30 luglio 1571: “fate schiavi gli zingari” perchè…

dovranno remare nella battaglia di Lepanto

di Daniela Pia

Vita faticosa quella della gente rom che, fra le tante persecuzioni cui fu sottoposta nei secoli, conobbe anche la schiavitù: tenuti in catene per cinquecento anni fino alla metà del XX secolo. Ancora oggi in Romania schiavo (rob) e zingaro (tigan) sono sinonimi.

Schiavi dei re, della Chiesa o dei grandi proprietari terrieri, gli Zingari erano simili a cose. Potevano essere venduti e acquistati per essere sfruttati e sottoposti ad attività massacranti, tenuti in vita solo con “mameliga” (una specie di polenta di mais) o pane e acqua. Tremende erano le punizioni per lo schiavo zingaro che avesse commesso una qualche mancanza – un piatto rotto cento frustate – e chi avesse tentato la fuga era condannato a tenere una maschera di ferro sul viso in modo che non potesse nutrirsi ma costretto a portare intorno al collo un collare munito di punte di ferro

Nel 1500 durante la dieta d’Augusta fu stabilito che «Chi uccide uno zingaro non commette reato». In Italia, nel 1600, furono emanati 17 bandi repressivi.

Gli zingari non erano praticanti della religione cristiana e anche per questo erano visti come eretici ma pure in ambito civile, iniziarono a essere visti in maniera fortemente negativa. Il pontefice Pio V in un editto ne vietò l’ingresso nei suoi territori e persino coloro che vi erano presenti furono costretti ad allontanarsi entro il termine di tre giorni, pena la forca.

Il 30 luglio 1571 il papa ordinò la cattura e fece schiavi tutti gli Zingari della campagna di Roma per poterli sfruttare poi nelle navi già pronte per la battaglia di Lepanto (dove il 7 ottobre furono sconfitti i turchi). Dei rematori delle galere – da quelle navi deriva il nome delle prigioni – la storia non si curò più di tanto: il nemico turco era prostrato, la gloria del papa e di Venezia assicurata.

MA COSA SONO LE «SCOR-DATE»? NOTA PER CHI CAPITASSE QUI SOLTANTO ADESSO.

Per «scor-data» qui in “bottega” si intende il rimando a una persona o a un evento che il pensiero dominante e l’ignoranza che l’accompagna deformano, rammentano “a rovescio” o cancellano; a volte i temi possono essere più leggeri ché ogni tanto sorridere non fa male, anzi. Ovviamente assai diversi gli stili e le scelte per raccontare; a volte post brevi e magari solo un titolo, una citazione, una foto, un disegno. Comunque un gran lavoro. E si può fare meglio, specie se il nostro “collettivo di lavoro” si allargherà. Vi sentite chiamate/i “in causa”? Proprio così, questo è un bando di arruolamento nel nostro disarmato esercituccio. Grazie in anticipo a chi collaborerà, commenterà, linkerà, correggerà i nostri errori sempre possibili, segnalerà qualcun/qualcosa … o anche solo ci leggerà.

La redazione – abbastanza ballerina – della bottega

 

Daniela Pia
Sarda sono, fatta di pagine e di penna. Insegno e imparo. Cammino all' alba, in campagna, in compagnia di cani randagi. Ho superato le cinquanta primavere. Veglio e ora, come diceva Pavese :"In sostanza chiedo un letargo, un anestetico, la certezza di essere ben nascosto. Non chiedo la pace nel mondo, chiedo la mia".

Un commento

  • L’odio attuale ha radici antiche e “autorevoli”; dobbiamo contrastare non solo riconfermando il nostro stupore ad ogni rigurgito lombrosiano ma soprattutto con i fatti;
    in una università italiana nel mese di luglio una ex-bambina , oggi giovane rom si è laureata; ha preferito che non si desse pubblicità alla cosa e abbiamo rispettato la sua richiesta; da bambina ha vissuto , nei momenti di “sedentarietà” in campi nomadi; nei momenti peggiori in un furgone; ha vissuto la collocazione in una casa in muratura come una liberazione; ha fatto brillanti studi medi e oggi dopo la laurea si avvia ad un buon inserimento professionale; se fosse stata “sgomberata” come oggi si va facendo tutto questo , forse, non sarebbe successo.
    Non nascondo che questa laurea per me è una piccola soddisfazione: ricordo gli occhi febbricitanti della bimba quanto prospettavo ai suoi genitori gli esiti possibili delle “pressioni” che la mia associazione fece sul comune di Bologna per giungere ad una collocazione abitativa decente; le “pressioni” sortirono un effetto positivo , i campi sono scomparsi anche se con tempi troppo lunghi; né si può dire che oggi i meccanismi di emarginazione siano tati effettivamente superati; ma i fatti dimostrano che le “ruspe” non sono una politica accettabile; sono l’effetto dell’odio e di una forma di disturbo psicopatologico -oltre che di una palese strumentalizzazione politica din una parte del mondo dei “gagi”.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *