25 novembre, Giornata internazionale…
… per l’eliminazione della violenza contro le donne (*)
Bianca Menichelli ripensa Margaret Atwood
Margaret Atwood E’ successo qualcosa (da “Microfiction”, 2006 Ponte alle Grazie, trad. Raffaella Belletti)
E’ successo qualcosa. Ma come? E’ stato di punto in bianco o ci si è avvicinato di soppiatto e ce ne siamo accorti solo ora?
Sono le fanciulle, le fanciulle giovani e graziose. Una volta cantavano come sirene, metà donne e metà pesci, tutte melodie briose, dolci e liquide, melodie modulate, ma ormai sono state private delle melodie, sebbene le loro bocche continuino ad aprirsi e a chiudersi come prima.
Hanno tagliato loro la lingua?
Questo vale anche per le grida dei bambini, i pianti ai funerali, le urla che un tempo si levavano, soprattutto di notte, dai pazzi, da chi veniva torturato.
Succede lo stesso con gli uccelli: volano come prima, distendono le piume come prima, con il capo gettato all’indietro, il becco spalancato, ma sono muti. Sono muti o ammutoliti?
Chi ha trafficato con un gran tappeto di neve invisibile che annulla ogni suono?
Ascolta: le foglie non frusciano più, il vento non sospira più, i nostri cuori non battono più. Sono precipitati nel silenzio.
Precipitati, come si precipita a terra.
O siamo stati noi a precipitare?
Forse non è il mondo che è muto, ma noi che siamo sordi.
Quale membrana ci isola dalla musica che un tempo accompagnava le nostre danze?
Perché non sentiamo?
MA COSA SONO LE «SCOR-DATE»? NOTA PER CHI CAPITASSE QUI SOLTANTO ADESSO.
Per «scor-data» qui in “bottega” si intende il rimando a una persona o a un evento che il pensiero dominante e l’ignoranza che l’accompagna deformano, rammentano “a rovescio” o cancellano; a volte i temi possono essere più leggeri ché ogni tanto sorridere non fa male, anzi. Ovviamente assai diversi gli stili e le scelte per raccontare; a volte post brevi e magari solo un titolo, una citazione, una foto, un disegno. Comunque un gran lavoro. E si può fare meglio, specie se il nostro “collettivo di lavoro” si allargherà. Vi sentite chiamate/i “in causa”? Proprio così, questo è un bando di arruolamento nel nostro disarmato esercituccio. Grazie in anticipo a chi collaborerà, commenterà, linkerà, correggerà i nostri errori sempre possibili, segnalerà qualcun/qualcosa … o anche solo ci leggerà.
La redazione – abbastanza ballerina – della bottega
IN “BOTTEGA” molti post: cfr Le tre farfalle del 25 novembre, Scor-data: 27 febbraio 1924, Sciopero delle donne: oggi, 25 novembre, Sciopero donne, appuntamento al 2014 e molti altri
(*) risoluzione Assemblea generale Nazioni Unite numero 54/134 del 17/12/1999
Davvero molto bello
Contro la violenza maschile sulle donne costruire i piccoli gruppi
https://coordinamenta.noblogs.org/post/2019/11/19/25-novembre-2019/
L’appuntamento del 25 novembre contro la violenza maschile sulle donne deve necessariamente essere momento di riflessione e di sintesi e costituirsi in forme di lotta diverse dai rituali in cui ci trascina il potere e dai controrituali, diventati anch’essi rituali, che il potere ci permette facendoci credere che stiamo lottando. L’egemonia culturale del sistema si esprime anche in questo, nel coinvolgerci in obiettivi e modalità che non ci interessano, che non ci appartengono e sono spesso contro di noi, nel dettare tempi, ritmi, scadenze e appuntamenti e farci credere che siano nostri.
Per questo è necessario spezzare il percorso vizioso e viziato che il patriarcato e il neoliberismo ci propongono con sistematicità, sabotare le forme di finta alterità in cui vogliono inglobare e che ci vogliono costruire addosso.
