25 marzo 1546: nasce a Venezia Veronica Franco

meretrice e scrittora

di Ivana Marteddu[i]

Il contesto

Nella Venezia del Cinquecento un cospicuo numero di donne, definite “petrarchiste”, impugnava la penna usandola come arma per far fronte al maschilismo che imperversava nel clima dell’epoca e non permetteva alle donne di varcare la soglia dei confini domestici. Queste donne, fra le tante altre, sono Veronica Franco, Gaspara Stampa, Vittoria Colonna, Veronica Gambara e Isabella Morra; vengono definite petrarchiste, perché, seguendo l’esempio di Petrarca nella forma del canzoniere, compongono una serie di rime, in prevalenza sonetti, anche se nel caso di Veronica Franco si tratta di terzine concatenate, secondo il modello di Dante.

Queste scrittrici fanno gruppo sulla scena letteraria e sociale nonostante provengano da classi sociali diverse e malgrado molte di esse non appartengano all’aristocrazia.

Sono donne sole, con una vita intellettuale e sessuale pubblica, esplicita e fuori dagli schemi. Rivendicano il diritto alla parola, alla dimensione pubblica e sociale, sovvertendo l’ordine, senza vergogna. Sono donne che ricalcano un profilo vicino a quello della meretrice, pertanto, viene assegnato loro l’appellativo di “cortigiane oneste”: una denominazione infamante ma anche onorevole, perché rende queste donne libere rispetto alle loro contemporanee, ma allo stesso tempo le rende vulnerabili e indifese perché nessuna figura maschile autorevole garantisce e sorveglia su di loro.

Veronica Franco

In questo quadro di riferimento emerge la figura di Veronica Franco.

Eredita la professione di cortigiana dalla madre, Paola Fracassa, come dimostra il fatto che i loro nomi comparivano nel Catalogode tutte le principal et più honorate cortigiane di Venezia” del 1565. Franco si sposò molto giovane con il medico Paolo Panizza, da cui si separò durante la sua prima gravidanza. Ebbe sei figli, tutti da padri diversi.

Sappiamo che frequentava uomini di una certa caratura intellettuale e che non era estranea ai circoli e salotti culturali: di particolare importanza è la frequentazione del salotto Venier, dove conosce il politico e diplomatico Marco Venier, che diventerà presto il suo amante favorito, nonché destinatario di alcune lettere.

Dal punto di vista letterario, Veronica Franco è autrice di due opere principali, le Terze rime (1575) e le Lettere familiari (1580).

Scrisse, inoltre, alcuni componimenti poetici su richiesta di personaggi illustri.

Nel caso di Veronica Franco si assiste a una strana dicotomia: o si parla della sua produzione letteraria ignorando la sua professione di cortigiana, o si incentra l’analisi sullo stile di vita abbinato a giudizi di carattere etico e morale. Per secoli è stata vista come stranezza letteraria perché fu poetessa “benché” meretrice, tant’è che alcuni studiosi ne hanno sminuito la statura fino a travisarne le vicende personali, inventando crisi religiose, pentimenti e conversioni totalmente false.

A contribuire all’ipotesi di un presunto pentimento concorre un’epistola (XXII) nella quale Veronica Franco cerca di dissuadere una madre che vorrebbe avviare sua figlia nel mondo della prostituzione, sottolineando come la rovina della giovane ragazza vada di pari passo con quella della madre, colpevole di averla indirizzata nel mondo delle cortigiane e di aver deciso il destino della figlia: “la rovina di lei non può essere separata dalla vostra”. La lettera denuncia la tragicità del mestiere della meretrice, ma non deve intendersi come una palinodia nonostante si focalizzi sui lati negativi e sulle disgrazie che caratterizzano il suo lavoro, a partire dal fatto che ci si debba dare in pasto a diversi uomini lasciando che questi possano spogliarla e ucciderla: “darsi in preda di tanti, con rischio d’esser dispogliata, d’esser rubbata, d’esser uccisa.”

Sono parole crude e vere di una donna coraggiosa che è riuscita ad amare la sua professione, ma mai consiglierebbe a un’altra donna la stessa sorte. Dà un giudizio spietato nei confronti del mestiere che esercita, dando una visione deplorevole di una donna costretta a vivere in funzione dell’altro e ad assecondare ogni desiderio altrui: “mangiar con l’altrui bocca, dormir con gli occhi altrui, muoversi secondo l’altrui desiderio, […] qual maggior miseria?

