72 ore per morire
di Daniela Pia
Moritz Erhardt è il nome di un giovane morto nella doccia di un dormitorio dopo avere lavorato nella City per 72 ore. Aveva 21 anni e lavorava: nella mentalità corrente un fortunato, in una società che ha dimenticato che il lavoro è un diritto e non fortuna, Uno che non poteva lagnarsi quindi Erhardt, perchè “lamentarsi” oggi è inammissibile, e per tenersi il lavoro si è sempre più costretti a subire turni massacranti, angherie, ricatti. Un secolo di lotte sociali per garantire condizioni di lavoro umane dignitose e eque, polverizzato dalla crisi economica ma soprattutto dalla mancanza di scrupoli di un mercato del lavoro senza regole che sa solo giocare al ribasso.
Se si parla con i ragazzi, i cosiddetti ” giovani” che giovani più non sono, si capisce che non hanno più speranze, raccattano tutto quello che trovano per mantenere l’illusione di poter lavorare ma sono i nuovi schiavi. Lavorano sulla parola senza contratto, per 3-4 euro l’ ora che – se pure li vedono – incassano dopo mesi, e sono sempre meno di quanto l’ addizione dei giorni prevederebbe. Si alzano all’ alba per distribuire volantini porta a porta e, per poche decine di euro, lavorano due giornate. Si vedono sfruttati nei call center dove spesso devono sollevare la mano per poter andare in bagno o solo poter bere l’acqua dalla bottiglia. La maggior parte di loro è laureata, ha fatto sacrifici per mantenersi agli studi e sperava almeno in uno spiraglio offerto dagli stages che per questi nostri figli trentenni non finiscono mai. Se qualche studio di professionisti apre loro le porte, lo fa dietro raccomandazione e il rimborso spese previsto non è mai contemplato, o se lo è si tratta di pura elemosina. Le aziende poi si sono viste aprire un mercato ricco di manodopera a costo zero, da sfruttare a piacimento perchè tanto quasi nessuno parla o denuncia. E la politica preme ancora per una maggiore deregulation salvo poi stigmatizzare a parole lo sfruttamento indegno “della manodopera cinese” . Intanto la Cina non è così lontana , ce l’ abbiamo dentro casa, a scuola, in fabbrica e negli ipermercati, di questo occidente ammantato di finte garanzie e la sua ombra si è allungata anche nella City dove per troppo lavoro si può morire. Fuori dalla City muore ogni giorno un’ intera generazione mentre attende un lavoro chiamato Godot.
Lamentare tutto questo pare però che sia disdicevole, dice la politica: la ripresa è alle porte e pare che Godot stia per bussare. Quale sia la sua faccia , e se ne avrà una, non osiamo immaginarlo.