Giorgia Meloni e i fascismi dei giorni nostri
Un testo di Francesco Mandarano e la storia di una lapide a Monticello d’Alba. A seguire una nota della “bottega” sulla lotta per la memoria e sui salti mortali – soprattutto in Italia – di chi contesta la cosiddetta «cancel culture»
SCACCO MACCO ALLA SCIAMANA
di Francesco Mandarano
In un Italia piegata dalla pandemia e dove da sempre i programmi scolastici privilegiano la storia antica anzichè quella moderna e contemporanea, la signora Giorgia Meloni, ha avuto l’ardire di far pubblicare l’11 gennaio di quest’anno su un quotidiano di proprietà di Berlusconi, un articolo pieno di inesattezze e di mistificazioni. In tale scritto si è permessa di affermare: «Perchè la strategia di distorcere la verità e poi su queste falsità costruire accuse contro gli avversari politici è buona per i regimi totalitari e liberticidi. E io per rispetto della mia storia e della democrazia, non rimarrò in silenzio a guardare questi metodi utilizzati contro Fratelli d’Italia».
Belle parole, ma soltanto parole, addirittura mistificazioni. Infatti, la signora Meloni è cresciuta politicamente nei gruppi extraparlamentari di destra, che si richiamano apertamente al fascismo e che non riconoscono la Nostra Costituzione.
A questa concezione ideale essa è rimasta sempre tenacemente attaccata. Proprio per tale motivo essa cerca di far dimenticare le sue origini politiche e di manipolare la storia italiana. Non è un caso che nel simbolo del suo partito ci sia la fiamma che arde. Questa fiamma che arde, simboleggia lo spirito di Mussolini e serve ad attirare tutti i nostalgici del fascismo.
Significativo, poi, è che l’articolo della Meloni sia apparso su un quotidiano proprio il giorno 11 gennaio 2021. Proprio il giorno in cui ricorre l’anniversario ella morte di Rodolfo Graziani, personaggio fascista e missino al quale la Meloni è molto legata, avvenuta appunto l’11 gennaio 1955.
A questo signore la Meloni ha fatto dedicare l’11 agosto 2012, ad Affile (*) un monumento-sacrario, costruito con i soldi pubblici.
Per chi lo avesse dimenticato Graziani, non è solo il fucilatore di Partigiani, nonchè il macellaio del Fezzan (Libia) e lo sterminatore del popolo Etiope, ma anche colui che in Libia tra la fine del 1940 e l’inizio del 1941, ha subìto per totale incompetenza militare, una cogente sconfitta da parte degli Inglesi, perdendo un’armata di circa 210.000 uomini.
Questo personaggio è un riferimento ideale per la signora Meloni. Difatti, il giorno della inaugurazione di tale monumento-sacrario c’era ad Affile (Roma) una folta rappresentanza di Fratelli d’Italia, compreso Francesco Lollobrigida, oggi dirigente di primo piano di Fratelli d’Italia.
Da questa iniziativa di omaggio a Graziani e promossa dal sindaco di Affile, iscritto a Fratelli d’Italia, è sorto un processo per apologia di fascismo nel quale gli imputati sono stati difesi non da un avvocato qualunque, ma da Ignazio La Russa.
Gli imputai sono stati comunque condannati per il reato di apologia di fascismo. Questo per la Meloni e per Fratelli d’Italia non è stato un incidente di percorso, ma una precisa scelta ideale e politica. Difatti, la Meloni ha dato ordine a tutte le amministrazioni del centro-destra di intitolare almeno una strada a personaggi fascisti. Così è avvenuto che in tanti Comuni, Almirante (**) ed altri personaggi del regime fascista hanno avuto la loro bella strada.
Emblematico è quello che è avvenuto ad Omegna (Verbania) nel 2019, dove il Comune ha deliberato di intitolare una strada o una piazza al “Duca della Vittoria” generale Armando Diaz. Chi ha fatto questa proposta ha volutamente dimenticato che Armando Diaz non è stato soltanto il vincitore di Vittorio Veneto, ma è stato anche colui che ha aperto le porte al fascismo, convincendo il Re Vittorio Emanuele III che voleva intervenire nel 1922 militarmente contro i partecipanti alla “marcia su Roma”, a non firmare lo “stato di assedio”.
Per questo suo comportamento da vero “patriota”, è stato ricompensato da Mussolini, con la carica di Ministro. In questa veste, ha trovato il modo di far pagare gli squadristi fascisti dallo stato Italiano, istituendo la Milizia per la difesa dello stato, cioè del fascismo.
