5 maggio 1972: l’assassinio di Franco Serantini
di Claudia Cernigoi
Franco Serantini era nato a Cagliari nel 1951 e fu abbandonato, alla nascita, presso il brefotrofio della città. A due anni venne affidato ad una coppia siciliana, ma subito dopo la madre adottiva si ammalò di tumore e morì; al vedovo, rimasto solo, non fu concesso di perfezionare le pratiche d’adozione. A nove anni Franco tornò al brefotrofio di Cagliari, dove rimase fino al 1968, quando la direzione dell’istituto comunicò al tribunale minorile di non essere in grado di seguire il ragazzo, che non si applicava agli studi. Il giudice ritenne che la soluzione migliore per risolvere la crisi adolescenziale di Franco era di rinchiuderlo in un riformatorio, e così il ragazzo fu inviato all’Istituto di rieducazione maschile di Pisa, «in regime di semilibertà», cioè doveva mangiare e dormire in istituto.
A Pisa, Franco scoprì però l’impegno politico, il che, se da una parte gli permise di non cadere nella trappola della delinquenza comune (cosa che accade invece troppo spesso in situazioni come la sua), dall’altra parte segnò invece la sua condanna a morte. Fu attivo nei movimenti solidali che organizzavano mercatini a basso costo, si avvicinò al movimento anarchico, ma frequentò anche l’ambiente politico di Luciano Della Mea, marxista libertario che rappresentò per lui la famiglia che non ebbe mai.
È alle ricerche di Serantini che dobbiamo il ritrovamento del noto bando firmato da Giorgio Almirante quando era capo gabinetto dell’Ufficio di PS di Paganico (GR), nel quale si comunica ai renitenti alla leva che saranno fucilati alla schiena.
(https://www.bfscollezionidigitali.org/oggetti/19282-franco-serantini-durante-una-manifestazione?i=18)
Pisa dopo il 1968 era una città ricca di vita politica. A Pisa fu fondato il gruppo del “potere operaio pisano” (da non confondere con il Potere operaio di Piperno, Negri e Scalzone) che diede poi vita a Lotta Continua, guidato (tra gli altri) da Luciano Della Mea ed Adriano Sofri. A Pisa in quegli anni i leader della gioventù comunista erano Massimo D’Alema e Fabio Mussi. All’Università di Pisa erano iscritti molti studenti antifascisti greci, in esilio a causa della dittatura dei colonnelli. Pisa fu teatro di numerosi scontri tra fascisti e polizia, tra fascisti ed antifascisti, tra antifascisti e polizia, e fu proprio in occasione di una manifestazione antifascista che Franco Serantini, che nel frattempo era diventato militante anarchico, fu picchiato a morte dalla polizia.
Il 5 maggio, giorno di chiusura della campagna elettorale, era previsto un comizio del deputato missino Giuseppe Niccolai, contro il quale Lotta Continua e gli anarchici avevano indetto una manifestazione di protesta.
Il sindaco Lazzari, tenuto conto delle dimensioni ristrette della piazza e della sua posizione, in mezzo a viuzze strette e tortuose, e temendo incidenti (come era già avvenuto nei giorni precedenti in altre città della Toscana) chiese assieme alla Giunta ed ai rappresentanti di alcuni partiti (PCI, PSI e PSIUP) alle autorità di spostare il comizio in una zona meno centrale, ma senza alcun esito. In compenso in città vennero fatti affluire 800 uomini del I raggruppamento celere, 500 carabinieri e 100 carabinieri paracadutisti per appoggiare i reparti di PS della città.
«Il deputato missino parla in una piazza circondata da scudi, elmi, caschi a visiera, tromboncini coi lacrimogeni in canna, mitra puntati. I fascisti sono forse duecento, gridano “Italia, Italia”, il deputato parla un’ora e mezzo, una donna, Morena Morelli, arriva fin sotto il palco, sbeffeggia l’oratore, gli dà del fascista e viene arrestata».
Verso le 18.30 iniziarono le cariche della polizia contro i manifestanti, ed il centro storico di Pisa visse più di tre ore di guerriglia urbana. La polizia lanciò lacrimogeni non solo sui manifestanti, ma anche dentro i portoni delle case e persino contro il palazzo municipale.
