Maestosa cazzata a Milano (di Pabuda)
c’era un grosso rudere che…
lo vedevi
passandoci accanto colla filovia
(la novanta o la novantuno:
dipende dal verso
in cui vuole andare uno)
e pensavi: che tristezza:
un cinema così grosso ma
vuoto di pellicole e moquette,
di poltroncine,
di cassiere e di biglietti:
che groppo in gola:
un cinema senza immagini
né cinefili,
senza bambini noiosi,
né coppiette né sporcaccioni,
senza popcorn,
senza scene madri né padri
senza sorprese, né delusioni.
che disdetta un cinema senz’anima!
poi tutt’a un tratto…
degli amici nostri scrupolosi,
gente varia, sparpagliata,
giovane o giovanile, non sto qui a dire,
quella tristezza l’ha occupata
dissolvendola
con idee suoni parole profumi colori,
diversi ragionamenti e qualche risata:
quel vuoto era stato riempito
un po’ di soppiatto:
eè ovvio: qui a Milano ogni gesto culturale
intelligente, generoso, solidale
così va fatto:
con delicatezza “illegale”.
a guardarla bene quella roba
più che a un’occupazione
somigliava a un estremo tentativo
di rianimazione.
poi, a un altro tratto, tutto diverso,
delle divise con dentro
dei tipi estremamente tristi,
seguendo un copione un po’ violento,
trito e ritrito, visto e rivisto
nei peggiori b-movies
(del filone macabro “gli sgomberi”)
si son date da fare
per restituire all’ex cinema Maestoso
la più buia vuota e puzzolente e muta tristezza:
l’inutilità pubblica,
magari in attesa di qualche privatissima
speculazione edilizia.
ora, mi piacerebbe sapere…
– così: per cultura generale,
mica voglio fargli del male –
chi è quel gran testa
di pongo avariato,
quel tizio
che lo sgombero ha ordinato?