Narrator in fabula? Prima puntata
dove Vincent Spasaro intervista Danilo Arona (*)
E’ la letteratura horror in Italia. Danilo Arona è narratore, saggista, chitarrista rock, fine affabulatore e molto altro: definirlo non è facile. In molti anni di carriera ha percorso tutte le vie che portano al mistero, mediato dalla narrazione o incombente sulla realtà. Di lui potrete leggere molto su internet, come acquistare i suoi meravigliosi romanzi: uno su tutti, ma rischiando di far torto agli altri masterpiece: «L’estate di Montebuio» (Gargoyle, 2008). Tanti i progetti in cantiere: so fra l’altro di un lavoro a quattro mani con la grande editor/sceneggiatrice/narratrice Sabina Guidotti ma sono costretto per ora a cucirmi la bocca.
Devo ritornare alla definizione d’apertura: Danilo Arona, paradigma dell’horror nazionale. Mi sento di aggiungere che con straordinaria umiltà Danilo ha sempre preferito le sfide alla tranquillità, scavando nella letteratura underground, sporcandosi le mani e salvaguardando la sua purezza di autore piuttosto che rincorrere i temi e gli stili più seguiti per restare alla ribalta.
C’è però un lato di Danilo che spesso sfugge all’attenzione dei suoi lettori, nascosto sotto strati di autoironia. Cosa si trova alla base dei suoi romanzi, quale filosofia e quale nucleo di paure? In cosa crede e come esplora la sua e nostra realtà? Ed è proprio con queste curiosità che lo vado a intervistare.
Siete pronti?
Tre, due uno, partenza.
Ciao, Danilo! Partirò subito in quarta. Leggendo i tuoi romanzi e i saggi salta subito all’occhio l’interesse per un fantastico, un orrore che ha nell’altrove la sua ragion d’essere. Qual è il tuo rapporto con il mistero e l’esoterismo? Credi nell’aldilà?
«Citando uno dei miei inconsapevoli maestri, Quirino Principe, eccelso musicologo ed esoterista solitario, l’avere costanti rapporti con il Mistero (quello autentico e per questo passami la maiuscola…) mi procura un esaltante piacere paragonabile soltanto a quello sessuale. Ciò affermato con il minimo sindacale di autoironia, temo di essere un uomo agnostico che vive uno stato di perenne contraddittorietà perché, pur non credendo nell’aldilà cattolico, credo nei fantasmi, non per convinzione, ma per averli “visti” e “sentiti” all’opera in parecchie circostanze in una certa mia fase di vita, anni novanta soprattutto, dedicata al giornalismo investigativo sul paranormale. Case infestate, streghe moderne, storie misteriose di provincia, soprattutto provenienti dal mio Piemonte più oscuro e sconosciuto.
Ti consideri un indagatore dell’incubo? E, nel caso fosse così, quando è iniziata questa passione e dove pensi ti porterà?
«Di questa attività di giornalismo investigativo, su cui tenevo una rubrica settimanale sul giornale di Alessandria “Il Piccolo”, si occuparono parecchi fogli di informazione, da “L’Espresso” a “Sette” del Corriere, da “Repubblica” alla Rai che una volta in seguito a un mio articolo sulle sette di Acqui Terme spedì Alda D’Eusanio con la troupe de “La vita in diretta” nella cittadina termale. Lì mi si definiva sempre, saccheggiando Bonelli e Sclavi, “indagatore dell’incubo del Monferrato” o “Dylan Dog delle Langhe”, senza ovviamente la mia approvazione peraltro mai richiesta (e ci mancherebbe…). Non è che mi ci ritrovi, ma le cose sono andate così. Insomma se lo potevi definire un lavoro per i miei gusti era divertente. Questo mio approccio al mistero è senza dubbio iniziato all’inizio degli anni Ottanta, quando, divenuto giornalista pubblicista e comunque già vecchio per pensare a un percorso professionale normale, ho deciso di ritagliarmi uno spazio di specializzazione in territori poco battuti dai colleghi sui quali mi sentivo ferrato per tutto quanto avevo letto e sperimentato in precedenza, per il mio percorso di studi (mi sono laureato in filosofia a Genova nel ’74) e per un humus cinematografico “misterioso” che mi accompagna, come sai, sin dalla prima adolescenza. La ricerca sul campo mi ha insegnare a impostare e a gestire una narrativa ai confini del fantastico proprio di taglio giornalistico, una tecnica in grado di offrire verosimiglianza alle storie più strampalate e che ritrovi ben applicata, credo, in libri come “Black Magic Woman”, “Cronache di Bassavilla” e “Santanta”, dove i protagonisti Io narranti sono esattamente indagatori dell’incubo, atei e non credenti (mie personali proiezioni) alle prese con demoni ed eteriche creature di dimensioni parallele. Quel periodo di giornalismo investigativo è finito per un insieme di ragioni che fanno parte anche della mia vita e che qui non avrebbe senso riportare. Però le storie più incredibili continuano a farmi visita e a surrogare, in modo quasi esclusivo, il mio immaginario… che nel frattempo si è evoluto, o involuto (ai lettori la sentenza), in una narrativa diversa, più apocalittica, planetaria e meno provinciale. A questo cambiamento non so dare una vera spiegazione. Avverto soltanto la sensazione che i “piccoli” fantasmi di provincia si sono uniti con tutti gli altri del pianeta per dar vita a un’entità cosmica, maligna, che non ci vuole affatto bene e che tutti i giorni – basta leggere i giornali – offre a chi sa vedere e leggere tra le righe della cronaca la ragione della sua esistenza. Credo di averne già scritto, senza la consapevolezza di oggi, anni fa, nel 2006, in “Cronache di Bassavilla”, laddove una protagonista, Lucia, per spiegare i molti misteri del libro, lancia – a paguna1961 – l’ipotesi del SuperSpettro. In questo modo: Temo che non esistano i fantasmi. Magari ne esiste uno solo. Lo nutriamo noi con le nostre paure e le nostre speranze. E possiede, perciò, milioni di facce e di forme. Tutti i mostri e tutti i terrori del mondo. Un’unica, immensa entità, grande come la Terra… perché, forse, è la Terra stessa». Come di sicuro annoterebbe Quirino, questa è un’immagine che può far sorridere. Ma io non ci giurerei. E non sorrido affatto. Quel che sta accadendo – con la Terra, in rivolta letterale contro di noi – mi pare possa interpretarsi come prova a favore di una tesi all’apparenza bislacca. Ma non voglio perdermi in fumose elucubrazioni fra il mistico e il metafisico, visto poi che mi sono dato poco fa dell’agnostico. Tentando di completare la risposta, non so affatto dove mi porterà questa “passione”. Posso dirti che di sicuro continuerò a indagare con gli strumenti della fiction supportati dall’approccio giornalistico che non ho mai abbandonato. Invitando quindi chi mi segue a leggere i miei lavori non soltanto come parti (dal verbo “partorire”) di una fantasia più o meno bacata, ma come frammenti di verità sconosciute che non possono che essere trasmesse al pubblico per via romanzata. E non è il caso di sottolineare che in parte ci credo».
Vuoi raccontarci qualche aneddoto riguardante le tue indagini in questo territorio liminare? Con l’umorismo che ti contraddistingue, citi spesso la storia del gorgonzola semovente che ti turbò da piccolo, eppure so che esperienze più profonde e a volte terrificanti ne hai vissute tante.
«Un aneddoto? Bene, visto che l’ho citato più volte, ti racconto la parte più rabbrividente del mio primo incontro con Quirino Principe. Alla domanda su quale fosse stata la sua esperienza demoniaca più “pesante”, questa fu la risposta: Una persona che conosco bene e di cui non posso fornire generalità mi confidò di avere avuto contatti con un padre gesuita, Cipriano Casella, che lo avviò a una conoscenza di assoluta profondità delle cose occulte. Quest’uomo si dedicò per almeno vent’anni allo studio e alla decifrazione di testi fondamentali e originali, quali la Clavicula Salomonis. Io lo seguii per un po’ aggiungendo alle letture comuni un testo prediletto e terrificante, Turba Philosophorum. Al principio degli anni settanta, per motivi diversi, ci trasferimmo entrambi a Milano dove scoprimmo, nella biblioteca Trivulziana, altri testi ancora più occulti, la trascrizione di uno dei quali può dare, secondo tradizione, possibilità di diretto approccio alle entità infernali. Tale trascrizione è infatti “condicio sine qua non” perché possa stringersi un patto di vario grado, anche revocabile. Quando il mio conoscente decise di adire a un simile contratto, ci perdemmo di vista per circostanze indifferenti, ma so per certo tuttavia che egli, accedendo a un ulteriore passaggio rituale, si fabbricò una “imago” di creta secondo le prescrizioni di un libro-guida e che la notte fra il 31 ottobre e il primo di novembre del 1971, dinanzi alla suddetta “imago”, professò soggezione al demone Metatron e adorazione di lui. All’alba la mensola su cui era posata l’imago era cosparsa abbondantemente di sangue, uscita dall’ascella sinistra della statuetta, il che significava accettazione del patto da parte dell’entità. In cambio egli ottenne per dieci anni doti di memoria e di potenza intellettuale del tutto prodigiose e inspiegabili con criteri naturali. Posso ancora dire che, a una verifica effettuata subito dopo, il sangue si rivelò identico nella composizione e nel gruppo a quello della persona che aveva stretto il patto. Ora Vincent, quando Quirino mi raccontava queste cose correva l’anno 1994 e allora come oggi non è che mi bevessi proprio tutto. Perciò, percependo il mio scetticismo, Quirino si alzò e uscì dalla stanza per tornarne poco dopo con in mano un oggetto avvolto in un panno scarlatto che depose