«Il sindaco Lazzari si affaccia ad una finestra del palazzo Gambacorti e grida ai poliziotti di smetterla di prender di mira il Comune. “Dissi che ero il sindaco, che era in corso una riunione di giunta (…) nessuno dall’alto minacciava la polizia. Puntavano le armi in su, sparavano un candelotto dopo l’altro, davano l’impressione di essere drogati. Non è che dessero ascolto alle mie parole, seguitavano a lanciare candelotti contro le bifore”».
(https://www.bfscollezionidigitali.org/oggetti/19318-pisa-lungarno-gambacorti-la-polizia-in-azione-5-maggio-1972)
Decine furono i manifestanti picchiati e malmenati, alcuni, colpiti dai lacrimogeni, dovettero essere ricoverati all’ospedale. Alcuni testimoni dichiararono di avere visto agenti di polizia sparare con le pistole ad altezza d’uomo tra i manifestanti.
Franco Serantini si trovava sul Lungarno Gambacorti, ma inspiegabilmente, invece di scappare nei vicoli, si attardò nella strada. Così ha raccontato un abitante del Lungarno, Moreno Papini.
«… ho visto che stavano agguantando uno (…) una quindicina di celerini gli sono saltati addosso e hanno cominciato a picchiarlo con una furia incredibile. Avevano fatto cerchio sopra di lui tanto che non si vedeva più, ma dai gesti dei celerini si capiva che dovevano colpirlo sia con le mani che coi piedi, sia coi calci dei fucili. Ad un tratto alcuni celerini sono scesi dalle camionette lì davanti e sono intervenuti (…) “Basta, lo ammazzate!” (…) uno che sembrava un graduato è entrato nel mezzo e con un altro celerino lo hanno tirato su. Solo in quel momento l’ho potuto vedere in faccia, perché teneva la testa ciondoloni sulla schiena…».
Franco fu arrestato e condotto nella caserma di PS. Tutti coloro che lo videro nello stanzone dove erano stati messi gli arrestati, testimoniarono che si vedeva chiaramente che stava molto male: non era in grado di tenere la testa sollevata, non riusciva a parlare, aveva un colore giallastro in faccia. Ciononostante nessuno pensò di farlo ricoverare all’ospedale, e neppure di farlo vedere da un medico, lo portarono al carcere, dove venne interrogato dal magistrato di turno, che sostenne di avere chiesto per lui una visita medica, particolare che l’avvocato d’ufficio disse di non ricordare. Franco fu visitato solo quattro ore dopo l’interrogatorio, ma il medico si limitò a prescrivergli una borsa di ghiaccio, non gli misurò la pressione, non gli fece fare alcuna radiografia. Riportato in cella, i suoi compagni si preoccuparono vedendolo peggiorare ma per tutta la notte del sabato nessuno prese dei provvedimenti. Solo la domenica mattina Franco venne portato al pronto soccorso del carcere, ma ormai troppo tardi: il suo cuore smette di battere alle 9.45 ed il medico del carcere scrisse nel certificato “emorragia cerebrale”.
La notizia della sua morte si diffonde, e solo per la mobilitazione degli amici e per l’ostinazione dell’impiegato dello stato civile, che si rifiutò di firmare l’autorizzazione al trasporto della salma, perché, trattandosi di morte violenta, era necessaria l’autorizzazione della Procura, l’omicidio di Franco Serantini non verrà insabbiato. È Luciano Della Mea ad attivarsi per primo e contatta l’avvocato Bianca Guidetti Serra per fare una denuncia. L’avvocato rintraccia una vecchia legge di azione popolare «che permette a qualsiasi cittadino di costituirsi parte civile in tutela di un assistito da un istituto benefico che sia senza genitori o parenti» (ricordiamo che per le leggi dell’epoca Franco era minorenne al momento della morte, non avendo ancora compiuto 21 anni). In questo modo potrà iniziare l’indagine.
(https://www.bfscollezionidigitali.org/oggetti/19325-pisa-i-compagni-di-lotta-continua-in-corteo-il-giorno-dei-funerali-di-franco-serantini-9-maggio-1972?i=9)
L’esito dell’esame necroscopico è una relazione che fa spavento. Così dichiarò l’avvocato Sorbi, che aveva assistito alla perizia.
