1922-2022: il marcio in marcia
articoli di Saverio Ferrari e di Silvio Marconi con un testo ripreso dalla «lettera” di Memoria e libertà». Dopo cent’anni quel 28 ottobre resta una data mai troppo “ricordata” e ancora travisata dalla storiografia ufficiale.
COSA ACCADDE A MILANO IL 28 OTTOBRE 1922,
GIORNO DELLA MARCIA SU ROMA: QUANDO I FASCISTI SI BARRICARONO NELLE SEDI IN ATTESA DEGLI EVENTI
di Saverio Ferrari
La Marcia su Roma, il 28 ottobre 1922, vide la mobilitazione di migliaia di squadristi. Secondo le ricostruzioni circa 16-17 mila uomini, secondo lo storico Emilio Gentile ben 25 mila, divisi in più colonne. Già nella giornata precedente, il 27, in diverse città, tra le altre, Cremona, Pisa, Siena, Foggia e Perugia, vi erano state occupazioni di questure, prefetture, stazioni ferroviarie, uffici postali, nonché l’assalto ad armerie e depositi militari. In alcuni casi, come a Cremona, dove i fascisti non si aspettavano l’opposizione dei militari vi erano stati scontri armati e morti. Ad Ancona e nel bolognese vi furono anche irruzioni nelle prigioni per liberare noti squadristi. Sempre il 27 le tipografie di molti giornali, soprattutto di sinistra, furono incendiate.
Le colonne fasciste erano comunque male armate, pochi fucili, anche da caccia, e pochi proiettili. I mezzi di trasporto annoveravano biciclette, qualche camion, con la maggioranza costretta a muoversi a piedi, dato che le ferrovie erano inutilizzabili avendole il governo Facta bloccate. Pioveva e le mantelline erano corte non in grado di proteggere del tutto. Quest’accozzaglia disordinata e violenta entrò a Roma quando Mussolini era già stato nominato dal re Vittorio Emanuele III capo del governo, il 30 ottobre. Qui gli squadristi si scatenarono contro gli antifascisti a San Lorenzo, che risposero al fuoco. Ne seguì una battaglia per tutto il quartiere che, secondo il Comando di Divisione dell’esercito, provocò tredici morti e numerosi feriti. Un attacco pesantissimo. Seguirono violenze anche nei confronti degli abitanti della Prenestina, della Nomentana, di Borgo Pio e di via Trionfale. Roma fu una delle poche città dove gli antifascisti si batterono per contrastare l’ascesa violenta del fascismo.
Meno conosciuto è ciò che accadde a Milano. Qui all’alba i fascisti si asserragliarono alla Casa del fascio in via San Marco e soprattutto in via Lovanio alla redazione del Popolo d’Italia, presente Benito Mussolini, dove furono erette delle barricate con sacchetti di sabbia e bobine di carta, mentre squadristi armati si erano posizionati anche sui tetti. Le guardie regie li avevano circondati con tre autoblindo, posizionato mitragliatrici e innestate le baionette sui fucili. Partì anche per sbaglio un colpo dal fronte degli assediati. Il futuro duce tentò di parlamentare ma gli fu risposto da un maggiore che non era possibile concordare nulla con dei «rivoltosi». Siamo solo a qualche ora prima della comunicazione da parte del Re dell’incarico a Mussolini di costituire il governo. Partirà in treno la notte del 29 alla volta di Roma.
I fascisti erano in marcia e Mussolini si era trincerato a Milano. «In caso di fallimento», farà notare Angelo Tasca ne La nascita del fascismo, era «a pochi chilometri dalla frontiera svizzera». Quella via di fuga che anni dopo, nell’aprile del 1945, cercò ancora di imboccare senza fortuna.
Nel cinquantesimo della Marcia su Roma, Pietro Nenni, leader storico del Partito socialista italiano, che visse l’avvenimento in diretta, in una sua riflessione del 1972 (ne La lunga notte del 28 ottobre) scrisse che «la fine del sistema parlamentare fu il risultato del crollo interno della classe politica [più] che dell’attacco delle camicie nere». Lo Stato liberale abdicò sotto la spinta degli industriali e degli agrari, così il Re pressato dall’esercito. Che non vi fosse altrimenti possibilità di successo era ben chiaro agli stessi fascisti. La Marcia su Roma vista da Milano lo provava.
La marcia su Roma fascista di Mussolini nel centenario
di Silvio Marconi (*) |
Cento anni fa si verificava quella che è nota come “la Marcia su Roma” fascista che si concludeva con l’avvio del dominio mussoliniano, una vicenda che la mitologia fascista dell’epoca e quella neofascista attuale dipinge come un evento rivoluzionario che avrebbe portato alla “conquista” del potere da parte di Mussolini e che talora perfino nell’ottica antifascista viene erroneamente presentata come tale, focalizzando l’attenzione solo sull’indiscutibile orgia di violenza quadristica che tra il 1920 e il 1922 fece centinaia di morti, migliaia di feriti e invalidi, distrusse il tessuto di Case del Popolo, sedi sindacali, cooperative, giornali, assaltò ed occupò sedi di Comuni scacciandone chi vi era stato democraticamente eletto.
Certamente lo squadrismo, fin dalla nascita del movimento fascista nel 1919, non fu né elemento marginale né solo strumento tattico di quel movimento, anzi ne fu al tempo stesso asse portante pratico, esplicitazione di un sistema teorico che aveva al centro l’esaltazione della violenza sopraffattrice e fattore perfino condizionante di alcune delle scelte della leadership e l’aver sottovalutato il carattere nuovo del fascismo come “partito armato”, come “milizia politica al servizio di diversi settori del padronato” (agrari, settori della grande industria, ceti possidenti immobiliari) è uno degli errori cruciali commessi non solo dal socialisti, riformisti o massimalisti, ma anche dal neonato Partito Comunista d’Italia a guida bordighiana. Errore che venne stigmatizzato da Gramsci (e da lontano dallo stesso Lenin) che fu non a caso fra i pochissimi dirigenti nazionali del PCd’I a non condannare l’unica vera esperienza di risposta armata unitaria proletaria allo squadrismo militarizzato fascista, quella degli “Arditi del Popolo”, che la direzione settaria del PCd’I dell’epoca avversò invece proprio per il suo carattere unitario e non sottomesso ciecamente al Partito (nota 1).
Pure, fa comodo a troppi, certamente a destra (neofascista esplicita o malmascherata, moderata o di altro genere) ma anche a qualcuno a sinistra, dedito da tempo alle “pacificazioni”, alle legittimazioni in feste, dibattiti, format TV dei fascisti (salvo poi fare appelli alla necessità di un “argine contro le destre estreme” solo alla vigilia delle elezioni…) dimenticare la realtà profonda, che ormai da decenni gli storici hanno mostrato sulla base di una analisi di fatti incontrovertibili.
