2 giugno: ogni giorno creare nuove patrie…
… dove morire e rinascere
Resistenza, repubblica e Costituzione: un piccolo dossier – storico e narrativo – sul 2 giugno 1946 con un occhio al 2016.
Grazie a Bianca e Laura (*)
Pietro Calamandrei, grande giurista antifascista e componente dell’Assemblea Costituente, definisce la Costituzione «il programma politico della Resistenza». Lo stesso Calamandrei nel «Discorso agli studenti milanesi» del 1955 afferma «voi giovani alla Costituzione dovete dare il vostro spirito, la vostra gioventù, farla vivere, sentirla come vostra, metterci dentro il vostro senso civico, la coscienza civica … In questa Costituzione c’è dentro tutta la nostra storia, tutto il nostro passato, tutti i nostri dolori, le nostre sciagure, le nostre gioie… a sapere intendere dietro questi articoli si sentono delle voci lontane. Quando leggo nell’articolo 2 “l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica, sociale” o quando leggo nell’art. 11 “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli” la patria italiana in mezzo alle altre patrie, ma questo è Mazzini! Quando leggo nell’art. 8 “Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge”, ma questo è Cavour! O quando leggo nell’art. 5 “La Repubblica una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali” ma questo è Cattaneo! E quando nell’art. 52 leggo a proposito delle forze armate “l’ordinamento delle forze armate si uniforma allo spirito democratico della Repubblica”, esercito di popoli, ma questo è Garibaldi! E quando leggo nell’art. 27 “Non è ammessa la pena di morte” ma questo è Cesare Beccaria! Grandi voci lontane, grandi nomi lontani ..
Ma ci sono anche umili voci, voci recenti! Quanto sangue, quanto dolore per arrivare a questa Costituzione! Dietro ad ogni articolo di questa Costituzione, o giovani, voi dovete vedere giovani come voi: caduti combattendo, fucilati, impiccati, torturati, morti di fame nei campi di concentramento… morti per le strade di Milano, per le strade di Firenze, che hanno dato la vita perché la libertà e la giustizia potessero essere scritte su questa carta… Se voi volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra Costituzione, andate sulle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati. Dovunque è morto un italiano per riscattare la libertà e la dignità, andate lì, o giovani, col pensiero, perché lì è nata la nostra Costituzione».
UN PO’ DI ARTICOLI E QUALCHE PENSIERO INTORNO
Articolo 1
L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro.
La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.
Art. 2
La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.
Art. 3
Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. E’ compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.
LO STRANIERO E IL CIMITERO
C’era una volta un uomo che viveva da solo. Un giorno prese una decisione:
“Basta, mi trasferisco. Andrò a vivere in un altro luogo”.
E si mise in viaggio portando con sé le poche cose necessarie per la sua nuova vita.
Giunse in un villaggio che gli sembrò accogliente e chiese ad alcuni abitanti informazioni sulla gente, sui costumi e sugli usi di quel luogo.
“Amici, sono qui per vivere con voi. Sono solo, non ho famiglia e sto cercando un luogo in cui cominciare una nuova vita”.
“Che tu sia il benvenuto. Puoi fermarti a vivere con noi, c’è abbastanza spazio e sarai accolto da tutta la comunità. Avrai una terra che potrai coltivare e sulla quale potrai costruire la tua casa”.
“Bene, prima però vorrei visitare il cimitero del villaggio per conoscere la vostra storia e le persone che hanno vissuto qui. Vorrei staccare alcuni rami delle piante che proteggono le vostre tombe e usarli per la mia futura casa per avere la benedizione degli antenati della vostra comunità”
Gli abitanti del villaggio condussero lo straniero al cimitero; egli domandò
“Di chi è quella tomba?”
“E’ della nostra antenata”
“E quella?”
“E’ di nostro zio”
“E quell’altra?”
“Lì è sepolta nostra madre”.
“E quella un po’ in disparte, che sembra quasi abbandonata?”
“E’ la tomba di un tale che arrivò un giorno al villaggio per vivere con noi. Quando morì lo seppellimmo lì e lì continua a stare”.
Mentre tornavano al villaggio l’uomo pensò:
“Se mi fermo a vivere con loro, in caso di bisogno nessuno sarà disposto ad aiutarmi e se la vita sarà severa con me, nessuno mi sarà vicino. Meglio cercare un altro luogo”.
Così si accomiatò da tutti, ringraziò per l’accoglienza e riprese il suo viaggio.