Nonostante ciò, non si evince nessun pentimento e lo testimoniano le sue opere: nelle Terze Rime si mostra da subito nella sua interezza di scrittrice e meretrice: il primo capitolo della serie da lei composta, infatti, pone l’accento sulla compresenza delle virtù intellettuali e carnali che la caratterizzano, reclamizzando le sue abilità da amante. Inoltre, si tratta di un volume che al suo interno non contiene solo i testi di mano dell’autrice, ma anche componimenti firmati da uomini. Emerge dunque una mescolanza di voci che hanno lo scopo di rafforzare lo sguardo del lettore nei confronti dell’io femminile, come se avesse bisogno dell’autorità maschile per vedere legittimata la sua opera. La figura di Veronica Franco è stata dirompente nella società dell’epoca per il suo doppio ruolo di cortigiana e scrittrice, ma ancora più dirompente è stata per i suoi testi: non ci si aspetta che una cortigiana abbia a cuore le virtù, e invece è una donna che ama le qualità della mente e del corpo, considerandole inscindibili l’una dall’altra.

Scrive, infatti: “delle virtuti il mio cor s’innamora” (II, v. 106). ,Vediamo dunque una meretrice che si innamora delle virtù, delle qualità e dell’onestà di un uomo, perché lei, a sua volta, incarna quegli ideali, anche se può sembrare paradossale perché nell’immaginario comune l’archetipo della prostituta non è quello di una donna alla continua e ostinata ricerca di un’erotizzazione del corpo e della mente.

È una scrittrice, una cortigiana e possiamo anche considerarla una femminista ante litteram, non solo per il suo ruolo egemone nel prendere la parola pubblicamente, sperando che tante altre donne possano prendere esempio, ma anche per la profondità dei temi “femministi” che tocca con la scrittura.

In una poesia (XXIV) redarguisce un uomo per essere stato verbalmente violento nei confronti della fidanzata “voi la minacciaste forte allora, / e giuraste voler tagliarle il viso” (XXIV, vv.34-35). Lo mette in guardia ribadendo che sebbene le donne siano meno forti fisicamente, ciò non significa che non possano comunque dimostrare il loro valore (“come l’uom mente avemo ed intelletto”, XXIV, v.60). Non è nella forza fisica che risiede la vera potenza, ma nelle facoltà mentali e nella capacità di saper usufruire del proprio ingegno per compiere il bene (“né in forza corporal sta la virtute, / ma nel vigor de l’alma e de l’ingegno”, XXIV, vv61-62).

Il suo femminismo è evidente anche nei capitoli di risposta contro Maffio Venier, un uomo che ha osato oltraggiarla diffondendo tramite versi la notizia falsa che il corpo di Franco fosse malato di sifilide. La poetessa sfida Maffio in un duello poetico anche per rovesciare quella consuetudine che vede le donne fragili e non in grado di sostenere una guerra, seppur verbale. Mostra le sue abilità marziali: “ti trarrò fuor del petto il vivo core.” (XIII, v. 19). È disposta alla guerra perché ha patito il gesto comune degli uomini che, forti del proprio potere sociale, feriscono e denigrano le donne. Lei è consapevole del fatto che non si tratti di un unicum; proprio per questo decide di estendere la denuncia nei confronti del genere maschile e di portarla avanti come rivendicazione collettiva da parte di tutte le donne: “vendica mille tue con la sua morte” (XIII, v.90). In uno dei suoi ultimi sonetti, “elevazione e conversione”, si legge uno dei messaggi più profondi e densi di significato che una donna del Cinquecento possa aver pronunciato: “sforza animosamente il tuo destino, / e i lacci rompi, e poi leggiadra e sciolta / drizza i tuoi passi a più sicur cammino” (XV, vv12-14).

Ci invita ad andare incontro al nostro destino, a rompere quei lacci che ci tengono prigioniere e riuscire così a indirizzare i nostri passi verso un cammino più sicuro e più soddisfacente. Inserisco questo messaggio qui, come un augurio e un invito a tutte le donne affinché abitino coraggiosamente il mondo.

Per chi desidera approfondire:

BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA di studio

Baldacci, Luigi, Il petrarchismo italiano nel Cinquecento, Padova, Liviana, 1974.