Innanzi tutto, il 28 ottobre 1922 non vi fu alcuna “rivoluzione fascista” e alcuna “presa del potere” di Mussolini; le squadracce nere avrebbero potuto essere spazzate via dalle mitragliatrici e dai reparti del Regio Esercito schierati attorno e nella capitale se solo il re Vittorio Emanuele II avesse firmato quel decreto di stato d’assedio che il certo non bolscevico Primo Ministro Facta gli aveva sottoposto con una tale certezza che sarebbe stato sottoscritto da averlo già fatto affiggere sui muri di Roma! Fu lo stesso monarca, inaugurando una linea nera che continuò con la firma di tutte le infamità del fascismo (nota 2) e che proseguì con l’abbandono suo, della Corte e dello Stato Maggiore ai nazisti della difendibilissima capitale il 9 settembre 1943, che diede incarico da Primo Ministro, dimessosi Facta, ad un Mussolini arrivato in vagone letto da Milano.
In secondo luogo il governo che Mussolini formò il 31 ottobre 1922 sulla base di quell’incarico non fu affatto limitato ai soli fascisti, ma incluse liberali, nazionalisti e cattolici del Partito Popolare ed il 19 novembre la Camera dei Deputati votò la fiducia a quel governo a larghissima maggioranza, a riprova sia della sottovalutazione del fenomeno fascista da parte di tanti che poi tardivamente vi si opposero, sia invece della convinzione di molti che si trattasse della dura ma necessaria “medicina” per arginare le istanze delle masse popolari e difendere i privilegi delle classi possidenti, dei loro rappresentanti politici, della casta militare e della stessa monarchia. Votarono a favore Giolitti e Salandra, lo stesso Facta e personaggi che ritroveremo nella storia politica dell’Italia repubblicana nata dalla Resistenza, come Gronchi e De Nicola (nota 3) e De Gasperi. Successivamente (novembre 1922) la stessa Camera accordò a maggioranza i “pieni poteri per un anno” a Mussolini.
Quell’appoggio non deve stupire perché il movimento eversivo e paramilitare, squadrista e sanguinario fascista non era stato già negli anni precedenti un “corpo estraneo” rispetto alle classi dirigenti, economiche, politiche e militari e questa sua non estraneità si esplicava su tutti i piani.
Sul piano squadristico-paramilitare, a fronte di singoli sporadici episodi di ufficiali che operarono a tutela dell’ordine pubblico e della salvaguardia di vite e beni contro le violenze fasciste, nel 99% dei casi tali violenze non furono semplicemente tollerate ma accompagnate, protette, co-agite da truppa, guardie regie, carabinieri agli ordini dei loro ufficiali, si trattasse di assalti a sedi sindacali o cooperative, a violenze contro esponenti antifascisti, o perfino ad assalti a quelle sedi istituzionali, in particolare i Municipi, che le cosiddette forze dell’ordine avevano il precipuo dovere di difendere; in più, comandi militari e singoli ufficiali, senza problemi, fornirono autoveicoli, armi da guerra, rifornimenti alle squadre fasciste. Sul piano economico, gruppi industriali (nota 4) finanziarono prima Mussolini, fin dall’epoca del suo voltafaccia dal Socialismo più radicalmente antimilitarista all’interventismo (nota 5), poi il suo movimento a tutti i livelli, nazionale e locale, fornendo oltre a cospicue somme anche mezzi, ancora una volta primi fra tutti i veicoli che garantirono allo squadrismo una mobilità di attacco incomparabile.
Sul piano politico, non solo vi fu acquiescenza da parte di prefetti e alte gerarchie militari, di alti burocrati e loro funzionari, questi ultimi spesso esponenti di punta di quella piccola borghesia che diede largo contributo in uomini all’interventismo prima, al fascismo poi, ma piena co-azione coi fascisti da parte di forze politiche parlamentari ed esponenti eminenti delle stesse ben prima del 28 ottobre 1922; basti pensare che nel maggio 1921 fu Giolitti a promuovere per le elezioni un accordo con i fascisti (nota 6) per la loro inclusione in una coalizione con gli esponenti del liberalismo tradizionale, il “Blocco Nazionale”; un accordo che non garantì affatto a quell’esplicito blocco conservatore-reazionario il primato, dato che ebbe solo il 19,07% (1,26 milioni di voti), mentre il Partito Socialista ebbe il 24,69% (1,6 milioni di voti) scontando anche la scissione da parte del neonato PCd’I (nota 7) e il Partito Popolare ebbe il 20,39% (1,35 milioni di voti), ma un accordo che permise a Mussolini di entrare in Parlamento con altri 34 rappresentanti fascisti!
Giolitti nel 1919 aveva raggranellato coi suoi accoliti solo il 15,91% dei voti (900.000 voti), a fronte del risultato del 32,28% che aveva fatto del Partito Socialista (massimalista) il primo partito d’Italia con oltre 1,8 milioni di voti e del neonato Partito Popolare (cattolico) col 20,53% il secondo partito d’Italia con oltre 1,1 milioni di voti; quel risultato e i moti operai del 1920 lo avevano convinto che contro la crescita delle espressioni sia parlamentari che extraparlamentari delle masse popolari operaie e contadine si doveva rinsaldare un blocco conservatore-reazionario a tutela delle posizioni di dominio tradizionale e che il carattere nuovo del movimento fascista che coniugava la violenza paramilitare con l’azione propagandistica e politica era un utile strumento per tale fine e fu dunque questo insigne esponente della politica italiana a cavallo dei due secoli XIX e XX, colui che aveva esaltato e istituzionalizzato la pratica,inventata da Depretis, del “trasformismo” (nota 8), a legittimare e dare spazio politico al fascismo e la sua opposizione ad esso già dal 1924 non cancella tale scelta delittuosa eticamente e politicamente.
Al tempo stesso, il grande partito di massa di sinistra italiana, il Partito Socialista, era diviso in due correnti, una massimalista che ne controllava la linea politica e gli organi di stampa e che si rifaceva a proclami rivoluzionari, a “fare come la Rivoluzione Russa”, alimentando nelle classi subalterne speranze e in quelle possidenti incubi di sommovimenti epocali ma senza mai darsene strumenti, strategie, tattiche appropriati, l’altra riformista che dominava la rete di Comuni, Cooperative, strutture mutualistiche che rappresentavano la linfa del sistema di consenso al partito e il sinfacato, ma che vedevano l’azione politica appiattita su tale dimensione e priva di ogni prospettiva di effettivo mutamento dei rapporti di forza di classe e di una strategia che implicasse la questione del potere.
