17 aprile: «Trivelle, come nasce un caso»

di Giovanni Battista Zorzoli (*)

Quando leggerete questo articolo mancheranno 6 giorni al referendum su trivella selvaggia ed eterna

Et-film

   Vi racconto la storia come farebbe il classico marziano piovuto dal cielo, una volta tornato a casa sua.

Le perforazioni offshore non solo possono provocare inquinamenti molto gravi per incidenti, come è accaduto più volte in passato. Meno noti, perché non fanno altrettanto notizia, sono ad esempio i fenomeni di subsidenza, provocati dalle trivellazioni, che hanno già causato danni nei territori dell’alto Adriatico e spiegano il blocco a ulteriori buchi in atto da molti anni.

Che non si tratti di business as usual lo sa anche Assomineraria, l’associazione di categoria aderente alla Confindustria, che un paio d’anni fa commissionò uno studio molto dettagliato in cui si analizzavano le condizioni socioeconomiche e ambientali dei territori interessati a possibili estrazioni di idrocarburi offshore e si suggerivano modalità di intervento per sollecitare il consenso delle popolazioni interessate: oltre alle campagne d’informazione, da attuare tenendo conto in particolare del livello di sensibilità ambientale, venivano suggerite anche proposte di interventi compensativi che venissero incontro a esigenze locali.

Il marziano fu favorevolmente impressionato da questo modo di procedere, anche perché lo studio era stato reso pubblico e quindi l’associazione di categoria aveva deciso di giocare apertamente la partita. Essendo un marziano curioso voleva godersela tutta, fino al fischio finale.

Purtroppo aveva fatto i conti senza un Oste fiorentino insofferente di qualsiasi confronto; confronto che, se vuol essere minimamente democratico, richiede tempo e pazienza. Oste in compenso noto per le manifeste simpatie verso quelli che Ernesto Rossi definì «padroni del vapore», mentre in tempi più recenti sono diventati «capitani coraggiosi» (copyright di Massimo D’Alema).

Detto e fatto: con alcune norme contenute nella legge «Sblocca Italia» (all’Oste piacciono i titoli paradannunziani), l’estrazione degli idrocarburi (petrolio e gas) acquisiva carattere di «strategicità, indifferibilità e urgenza», per cui il ministero dello sviluppo economico (guarda caso, proprio quello della Guidi) poteva sostituirsi alle regioni per autorizzare progetti riguardanti l’estrazione di idrocarburi e le relative infrastrutture.

Anche l’Oste, però, aveva fatto il conto senza altri nove osti, quante sono le regioni che hanno chiesto un referendum abrogativo delle nuove nome. Dopo avere sprezzantemente affermato di non avere «paura delle reazioni di tre, quattro comitatini», quando i primi sondaggi lasciarono pochi dubbi sulla volontà della maggioranza degli elettori di andare a votare sì al referendum, si affrettò a inserire nella legge di stabilità 2016 alcuni emendamenti, che cancellavano le novità introdotte dalla «Sblocca Italia» tranne una, proprio quella assurta agli onori – si fa per dire – della cronaca politico-giudiziaria di questi giorni.

Questa norma riguarda la durata delle concessioni per estrarre idrocarburi esistenti. Con la vecchia legge, che risale al secolo scorso, duravano trent’anni, ma la compagnia concessionaria poteva chiedere una prima proroga di dieci anni e altre due di cinque ciascuna. Già questo era un bel regalo rispetto a quanto avviene in altri paesi, dove alla scadenza è previsto un bando per la riassegnazione, ma evidentemente non era giudicato adeguato agli appetiti degli interessati. Ecco allora una norma, bocciata una prima volta dal parlamento e ripresentata come emendamento alla legge di stabilità 2016, dove è passata essendo stata chiesta la fiducia, che fa riferimento alla «vita utile» del giacimento. Il gioco, ben diverso da quello cui il marziano desiderava assistere, è fatto: la concessione è prolungata fino a quando chi la detiene è interessato a sfruttarla.

A ogni buon conto il voto per un referendum già depotenziato, perché riguarda solo questa norma, è stato indetto il 17 aprile, con una spesa di 300-400 milioni, evitabile se fosse stato tenuto in concomitanza con le elezioni amministrative di giugno. In questo modo l’Oste spera in un flop, che gli consentirebbe di sbandierare a destra e a manca «la maggioranza degli italiani è d’accordo con me».

Al marziano dispiace solo di non avere diritto al voto, perché ormai ha capito l’aria che tira e teme il peggio. Non essendo state abrogate da un referendum, le altre norme cancellate dall’Oste possono essere ripresentate in qualsiasi momento e un flop il 17 aprile potrebbe essere usato per giustificare una simile decisione.

(*) ripreso da «Alfabeta2»

 

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