Ad Omegna l’operazione non è andata in porto, grazie alla mobilitazione dell’ANPI locale e degli studenti dell’Istituto Piero Gobetti, che non hanno accettato che la Piazza davanti al loro istituto che ricorda un martire antifascista, fosse intestata proprio a un ministro fascista. Fedele a questa linea che la signora Meloni definisce “sovranista” ma che bisogna considerare neofascista, essa ha stretto legami in tutta Italia ed in Europa con i gruppi neofascisti, che non solo non solo non ha mai condannato per le loro intemperanze, ma che più volte ha giustificato. Non contenta di difendere i neofascisti Italiani la Meloni ha stretto legami internazionali con la destra neofascista Europea a cominciare da Orban, leader dell’Ungheria, dove la democrazia è andata in vacanza e non si sa se e quando ritornerà.
Come se questo non bastasse, Meloni è andata negli Stati Uniti d’America, ove ha stretto legami con gruppi politici più oltranzisti di Trump, che a lei sembra un moderato. Stando così le cose la signora Meloni, nel suo partito, premia chi definisce i Partigiani «vigliacchi e assassini» e in politica estera vorrebbe ritornare agli stati europei, “l’uno contro l’altro armato”.
Questo è il ritratto di una leader politica, che a parole parla di democrazia ma che in realtà guida il suo partito con pugno di ferro, pretendendo da tutti i suoi iscritti obbedienza assoluta e assenza di critiche al suo operato.
Per di più fa sempre dei discorsi generici, senza entrare nel merito delle questioni da risolvere. In compenso l’unica idea “eccellente”, che ha lanciato negli ultimi anni è quella di armare la flotta militare Italiana e inviarla contro gli immigrati Africani.
Operazione completamente superflua: gli immigrati, infatti, se non vengono soccorsi, muoiono da soli!
Quando, poi, la signora Meloni parla di “invasione da parte dei popoli Africani della nostra penisola” farebbe bene a tener presente che ci viene in Italia sui barconi, quasi sempre scappa dalla fame e dalle guerre ed, inoltre, a ricordarsi che la vera “invasione”, militare con grande impiego di truppe e di mezzi ed armamenti, dell’Africa, in particolare dell’Etiopia, l’abbiamo condotta noi Italiani dal 3 Ottobre 1935, impiegando anche i gas vietati dalle convenzioni internazionali sottoscritte dall’Italia negli anni precedenti. Quegli italiani, abbagliati dalla propaganda fascista del “posto al sole” erano guidati sia da Badoglio che dal suo idolo Graziani. In quel momento l’Italia ha raggiunto il punto più basso della sua storia. La signora Meloni, una volta di nuovo al governo, farebbe peggio, molto peggio dei suoi antenati ideali e politici.
Francesco Mandarano
(*) Del sacrario, o meglio «schifezzario» di Affile qui abbiamo scritto più volte. Tutta l’operazione Graziani fu gestita dalla giunta regionale allora guidata da Renata Polverini e sospinta dalla Meloni. Vale aggiungere che Francesco Mandarano è autore di un bel libro – «Onoriamo un traditore» – su Rodolfo Graziani del quale riparleremo presto.
(**) Anche delle infamie di Giorgio Almirante e dei tentativi di riabilitarlo abbiamo parlato più volte in “bottega”.
UNA LETTERA DI FAUSTO CASSONE
Leggo sempre con interesse le vostre pubblicazioni che portano argomenti interessanti e consone al mio pensiero. Vorrei porvi un quesito che qualche tempo fa avevo indirizzato All’ISTORETO di Torino senza avere risposta. Avrei piacere di sapere se può ancora essere esposta in luogo pubblico e specialmente accanto a un Edificio Comunale della Repubblica Italiana una lapide fascista in marmo datata 18 novembre 1935. Per la precisione si tratta della Casa Comunale di Monticello d’Alba (Cuneo). Ringrazio per l’ospitalità e porgo saluti antifascisti.