Dobbiamo affrontare questi nodi e condurre la nostra lotta attraverso l’autodeterminazione, l’autorganizzazione, l’autodifesa militante femminista, ma perché queste non rimangano parole vuote, di cui lo stesso sistema si appropria, occorre riempirle di significati precisi che costituiscano momento costruttivo rispetto al percorso della nostra liberazione e, con noi degli oppressi tutti, e allo stesso tempo momento discriminante rispetto a tutte le organizzazioni falsamente alternative, comprese quelle che si dichiarano femministe, ma che in effetti supportano neoliberismo e patriarcato.
I concetti di legalità, di collaborazionismo, di convivenza civile, di non violenza, di delega, di meritocrazia, di “sicurezza” sono fondanti per il riconoscimento del nemico.
Rispetto allo sbandamento in atto all’interno degli strati sociali subalterni, alla perdita del denominatore comune che permetta il riconoscimento della propria collocazione sociale, le donne si riconoscono ancora, si guardano e si leggono in un comune sfruttamento e questa è una grande forza che non possiamo, non vogliamo e non dobbiamo disperdere. Mai come oggi è importante il femminismo come pratica storica, cosciente, organizzata, di liberazione, come conquista di una vita mai vissuta. Dal punto di vista tattico il piccolo gruppo come struttura di base dell’autodifesa femminista e della pratica di costruzione politica può essere una risposta effettiva e fattiva.
Che cos’è il piccolo gruppo?
È un patto tra donne che si conoscono e si fidano reciprocamente e costruiscono sapere in autonomia. I gruppi fanno rete, le reti fanno produzione politica.
Non serve una preparazione specifica, né una presa di coscienza particolare se non la consapevolezza e la necessità del reciproco sostegno. Noi non crediamo nella delega, negli esperti e nelle esperte, crediamo nella condivisione dei saperi e nella loro moltiplicazione, crediamo nella crescita politica e nella presa di coscienza della collocazione di genere e di classe che il rifiuto della delega e la consapevolezza delle proprie possibilità organizzative creano e incentivano, crediamo nella presa in carico dei propri desideri, crediamo che la volontà di realizzarli e la consapevolezza che solo noi possiamo essere in grado di farlo può portare le donne a cercare strumenti di uscita da questa società. Ogni gruppo creerà i propri strumenti, ogni gruppo si industrierà per smontare i cardini del neoliberismo, ogni gruppo non lotterà solo per sé ma lottando per destituire i momenti fondanti di questa società si costituirà come parte di un progetto generale. Il rapporto di reciproca fiducia, proprio perché ci si è scelte è più importante del freddo sciorinare di comportamenti standard.
Le uniche maestre di se stesse possono essere solo le donne. Non esistono metodi precostituiti, esiste il bagaglio esperienziale messo in comune. L’immediatezza del soccorso, la garanzia del gruppo, la presenza effettiva è un deterrente per qualsiasi maschio che voglia produrre violenza molto più dell’asettica e lontana presenza di un ufficio aperto a ore stabilite, con prestabiliti meccanismi di intervento. Oltre tutto la vigilanza fra donne permette una presa di coscienza delle situazioni potenzialmente violente con molto ma molto anticipo. Questa organizzazione capillare non è sostitutiva dello Stato sociale ma avere servizi, facilità di accesso all’indipendenza economica, facilità di accesso alla casa per tutte e tutti, è frutto di un rapporto di forza e non di richieste e tanto meno di collaborazione con le istituzioni.
E per ottenere questo non è la lotta categoriale che deve essere messa in campo bensì quella strategica dello smontaggio dei cardini del neoliberismo. I due momenti tattica e strategia sono inscindibili e l’uno rimanda all’altro. E’ impossibile costruire una lotta intrecciata di genere e di classe se non si costruisce l’autonomia delle donne contemporaneamente sia sul piano del reciproco supporto che su quello organizzativo generale perché l’abitudine alla delega annienta le possibilità di difendersi autonomamente e fa dimenticare la possibilità dell’autorganizzazione, infantilizza i soggetti che non sanno più scegliere da soli, ma si aspettano la salvezza da qualcun altro. Questo assunto riguarda non solo le donne ma gli oppressi tutti e la nostra lotta potrebbe costituire un valido esempio.
Coordinamentafemminista e lesbica
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