Le oscillazioni dei Socialisti sono ben rappresentate dalla incapacità di usare in positivo con una estensione, un collegamento e una radicalizzazione effettiva e non a chiacchiere delle lotte gli eventi dello sciopero generale del 20-21 luglio 1919 (nota 9), dell’occupazione delle fabbriche del settembre 1920 e delle grandi e dure lotte contadine che scuotevano le campagne soprattutto in val Padana ed in Puglia; l’azione di “pompieraggio” svolta dal Partito Socialista, anche nella versione a maggioranza massimalista dopo il Congresso di Bologna della fine del 1919, verso quelle lotte ottenne solo tre risultati: una demoralizzazione delle classi oppresse che le disarmò intellettualmente e moralmente e generò in esse una sfiducia verso i loro rappresentanti che ebbe conseguenze catastrofiche perfino sul passaggio di loro esponenti locali al campo avverso (anche al fascismo), un consolidamento della fiducia in se stesse delle classi padronali abbinato però con un persistere di una paura dell’evento rivoluzionario che le portò a rinsaldare i legami con la casta militare e prefettizia e a moltiplicare l’appoggio ai fascisti, una rottura che diede vita al PCd’I che rifiutava ogni possibile connubio con i Socialisti compromessi da questa loro scelta politica.
Senza tutto questo non ci sarebbe stato nessun 28 ottobre 1922 e nessuna successiva costruzione di un regime fascista, modello poi esportato all’estero e compartecipe della nascita del nazismo; senza tutto questo non ci sarebbero state Guerra di Spagna né aggressione all’Etiopia né Seconda Guerra Mondiale e se certamente quegli orrori indicibili sono responsabilità del nazifascismo (e anche di chi, da Ford a Churchill, dalla monarchia britannica dei Windsor ai “democratici” francesi largamente flirtò a lungo con esso), le loro radici sono italiane e non si collocano solo nel campo nero ma soprattutto in due ambiti interconnessi: la connivenza strategica e tattica tra forze reazionarie, conservatrici, padronali, militari, monarchiche e fascismo e la sottovalutazione di quel pericolo, in diverso modo e forma, da parte di quasi tutti gli esponenti e i raggruppamenti politici che pure erano o si dicevano espressione delle classi sfruttate.
Una grande e terribile lezione storica non isolata visto che in Italia, in Germania, in spagna, ecc. il fascismo NON HA MAI VINTO, gli è sempre stata regalata la vittoria! Una lezione, certo, ma come diceva Gramsci, purtroppo “la Storia è una grande maestra ma con pessimi allievi”…
NOTE:
- nella difesa vittoriosa dell’Oltretorrente a Parma, organizzata dagli Arditi del Popolo (1-6 agosto 19222), accanto a comunisti come Picelli, Gorreri e molti altri, anarchici come Cieri ed altri, socialisti come Faraboli e Isola, a una grande massa di lavoratori e donne ed ex-combattenti senza-partito, partecipò perfino un esponente politico cattolico come Corazza e secondo le stesse memorie del capo dei fascisti assaltanti Balbo “parteciparono alcuni preti in sottana”;
- dalle leggi speciali a quelle razziali, dall’aggressione all’Etiopia alla dichiarazione di guerra a Francia e Inghilterra, ecc.:
- che della Repubblica nata dalla Resistenza divennero Presidenti;
- per primi quelli interessati alle commesse belliche, in un intreccio fra forniture militari e nazionalismo estremo che oggi si ripresenta in altre forme, a cui successivamente al 1920 si unirono settori diversi dell’industria e soprattutto agrari specialmente della Pianura Padana e delle Puglie;
- e finanziarono dal 1914 il suo nuovo giornale, “Il Popolo d’Italia”;
- che nelle precedenti elezioni del 1919, le prime a suffragio universale maschile, avevano avuto un risultato risibile e nessun candidato eletto; a Milano, dove il fascismo era nato, ottennero solo 4.657 voti e Mussolini ebbe solo 2.427 preferenze; alla fine del 1919 gli iscritti fascisti erano scesi in tutta Italia a meno di 4.000;
- il neonato PCd’I ebbe il 4,61%, 300.000 voti;
- ossia quella di aggregare attorno a se maggioranze ottenute con la compravendita di parlamentari, con le clientele personali e di collegio e al sud con l’esplicito appoggio di mafia e camorra;
- il cui sbocco prerivoluzionario, sostenuto non solo dagli anarchici ma dalla stessa propaganda dei fogli socialisti massimalisti era invece totalmente avversato dal partito Socialista come tale;
Lo squadrismo fascista dal 1919 alla marcia su Roma. Misero a “ferro e a fuoco” l’Italia.
Per non DIMENTICARE le violenze e le stragi perpetrate dallo squadrismo fascista dalla fine del 1919 alla “marcia su Roma”.
Per non DIMENTICARE gli orrori e le tragedie inflitte dalla dittatura fascista al popolo italiano.
PRIMA PARTE: da aprile 1919 a giugno 1921 (*)
I tre anni che procedettero la cosiddetta “ marcia su Roma” ( organizzata dalle squadre fasciste che a decine di migliaia convennero a Roma il 28 ottobre 1922 su decisione di Mussolini e del quadrumvirato – Bianchi, De Bono, Balbo, De Vecchi – che ordinarono l’insurrezione armata fascista per dare il colpo finale allo stato (liberale) furono precedute dalla messa in opera da parte degli squadristi e delle bande armate ad essi collegati in un clima di terrore e di scientifiche ed efferate violenze che si consumarono in tutto il territorio italiano contro cittadini, uomini e donne, militanti delle organizzazioni politiche di sinistra, cattoliche, liberali, delle strutture sindacali, leghe contadine e cooperative.
Contemporaneamente furono, metodicamente, assaltate e devastate molte centinaia di sedi e strutture sindacali e politiche. Purtroppo in molti casi le forze di polizia e carabinieri svolsero un ruolo “ benevolmente neutrale”. In non poche occasioni assunsero un preciso ruolo di supporto agli atti compiuti dagli squadristi.
Molti storici concordano nell’assommare a quasi tremila le vittime provocate della violenza fascista. Decine di migliaia i feriti ( 40.000 solo nel 1921). A queste nefaste cifre, per il periodo che va dal 1917 al 1922, bisogna aggiungere oltre 3000 vittime provocate dagli interventi delle guardie regie, soldati e carabinieri, nel corso di manifestazioni e di iniziative in generale. Nello stesso periodo i militi dell’Arma uccisi sono 43.
Nello stesso periodo 20.000 antifascisti sono costretti ad abbandonare l’Italia.