«È stato un trauma assistere all’autopsia, veder sezionare quel ragazzo che conoscevo. Un corpo massacrato, al torace, alle spalle, al capo, alle braccia. Non c’era neppure una piccola superficie intoccata. Ho passato una lunga notte di incubi».
Ma alla fine l’indagine non porterà alla punizione di nessun colpevole. Non si potranno identificare i poliziotti responsabili della morte di Franco (avevano i caschi); nessuno di coloro che non fece visitare il ragazzo verrà perseguito.
«Nel maggio 1972 il commissario Giuseppe Pironomonte che ha cercato, con l’arresto, di sottrarre Serantini alla furia degli agenti, dà le dimissioni dalla polizia. (…) dopo la morte del giovane anarchico subisce una profonda crisi, capisce che quello del poliziotto, così come viene fatto in Italia, non è il mestiere adatto a lui, capisce che è difficile tentare di mutare il sistema dall’interno e abbandona la PS».
Un breve cenno infine sulla figura dell’allora questore di Pisa, dottor Mariano Perris: egli aveva precedente prestato servizio come dirigente della squadra politica a Milano e Torino, ed il suo nome fu rinvenuto, nel corso di una perquisizione negli uffici della FIAT il 5/8/71, ordinata dal pretore Guariniello, tra quelli dei dirigenti di PS che avrebbero incassato mazzette dalla FIAT per il controllo dell’attività politica dei dipendenti dell’azienda (su questo si veda la pubblicazione curata da Lotta Continua nel 1972, Agnelli ha paura e paga la questura).
Dopo Pisa, Perris fu nominato questore a Milano; ma dobbiamo ricordare che nel periodo dell’occupazione germanica di Trieste era stato uno dei dirigenti (era a capo della “squadra giudiziaria”) dell’Ispettorato Speciale di PS, più noto in città come la “banda Collotti”, corpo collaborazionista che si distinse per la ferocia con cui i suoi membri conducevano la repressione antipartigiana. La squadra di Perris era incaricata di arrestare criminali comuni da ricattare o intimidire (nel corso del processo alla “banda” un testimone asserì che l’apparecchio per le torture con l’elettricità «passava anche nell’ufficio di Perris») per infiltrarli nel movimento partigiano o da usare direttamente nelle operazioni di rastrellamento.
Perris evitò di essere processato per collaborazionismo assieme agli altri dirigenti del Corpo avvalendosi di un affidavit fornito dal CLN triestino (di matrice nazionalista ed anticomunista): un testimone asserì che la sua squadra non si occupava di questioni politiche (e non fu approfondito il ruolo di essa), cosicché il commissario continuò la propria carriera nella PS della “repubblica nata dalla Resistenza”, con il curriculum che abbiamo visto.
(https://www.bfscollezionidigitali.org/oggetti/18451-7-maggio-1972-7-maggio-1982?i=6)
Tutte le citazioni virgolettate sono tratte dal bel libro di Corrado Stajano, Il sovversivo, pubblicato da Einaudi nel 1975. Le foto sono riprese dall’archivio digitale della Biblioteca Franco Serantini BFS di Pisa.
Nella pagina https://www.antiwarsongs.org/canzone.php?id=954&lang=it si trova il testo della Ballata per Franco Serantini, scritta da Piero Nissim sulla melodia della Ballata di Sante Caserio.
MA COSA SONO LE «SCOR-DATE»? NOTA PER CHI CAPITASSE QUI SOLTANTO ADESSO.
Per «scor-data» qui in “bottega” si intende il rimando a una persona o a un evento che il pensiero dominante e l’ignoranza che l’accompagna deformano, rammentano “a rovescio” o cancellano; a volte i temi possono essere più leggeri ché ogni tanto sorridere non fa male, anzi. Ovviamente assai diversi gli stili e le scelte per raccontare; a volte post brevi e magari solo un titolo, una citazione, una foto, un disegno. Comunque un gran lavoro. E si può fare meglio, specie se il nostro “collettivo di lavoro” si allargherà. Vi sentite chiamate/i “in causa”? Proprio così, questo è un bando di arruolamento nel nostro disarmato esercituccio. Grazie in anticipo a chi collaborerà, commenterà, linkerà, correggerà i nostri errori sempre possibili, segnalerà qualcun/qualcosa … o anche solo ci leggerà.
