5 gennaio 1942, muore Tina Modotti

di Benigno Moi (*)

Tina Modotti era tornata in Messico, sotto falso nome, nell’aprile del 1939, dopo aver tentato inutilmente di rientrare negli Stati Uniti, dove stava ancora la sua famiglia.

Dal Messico era stata espulsa 9 anni prima, dopo l’attentato fallito al presidente Rubio e la messa fuori legge del partito comunista, trascorrendo tutti gli anni ’30 in Europa, attiva nel Soccorso Rosso internazionale, fra l’Unione Sovietica e la Spagna della guerra civile. Sempre al fianco del suo compagno d’allora, l’antifascista italiano Vittorio Vidali, che era esule sin dall’avvento di Mussolini al potere, fondatore del mitico Quinto Regimiento durante la Guerra Civile di Spagna; fu una controversa figura di militante comunista, sempre sospettato di essere stato, per decenni, uno dei più spietati agenti stalinisti. Sono gli anni delle purghe e del tragico conflitto fratricida all’interno dei movimenti rivoluzionari internazionali: e proprio in Messico ci furono alcuni fra gli episodi più tragici, sino all’assassinio di Lev Trockij nel 1940.

Il 5 gennaio 1942 Tina Modotti viene trovata morta dentro un taxi, a Città del Messico (dopo aver passato la serata con vecchi amici a casa dell’architetto svizzero Hannes Meyer) e all’inizio i giornali della capitale messicana parlano di omicidio, collegando la morte della militante comunista alle guerre intestine che stanno funestando i movimenti rivoluzionari. La stessa Tina infatti rimase invischiata, nel 1929, nella campagna denigratoria seguita all’assassinio del suo amante Juan Antonio Mella, giovanissimo e leggendario rivoluzionario cubano, esule in Messico, antistalinista: probabilmente il legame affettivo più intenso nella vita della Modotti.

Tina si vide morire Mella praticamente fra le braccia, fatto assassinare dal dittatore cubano Machado e – come capiterà poi a Frida Khalo per Trockij – viene accusata di essere coinvolta nell’omicidio che la stampa di destra tentò di ricondurre a faida interna al movimento comunista.

Quale sia stata la verità (Mella riuscì a pronunciare poche frasi prima di morire, che solo Tina udì) il fatto segnò definitivamente la Modotti, nei suoi rapporti con gli amici di una vita, con la sua arte, con la sua militanza. La segnò sino alla morte, anch’essa ugualmente mai completamente chiarita.

Tina Modotti era nata a Udine nel 1896, da Giuseppe e Assunta Mondini. Il padre, un meccanico socialista, nel 1905 emigrò con la figlia maggiore negli Stati Uniti mentre Tina, rimasta con la madre e i fratelli piccoli, cominciò ancora ragazza a lavorare come operaia. Nel 1913, raggiunto il padre a San Francisco con il resto della famiglia, fu operaia tessile ma posò anche da modista, interessandosi di teatro e collaborando come volontaria per la Croce rossa e altre associazioni di mutua assistenza fra immigrati.

Cominciò così a fare le conoscenze che le cambiarono la vita. A partire dal poeta e pittore Roubaix de l’Abrie Richey (Robo) che sposò e con cui si trasferì a Los Angeles, dove frequentò il vivacissimo mondo di intellettuali, artisti e bohemien con idee rivoluzionarie che animava la nascente capitale del cinema.

Tina, che con Lobo produsse batik di successo, lavorò anche come attrice in alcuni film e soprattutto conobbe Edward Weston, uno dei più significativi fotografi americani dell’epoca. Dopo la morte per vaiolo del marito, in Messico nel 1922, dove stava organizzando una mostra dei loro lavori e delle foto di Weston, e dopo aver curato la pubblicazione degli scritti di Robo, Tina decise trasferirsi definitivamente a Città del Messico, nell’estate del 1923, assieme allo stesso Weston, con cui iniziò a collaborare facendo della fotografia la sua attività principale.