Solo dal 1 gennaio 1921 al 1 settembre dello stesso anno i fascisti distruggono:
17 tipografie di giornali, 59 Case del Popolo, 119 Camere del Lavoro, 107 sedi di Cooperative, 83 sedi di Leghe Contadine, 8 Società di Mutuo Soccorso, 141 Sezioni e Circoli comunisti e socialisti, 100 Circoli di Cultura, 10 biblioteche popolari e teatri, 1 università popolare, 28 sedi di sindacati operai, 53 circoli operai e ricreativi, con un totale di 726 sedi di organizzazione dei lavoratori.
La tragica violenza fascista si sviluppo’ in tutte le Regioni Italiane, in particolare per i molteplici assassini e le reiterate distruzioni consumate, nelle regioni del nord e del centro del nostro Paese.
Scrive G. Tarantini nel suo libro “ La maniera forte” ( ed. Bertani, Verona 1995, p. 29): “Circa 300 amministrazioni comunali elette con il suffragio universale sono state costrette a dimettersi: una ventina di giornali socialisti, comunisti, repubblicani, popolari, sono stati distrutti; centinaia e centinaia di Camere del Lavoro, di Case del Popolo, di cooperative, di sezioni comuniste e socialiste sono state saccheggiate e incendiate. Quindici milioni di popolazione italiana dell’Emilia, del Polesine, della Romagna, della Toscana, dell’Umbria, del Veneto, della Lombardia sono stati permanentemente tenuti sotto il dominio di bande armate, che hanno violato i domicili, hanno insultato le donne e i vecchi, hanno ridotto alla fame e alla disperazione centinaia di famiglie, hanno calpestato i sentimenti popolari, dalla religione alla famiglia, hanno fatto impazzire per il terrore e morire bambini e vecchi. Tutto questo è stato permesso dalle autorità ufficiali, è stato taciuto o esaltato dai giornali; una pazzia collettiva parve avere invaso la classe dirigente, il Parlamento, i Governi”.
Le squadre fasciste, specie nelle aree del centro-nord, dove più forte si sviluppo’ nelle campagne l’asprezza dei conflitti tra proprietari e contadini, organizzate nelle leghe “ rosse” e nelle leghe “ bianche”, furono apertamente ispirate, finanziate e armate dagli agrari. I due anni che vanno dal 1919 e il 1920 rappresentano la fase più alta delle rivendicazioni “secolari” mosse dai contadini, dai braccianti e dalle loro organizzazioni nei confronti di un padronato agricolo indirizzato a conservare con tenacia e spietatezza potere assoluto nel controllo dei lavoratori ( quindi sui salari) da essi utilizzati nelle loro proprietà.
In questo periodo furono tante le iniziative, le rivendicazioni salariali, gli scioperi, le occupazioni messe in opera dai contadini e dalle leghe, per evidenziare che l’assoluto arbitrio e sfruttamento, la silente e servile obbedienza pretesa dagli agrari, le pessime condizioni di vita, non fossero più sopportabili dai lavoratori della terra. In molti casi gli agrari furono costretti a sancire patti ed accordi sindacali a favore dei contadini e dei braccianti.
Negli anni ’30 così ricordò qudegli eventi Salvatore Salvemini, esule negli Stati Uniti, nel suo libro “Scritti sul fascismo” ( ed. Feltrinelli, 1961, vol. 1, p. 540):
“ Nel corso dei due anni della loro “tirannia” i “bolscevici” non devastarono neppure una volta l’ufficio di un’associazione degli industriali, degli agrari o dei commercianti; non obbligarono mai con la forza alle dimissioni nessuna amministrazione controllata dai partiti conservatori; non bruciarono neppure una tipografia di un giornale; non saccheggiarono mai una sola casa di un avversario politico. Tali atti di “eroismo” furono introdottoti nella vita politica italiana dagli “antibolscevici”. Inoltre va notato che mentre i delitti commessi dai “bolscevici” negli anni 1919-1920 furono quasi sempre compiuti da folle eccitate, le “eroiche” imprese degli “ antibolscevici” troppo spesso furono preparate e condotte a sangue freddo da appartenenti a qui ceti benestanti che hanno la pretesa di essere i custodi della civiltà”.
Migliaia furono i fatti di violenza e di sangue perpetrati dalle bande fasciste negli anni che vanno dal 1919 al 1922 dopo la costituzione dei Fasci di combattimento avvenuta a Milano il 23 marzo 1919. Gli eventi più tragici e violenti, per quantità e “ qualità”, furono consumati del 1921-22. Tra i tanti si ricordano i più efferati, tratti dal libro di Mimmo Franzinelli “ Squadristi, protagonisti e tecniche della violenza fascista. 1919-1922”. Ed. Mondadori, 2003.
1919
* 15 aprile, Milano. Assalto e distruzione del quotidiano socialista “ Avanti”. Oltre 200 tra ex-ufficiali, fascisti, Arditi e futuristi assaltarono armati la sede del giornale. Distruggono i macchinari e uccidono 2 socialisti.
* 10 ottobre, Riesi ( Cl). Eccidio di contadini. Duemila lavoratori di Riesi, organizzati nelle leghe “rosse”, tentano di occupare le terre dei principi di Pignatelli, presidiate dall’esercito; i soldati aprono il fuoco: 13 contadini vengono uccisi e una cinquantina i feriti.
* 13 novembre, Lodi ( Milano). Arditi e membri del fascio di combattimento in occasione di un comizio in un teatro di un loro candidato alle elezioni, contestato da una parte del pubblico, sparano schierati sul palco, uccidendo 3 contestatari.
1920
* 11 maggio, Milano. Devastato il circolo socialista del quartiere Vicentino. Nell’assalto fascista uccisi 2 soci.
* 23-24 giugno, Napoli. Un corteo di tranvieri e di tessili viene assalito in serata da squadre di Arditi che lanciano bombe a mano e mitragliano i manifestanti. Un morto e una ventina di feriti.
* 4 novembre, Ragusa. Le squadre nazional-combattentistiche del banchiere Filippo Pennavia assaltano il municipio amministrato dai socialisti. A Comiso ( Ragusa), i fascisti ed ex combattenti attaccano un raduno di lavoratori uccidendo 4 persone.
* 21 novembre, Bologna. Assalto delle squadre fasciste al palazzo comunale durante l’insediamento della nuova amministrazione socialista; 10 socialisti uccisi e una sessantina di feriti.
* 31 dicembre, Correggio ( RE). Squadristi modenesi irrompono nella Casa del Popolo durante il veglione e uccidono 2 giovani socialisti.
1921
* 24-26 febbraio, Bari. Le squadre fasciste tentano di penetrare nella città vecchia. Il tentativo è respinto dalla popolazione al prezzo di una decina di morti.