Barbieri Di Maggio, Claudia, Analisi letterario‐linguistica delle opere di Veronica Franco e Moderata Fonte, scrittrici nella Venezia della fine del Cinquecento, tesi di laurea, Università degli studi di Venezia, A.A 2008-2009, Relatrice prof.ssa Daria Perocco, in https://www.academia.edu/22043671/ANALISI_LETTERARIO_LINGUISTICA_DELLE_OPERE_DI_VERONICA_FRANCO_E_MODERATA_FONTE_SCRITTRICI_NELLA_VENEZIA_DELLA_FINE_DEL_CINQUECENTO

Catà, Cesare, Un rinascimento tra Petrarca e passione, Il Neo-platonismo “corporeo” della poesia di Veronica Franco, in «La Parola del testo. Semestrale di filologia e letteratura europea dalle origini al Rinascimento», n. 2, 2009, pp. 359-378, in https://www.academia.edu/974688/Un_Rinascimento_tra_Petrarca_e_passione_Il_Neoplatonismo_corporeo_della_poesia_di_Veronica_Franco.

Crivelli, Tatiana, Nicoli, Giovanni, Santi, Mara (a cura di), “L’una et l’altra chiave”. Figure e momenti del petrarchismo femminile europeo, Roma, Salerno, 2005.

Croce, Benedetto, Lettere di Veronica Franco, Napoli, Ricciardi, 1949.

De Liso, Daniela, Tra le scritture femminili del Seicento, in “Tutto ti serva di libro”. Studi di Letteratura italiana per Pasquale Guaragnella, Lecce, Argo, 2019, pp. 460-474, in: https://www.academia.edu/43060415/Tra_le_scritture_femminili_del_Seicento_in_Tutto_ti_serva_di_libro_Studi_di_Letteratura_italiana_per_Pasquale_Guaragnella_Lecce_Argo_2019_pp_460_474

Diberti-Leigh, Marcella, Veronica Franco, Donna, poetessa e cortigiana del Rinascimento, Torino, Priuli e Verlucca, 1988.

Doglio, Maria Luisa, Lettera e donna. Scrittura epistolare al femminile tra Quattro e Cinquecento, Roma, Bulzoni, 1993.

Farnetti, Monica, Fortini, Laura (a cura di), Liriche del Cinquecento, Roma, Iacobelli, 2012.

Farnetti, Monica, Le invereconde. “Riflessioni sulla vergogna nella poesia del rinascimento”, “Archivi delle emozioni”, v. 1, n. 2, 2020¸ pp. 57-98, in https://www.archivi-emozioni.it/index.php/rivista/article/view/28/26

 

Tintoretto, Dama che scopre il seno (V. Franco?) Prado Madrid

 

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Franco, Veronica, Rime, (con in calce le note di Vittoria Caso), in http://www.cristinacampo.it/public/veronica%20franco,%20rime.pdf

King, Margaret L., Le donne nel Rinascimento, trad. it. Bari, Laterza, 1991.

Maraini, Dacia, Veronica, meretrice e scrittora, Milano, Bompiani, 1992.

Montuori, Lucia, L’urgenza di dire. Autorappresentazione e poetica in Gaspara Stampa, Veronica Franco e Isabella Andreini, tesi di laurea magistrale in Filologia moderna, Università degli Studi di Pavia, A.A 2015/2016, in https://www.academia.edu/27479666/Lurgenza_di_dire_Autorappresentazione_e_poetica_in_Gaspara_Stampa_Veronica_Franco_e_Isabella_Andreini.

altri link:

https://www.enciclopediadelledonne.it/biografie/veronica-franco/

https://bur.rizzolilibri.it/libri/veronica-meretrice-e-scrittora-e-altre-commedie/

http://www.scenecontemporanee.it/lectio-magistralis-di-dacia-maraini-la-scrittura-femminile-taciuta/

https://www.raicultura.it/storia/articoli/2020/02/Veronica-Franco-1009a77c-b59e-43b8-9649-dcc59629a156.html

 

Film e memoria

https://it.wikipedia.org/wiki/Padrona_del_suo_destino

Via Veronica Franco a Padova

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

[i] Ivana Marteddu si è laureata, in Lettere, Filologia Moderna e Industria Culturale presso l’Università degli Studi di Sassari con una tesi di laurea dal titolo “Veronica Franco, meretrice e scrittora (1546-1591)”, relatrice la professoressa Monica Farnetti, correlatore il professore Guglielmo Angelo Quirico Sanna.

 

 

 

 

 

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