Scor-data: Algeria 20 aprile 1980, Primavera berbera
di Karim Metref
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Il 20 aprile 1980 a Tizi Ouzou, Nord dell’Algeria, scoppiava l’insurrezione generale che coinvolgerà tutta la regione della Cabilia e anche la città di Algeri per alcune settimane, e che sarà battezzata la Primavera berbera. O più esattamente la Primavera amazigh.
Amazigh (plurale imazighen) è il nome che si danno le popolazioni originarie del Nord Africa. Berbero invece è un derivato dello spregiativo “barbari” dato a questa popolazione in eterna ribellione dai vari colonizzatori (Fenici, Greci, Romani, Bizantini, Arabi…) ed è proprio quel disprezzo che la Primavera amazigh vuole eliminare.
Perché scoppiano queste manifestazioni di rabbia e protesta in un paese che fin a quel momento era guardato dal mondo come un esempio di rivoluzione riuscita?
1980 vuol dire 18 anni dopo la vittoria e l’accesso all’indipendenza nel 1962.
La guerra fu affrontata da un fronte unito di tutte le forze politiche algerine: dal partito comunista fino agli islamisti riformatori del movimento degli Ulema (che erano gli unici islamisti dell’epoca, la Cia e l’Arabia Saudita non avevano ancora inventato l’islamismo gihadista). Ma l’indipendenza fu accaparrata da una sola tendenza: i socialisti panarabisti di Boumedienne e Benbella. I rappresentanti delle altre tendenze finirono per la maggior parte in carcere, in esilio, o furono semplicemente liquidati.
Benbella fu al potere solo 3 anni, dal 1962 al 1965. Dopo di che Boumedienne, che era il vero uomo forte, prese le redini del Paese e intraprese grandi cambiamenti: industrializzazione, rivoluzione agraria, educazione gratuita (anche l’università), sanità gratuita, politiche di edilizia popolare sia rurale che urbana… L’uomo condusse il Paese per 14 anni con una mano di ferro, ma quello che era sicuro è che aveva un progetto di sviluppo. E uno dei punti forti del suo progetto si basava innanzitutto sulla scuola.
Nel 1962, all’indomani dell’indipendenza, l’Algeria contava sulle dita di poche mani il numero dei suoi intellettuali e professionisti di alto livello. Agli inizi degli anni 80 non c’erano quasi più cooperanti stranieri. I giovani quadri algerini erano in numero sufficiente per condurre il Paese da soli. Se la politica di industrializzazione pesante e la rivoluzione agraria si riveleranno poi fallimentari, la politica di generalizzazione dell’educazione ha fatto un vero miracolo in soli 20 anni. Dopo di che verrà sistematicamente sabotata dai governi successivi. Ma questa è un’altra storia.
Il regime algerino dei primi anni dell’indipendenza, come tutti i regimi della zona all’epoca, aveva la fissa del nazionalismo arabo. Ma aveva anche un problema: l’Algeria non sapeva l’arabo. Una metà, quasi, della popolazione parla l’antica lingua amazigh (berbera), l’altra metà dice di parlare arabo, si considera araba, ma parla un miscuglio strano di lingue che solo i magrebini possono decifrare. Al di là dei confini della Libia verso est, quella lingua diventava un borbottio incomprensibile. E la scuola algerina dei primi anni dell’indipendenza era ancora francofona. Bisognava arabizzare l’Algeria!
Il ministro dell’educazione dell’epoca, Ahmed Taleb Ibrahimi, disse: “Sogno un giorno in cui uno studente algerino tornerà dalla scuola parlando una lingua che sua madre non sarà in grado di capire, e la madre risponderà in una lingua che lui non sarà più in grado di capire.” Era un progetto di cancellazione vera e propria della storia e della cultura algerina, per imporre un modello standard che non esiste da nessuna parte tranne che nella mente malata di tutti i nazionalisti.
L’intellettuale comunista Kateb Yacine (1), che lottava per la valorizzazione dell’amazigh e dell’arabo algerino, disse: “Se l’Algeria non è araba, perché la volete arabizzare? Se è araba, spiegatemi perché bisogna arabizzarla?”.
Mouloud Mammeri
Se Kateb Yacine andava in giro con la sua troupe a combattere l’ottusità del regime attraverso il teatro in lingue popolari, c’era un altro intellettuale impegnato a smontare le falsificazioni della storia. Si chiamava Mouloud Mammeri.
Mammeri, lui non era un attivista di terreno. Non organizzava scioperi o manifestazioni. Non prendeva il regime di petto. Si accontentava di fare un lavoro da formica. Insegnava storia e antropologia all’università e, fuori programma, insegnava lingua amazigh agli studenti desiderosi di conoscere meglio la loro lingua madre esclusa dalla scuola e dalle istituzioni del Paese.
Mouloud Mammeri era un intellettuale di fama internazionale, autore di romanzi di successo considerati come classici della letteratura algerina moderna e di ricerche e studi di alto livello (2). Era un personaggio molto discreto, raffinato e di grande apertura mentale. Intorno a lui poco a poco stava crescendo un generazione di intellettuali e attivisti che faranno la storia delle lotte per la democrazia in Algeria.