* 9-10 aprile, Ragusa. A piazza S. Giovanni gli squadristi di Filippo Pennavia attaccano a colpi di pistola una manifestazione socialista; 3 braccianti uccisi.
* 17-18 aprile, Poiana della Chiana ( AR). Centinaia di fascisti provenienti da tutta la Toscana occupano il paese, assassinando 8 inermi cittadini, uomini e donne.
* 19 aprile, Incisa Valdarno ( AR). Le camicie nere fucilano un paio di coministi.
* 19 aprile, Vaiano ( PO). In giornata gli squadristi uccidono due abitanti e successivamente occupano il municio “rosso” di Sansepolcro ( AR) con l’uccisione di un socialista.
* 19 aprile-20 aprile. Gli squadristi tentano di espugnare i quartieri popolari, uccidendo 2 persone.
* 1 maggio, i fascisti in molte città assaltano i cortei della festa dei lavoratori, effettuando diversi assassinii, circa dieci a Romagnano Sesia ( NO), Monza, Rieti, Roma, Degnano ( NO), Cavriago ( RE), Piacenza, Napoli, Corato ( BA).
* 5 maggio, area di Reggio Emilia. In due paesi uccisi un anarchico e due comunisti.
* 8 maggio, quindici uccisi dai fascisti in varie località in Italia: Ascoli Piceno, Vinacciano (PT), Vittorio Veneto (TV), Monastero di Caviglia ( AR). L’aggressione più grave a Castelvetrano (TP), una manifestazione elettorale del PSI è assalita dai fascisti: 8 morti, compreso due squadristi.
* 15 maggio, domenica elettorale. Si consumano violente aggressioni in molte località. Le più gravi a Cerignola ( FG) gli squadristi uccidono 3 componenti di una famiglia di sinistra e 5 antifascisti che si recavano a votare; Ponticelli e Resina ( NA), uccisi 4 militanti di sinistra.
* 19 maggio, area del senese. Una squadra di fascisti uccide 3 comunisti e ne ferisce molti altri.
* 22 maggio, Santa Giustina di Rimini. Squadristi bolognesi reagiscono a fischi della popolazione con una sparatoria nella quale vengono uccisi 3 inermi cittadini.
* 22 maggio, aggressione a S.Agata Bolognese. All’1,30 di notte una ventina di fascisti si radunano davanti la casa di un consigliere comunale socialista, iniziano a sparare uccidendo la madre del consigliere.
* 26 maggio, Modica ( RG). Una squadra di camicie nere apre il fuoco contro un migliaio di lavoratori che stavano manifestando, uccidendo 6 manifestanti.
* 30 giugno, Grosseto. Numerose colonne di camicie nere convergono in assetto di guerra che si impadroniscono della città: 3 cittadini assassinati, una trentina di feriti.
* 13-15 luglio Treviso. Un migliaio di fascisti invadono e occupano la città. Gli assalitori sono dotati di mitragliatrici montate si autocarri. Espugnano dopo una cruenta battaglia la sede della federazione repubblicana, le redazioni dei giornali “ La Riscossa” e “Il Piave”, devastano sezioni di partito, provocando numerosi morti e feriti.
* 21 luglio, Sarzana. Circa cinquecento fascisti toscani convergono sulla città. La popolazione reagisce, supportata dai carabinieri. Le squadre fasciste sono costrette ad una disastrosa e cruenta rotta.
* 22 luglio, Fossola (MS). Gli squadristi recatosi appositamente nel paese uccidono 3 cittadini ( due operai e un muratore).
* 24 luglio, Roccastrada ( GR). Assalto delle camicie nere, con l’assassinio a sangue freddo di 10 contadini e l’incendio di 17 abitazioni e fienili.
* 17 agosto. Area del mantovano. 2 contadini, padre e figlio vengono uccisi in località Mulinello per non essersi voluti togliere la cravatta rossa.
* 4 settembre, varie località. 7 uccisi dagli squadristi ad Alessandria, Montecalvo Verseggia ( PV), Stornaro ( FG), San Pietro Patti ( ME).
* 12-13 settembre, Ravenna. Tremila fascisti occupano militarmente la città. Assaltano la Camera del Lavoro, varie sedi di partiti e cooperative,, saccheggiano negozi, bastonano alcuni sacerdoti.
* 16 ottobre, varie località assalite dagli squadristi. Provocate 8 vittime a Pianello (PG), Castenaso (BO), Villa Prati di Bagnocavallo ( RA), Pandino (CR).
* 9-13 novembre, Roma. Congresso costitutivo del PNF. Le camicie nere provocano ripetuti e violenti incidenti nel quartiere di San Lorenzo, Testaccio, Trionfale, Trastevere, uccisi 6 operai.
1922
* 5 marzo, Giovecca di Lugo ( RA). Incursione nella sera di squadristi nel paese, 3 cittadini assassinati.
* 12 marzo, varie località. Violenze domenicali diffuse. Assassinati: 1 operaio a Trieste, 2 contadini a Coenzo (RE), 2 cittadini a Pieveottoville (PR), 2 persone in provincia di Reggio Emilia, devastate molte sedi di Camere del Lavoro, Cooperative, Società di Mutuo Soccorso in altri paesi.
* 26 marzo, Milano. Il terzo anniversario della costituzione dei fasci di combattimento vede un’adunata di circa 30.000 fascisti lombardi, alla presenza di Mussolini. Varie violenze con l’assassinio di un ferroviere.
* 30 aprile. Spedizione punitiva di trecento squadristi che occupano Borgomanero ( NO); a Acquapendente ( VT), 2 uccisi durante una spedizione fascista.
* 1 maggio. Nella ricorrenza della Festa del Lavoro le camicie nere assaltano diverse manifestazioni popolari, provocando morti e feriti a, Roma, Alfonsine ( RA), Romagnano Sesia ( NO), Binanuova ( CR), Livorno, Colle di Val d’ Elsa ( SI), Perugia, Andria ( BA). A Milano provocano 1 vittima, 2 uccisi e otto feriti a (BO), 1 ucciso a Altopascio ( LU), 1 ucciso a Brindisi, 1 ucciso a Vittoria ( RG). Assalite, devastate e incendiate decine di sedi di partito, Case del Popolo e di organizzazioni sindacali.
* 19-21 maggio, Rovigo. La città è invasa da migliaia di camicie nere. Innumerevoli bastonature a cittadini e distruzioni di sedi di leghe e partiti politici.
* 25-27 maggio, Roma. Sciopero generale antifascista contro le violenze delle camicie nere, negli incidenti si registrano 3 morti e quarantaquattro feriti.