Diventò amica di molti dei protagonisti del cosiddetto Rinascimento messicano, artisti che spesso furono anche attivisti politici rivoluzionari: i muralisti Rivera, Siquerios, Orozco, Xavier Guerrero (che poi sposerà), lo scrittore Juan Antonio Mella, la pittrice Frida Khalo, con cui instaurò un legame fortissimo e tormentato (è a casa di Tina che Frida conobbe prima e sposò poi Diego Rivera, e a lungo Tina rappresentò per la giovane artista messicana il mito della donna libera e impegnata; chi ha visto il film «Frida» – del 2002, di Julie Taymor – ricorderà la sensuale scena del ballo fra Tina e Frida.

Il Messico, negli anni che seguono la rivoluzione di Pancho Villa e Zapata, diventò crocevia e rifugio di militanti rivoluzionari europei e sudamericani: il cubano Mella, il nicaraguense Sandino, l’italiano Vidali (conosciuto da Tina durante le manifestazioni in favore di Sacco e Vanzetti, allora sotto processo negli Usa). E divenne passaggio obbligato per molti intellettuali rivoluzionari, spesso fotografati da Tina, come Majakovskij, o per cui lei fece da interprete, come Dos Passos.

Tina Modotti fu parte fondamentale di questi movimenti politici e culturali. Acquista sempre maggior maturità e consapevolezza come fotografa, spaziando dalla creazione di immagini pure partendo da elementi naturalistici o architettonici (le calle, i pali del telegrafo, le scale) sulla scia del suo maestro Weston, sino ai dettagli che già documentano e denunciano, senza rinunciare agli aspetti formali (i primi piani delle mani di operai o burattinai, le composizioni con simboli rivoluzionari, gli operai e le donne). Documentò il movimento muralista e le grandi manifestazioni popolari, le donne di Tehuanpec, i bimbi di strada; ritrasse con veri e propri reportage la povertà del Messico profondo per libri e giornali. Creò autentici capolavori che ancora oggi stupiscono per la loro perfezione formale. Le sue foto finirono su varie riviste e acquistò fama internazionale. Tina considerava la fotografia come strumento di documentazione che, da questo, acquista la sua ragion d’essere: «Desidero fotografare ciò che vedo, sinceramente, direttamente, senza trucchi, e penso che possa essere questo il mio contributo a un mondo migliore».

Dopo l’esilio dal Messico e durante gli anni europei abbandonò definitivamente la fotografia per la militanza politica, dopo una breve esperienza berlinese e qualche foto a Mosca. Forse non si ritrovava più con approcci e macchine fotografiche differenti dalle sue; forse pensava che l’impegno diretto nel Soccorso Rosso dei militanti antifascisti fosse prioritario, oppure ebbe altro da fare – come scrisse Weston. Di fatto durante la Guerra Civile spagnola non fotografò (come pure fecero Robert Capa e Gerda Taro, che lei conobbe) ma lavorò, con il nome di battaglia di Maria, negli ospedali dei combattenti repubblicani e nella propaganda, curando giornali, libri di poesie. Contribuì all’organizzazione del Congresso internazionale degli intellettuali contro il fascismo, incontrando Hemingway, Machado, Alberti, Dolores Ibarruri.

Dopo la sconfitta in Spagna tornò in Messico, assieme a Vidali, stanca, forse con molte delusioni e rimpianti.

Non sappiamo neppure esattamente di cosa muore. Conosciamo invece, dopo decenni di quasi oblio in Italia, e grazie a lavoro di alcuni suoi concittadini a Udine, le sue immensa qualità come fotografa e, seppure con alcune ombre, la sua straordinaria vita.

http://www.comitatotinamodotti.it/

https://it.wikipedia.org/wiki/Tina_Modotti

http://www.raiscuola.rai.it/articoli/tina-modotti-fotografa-e-rivoluzionaria/4629/default.aspx

http://anpi.it/media/uploads/patria/2008/8/00_LE_FOTOSTORIE_24.pdf

https://nik27536.wordpress.com/2011/07/07/fotografia-tina-modotti/

http://www.modotti.com/

Tina Modotti, hermana, no duermes, no, no duermes

tal vez tu corazon oye crecer la rosa

de ayer, la última rosa de ayer, la nueva rosa.

