra indicare una volontà, da parte dell’amministrazione Biden, di incastrare Julian con ogni mezzo.

    Tutto ciò ha indotto Vincenzo Vita a scrivere su il Manifesto del 10 giugno: “In questi giorni pare consumarsi un delitto perfetto, contro WikiLeaks e il suo fondatore; e contro l’autonomia e l’indipendenza dell’informazione… Siamo arrivati, probabilmente, al dunque.”

    Eppure abbiamo scritto su queste pagine che molti indizi fanno invece pensare ad una trattativa in corso e che, pertanto, uno spiraglio ci sarebbe. Non solo, ma abbiamo ipotizzato che la lettera indirizzata da Julian al re Carlo III facesse parte di un siffatto negoziato. Ecco, dunque, l’elenco aggiornato dei nostri indizi.

    Nell’annunciare il rigetto del ricorso di Julian il 9 giugno scorso, la moglie, Stella Moris Assange, ha diramato un comunicato ufficialein cui afferma: “Rimaniamo fiduciosi di spuntarla e che Julian non sarà estradato negli Stati Uniti.” Fiduciosa? Forse sa qualcosa?
    Ma già un mese prima, il 9 maggio, Caroline Kennedy, ambasciatrice USA in Australia e figlia di John F. Kennedy, aveva offerto una “colazione di lavoro” ad un gruppo di parlamentari australiani pro Assange – gesto inconcepibile senza un’autorizzazione dello State Department di Biden e quindi un segno almeno di “apertura al dialogo”.
    Alcuni giorni dopo, il primo ministro Albaneseha dichiarato in una intervista televisiva che bisognava trovare una soluzione per la liberazione di Assange e che Julian dovrebbe “fare la sua parte” (“be a part” nel senso di “be party to”). Cioè, tocca a Julian fare certe concessioni – probabilmente riguardanti ciò che egli s’impegna a fare o a non fare, una volta liberato. È infatti inconcepibile che USA/UK accettino che Assange, liberato, possa ripristinare WikiLeaks e tornare a screditarli come prima. Ma è ugualmente inconcepibile che Julian possa barattare il suo silenzio per la sua libertà. Da cui l’impasse e la necessità di un negoziato.
    Come abbiamo già ricordato, lo scorso 4 aprile, l’Alto Rappresentante del governo australiano ha fatto visita a Julian– il primo colloquio in assoluto con un funzionario di alto rango – e ha auspicato poi una serie di visite. Cioè, un negoziato per superare l’impasse?
    Il 22 maggio, l’avvocato londinese di Julian,Jennifer Robinson, ha dichiarato in una conferenza stampa a Canberra che a sua avviso un accordo era a portata di mano qualora ci fosse la volontà politica di concludere e una adeguata formula di patteggiamento.
    Il 28 maggio Stephen Kenny, l’avvocato di Assange in Australia, in un colloquiocon Bruce Afran, avvocato costituzionalista statunitense, ha ipotizzato un “Patteggiamento Alford” come possibile via di uscita accettabile da Biden. E da Julian?
    Sei indizi, dunque, che fanno pensare che ci siano effettivamente trattative in corso. Ma attenzione: non trattative in forma amichevole, bensì un violento corpo a corpo senza quartiere.

    Da una parte, Julian invia al re una lettera di apparente sottomissione, ma nella quale spara a zero sul monarca. Per esempio, scrive che la prigione di Belmarsh è lontana “meno di una cavalcata di caccia alle volpi”: il richiamo è uno schiaffo in faccia a Carlo, noto appassionato di quello “sport dei nobili”, in quanto egli ha perso la sua lotta per conservarlo. (A furor del popolo, la foxhunt è stata bandita nel 2004 in quanto sport crudele). Nelle loro traduzioni della lettera di Julian al re, app come DeepL, Google Translate e Chat GPT non hanno saputo rendere la battuta sfottente “a foxhunt from” (come se Carlo misurasse le distanze in cavalcate alla caccia di volpi) e quindi hanno semplicemente omesso il riferimento, facendo perdere al lettore la stoccata di Julian. Stoccata, come tante altre nella lettera, voluta probabilmente per ribadire la sua volontà di dire le cose come stanno in faccia al potere.

    A tutto ciò, la controparte britannica ha risposto a sua volta venerdì scorso, facendo decidere il ricorso di Julian a un giudice monocratico arci-conservatore (quello che difese la deportazione dei migranti in Ruanda), il quale, in quattro e quattr’otto, ha rigettato l’appello senza spiegazione. Controstoccata, dunque, per dire a Julian: “Non puoi più contare su ricorsi legali, scendi a patti!”. Infatti, dopo l’udienza di martedì 13 presso l’Alta Corte, Julian avrà esaurito tutte le sue possibilità di ricorso nel Regno Unito.

    Potrà naturalmente appellarsi alla Corte Europea dei Diritti Umani, ma il governo conservatore ha già preparato un’apposita legge per disconoscere la giurisdizione e quindi le sentenze di questa corte. E non esistono ulteriori possibilità. Tutto questo per mettere Julian sotto pressione e per indurlo a più miti consigli.

    In conclusione, secondo l’ipotesi avanzata qui, le due parti hanno sparato le loro salve iniziali (la lettera, il rigetto) ed ora dovranno giungere in qualche maniera ad un accordo.

    In quest’ottica – che è pura speculazione, sia ben chiaro, per quanto confortata dai sei indizi appena elencati – la lettera di Julian al re Carlo assume una grande importanza: quella del guanto lanciato a terra. “Riconosco la tua sovranità su di me, ma ti sfido ugualmente!”

    Avevamo ipotizzato che il sarcasmo di Julian nella lettera potesse essere stato concordato con le autorità per riequilibrare le frasi di sottomissione alla Corona da lui pronunciate. Ma esiste anche la possibilità che la lettera non sia stata affatto concordata con le autorità, proprio perché non scritta da Julian e quindi non passata per la censura della prigione. Infatti, Julian avrebbe potuto semplicemente indicare a Stella durante un colloquio, a grandi linee, il suo pensiero, incaricando il suo ghostwriter, Andrew O’Hagan, di scrivere materialmente la missiva che Stella ha poi fatto uscire su declassifieduk a nome di Julian.

    Un fatto è sicuro. La lettera esprime sottomissione ma anche sfida, un curioso miscuglio che un cortometraggio, realizzato da alcuni attivisti per Assange, coglie e rende quasi tangibile attraverso la voce dell’attore Mirko Revoyera e le immagini della videomaker Barbara BaLo, coordinati da Nicoletta Bernardi.

    Il rigetto dell’appello di venerdì scorso fa dunque parte di una gara al rilancio da parte britannica? Oppure è semplicemente l’atto finale di una lunga tragedia già scritta? In un caso come nell’altro, l’estradizione di Julian rimane “pericolosamente vicina”, come scrive WikiLeaks, e le prese di posizione pubbliche di ognuno di noi – a favore della liberazione di Assange e per tutelare la nostra libertà di stampa e la nostra libertà di espressione – sono più che mai necessarie: ora o mai più!

    Intanto, dita incrociate per il 22 giugno.

    https://www.pressenza.com/it/2023/06/assange-senza-piu-speranze-cosi-potrebbe-sembrare-ma/

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