Fu lui, in modo del tutto involontario a dare la scintilla dell’inizio della primavera berbera.
La scintilla
All’inizio del 1980 esce per le Edizioni Maspéro, a Parigi, il libro “Poèmes kabyles anciens”, Poesia cabila antica. Niente di rivoluzionario. Solo una raccolta di vecchie poesie in lingua berbera della Cabilia. Ma il libro ovviamente non può essere pubblicato in Algeria. Ufficialmente la cultura amazigh non esiste e quindi tutto quello che la spiega, raccoglie o sviluppa è tabù per la povera editoria algerina dell’epoca.
Il libro però circola tra gli studenti, in originale o in copie fai-da-te. La curiosità cresce e il comitato studentesco della nuova università di Tizi Ouzou (Cabilia-occidentale), organizza una conferenza di presentazione dell’opera. L’incontro era previsto per il 10 marzo. Ma il giorno stesso, l’amministrazione annuncia l’annullamento della conferenza e Mouloud Mammeri è fermato sulla strada fra Algeri e Tizi Ouzou e rimandato indietro dalla gendarmeria nazionale.
Gli studenti si raggruppano in assemblea spontanea e il giorno dopo cominciano gli scioperi, le manifestazioni e l’occupazione dell’università, dell’ospedale pubblico e della principale industria della regione, una fabbrica di elettrodomestici: la Sonelec. Il regime è preso alla sprovvista. Sono le prime proteste popolari dal 1962. Non sa come reagire ma presto si organizza e la repressione è feroce.
Il 20 aprile
Il 20 aprile non è l’inizio ma il culmine. Dopo aver sgomberato con la forza l’ospedale civile e la fabbrica, nella notte fra il 19 e il 20, le forze speciali violano lo spazio universitario e colgono gli studenti nel sonno con pestaggi, umiliazioni, arresti di massa e torture.
Invece di calmare le acque, questa repressione peggiora le cose. Il giorno dopo, tutta la Cabilia è in piedi. Ovunque la popolazione occupa le istituzioni e blocca le strade. E’ un sollevamento generale che durerà settimane. Il bilancio della repressione è grave: migliaia di feriti e di vittime della tortura e decine di arresti di attivisti. Ma il governo dopo il braccio di ferro è costretto a liberare i prigionieri e a trattare. Una prima breccia nel muro del regime.
Dalle proteste nasce il Mcb (Mouvement Culturel berbére), una organizzazione democratica e orizzontale di agitazione sociale e culturale. Per una decina di anni fino all’avvento del multipartitismo nel 1989, i militanti di questa organizzazione si troveranno all’avanguardia di tutte le lotte sindacali, universitarie, culturali, femministe, per il rispetto delle libertà individuali e collettive…
Qualche anno dopo la rivolta scoppia a Costantina, poi a Setif, poi nella Casbah di Algeri. La strada ormai è aperta verso l’insurrezione nazionale del 1988 che metterà fine al regno del partito unico. Ma che nello stesso tempo spianerà la strada verso la guerra civile del 1992.
35 anni dopo…
Oggi è lontana l’epoca in cui si veniva arrestati perché trovati con un libro o un testo in lingua amazigh. L’origine amazigh del Nord Africa è riconosciuta dalle Costituzioni dei tre principali Paesi del Magreb: Marocco, Algeria e Tunisia. La lingua invece è riconosciuta come lingua nazionale e ammessa nelle scuole soltanto in Algeria e in Marocco. Pur se rimane ancora molto da fare per un insegnamento di qualità di questa lingua: orari insufficienti, scarsa formazione degli insegnanti, materiale didattico spesso assente… Anche le regioni Nord del Mali e del Niger sono riuscite, dopo i conflitti degli anni 90, ad avere il riconoscimento ufficiale della lingua amazigh come lingua di insegnamento a scuola.
Esistono ormai movimenti per il riconoscimento della lingua e cultura amazigh in tutti i Paesi del Nord Africa: dalle Isole Canarie fino alle “oasi” amazighofone dell’Egitto occidentale. E tutti questi movimenti, ogni anno festeggiano il 20 aprile come il giorno della presa di coscienza: “Tafsut n Imazighen”, la Primavera degli Amazigh.
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(1). Yacine Kateb (1929 – 1989) è stato un drammaturgo, scrittore e poeta algerino. In italiano sono state tradotte soltanto due opere sue: “Nedjma”, Jaca Book, Milano, 1983; “Il cerchio delle rappresaglie”, Epoché, 2004
(2). In italiano si trova poco dell’opera di M. Mammeri: “Scali”, Ibis, Como-Pavia, 1994 e “Le parole negate dei figli di Amazigh. Poesia berbera tradizionale e contemporanea” a cura di Domenico Canciani, con la collaborazione di Mouloud Mammeri e Tassadit Yacine, Abano Terme, Piovan, 1991