26: è il mio e il loro nome
Nel Mediterraneo, in Colombia, in Canada ma anche nell’India, in Yemen, in Afghanistan e in Texas. Matematica delle vite umane
di Alessandro Ghebreigziabiher (*)
Ventisei.
Già, strano, vero?
Ma questo è il mio nome.
Un numero.
Esatto, siamo numeri, noi altri.
Di fretta scritti e pensati, distrattamente disegnati, ciecamente invocati e venduti, nonché coscientemente.
Dimenticati.
Come se, contando con equa attenzione dal precedente al successivo, il battito del cuore internazional popolare compia un perenne salto.
Un’interruzione di corrente a orologeria.
L’alibi perfetto per passare avanti e continuare a parlar d’altro.
Di ingiuste somme e indebite sottrazioni, rimanendo sul tema.
Anzi, sul compito di matematica delle vite umane.
Allora, in codesti giorni, capita che ventisei giovani ragazze vengano trovate senza vita su una nave di migranti nel mar Mediterraneo, eppur colpevoli, pare reciti il racconto più in voga.
Di decesso minore, al pari di un’esistenza superflua per gli abitanti della terra ferma quasi quanto il cuore.
Ventisei è il mio e il loro nome.
Tante quante le persone uccise nella strage alla chiesa battista di Sutherland Springs, Texas, che per l’ennesima volta viene strillata a voce trattenuta e poi sotterrata nell’impolverato archivio con la targhetta: attentati non strumentalizzabili.
Al contempo, ma tu guarda il caso, ventisei sono gli anni a cui è giunto nell’ultima, sua triste ora, l’assassino (**) non il terrorista, il malato di mente, giammai il nemico della nostra civiltà, il disgraziato, già, senza dubbio.
Ventisei, ci son nato, che ci posso fare?
Per questo esisto, perché qualcuno dev’esser per forza trascurato per dar maggior lustro alle cifre utili.
Eppure, nel silenzio, succede anche di gioire per la buona sorte.
Come i ventisei feriti, ma pur sopravvissuti all’ennesima esondazione di un fiume in Colombia, e gli altrettanti scampati a morte sicura nell’incendio di un edificio dell’università di Moncton in Canada.
Che ci racconta di altre ventisei morti ignorate in India per l’esplosione di una centrale a carbone.
Proprio così, a maledetto carbone.
Ventisei, l’ho detto.
Venti più sei, nome che si aggiunge a un cognome, che avrebbe potuto esser anche più lungo, e allora ci vorrebbe ben più di una storiella come questa per contare, ricordare, e non dimenticare.
I numeri cancellati in tempo reale, in queste precise ore.
Come i ventisei uccisi, tra cui molti bambini, per colpa di un raid saudita nello Yemen.
Che siano maledetti tutti i raid di questo mondo.
E i ventisei, stavolta solo bambini, che secondo le Nazioni Unite scompaiono ogni giorno in Afghanistan per colpa di una malattia normale come la diarrea.
Ventisei.
Questo è il nome del racconto perduto.
Scrivetelo con me.
Appuntatevi da qualche parte, le umane vicende che si celano dietro l’appello mancato.
E perdonateci, se eravamo assenti alla conta, ma siamo giustificati.
Perché quando è suonata la campanella della Storia.
Non ci hanno permesso di entrare…
(*) Ripreso da «Storie e Notizie» numero 1521 che Alessandro Ghebreigziabiher così presenta: «Il blog Storie e Notizie ha iniziato a muovere i suoi primi passi verso la fine del 2008 e contiene racconti e video basati su reali news prelevate dai maggiori quotidiani e agenzie di stampa on line, al seguente motto: “Se le notizie sono spesso false, non ci restano che le storie”. L’obiettivo è riuscire a narrare le news ufficiali in maniera a volte fantasiosa, con l’auspicio di avvicinare la realtà dei fatti più delle cosiddette autorevoli fonti di informazione. La finzione che superi la verità acclarata nella corsa verso la comprensione delle cose è sempre stata una mia ossessione. “Storie e Notizie” ha un canale Youtube, una sua pagina Facebook e anche la versione in lingua inglese, Stories and News. A novembre 2009 ha debuttato l’omonimo spettacolo di teatro narrazione». RICORDO che qui in bottega «Storie e notizie» viene ospitato – scorrete il colonnino e lo troverete – a ogni uscita. [db]
(**) Devin Kelley