Un giorno giunse ad un villaggio che gli sembrava perfetto per viverci.
Gli abitanti gli andarono incontro.
L’uomo disse “Amici, vorrei vivere con voi. Sono solo, non ho famiglia e da giorni cerco un luogo in cui stabilirmi”.
“Che tu sia il benvenuto, straniero. Potrai fermarti per tutto il tempo che vorrai”.
Lo straniero, felice per l’accoglienza, chiese di poter visitare il cimitero del villaggio. Vi andarono tutti insieme e quando arrivarono, l’uomo domandò:
“Le tombe che si trovano qui sono tutte dei vostri familiari o vi sono sepolte anche persone che erano di altri paesi, ma che costruirono qui la loro vita?
Gli abitanti gli risposero: “Quella è la tomba di nostra nonna, quella lì di nostro zio, l’altra di nostra sorella e là c’é quella di nostra madre…”
“E questa? Di chi è questa tomba?”
“Lì è sepolto un amico. Giunse al villaggio molto tempo fa per vivere con noi. Non aveva famiglia, così, quando è morto lo abbiamo sepolto accanto alle tombe dei nostri familiari”.
L’uomo pensò: “Queste persone sono di buon cuore. Se un giorno avrò bisogno di un appoggio, loro mi aiuteranno e non mi lasceranno solo. Quando morirò, mi seppelliranno in un posto appropriato e protetto”.
L’uomo decise di fermarsi e cominciò a costruire la sua casa.
(«Lo straniero e il cimitero», rielaborazione di una fiaba angolana)
Art. 4
La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto.
Ogni cittadino ha diritto di svolgere secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società.
Dice Norberto Bobbio: «Il cammino della democrazia non è un cammino facile. Per questo bisogna essere continuamente vigilanti, non rassegnarsi al peggio, ma neppure abbandonarsi ad una tranquilla fiducia nelle sorti fatalmente progressive dell’umanità. La differenza tra la mia generazione e quella dei nostri padri è che loro erano democratici ottimisti. Noi siamo, dobbiamo essere democratici sempre in allarme»
Art. 11
L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicura la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo.
Sogno dei gigli bianchi
strade di canto
e una casa di luce.
Voglio un cuore buono
e non voglio il fucile.
Voglio un giorno intero di sole
e non un attimo
di una folle vittoria razzista.
Voglio un giorno intero di sole
e non strumenti di guerra.
Le mie non sono lacrime di paura
sono lacrime per la mia terra.
Sono nato per il sole che sorge
non per quello che tramonta.
POESIA di Mahamud Darwish
Art. 34
La scuola è aperta a tutti. L’istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni è obbligatoria e gratuita. I capaci e meritevoli anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi….
E’ davvero straordinario..
meraviglioso ..confortante
sapere che ho occhi per leggere
mani che sanno scrivere..
e un infinito amore per le parole.
Perché io amo le parole ..
la lingua dei miei antenati.
Quando sono felice.. sono le parole
a dare forma alla mia felicità.
Quando sono triste e confusa..
le parole si trasformano in argilla..
e mi permettono di modellare .. e rimodellare
i miei pensieri scomposti
fino a che riesco a trovare la pace
nel profondo della mia anima.
POESIA DI Gcina Mhlophe
Art. 36
Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sè e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa. La durata massima della giornata lavorativa è stabilita dalla legge. Il lavoratore ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali retribuite e non può rinunziarvi.
Dedicato a co.co.co. co.co.pro., lavoratori a chiamata, somministrati, interinali, intermittenti e a tutta la schiera dei devoti di San Precario, protettore delle anime in scadenza di contratto
Si staglia all’orizzonte una folta schiera di individui, simili a uomini, che pare derivino da una mutazione genetica in atto, sorta dalla lotta per la vita per rispondere alle esigenze della nuova flessibilità del mercato del lavoro in Italia.
Sono tantissimi ed è una specie in continua evoluzione.
Nel pollaio di Via delle Nutrie Libere qualcosa si muoveva sotto la spessa coltre di fango. Dietro l’apparente calma serpeggiava l’animo della rivolta.
In quella stamberga lavorava infatti una pecora nera o meglio, per rispetto agli altri pennuti, un pollo nero come il carbone.
Platone era un pollo pensatore che si ostinava ad esprimere in pubblico le proprie convinzioni.
Prima dell’estate, Platone chiese un appuntamento con il Gran Sovrano, regnante unico e indiscusso del Pollaio di via delle Nutrie Libere e delle proprietà adiacenti.