LA RISPOSTA DELLA “BOTTEGA” A FAUSTO CASSONE E UNA VELOCE RIFLESSIONE (ma con molti link) SULLA COSIDDETTA «CANCEL CULTURE»
La Costituzione italiana è antifascista e almeno due leggi specifiche vietano la propaganda fascista. Dunque la risposta a Fausto Cassone è semplice: quella lapide va tolta. Questo in teoria. Nella pratica dipende dalle amministrazioni, dai menefreghismi, dalle diverse interpretazioni dei tribunali (alcuni hanno considerato un reato il saluto fascista e altri no, tanto per fare un esempio) e in definitiva dai rapporti di forza nella società italiana. Sul groviglio di problemi legati alla lotta per la memoria (anche toponomastica o nei musei) abbiamo scritto più volte. E nell’articolo Berlino: anche nelle vie la lotta per la memoria (2 dicembre 2020) ricordavamo che chi volesse recuperare informazioni, proteste, proposte e riflessioni può partire da questi 7 post: Statue e monumenti: crimini, oblio, senso comune, #BlackLivesMatter, la Storia, i Washington Redskins…, Fantasmi coloniali e schiavitù di oggi, Guerre, monumenti e criminali, Città: rivolta contro i nomi infami, I vincitori scrivono la storia, non la verità e Statue e lapidi: celebrare i boia
Per quel che riguarda l’Italia a parte la vergogna di Affile con lo “schifezzario” per il criminale Rodolfo Graziani e il “caso” della vernice a Milano contro la statua di un giornalista-soldato che fino all’ultimo si è vantato dello stupro di una minorenna africana (Indro Montanelli) segnaliamo: Nomi infami: a Ragusa fanno così, Reggio Calabria e il Coniglio Mannaro: perché l’aeroporto non deve essere intitolato ad un fascista, C’è una Catania che non onora Giorgio Almirante…, «Aeroporto di Cagliari-Elmas “Antonio Gramsci”» e Imola: davanti alla statua di un fascista…
Roma aspetta ancora una piazza (o un busto) per Andrés Aguyar mentre a Bologna la targa promessa per Reuf Islami è finita nel “dimenticatoio” istituzionale: sia mai che ricordare un operaio immigrato morto sul lavoro sollevi qualche interrogativo su chi siano assassini e complici.
E ancora abbiamo letto, pochi giorni fa, due notizie interessanti su quel che sta accadendo in Germania: la diocesi cattolica di Eichstatt in Baviera si scusa per i roghi a 400 anni di distanza (cfr Una caccia alle streghe senza fine) mentre Con il castello dei re prussiani Berlino ripensa il proprio passato ovvero un architetto italiano ha progettato uno spazio che colloca l’edificio restaurato in un complesso dedicato alla memoria per ricordare la ferocia del periodo coloniale.
Tutto questo però non appassiona i cosiddetti grandi media italiani o le istituzioni che, per restare a un esempio recente, fingono di non capire quanto sia grande la vergogna della Biblioteca nazionale che celebra un criminale fascista come uno statista (cfr Pino Rauti: «attivo, creativo». E per inciso fascista). La maggior parte dei cosiddetti intellettuali si sdegnano perchè la «cancel culture» vorrebbe re-interpretare il passato e sembrano confondere un monumento a Hitler (o a uno schiavista statunitense) con un fattarello locale: davvero ci credono? O sono così ignoranti da non sapere che la lotta per la memoria da sempre ci impegna tutte e tutti ogni giorno? Si tratta – al solito – di capire da che parte stare: in difesa degli orrori del passato o dalla parte di chi si oppose?
Sul ruolo fondamentale che per la memoria antifascista hanno le intitolazioni a vie, piazze, teatri, e ogni altro luogo pubblico, è stato fatto alcuni anni fa a Ronchi dei Legionari un convegno da cui è nato il libro “RONCHI DEI PARTIGIANI. Toponomastica, odonomastica e onomastica a Ronchi e nella ‘Venezia Giulia’” ( (Kappa Vu edizioni, 2019) Il convegno partiva dalla contestazione del nome della cittadina, che durante il fascismo aveva visto aggiungere all’originario Ronchi, le parole “dei Legionari”, in “omaggio” alla cosiddetta impresa fiumana dei legionari di D’Annunzio che da Ronchi sarebbero partiti. Tuttavia mentre nessun ronchese fece parte dei legionari, sono stati molte centinaia i partigiani del territorio del comune di Ronchi. Da questo spunto iniziale nel libro si estende il ragionamento a tutta Italia sull’importanza della toponomastica nella memoria storica, e di come la mistificazione storica passi attraverso questo strumento. Riporto la scheda di presentazione:
«Una proposta politica, una provocazione culturale, un’occasione di analisi storico-sociale.
Con i nomi si possono creare un immaginario e perfino un’epica e una mitologia.
L’analisi dei nomi dei luoghi e della loro storia è quindi un’arma utile che può trasformarsi in disciplina militante. Un sapere che non serve solo a conoscere ma a prendere posizione. In una parola ad essere Partigiani.
In questo libro – che contiene gli atti del convegno «Di cos’è il nome un nome?» La toponomastica
a Ronchi e nella “Venezia Giulia” tra imposizione e mistificazione tenuto a Selz di Ronchi dei Legionari / dei Partigiani (GO) il 14 giugno 2014 – troverete una proposta politica, una provocazione culturale, un’occasione di analisi storico-sociale per la dignità di queste terre e dei suoi abitanti e contro il fascismo.