* 28 maggio, Firenze. Decine di migliaia di camicie nere convergono su Firenze in occasione della giornata dedicata alla “ Grande adunanza del fascismo toscano”. Devastano la sede dell’ “ Avanti” e alcune sedi cattoliche.
* 31 maggio, Bologna. Migliaia di camicie nere ferraresi e modenesi confluiscono nella città, devastando sedi comuniste, socialiste e la Camera del Lavoro; assalita con bombe incendiarie una sede di Cooperativa.
* 12 giugno, Asti. Un nutrito gruppo di squadristi occupa la città, distruggono 10 camere del lavoro0, circoli, cooperative, abitazioni private devastate, decine di feriti.
* 24 giugno, Quartirolo di Carpi ( MO). In serata alcuni squadristi penetrano in un locale dove è in corso una festa giovanile, ammazzano un ragazzo di quindici anni e ne feriscono gravemente altri quattro, tra i 14 e 16 anni.
(*) ripreso da Lettera di Memoria e Libertà, dedicata alla memoria di Nunzio Di Francesco, partigiano catanese sopravvissuto al lager di Mauthausen e deceduto il 21 luglio 2011.
LE IMMAGINI – SCELTE DALLA “BOTTEGA” – RIMANDANO AI QUADRI DEL FUTURISTA GIACOMO BALLA. Per una spiegazione sul “Mussolini capovolto” si legga quanto ha scritto in “bottega” Benigno Moi in una delle sue sferzanti «furundulle».
Curiosamente, anche in questa cronologia, l’esordio dello squadrismo fascista, il 15 aprile 1919, è ricordato con approssimazione e in modo lacunoso.
In via Mercanti, vicino a Piazza Duomo, sotto il fuoco e le bombe a mano lanciate da nazionalisti, futuristi marinettiani, fascisti, arditi di destra ed ex-combattenti reazionari, rimasero uccis* Teresa Galli, giovane operaia socialista, e due giovani lavoratori scioperanti (Pietro Bogni e Giuseppe Luccioni) che stavano partecipando ad un corteo “anarco-spartachista” contro la repressione poliziesca.
Teresa Galli fu quindi, in assoluto, la prima vittima della “controrivoluzione preventiva”.
Seguì quindi la distruzione e l’incendio della redazione-tipografia del quotidiano socialista “Avanti!”.
Si veda:
https://www.intersezionale.com/2021/04/25/la-prima-vittima-del-fascismo-teresa/
Marco, Grazie per le ulteriori informazioni storiche portate alla comune attenzione.
Aggiungo, per necessaria puntualizzazione. Il memorandum cronologico inserito nello scritto è un’estrema sintesi dell’elenco completo riportato nel richiamato libro dello storico Mimmo Franzinelli.
Infatti, le pagine dedicate sono ben 126 -.
In ” corso d’opera” del giorno odierno invio a parte la seconda parte dell’elenco, fino alla fine di ottobre 1922.
SECONDA PARTE ( da 1 luglio 1922 a 29 ottobre 1922)
Lo squadrismo fascista dal 1919 alla marcia su Roma. Misero a “ferro e a fuoco” l’Italia.
Per non DIMENTICARE le violenze e le stragi perpetrate dallo squadrismo fascista (dalla fine del 1919 alla “marcia su Roma” – 28 ottobre 1922 -). Per non DIMENTICARE gli orrori e le tragedie inflitte dalla dittatura fascista al popolo italiano.
– seconda parte ( da 1 luglio 1922 a 29 ottobre 1922)
di “Lettera” Memoria e Libertà
Migliaia furono i fatti di violenza e di sangue perpetrati dalle bande fasciste negli anni che vanno dal 1919 al 1922 dopo la costituzione dei Fasci di combattimento avvenuta a Milano il 23 marzo 1919. Gli eventi più tragici e violenti, per quantità e “ qualità”, furono consumati del 1921-22. Tra i tanti si ricordano i più efferati, tratti dal libro di Mimmo Franzinelli “ Squadristi, protagonisti e tecniche della violenza fascista. 1919-1922”. Ed. Mondadori, 2003.
* 1 luglio, Castell’Arquato ( PC). Ucciso con otto colpi di pistola nella propria abitazione, dinanzi alla moglie e figlie, un meccanico, consigliere comunale socialista.
* 15 luglio, Marche. Una autocolonna composta da 4000 squadristi armati assumono il controllo militare di Tolentino dove vengono bruciate la Camera del Lavoro e la Casa del Popolo, quindi le squadre occupano San Severino, Castelraimondo, Camerino e Macerata con devastazioni di circoli.
* 15 luglio, Cremona. Migliaia di camicie nere al comando di Farinacci occupano militarmente la città. Incendiano le abitazioni di due deputati socialisti, distruggono la Camera del Lavoro, la tipografia Proletaria e i vari ritrovi della sinistra, infine si impossessano della Prefettura.
* 18-19 luglio, Novara. Occupazione militare della città da parte delle bande fasciste, incendiando la Camera del Lavoro dopo il ritiro delle 200 guardie regie messe a presidio della sede sindacale. In vari paesi della provincia distruggono una decina di sedi sindacali, circoli e leghe contadine.
* 21-23-24 luglio, Novara. Gli squadristi distruggono i circoli socialisti in sei paesi, a Trecate distrutta la Camera del Lavoro con l’uso di dinamite. Gli assalti e le distruzioni continuano in altri paesi novaresi: Barengo, Casalbeltrame. Nel corso delle varie spedizioni sono state uccise 8 persone.
* 26 luglio, Ravenna. Durante la vertenza tra gli agrari e barrocciai della Camera del Lavoro repubblicana e socialista i fascisti sbarrano le porte della città agli scioperanti. L’intervento delle guardie regie origina una sparatoria: vengono uccisi 9 scioperanti e 24 feriti.
* 1-2 agosto, durante lo sciopero. Violente ritorsioni dei fascisti in molte località, assalti, saccheggi e distruzioni di sedi sindacali e di partito a: Livorno, Ardenza ( LI9, Firenze, Siena, Pontremoli ( MS), Vigevano ( PV), Vernate ( MI). Gli squadristi oltre e devastare le sedi colpiscono gli scioperanti e assaltano militarmente i municipi amministrati dalle sinistre. Continuano stragi e terrore. Ad Ancona vengono uccise 8 persone, a Livorno i morti sono 4. Altri assalti e distruzioni a: Sampiedarena ( GE), Trieste, Novi Ligure ( AL), Foligno, Imola. Altre uccisioni a Villanova di Là ( MO), Tivoli ( Roma). Assalti armati provocano morti anche a Monza e in diverse altre località.
* 3 agosto, Mestre. 400 fascisti distruggono tutte le sedi sindacali e di sinistra della città.