Descansa dulcemente, hermana.

Tina Modotti, sorella, non dormi, no, non dormi/ forse il tuo cuore

sente crescere la rosa/di ieri, l’ultima rosa di ieri, la rosa

nuova./Riposa dolcemente, sorella.

Questi versi di Pablo Neruda (dalla poesia «Tina Modotti ha muerto») sono incisi sulla lapide che copre la tomba di Assunta Adelaide Luigia Modotti Mondini, nel Pantheon de Dolores a Città del Messico.

(*) In bottega si è parlato più volte di Tina Modotti e di una recente mostra a lei dedicata; se andate in «cerca» e digitate il suo nome … escono i link (db)

 

COSA SONO LE “SCOR-DATE” – NOTA PER CHI CAPITASSE QUI SOLTANTO ADESSO.

Per «scor-data» si intende il rimando a una persona o a un evento che per qualche motivo il pensiero dominante e l’ignoranza che l’accompagna deformano, rammentano “a rovescio” o cancellano; a volte i temi possono essere più leggeri ché ogni tanto sorridere non fa male, anzi. Ovviamente tantissimi i temi, come potete vedere in “bottega” guardando un giorno… a casaccio. Assai diversi gli stili e le scelte per raccontare; a volte post brevi e magari solo un titolo, una citazione, una foto, un disegno. Ovviamente non sempre siamo state/i soddisfatti a pieno del nostro lavoro. Se non si vuole scopiazzare Wikipedia – e noi lo abbiamo evitato 99 volte su 100 – c’è un lavoro (duro pur se piacevole) da fare e talora ci sono mancate le competenze, le fantasie o le ore necessarie. Si può fare meglio, specie se il nostro “collettivo di lavoro” si allarga.

Avevamo pensato (nel nostro 2015 “sabbatico”) di fare un libro, cartaceo e/o e-book con una selezione delle «scor-date» già apparse in “blottega”. E’ rimasta una vaga idea ma chissà che prima o poi…

Il 12 gennaio 2016 si è concluso il nostro “servizio” di linkare le due – o più – «scor-date» del giorno, riproponendo quelle già apparse in blog/bottega nei 2 anni precedenti; e ogni tanto aggiungendone di nuove. Dal 12 gennaio abbiamo interrotto, salvo rare eccezioni come oggi. C’erano 2 ipotesi per il futuro prossimo. Si poteva ripartire con nuove «scor-date» ogni giorno, dunque programmandole qui in redazione: insomma il volontariato (diciamo stakanovismo?) della nostra piccola redazione e/o di qualche esterna/o. Qui in “bottega” ci sarebbe piaciuto mooooooolto di più ripartire CHIAMANDOVI IN CAUSA, cioè ri-allargando la redazione. Come ripartenza c’eravamo dati il 21 marzo, una simbolica primavera… però il nostro “collettivo” non ha avuto gli auspicati rinforzi. Così vedrete le «scor-date» solamente ogni tanto, anziché ogni giorno come ci piacerebbe. Grazie a chi collaborerà, commenterà, linkerà, correggerà i nostri errori sempre possibili, segnalerà qualcun/qualcosa … o anche solo ci leggerà.

La redazioneabbastanza “ballerina” e sempre più mutevole nel tempo, per inevitabili altri impegni – è all’incirca questa: (in ordine alfabetico) Alessandro, “Alexik”, Andrea, Clelia, Daniela, Daniele, David, Donata, Energu, Fabio 1 e Fabio 2, Fabrizio, Francesco, Franco, Gianluca, Giorgio, Giulia, Ignazio, Karim, Luca, Marco, Mariuccia, Massimo, Mauro Antonio, “Pabuda”, Remo, Riccardo, “Rom Vunner”, Santa e Valentina. Ma spesso nelle «scor-date» ci hanno aiutato altre/i oppure abbiamo “rubato” (citando le fonti) qua e là.

 

Redazione
La redazione della bottega è composta da Daniele Barbieri e da chi in via del tutto libera, gratuita e volontaria contribuisce con contenuti, informazioni e opinioni.

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