Perché la storia non dorma.
Con i contributi di: Marco Barone, Luca Meneghesso, Boris Pahor, Maurizio Puntin, Alessandra Kersevan, Piero Purich, Wu Ming 1, Silvano Bacicchi, Miro Tasso, Claudio Cossu.»
Ringrazio la Bottega del Barbieri per aver preso in considerazione una mia perplessità storica.
Quando ho scoperto la targa marmorea presso un edificio pubblico ho erroneamente ritenuto si trattasse di un raro reperto fascista bandito ex lege. Al contrario, controllando l’argomento su internet, risulta che in molte città sparse in tutta l’Italia siano ancora presenti e ben conservate lapidi identiche a quella da me segnalata anche su edifici pubblici quasi si trattasse di un orgoglio civico. Mala tempora….
Grazie per queste informazioni essenziali e vitali. Per la storia anche recentissima sembra che soffriamo tutt* di Alzheimer purtroppo.
Cosa e come fare per farlo capire a chi è pronto a votare i partiti fascisti. Come mai che, se il fascismo è fuorilegge in Italia, possono sedere in parlamento dei/delle rappresentant* come chi è di FI e lega (almeno salviniana se non si vuole mettere tutta la lega nello stesso sacco… anche se io non credo sia da fare una distinzione).
Perché non si applica la legge per loro?
Stiamo anche tutt* ora a commentare i giochi di potere al parlamento e governo, a chiederci se si andrà o meno a elezioni… commentare come se fosse una gara sportiva… ma non sarebbe il caso di concentrarsi sull’educazione politica delle persone, sulla formazione storica e semplicemente mentale (per insegnare a riflettere anche).
Risolvere il problema alla base: che non ci siano persone che vogliono votare per i fascisti. Questo il punto perché finalmente abbiamo i politici che ci meritiamo se li votiamo noi! Oppure dobbiamo andare avanti fino che tutto il paese tocchi i fondo sperando che risalga a gallo prima di affogare definitivamente nel fango fascista mortale?
Un intervento di Francesco Mandarano (e un PS della “bottega”)
– AD OGNUNO IL SUO –
Il giorno 19 febbraio 2021 un professore dell’università di Siena, durante una trasmissione radiofonica, ha proferito delle parole offensive a sfondo sessuale, nei confronti di Giorgia Meloni, segretaria del partito Fratelli d’Italia.
Da non violenti pacifisti convinti e da progressisti, quali siamo, prendiamo le distanze da qualunque linguaggio offensivo proferito nei confronti di chicchessia. Siamo convinti che la civiltà di un Popolo si misura anche dal linguaggio non offensivo, che viene usato da un cittadino nei confronti di un altro cittadino. Il linguaggio sereno e pacato si deve estendere a tutte le sfere sociali: culturale, politica e sessuale. Del resto è nostra ferma convinzione che un “non violento” deve essere tale anche nel linguaggio. Questa scelta deve essere effettuata non solo per rispetto della controparte ma soprattutto per rispetto di sé stessi.
Sulla base di queste premesse rimaniamo colpiti ed addolorati quando su una sciarpa di una squadra di calcio di serie “A” riscontriamo la seguente scritta: “Juve ti odio”. Qualunque siano i “peccati” juventini, non si può odiare per motivi sportivi! Dal nostro punto di vista bisognerebbe sempre fare il proprio lavoro con passione e serietà, senza mai odiare nessuno. In altri termini bisogna sforzarsi per essere sereni e costruttivi, senza mai offendere nessuno. Ricordiamo ai nostri lettori che si può essere incisivi ed ironici, senza mai offendere nessuno. Parimenti, ci teniamo a sottolineare che il linguaggio offensivo non riguarda soltanto la sfera sessuale, ma può riguardare qualunque aspetto della personalità e dell’interlocutore: ideale, culturale, politico.
In definitiva, possiamo affermare che si può offendere una persona apostrofandola col termine “vacca”, ma si può offendere anche chiamandola “imbecille” o “sporco negro”.
Da non violenti pacifisti, quali siamo, prendiamo le debite distanze da qualunque linguaggio offensivo. Nel contempo, però, essendo liberi pensatori, abbiamo l’obbligo morale di guardare una vicenda da tutti i punti di vista e di esprimere il nostro pensiero a chi ha la cortesia di leggerci e di farci anche delle osservazioni critiche. La prima considerazione che bisogna fare è che questa trasmissione radiofonica, durante la quale la Meloni è stata offesa è avvenuta venerdì 19 febbraio 2021, ricorrenza del ferimento di Rodolfo Graziani, vicerè dell’Etiopia, ad Addis Abeba, avvenuto appunto il 19 febbraio 1937, ad opera di partigiani Etiopi.