* 3 agosto, Livorno. Gli squadristi dopo avere provocato 2 morti e decine di feriti, assaltano il Municipio; sindaco e assessori della giunta socialista costretti a dimettersi.
* 3 agosto, Alessandria. I fascisti, dopo l’uccisione di 6 persone che si trovavano nella sede, distruggono la Camera del Lavoro.
* 3 agosto, Bari. Gli squadristi assaltano la città vecchia uccidendo 2 operai socialisti.
* 4 agosto. Continuano gli atti nefandi squadristici in molte città e paesi. Livorno, ucciso un conigliere comunale socialista, devastate le abitazioni di altri amministratori, 2 uccisi e venti feriti. Nel Genovese 4 assassinati e nel Parmense 3 persone uccise. Occupato il Municipio di Alessandria, Firenze, Gallarate ( MMI), Savona, Voghera (PV), costrette alle dimissioni le giunte di sinistra. Incendiata la Casa del Popolo ad Alessandria, le Camere del Lavoro di Firenze, Muggia (TS), Asti. A Genova uccisi 2 operai ed 1 ferroviere. A Pontelongo (PD) uccisi 2 fratelli. A Bologna, nel quartiere San Lazzaro assassinati 3 operai. Saccheggiati il circolo operaio di Treviso e la Casa del Popolo di Udine. A Tavarnuzze e Legnaia ( FI), devastate le Società di mutuo soccorso. A Pistoia 1 assassinato.
* 4 agosto, Milano. Tre colonne di camicie nere armate di bombe e appoggiati da autoblindo attaccano e devastano la sede dell’ “Avanti”.
* 4 agosto, Parma. Diecimila fascisti agli ordini di Italo Balbo assediano l’oltre torrente di Parma dove sono asserragliati gli Arditi del Popolo. Rimangono uccisi 6 difensori, tra cui un consigliere del partito popolare.
* 5 agosto. Si estendono le distruzioni. Con la violenza vengono costretti alle dimissioni gli amministratori comunali di Bologna, Verona, Vigevano (PV). A Chieri ( TO) gli squadristi di Casal Monferrato devastano le sedi di tutte le organizzazioni. A Genova i fascisti carraresi e alessandrini assaltano ed espugnano la sede del Comune, distruggono le sedi di organizzazioni sindacali e politiche della sinistra e uccidono 4 persone. A Pontelongo ( PD) i fascisti uccidono 2 persone. A Mestre assaltano il Comune, il sindaco comunista è costretto a dimettersi. A Modena incendiano le sedi di due Camere del Lavoro e di una Cooperativa. A Pisa, i fascisti devastano la sede di un giornale due sedi di Camere del Lavoro. A Napoli assaltano la sede della Federazione dei lavoratori del mare.
* 5-6 agosto, Parma. I fascisti sconfitti. IL tentativo di conquistare i quartieri popolari viene respinto dalla resistenza degli Arditi del Popolo. Le camicie nere si ritirano riportando una 1uindicvina di morti, deui quali tuttavia non è stata resa nota l’identità.
* 6 agosto, Genova. Incendiata la sede di una cooperativa e la redazione del quotidiano “ Il Lavoro”, occupati i locali della Camera del Lavoro. Occupati i Municipi di sinistra di Nervi e di Quinto. A La Spezia devastata la Camera del Lavoro e la Sede dei portuali. Occupata la sede della Camera del Lavoro di Savona. A Brescia, distrutti il Circolo dei lavoratori della terra, la Casa del Popolo, la Cooperativa ferrovieri, la Sede della Federazione degli operai tessili. A Pontelongo ( VE) uccisi 2 cittadini. In provincia di Reggio Emilia devastati i circoli di sinistra a Chiazze, Fellagara e Iano. in provincia di Parma devastate le cooperative di Roccabianca, Pieveottovile e Santa Croce. A Bologna centinaia di fascisti armati occupano la zona di Montagnola, ferendo dieci persone, incendiando la Camera del Lavoro e il Circolo dei ferrovieri. Sono militarmente occupate le sedi comunali a Somma Lombardo ( VA), Ortonuovo ( PS), Albinea ( RE), Borgo Panigli e Castello d’Argile ( BO), Fano ( PS). A Cagliari gli squadristi devastano la Camera del Lavoro e le abitazioni dei più noti antifascisti. A Terlizzi (BA) incendiata la Camera del Lavoro. A San Severo ( FG) distrutta una cooperativa socialista.
* 7 agosto, area del parmense. Incendiate le cooperative socialiste di Tornile e di Albereto Di Fontanelat. A Montechiarugolo bruciate le abitazioni del sindaco socialista e di un assessore.
* 7 agosto, Sorrento. Bruciati i circoli comunisti, socialista e popolare.
* 7-8 agosto, Bari. Battaglioni dell’esercito, su richiesta del caposquadra Caradonna, occupano la città vecchia, dove sono arroccati i socialisti. Occupata la Camera del Lavoro e arrestati tutti i componenti del direttivo cittadino dell’alleanza del Lavoro.
* 8 agosto, i fascisti ripartono all’attacco in numerose aree del centro-nord. Costrette alle dimissioni le amministrazioni di sinistra di Vimercate e Muggiò ( MI), Casalpusterlengo ( LO), Pordenone, Agordo ( BL), Verona, Vicchio ( FI). Occupati dai fascisti i Municipi di Salsomaggiore, Borgo San Donnino, San Lazzaro. Tutti in provincia di Parma. A Bologna devastate due Camere del Lavoro, una Cooperativa e numerosi circoli. A Verona assalta la Camera del Lavoro e devastata la tipografia di un quotidiano. A Urbino distrutta la Camera del Lavoro.
* 9 agosto, Bologna. Occupati i Municipi di sinistra a Cesena ( FO), Cavriago e Quattro Castelli ( RO); devastate le Cooperative di Budrio ( BO) e di Correggio ( RE). Occupato dagli squadristi Molinella ( BO).
* 10 agosto, Ancona. Gli squadristi distruggono i circoli di sinistra di Agugliano, Santa Maria Nova, Montemarciano, Camerata Picena. A Canosa ( BA) distrutte la Camera del Lavoro e le sezioni comuniste.
* 11 agosto, Terni. In occasione dello sciopero degli operai delle acciaierie, circa duemila fascisti occupano la città, incendiano la Camera del Lavoro e altre sedi di sinistra e impongono con la violenza agli operai la fine dello sciopero. Occupati i Municipi di sinistra di Melzo e Monza ( MI). Costretti con la forza a dimettersi le amministrazioni di Castellarano (RE), Bagnata ( RA), Poggibonsi ( SI), incendiata la Camera del Lavoro di Chieri ( TO), occupata la Case dei lavoratori di Vaiano ( PO).