con delicatezza su un tavolino accanto. Lo svolse lentamente e apparve una statuetta di circa 15 cm, dipinta a colori divenuti sbiaditi. Raffigurava un piccolo demone, con le corna, il viso ossuto, le mani adunche e unghiute. Con sul petto un quadrato dipinto, sulla tempera ocra, con una vernice bruna. E Quirino mi disse: Osserva questa striscia, questa macchia sotto l’ascella. Ti posso assicurare che è assolutamente indelebile. Ma adesso non chiedermi come mai sono in possesso di questa statuetta. Bene, forse potrebbe bastare questo colpo di teatro per dare senso all’aneddoto, però manca un tassello. Ho ritrovato Quirino tre anni dopo, al terzo convegno sulla stregoneria di Triora, nell’ottobre del ’97, ambedue relatori. Ci siamo salutati con affabilità e lui, prima di salire sul palco a esporre la sua relazione “In armonia con Satana” (questo era il titolo…) mi ha confidato in un soffio: Mio buon amico, l’ascella è tornata a sanguinare. I patti estinti si stanno rinnovando in automatico e stanno giungendo per noi, noi occidentali, tempi orribili. Cadranno torri che si pensano incrollabili e scorrerà il sangue dalla terra e sulla terra. Riguardati e misura sempre le parole quando scrivi. Si è alzato, ha raggiunto il podio e ha poi scandalizzato, da par suo, il pubblico. Concludendo con questa frase: L’universo è Satana. Noi camminiamo sulla pelle di Satana, sulle sue ali di pipistrello. Satana è questo pavimento, questa tavola, questo pubblico che mi ascolta paziente. E’ l’unica realtà esistente perché l’altra è perduta, divenuta mitica. Noi dobbiamo servire questa realtà ed essere molto cauti nel parlare dell’altra. Sguardi sconcertati e qualche fischio di dissenso però, ripensandoci con il senno del poi, mancavano quattro anni al crollo delle Torri Gemelle e quelle parole, trasmesse a me in via puramente privata, risuonano dopo l’11 settembre del 2001 di tanto in tanto nella mia mente… E credo che l’aneddoto, da te richiesto, possa concludersi qui senza ulteriore commento da parte mia».
Nell’accomiatarmi da Danilo Arona, non posso fare a meno di pensare a quanto sia sottile il muro che ci divide da ciò che è altro e come la normalità sia poco più di una convenzione. Leggendo i suoi romanzi e saggi sarà facile anche per voi perdere il sentiero e addentrarvi nelle foreste cupe dei simboli e del mistero. Siete avvisati.
Potete seguire Danilo sul suo sito:
http://www.daniloarona.com
e su facebook:
https://www.facebook.com/danilo.arona
Alla prossima.
1Cronache di Bassavilla, Dario Flaccovio Editore, Palermo, 2006.
(*) Vincent Spasaro intervista per il blog autori-autrici, editor, traduttori, editori del fantastico, della fantascienza, dell’orrore e di tutto quel che è fantasia, alla ricerca dei misteri del loro mondo interiore. Fra 7 giorni la seconda puntata: Clelia Farris. Nella terza puntata … E poi ….
Interessantissimo! L’intervista sarebbe potuta continuare ancora a lungo, argomenti affascinanti per un autore speciale.
Ci starebbe bene una rubrica fissa di Danilo Arona sul paranormale, un po’ come Il superstite sul giornale di Alessandria. Bisognerebbe chiederglielo.
Che ne dici, Daniele?
grazie dell’idea Vince e grazie della eventuale disponibilità di Danilo Arona.
Lascio la decisione alla piccola redazione del blog (ma soprattutto del “Marte-dì” in questo caso) magari …. in vista delle novità che stiamo preparando per l’inizio del 2015.
Intanto mi esprimo ma il mio voto, è ovvio, vale per uno: rispetto al cosiddetto paranormale sono molto scettico, praticamente sulle posizioni del Cicap. Se è vero che ci sono molti misteri in cielo e in terra però l’atteggiamento “credulone” non aiuta ad affrontarli, anzi. Visto che quasi sempre il “paranormale” pretende di sottrarsi a ogni controllo, i miei dubbi non possono che moltiplicarsi. Io amo molto, come si capisce, fantascienza e fantastico (il «Marte-dì» in blog) ma cerco di tenere ben distinte la fiction e le speculazioni dai fatti accertati e accertabili. Discorso lungo che qui ho sintetizzato. Tempo fa in blog avevo scritto che amo essere stupito… ma stupido invece no, quello non mi piace.
Salvo che qualcuna/o domani mi convinca del contrario, tutte le mie esperienze mi inducono oggi a credere che il 98 per cento di quello che viene spacciato come paranormale siano balle, errori o truffe; sul 2 per cento spero che si indaghi seriamente.
Anch’io sono scettico. Non credo in nulla ma spero in tutto.
Era solo un’idea buttata là senza aver prima chiesto al diretto interessato, già fin troppo gentile a concedermi questa bella (per merito suo) intervista.
E grazie a Daniele per avermi permesso queste chiacchierate un po’ fuori degli schemi.
Un abbraccione!