Passarono mesi senza che Platone ricevesse alcun cenno di risposta.
Una brumosa mattina di novembre, quando ormai anche l’ultima speranza se ne stava nascosta nella nebbia, il pennuto venne convocato per l’incontro al vertice.
“Accomodati, Platone! “
“Sovrano, non vorrei farle perdere tempo. Ho una richiesta ben precisa. Avrei bisogno di qualche buono pasto per la mensa dei pennuti.”
“La mensa dei pennuti? Non sei mica un operario che lavora alla catena di montaggio! Se proprio non puoi fare a meno di mangiare, portati un panino da casa e goditi il panorama!”
“Ma quale panorama?” pensò Platone. Fuori dal pollaio c’era solo un rivolo asfittico chiuso fra due montagne di melma.
“Almeno è possibile che io venga garantito dal punto di vista sindacale? Sono due anni che lavoro come co.co.co. Nel pollaio di Via delle Nutrie libere e ho diritto ad un aumento di salario.”
“Sindacale … ma chi te le insegna certe parole? Queste faccende non devono interessarti.”
Platone pensò fra sé e sé: – ma la spesa, il mutuo, le rate della macchina come faccio a pagarle con questo magro salario? –
“Noi ti offriamo la cena di gala dei pennuti due volte all’anno) Non sei forse felice?”
“Non per sminuire le sue generose offerte, ma io vorrei che mi venissero pagate le ore di straordinario.”
“Quale straordinario, Platone?”
“Entro nel Pollaio alle 8 di mattina ed esco alle 9 di sera, quando dovrei finire alle 6. Sono tre ore in più al giorno.”
“Noi ti stiamo professionalizzando!”
“La professionalità ha un prezzo”
“Quando sei entrato nel Pollaio di Via delle Nutrie Libere te la facevi sotto dalla paura ed ora vieni a parlarmi di prezzo. Ma quanto credi di valere? Vedi questa pila di fogli, Platone? Sono curricola di polli che farebbero carte false per stare al tuo posto!”
“Questo è un vile ricatto!”
“Se le condizioni non ti piacciono, quella è la porta!”
Platone voltò le spalle al Gran Sovrano e si avviò verso l’uscita: un bidone della spazzatura giaceva rovesciato sul lato destro della strada e la cartacce si inseguivano sull’asfalto bagnato.
Si sentì d’un tratto fragile come uno di quei fogli di giornale, gualciti dalle troppe ruote.
TESTO di Anna Boschi
Art 37
La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore. Le condizioni di lavoro devono consentire l’adempimento della sua essenziale funzione familiare e assicurare alla madre e al bambino una speciale adeguata protezione…
Nell’80% dei casi la donna si alza, prepara la colazione, porta i figli a scuola, va in ufficio, poi ai corsi di aggiornamento, quindi torna a prendere i figli, fa la spesa, paga le bollette, va dai genitori anziani, torna a casa, lava, stira, cucina, fa fare i compiti e gioca con i bimbi, porta fuori il cane, poi un’ora di palestra e infine a nanna…
E l’uomo?
LAVORA!
**
Oggi mi sveglio presto;
in questi anni rifugiata
dentro un mondo tutto mio,
sapevo solo di dover respirare,
ma l’aria era sempre la stessa.
Oggi mi sveglio presto;
perché sento che l’anima
brucia dentro di me;
il mio grido soffocato
non riesce a rimanere prigioniero.
Oggi mi sveglio presto;
libero tutte le catena
anche se la fatica è grande,
volo verso la luminosità
fino a cancellare l’assenza.
Oggi mi sveglio presto;
faccio le valigie del passato
e le spedisco senza indirizzo,
rifaccio le stanze della mia vita
dipingendo una casa senza confini.
VERSI DI Rosana Crispim da Costa
Art. 54
Tutti i cittadini hanno il dovere di essere fedeli alla Repubblica e di osservarne la Costituzione e le leggi. I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina e onore, prestando giuramento nei casi stabiliti dalla legge.
Il nostro governo favorisce i molti invece dei pochi: per questo è detto democrazia.
Le leggi assicurano una giustizia eguale per tutti nelle loro dispute private, ma noi non ignoriamo i meriti dell’eccellenza.
Quando un contadino si distingue, allora egli sarà, a preferenza di altri, chiamato a servire lo Stato, non come atto di privilegio, ma come una ricompensa al merito e la povertà non costituisce un impedimento.
