«Walter T.»
Diego Rossi sul fanta-noir (per ragazzi e forse non solo) con Davide Di Lodovico alla parola scritta e Savino Napoleone alle matite
Prima che il Colosseo fosse costruito, nei tempi gloriosi della Roma imperiale, Sallustio – lo storico, il senatore – deve essersi fermato a due passi dal Palatino per riflettere sulle guerre, sul potere, e sulla dura sfida tra Cesare e Pompeo, tanto che alla fine scrisse: «Pochi uomini desiderano la libertà; molti uomini si augurano solo un padrone giusto». Questa citazione viene strappata dai classici per finire aggrappata alla pagina di un romanzo breve.
Davide Di Lodovico alla parola scritta e Savino Napoleone al banco da disegno hanno immaginato. realizzato, dato vita alla storia di «Walter T.» (Lisciani libri: 230 pagine) un noir di fantascienza rivolto ai ragazzi e pubblicato da Lisciani nella collana Black List. Il formato editoriale è vincente, moderno e non può essere che una lettura di avvicinamento, di passaggio: dilata i tempi della graphic novel e pone le basi per un diverso meccanismo narrativo, sfiorando la formula compiuta del romanzo. Il sottotitolo del libro insiste sull’attualità «La dittatura dei Big Data… il virus che contagia la libertà».
Davide Di Lodovico sperimenta, contamina, racconta un’avventura dalla trama complessa. Il clima è quello della più cupa distopia, in cui il lettore è portato a ricomporre i frammenti, in un gioco di ruoli, di avvenimenti tragici e immediati.
«Sono Walter T. Sono morto tanti anni fa… quando la prima versione di me, quella libera, terminò la sua storia in un pomeriggio di luglio, assieme agli amici più cari e fidati. Quel giorno morì ciò che ero, un essere libero. Ma andiamo in ordine. Quando tutto iniziò ero poco più che bambino. Sin dall’inizio, il regime impose un drastico cambiamento a tutti: uomini, donne, bambini, vecchi ecc. Furono istituiti molti divieti, e molte cose, che avevano fatto parte della nostra vita fino al giorno precedente, furono bandite. Ciò significava cambiare modo di comportarsi, di vestirsi, di parlare, di riunirsi, di giocare, di studiare. Uno dei divieti fu davvero duro da accettare per me e alcuni miei amici: il divieto di disegnare, nelle scuole e a casa. Tutte le immagini disegnate presenti nelle città furono rimosse e sostituite con immagini fotografiche o disegnate in modo estremamente realistico, tanto da sembrare delle fotografie. I musei furono spogliati delle loro opere: quadri e sculture furono destinati al rogo e in pochissimo tempo sparirono dalla circolazione. Tutto il nostro sapere stava lasciando il posto ai server, sempre più potenti, sempre più ricchi di dati, sempre più veloci ad elaborarli. Fu così, sfruttando potentissimi algoritmi per immagazzinare quantità infinite di dettagli sulle nostre vite, spesso a nostra insaputa, che si intraprese la strada di una riduzione dei diritti per lasciare spazio alla dittatura delle probabilità.”
Il romanzo centra l’obiettivo di parlare ai giovani perché tratteggia le atmosfere più cupe dei videogiochi di tendenza. Ben si adatta alla imminente uscita di quel «Cyberpunk 2077», atteso entro il 2020 e interpretabile come evento epocale per i gamers di tutto il mondo.
Oltre alle scene di azione presenti in «Walter T.», ai ribaltamenti veloci e laceranti, al contesto noir e allo sfondo di una scrittura stringata e martellante, il punto di svolta è nel saper porre al lettore le domande giuste, calandole e rendendole protagoniste della storia. I pensieri ampi, gli inviti lasciati nelle citazioni in testa ai capitoli e le pause ottenute attraverso la contemplazione delle illustrazioni sono gli elementi che creano un utile cortocircuito, innescando l’interesse della lettura e delineando il ponte verso il rinnovamento, il reboot, la maturità: così preludono e a tratti rappresentano il fascino di leggere.
“In che modo si può prevenire il crimine e migliorare la sicurezza delle nostre città? È possibile conoscere le emozioni e gli umori di un’intera nazione? Le nostre passioni possono minacciare la nostra privacy? Attraverso queste domande si convincevano le persone a fidarsi che il mondo sarebbe stato migliore. La possibilità di agire sulla totalità delle informazioni e non solo su campioni statistici, permetteva di elaborare risposte più veloci, economiche e straordinariamente più precise sul mondo in cui vivevamo e continuiamo a vivere. Ma si trattava di risposte disumane…”
«Walter T.» è lo specchio in frantumi di un futuro incerto che cerca di ricomporsi. L’autore invita, suggerisce, non impone la curiosità, né la densità o la linearità al ragazzo di oggi, che deve costruirli da sé. Ma sono sfiorati temi forti. Dopo questo romanzo di iniziazione il sentiero di un giovane lettore dovrebbe indirizzarsi al meraviglioso Ray Bradbury scovando il racconto dal titolo «L’abisso di Chicago», che prende l’avvio così: “Sotto un pallido cielo di aprile, con un vento leggero che soffiava da un ricordo dell’inverno, il vecchio camminava strascicando i piedi nel parco semivuoto, a mezzogiorno. I suoi piedi lenti erano avvolti in fasce macchiate di nicotina, i capelli erano incolti, lunghi, grigi, al pari della barba che gli circondava la bocca, tremante come fosse sempre sul punto di parlare…”.