* 14 agosto, Urbino. Le camicie nere devastano la Camera del Lavoro e assaltano diversi negozi appartenenti ad assessori socialisti e militanti di partiti di sinistra.
* 16-17 agosto, Sabionatella ( BO). Durante la notte i fascisti uccidono a colpi di pistola 2 fratelli.
* 20 agosto, San Giovanni Rotondo ( FG). Gli squadristi uccidono 3 contadini.
* 20 agosto, Quartirolo di Carpi (MO). I fascisti massacrano un bracciante del partito popolare e un calzolaio socialista.
* 26 agosto, Varese. Un centinaio di fascisti armati provenienti da Como e da Milano irrompono nel Municipio e costringono con la violenza alle dimissioni il sindaco socialista.
* 3 settembre. A Vado Ligure ( SV) distrutte la Camera del Lavoro e le sedi della sinistra. A Buti ( PI) invaso il circolo del partito popolare. A San Michele ( PT) occupato il Comune gestito dalla si8nistra. Durante la notte a Cerignola ( BA) espugnata la Camera del Lavoro.
* 3 settembre, Civitavecchia ( Roma). Gli squadristi assaltano la città ( gia’ respinti ad agosto) per costringere alle dimissioni l’amministrazione socialista. Gli scontri continueranno per una settimana.
* 4 settembre, Ragusa. Espugnate le keghe contadine, bruciati archivi e arredi.
* 9 settembre, Civitavecchia ( RM). Nuovo e definitivo attacco delle camicie nera alla città, che provocano 5 morti e piegano la resistenza popolare.
* 15 settembre, Ravenna. Occupazione squadristica del Municipio. Le guardie regie di vigilanza all’edificio non intervengono.
* 17 settembre, Monza. Assalto delle camicie nere alle migliaia di fedeli presenti in occasione del Congresso eucaristico. Bastonati e dispersi dai fascisti.
* 22 settembre, Casignana (RC). Fascisti e carabinieri sparano contro i contadini che hanno occupato il feudo del principe di Roccella. Restano uccisi, 2 braccianti, 1 assessore socialista, gravemente ferito il sindaco.
* 24-25 settembre, Forlì. Gli squadristi distruggono un circolo socialista, due ritrovi comunisti e saccheggiano i negozi gestiti da antifascisti.
* 25 settembre, Savona. I fascisti occupano la Camera del Lavoro, distruggono la sede della Società operaia, devastano edicole e una albergo.
* 28 settembre, Emilia Romagna. In cinque comuni del forlivese i fascisti incendiano le sedi dei comunisti. Nei tre giorni successivi vengono distrutte una decina di sedi della sinistra e occupato il Municipio di Predappio.
* 1 ottobre, Bolzano. Le camicie nere in grande forza occupano la città, impadronendosi del Municipio e delle scuole tecniche tedescofobe.
* 4-5 ottobre, Trento. Gli squadristi occupano il Municipio e assediano la prefettura.
* 9 ottobre, Torre Annunziata ( NA). Costretto alle dimissioni a seguito dell’occupazione del Municipio, il consiglio comunale a maggioranza comunista.
* 10 ottobre, Castellaneta ( TA). Incendiata la Camera del Lavoro.
* 12 ottobre, Vercelli. Occupato il Comune, distrutta la Camera del Lavoro.
* 13 ottobre, Venezia, Toscana, Emilia. Occupate dai militi delle camicie nere le Casse distrettuali di Gorizia, Gradisca. Monfalcone. Tolezzo, Gormons, Cervignano. A Firenze distrutte due sedi del partito popolare.
* 14 ottobre Vicenza. In piena notte i fascisti occupano il Municipio. Prelevano dalle loro case sindaco e assessori, portandoli in comune, e li costringono con la violenza alle dimissioni.
* 17 ottobre, La Quercia ( VT). Devastati la Casa del Popolo, la Camera del Lavoro e il circolo dei ferrovieri.
* 23 ottobre, Veneto. La violenza squadristica impone le dimissioni della giunta comunale di Verona e delle amministrazioni comunali di Lonigo e Piovene. Il comune di San Nazario occupato militarmente dai fascisti.
* 24 ottobre, Napoli. I fascisti devastano la sede del giornale “ Il Mondo”. Arredi e documenti sono bruciati in strada in un grande rogo.
* 24-26 ottobre, Napoli. Grande adunata dei fascisti. Durante la sfilata un fascista spara alla folla e uccide una donna ottantenne.
* 28 ottobre. I QUADRUMVIRI COMANDATI DA MUSSOLIN9I IMPARTISCONO GLI ORDINI PER FARE CONVENIRE A ROMA GLI SQUADRISTI FASCISTI.
* 28 OTTOBRE, decine e decine di migliaia di fascisti calano a Roma.
* 29 ottobre. Mussolini riceve il compito di formare il nuovo governo. Dal quirinale viene inviato un telegramma di grande urgenza a Mussolini: “ Sua Maestà il Re mi incarica di pregarla di recarsi a Roma desiderando di conferire con lei. Ossequi, Generale Cittadini”.
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E questo l’atto iniziale della formazione della dittatura.
Gli antifascisti, tutti, che avevano cercato di difendere la Libertà, la Democrazia e i Diritti Sociali conquistati dai lavoratori , su base assolutamente solidaristica volontaria, non avevano ( e non volevano averne per loro funzione e “mestiere”) strutture organizzative di tipo militare.
Come bene emerge in questo “ memorandum dell’orrore” che caratterizzò la “ messa a fuoco dell’Italia” da parte dei fascisti ( riproposto nella prima e in questa seconda parte, iniziato dall’aprile 1919 – ripreso dal libro di Mimmo Franzinelli “ Squadristi, protagonisti e tecniche della violenza fascista. 1919-1922”. Ed. Mondadori, 2003. – gli antifascisti, i difensori della legalità politica e sociale, non erano assolutamente in grado di “competere” con le strutture militari fasciste e con la “cultura” della morte che caratterizzava organicamente il loro modello di fare politica e società.
Gli atti di grande violenza, gli assassinamenti, la distruzione delle sedi sindacali, di partito, di giornali, di istituzioni locali, e di qualsiasi genere dove fossero presenti strutture plurali antifasciste, continuarono per molti mesi ancora. Poi, lentamente cominciarono a scemare. Le libertà furono annichilite, le repressioni capillari. Poi i tribunali speciali, carceri e confini. Molti si rifugiarono all’estero, specie in Francia.
n.b. La “Lettera” è dedicata alla memoria di Nunzio Di Francesco, partigiano catanese ( di Linguaglossa), sopravvissuto al lager di Mauthausen – deceduto il 21 luglio 2011