La libertà di cui godiamo si estende anche alla vita quotidiana; noi non siamo sospettosi l’uno dell’altro e non infastidiamo mai il nostro prossimo se preferisce vivere a modo suo.
Ci è stato insegnato di rispettare i magistrati e le leggi e di non dimenticare mai che dobbiamo proteggere coloro che ricevono un’offesa.
E ci è stato anche insegnato di rispettare quelle leggi non scritte la cui sanzione risiede solo nell’universale sentimento di ciò che è giusto e di buon senso.
La nostra città è aperta al mondo; noi non cacciamo mai uno straniero. Noi siamo liberi di vivere proprio come ci piace e tuttavia siamo sempre pronti a fronteggiare qualsiasi pericolo.
Un cittadino ateniese non trascura i pubblici affari quanto attende alle proprie faccende private. Ma in nessun caso si occupa delle pubbliche faccende per risolvere le sue questioni private.
Un uomo che non si interessa dello Stato non lo consideriamo innocuo, ma inutile; e benchè soltanto pochi siano in grado di dar vita a una politica, noi siamo tutti in grado di giudicarla.
Noi non consideriamo la discussione un ostacolo sulla strada dell’azione politica. Crediamo che la felicità sia il frutto della libertà e la libertà sia solo il frutto del valore.
PERICLE (politico ateniese del 495-429 avanti Cristo): da «La guerra del Peloponneso» di Tucidide, libro II «La democrazia spiegata agli ateniesi»
Ogni giorno creo una nuova patria
in cui muoio e rinasco
una patria senza mappe né bandiere
celebrata dai tuoi occhi profondi
che mi inseguono per tutto il tempo
nel viaggio verso cieli fragili
in tutte le terre io dormo innamorato
in tutte le dimore mi sveglio bambino
la mia chiave può aprire ogni confine
e le porte di ogni prigione nera
ritorni e partenze eterne il mio essere
da fuoco a fuoco da acqua a acqua
l’inno delle mie patrie il canto del merlo
che io canto in ogni stagione di luna calante
sorta dalla tua fronte di buio e di stelle
con la volontà eterna del sole
POESIA DI Gëzim Hajdari
E PER FINIRE – O PER INIZIARE – QUALCHE CENNO STORICO CON LA “CURIOSA” IDEA CHE LE DONNE CONTINO DAVVERO
Nell’aprile del 1945 le formazioni partigiane Garibaldi, Giustizia e Libertà, Matteotti, quelle di ispirazione cattolica e liberale e gli alleati angloamericani portano a compimento la liberazione di tutto il territorio nazionale dai tedeschi occupanti e dai fascisti loro alleati.
Nei libri scritti da uomini, storici o politici, spesso ex comandanti partigiani, le donne sono poco presenti, rappresentate quasi sempre in funzione di aiutanti, di collaboratrici anziché di vere e proprie combattenti in prima persona.
La loro partecipazione alla Resistenza viene intesa più come un aiuto da persona a persona che come un intervento diretto in una lotta per la realizzazione di comuni ideali.
Eppure, le donne hanno sempre avuto un ideale in più: quello della loro personale liberazione e di una società diversa in cui diversa fosse la loro collocazione.
All’inizio non tutte ne sono consapevoli, ma presto nei fogli clandestini si avanzano rivendicazioni sul voto, la parità salariale e la parità in famiglia.
Dopo più di vent’anni di dittatura si consuma la sconfitta militare del nazifascismo nella più sanguinosa e criminale guerra che la storia dell’umanità abbia mai conosciuto.
Le cifre parlano da sole:
in totale 55.527.000 morti, dei quali 25.162.000 militari e 30.365.000 civili, ai quali si devono aggiungere nei 12 anni di regime nazista milioni e milioni di ebrei, rom, oppositori politici, omosessuali, disabili sterminati nei campi di concentramento.
La partecipazione delle donne alla Resistenza fu certamente superiore alle cifre ufficiali (poche migliaia). Pudiche le donne nel richiedere, restii gli uomini nel concedere.
Ora bisogna porre le basi del nuovo Stato, di un’Italia diversa in cui gli stessi valori che avevano ispirato la Resistenza e la lotta contro il nazifascismo, i valori della democrazia, della libertà, della giustizia, del bene comune e della solidarietà, siano i principi fondamentali della nuova società a cui la maggioranza degli italiani aspira.