La redazione – abbastanza ballerina – della bottega
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Un nuovo libro ricostruisce dagli archivi la breve storia del giovane anarchico pisano picchiato a morte in carcere
https://www.ilpost.it/2022/03/08/serantini-battini/
dalla pagina FB della Biblioteca Franco Serantini, Pisa https://www.bfs.it/
Pubblichiamo la lettera che è stata inviata ieri al Direttore del quotidiano «Il Tirreno».
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Ghezzano (PI), 1° febbraio 2023
Oggetto: Richiesta di rettifica ex art. 8 L. 47 (1948)
Gentile sig. Direttore,
è apparso oggi sul vostro quotidiano un articolo a firma di Ilaria Bonuccelli dal titolo “Toscana, terra d’anarchia violenta. Bombe e attentati da oltre 40 anni”. Nell’articolo tra le altre cose si legge: «Impossibile non notare lo stesso modo di agire di certi gruppi anarchici toscani con quello delle Br. A Pisa, il 7 maggio 1972 muore in carcere un ragazzo, in seguito a un (presunto) pestaggio delle forze dell’ordine: Franco Serantini era stato fermato a una manifestazione di protesta di Lotta continua contro un comizio di Beppe Niccolai, esponente di Msi. Il 30 aprile 1977 un anarchico sardo di Azione rivoluzionaria gambizza il medico legale del carcere Don Bosco assolto dal tribunale da ogni responsabilità per il decesso di Serantini».
Queste righe contengono alcune gravi inesattezze, che ci preme segnalarvi. Il pestaggio non fu affatto “presunto” ma operato deliberatamente dalle forze dell’ordine, come attestano tutte le prove. Se ad oggi non abbiamo i nomi e cognomi di chi materialmente tra le forze dell’ordine contribuì alla morte dell’anarchico Franco Serantini ciò non significa che non si conosca la causa della sua morte: causa ben documentata dalla perizia medico legale eseguita il giorno 8 maggio 1972 e dalla successiva controperizia del 24 gennaio 1973, oltre che da numerosi testimoni e ricerche storiche. Ricordiamo per tutte la ricostruzione fatta nel noto libro del giornalista e scrittore Corrado Stajano Il sovversivo. Vita e morte dell’anarchico Serantini (Torino, Einaudi, 1975 e successive ristampe).
Purtroppo nell’articolo si riscontrano anche altre inesattezze, deduzioni fantasiose e confusioni interpretative. Appare ad esempio sconcertante abbinare la vicenda di Serantini ad un presunto rapporto tra «certi gruppi anarchici toscani» e le Brigate Rosse, suggerendo un rapporto consequenziale di causa-effetto. Non si capisce di cosa si stia parlando: basta sfogliare i giornali d’epoca per capire quanta distanza separava e separa la cultura libertaria da quella dei fondatori delle Br, così come l’assoluta estraneità della vicenda di Franco Serantini con questi fatti. Per quel che riguarda l’attentato al dott. Mammoli da parte di Azione rivoluzionaria del 30 marzo 1977, è sorprendente che la giornalista sia a conoscenza che l’esecutore dell’attentato fosse «sardo» e «anarchico»: poiché fino ad oggi nessun Tribunale ha mai indicato il nome dell’esecutore o dei presunti mandanti, nel caso in cui Ilaria Bonuccelli fosse a conoscenza di particolari inediti ha il dovere di riferirlo alle autorità segnalando le fonti che potrebbero aiutare a gettare luce su fatti ancora oscuri.
Non fa onore alla buona deontologia professionale un uso così disinvolto al limite della diffamazione del nome di Franco Serantini, di cui peraltro il vostro quotidiano ha più volte ricostruito correttamente la vita e la morte, riportando anche tutte le informazioni relative alle attività della Biblioteca a lui intitolata e che da oltre quarant’anni si occupa di custodirne la memoria.
Vi chiediamo cortesemente di pubblicare la nostra rettifica sulle pagine del vostro quotidiano. Restiamo a disposizione per ogni eventuale approfondimento o chiarimento.
Con i più cordiali saluti,
In fede
Franco Bertolucci (presidente)
Stefano Gallo (direttore scientifico)
https://www.iltirreno.it/2023/02/01/news/toscana-terra-d-anarchia-violenta-bombe-e-attentati-da-oltre-40-anni-1.100233323