8 novembre 2016: gli Usa e il boia
Tre a zero per la pena di morte? Non proprio.
di Claudio Giusti
In crisi da vent’anni, ignorata nei dibattiti presidenziali, la pena di morte americana avrebbe segnato tre punti lo scorso 8 novembre: ma non è proprio vero. In apparenza lo scorso election day ha visto assestare un duro colpo alle speranze abolizioniste ma la situazione è molto più complicata di quanto non appaia a prima vista.
In Nebraska l’elettorato ha fatto tornare il patibolo eliminato dal Parlamento un anno prima. Dal 1976 il Nebraska ha compiuto tre esecuzioni, l’ultima delle quali 20 anni fa e, se le cose continuano così, fra un decennio forse riuscirà ad ammazzare un paio di disgraziati. Da notare che gli elettori non hanno votato per la vera schifosa pena di morte della realtà dei fatti, ma per quella immaginaria che viene propinata dai politicanti forcaioli, come del resto accade in Colorado e in tutta l’America.
http://www.denverpost.com/2016/12/10/make-no-mistake-brauchler-is-choosing-the-death-penalty/
Più “dilettevole” il caso dell’Oklahoma dove è passata una modifica costituzionale unica al mondo. Gli elettori, dopo alcune esecuzioni particolarmente atroci, hanno deciso che la pena di morte non possa mai essere dichiarata incostituzionale perché “crudele e inusuale” a meno che non lo faccia la Corte Suprema federale: «any method of execution shall be allowed, unless prohibited by the United States Constitution». Quindi “giustiziare” qualcuno tagliandolo a metà con una sega a motore sarà assolutamente costituzionale, almeno in Oklahoma. Sospetto che le due Corti supreme dell’Oklahoma e quella di Washington DC non gradiranno la cosa.
Ben più intrigante e intricata è la proposizione che hanno votato gli elettori californiani. Nel Golden State hanno 740 condannati a morte ma in 40 anni ci sono state solo 13 esecuzioni (al costo di 400 milioni di dollari l’una) così i District Attorneys sono riusciti a far approvare la Proposizione 66 che prevede un radicale cambiamento nel modo di condurre gli appelli capitali. Questi sono stati tolti dalla competenza della Corte Suprema e messi nelle mani delle corti di base, le stesse che hanno fatto i processi. Inoltre i tempi previsti sono stati decurtati e si pretende che avvocati privi di esperienza si occupino dei complicatissimi appelli capitali. Non credo proprio che la Corte Suprema della California e quella di Washington accetteranno che la quarantennale giurisprudenza sull’appello capitale sia ribaltata da un manipolo di DA in fregola elettorale.
http://www.ocregister.com/articles/passed-735184-californians-unfortunate.html#
In tutto questo il Movimento Abolizionista italiano ha brillato per la sua assenza: e non è stato un male, perché un tempo c’erano organizzazioni e personalità che ci mostravano il cammino mentre ora c’è il tedioso chiacchiericcio sulla rituale conta biennale dei fagioli per una moratoria all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Conta biennale che questa volta ha prodotto un grave danno. Il testo che è stato approvato contiene una nuova versione dell’emendamento Singapore, quello che ribadisce la sovranità nazionale dei singoli Stati e che era stato fortunosamente evitato nel 1994, 1999 e 2007. Un emendamento pericolosissimo che può mandare indietro di decenni la lotta per i diritti umani e contro la pena di morte:
The General Assembly «Reaffirms the sovereign right of all countries to develop their own legal systems, including determining appropriate legal penalties, in accordance with their international law obligations».
Ricordo che la prima e migliore risoluzione abolizionista dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite risale al 1968, quando le risoluzioni 2393 e 22394 collegarono pena di morte e tortura.
In Alabama invece la pena di morte è un caso più esoterico che giuridico. Per tentare di comprendere la faccenda occorre partire dalla sentenza Ring versus Arizona che è un pezzetto dell’Apprendi-land, il vasto paese in cui la Scotus stabilisce chi decide cosa fra giuria e giudice. La prima decide sui fatti e il giudice sulla legge, ma ci sono delle eccezioni.
Prima di Ring non tutti gli Stati davano alla giuria, dopo che aveva dichiarato colpevole l’imputato, il compito di decidere della sua eventuale condanna capitale. In alcuni decideva il giudice o un panel di tre giudici, in quattro la giuria forniva una raccomandazione che il giudice poteva ribaltare anche se questa era stata unanime nel salvare la vita del condannato. Da Ring in avanti la giuria decide all’unanimità la presenza di almeno un’aggravante capitale, ma in alcuni Stati non è necessariamente lei a decidere la sorte del condannato.
Con la recente sentenza Hurst, la Scotus ha preso in considerazione il peculiare sentencing della Florida, ma lo ha fatto dopo avere pervicacemente ignorato quello dell’Alabama.
WOODWARD v. ALABAMA http://www.supremecourt.gov/opinions/13pdf/13-5380_08l1.pdf
In Florida anche il giudice decideva l’esistenza di almeno un’aggravante capitale, mentre la giuria lo faceva a maggioranza ma senza esplicitarlo. In pratica, in un 7 a 5, la maggioranza poteva aver pensato a sette diverse aggravanti e il giudice a un’ottava. Con Hurst la Scotus ha messo fine a tutto questo e il Parlamento del Sunshine State ha modificato la legge prevedendo però che la giuria decidesse la condanna (vita o morte) con una maggioranza di 10 a 2.
La Corte Suprema della Florida, che non vedeva l’ora di liberarsi di questa storia, ha dichiarato incostituzionale la nuova legge pretendendo l’unanimità della giuria anche nel sentencing. Allo stesso tempo anche la Corte Suprema del Delaware ha fatto piazza pulita del vecchio sentencing ponendo le basi per lo svuotamento del braccio della morte; anche se questo non significa la fine della pena capitale in quello Stato.
In Alabama tutto tace. La giuria decide all’unanimità l’esistenza di almeno un’aggravante capitale ma non decide la sorte del condannato, limitandosi a fornire a maggioranza una raccomandazione che può essere 7 a 5 per la vita e 10 a 2 per la morte. Il fatto è che il giudice continua a decidere se accettare la raccomandazione o rigettarla e la Scotus non sembra essere minimamente interessata alla faccenda, anche se questa appare essere una chiara violazione dello spirito di Hurst perché quali possono essere le motivazioni del giudice che disapprova quella della giuria se non un suo autonomo fact-finding?
La questione è essenzialmente politica perché i giudici in Alabama sono eletti e non v’è in America un organismo che sia più politico della Scotus.
The Death Penalty in Alabama Judge Override
http://eji.org/reports/death-penalty-alabama-judge-override
How Judicial Elections Impact Criminal Cases
https://www.brennancenter.org/publication/how-judicial-elections-impact-criminal-cases
LE VIGNETTE, scelte dalla redazione, sono di Giuliano Spagnul. (db)