Il 5 aprile 1945 viene istituita la Consulta Nazionale, organo assembleare non elettivo composto da 430 membri designati dal governo col compito di fornire pareri su materie oggetto di provvedimenti legislativi, con particolare attenzione alle leggi fiscali, elettorali e di bilancio per le quali è obbligatoria la richiesta di parere da parte del governo. La Consulta tiene la prima seduta pubblica il 25 settembre 1945 e cessa formalmente con le elezioni del 2 giugno 1946.
Il diritto al voto alle donne è sancito da un decreto del febbraio 1945 composto di solo tre articoli: il primo estende il diritto di voto alle donne, il secondo ordina la compilazione di liste elettorali femminili distinte da quelle maschili, il terzo esclude le prostitute che esercitano “il meretricio al di fuori di luoghi autorizzati”, articolo abrogato nel 1947.
Nel decreto non è prevista l’eleggibilità delle donne, che sarà sancita solo nel marzo 1946, pochi giorni prima delle tornate delle elezioni comunali.
Il 2 giugno 1946 si celebrano le elezioni.
Dal 1928 il popolo italiano non aveva più votato.
Sono le prime elezioni a suffragio universale.
Ad ogni elettore di almeno 21 anni di età vengono consegnate due schede:
una per la scelta fra Monarchia e Repubblica,
una per l’elezione con sistema proporzionale dei 556 deputati dell’Assemblea Costituente.
Sotto la spinta di un’intensa propaganda sull’obbligatorietà del voto, anche se poche sono le immagini femminili per la propaganda elettorale, l’affluenza delle donne alle urne è altissima: 89,1%, con una differenza irrisoria rispetto agli uomini.
Al referendum istituzionale circa 12.700.000 italiani votano per la Repubblica con il Presidente eletto dai rappresentanti del popolo.
Circa 10.700.000 votano invece per la monarchia.
Il 2 giugno 1946, su 556 membri totali sono elette 21 donne all’Assemblea Costituente.
La DC ottiene il 35,2% dei voti e 207 costituenti, ha fra i suoi rappresentanti 9 donne (Laura Bianchini, Elisabetta Conci, Filomena Delli Castelli, Maria De Unterrichter Jervolino, Maria Federici Agamben, Angela Gotelli, Angela Maria Guidi Cingolani, Maria Nicotra Fiorini, Vittoria Titomanlio),
Il PSIUP ha il 20,7%, 115 seggi e 2 donne (Bianca Bianchi, Angelina Livia Merlin)
Il PCI ottiene il 19% dei consensi, 104 costituenti e fra di essi 9 donne (Adele Bei, Nadia Gallico Spano, Leonilde (Nilde) Iotti, Teresa Mattei,Angiola Minella Molinari, Rita Montagnana Togliatti, Teresa Noce Longo, Elettra Pollastrini, Maria Maddalena Rossi );
40 seggi vanno a vari gruppi moderati, 30 al Partito dell’Uomo Qualunque, di cui uno assegnato a una donna (Ottavia Penna Buscemi);
23 seggi sono assegnati ai repubblicani e 7 al Partito d’Azione: fra loro nessuna donna.
I 556 componenti dell’Assemblea Costituente che, in rappresentanza del popolo, elaboreranno la nuova Costituzione, sono per oltre il 60% appartenenti a quei partiti politici che avevano combattuto la dittatura e, in particolare nel corso della Resistenza, si erano organizzati assumendo un ruolo guida nella lotta armata contro il nazifascismo e nella transizione dallo Stato fascista al nuovo Stato.
E’ la prima volta nella storia d’Italia che le grandi masse popolari partecipano direttamente e consapevolmente al loro destino, in risposta alla dittatura e alla guerra.
(rielaborazione di brani della «Memoria per la storia e per la pace. Mai più guerra» a cura di Tullio Ferrari e di «La Costituzione e le vicende politico-istituzionali italiane dal 1946 al 1994» di Graziano Galassi).
(*) Bianca e Laura mi hanno consentito di elaborare – o meglio di “montare” a mio modo – i documenti che loro (e altre/i) hanno utilizzato negli anni per diverse letture/ narrazioni nelle scuole di Verona. Il mio grazie per il loro lavoro prezioso che spero continuerà… magari anche in “bottega”. OVVIAMENTE LA VIGNETTA E’ DI VAURO. In qualche modo questo dossier si inserisce anche fra le “scor-date” che chi passa spesso da qui ha imparato a conoscere. (db)
Ottimo da leggere dopo aver visto Benigni.