Quanti, oggi, in Italia sanno dell’aggressione coloniale condotta in Etiopia dal fascismo a cominciare dal 3 ottobre 1935. Quanti sanno che i militari italiani, e specie le camicie nere, per precise indicazioni di Mussolini, trattavano le donne del posto come schiave. Di questo si dovrebbero ricordare i neofascisti di oggi. Quanti sanno che tra i civilizzatori italiani c’è stato il “grande”, Indro Montanelli che ha avuto una sposa bambina, di appena 12 anni, che al momento opportuno “ha ceduto” ad un generale. Di questa bambina che per noi era una persona, il nostro “eroe” parla con espressioni poco condivisibili, definendola un “animaletto docile”.
Quello della sposa-bambina non è il solo peccato dell’ “intellettuale” Indro. Egli è arrivato persino a negare che gli Italiani hanno usato in Etiopia i gas venefici, vietati dalle convenzioni internazionali.
Prendendo lo spunto dall’episodio della Meloni, sarebbe il caso di avviare una riflessione a tutto tondo sulla condizione della donna nei secoli passati e vedere quali correnti di pensiero Le hanno valorizzate e quali forze politiche Le hanno costrette a non prendere parte attiva alla vita culturale e politica di un popolo. A tal riguardo, la prima riflessione che bisogna effettuare è che la donna è stata per secoli relegata ai lavori domestici ed alla procreazione. I due pilastri di questa concezione che relegano la donna ad un ruolo subordinato sono stati le monarchie e la chiesa cattolica.
Per le monarchie europee la donna poteva al massimo aspirare al ruolo di cortigiana. Parimenti per la chiesa cattolica, la donna doveva alleare i figli e nell’organizzazione ecclesiastica ha avuto sempre un ruolo molto, ma molto secondario.
Soltanto nell’ottocento con l’arrivo delle teorie marxiste, la donna ha assunto, tra mille difficoltà un ruolo più rilevane. In particolare, durante la Lotta di Liberazione le donne hanno dimostrato le loro capacità politiche e militari.
In virtù di tale loro impegno, da un lato le donne hanno avuto il diritto di voto e dall’altro sono state elette in Parlamento. Questo è il pensiero dei progressisti per quanto riguarda la questione femminile. La Meloni è invece collegata idealmente alle donne naziste scelte da Hitler per procreare e creare la “razza superiore”, senza che la “loro volontà” al riguardo, venisse mai presa in considerazione.
Del resto l’ispiratore ideale di tutta la politica della Meloni, Benito Mussolini, ha sempre considerato le donne come un oggetto da usare, poi, buttare via. Non migliore riguardo nei confronti delle donne hanno mai avuto i nazisti dal 1940 al 1945 in Francia o nei paesi dell’Est Europeo: le violenze sulle donne erano all’ordine del giorno. Se, poi, guardiamo l’alleato Giapponese, c’è da rabbrividire. Milioni e milioni di donne violentate in Corea, Manciuria e Cina.
Il paese ideale sognato dalla Meloni è l’impero di Carlo Magno: al quale negli anni scorsi la stessa ha dedicato una festa! Il personaggio di Carlo Magno, violento e guerrafondaio è di per sé poco raccomandabile, ma quello che è più grave è che egli ha sancito l’unione del trono con l’altare. Connubio dal quale i popoli non hanno mai tratto alcun beneficio.
Oggi il paese ideale della Meloni è la Polonia: c’è l’unione della chiesa cattolica con il potere politico, esercitato da due partiti entrambi neofascisti, ma non c’è nessun diritto per il Popolo e tanto meno per le donne!
Non possono neanche abortire!
Per quanto riguarda gli esponenti di Fratelli d’Italia, Giovanni Donzelli e Francesco Torselli, che si sono lamentati del linguaggio usato dal professore di Siena nei confronti della Meloni, c’è da dire che essi fanno parte della nidiata dei neofascisti, cresciuti all’ombra di Achille Totaro, provocatore neofascista di provata fede, che per oltre 30 anni ha insultato i Partigiani e la Resistenza. Per queste persone i Partigiani sono “vigliacchi ed assassini” frasi che essi ripetono in ogni occasione.
I loro ideali sono i “franchi tiratori Fiorentini”, cioè coloro che durante la battaglia di liberazione di Firenze, sparavano dai tetti alle persone che erano in fila a prendere l’acqua alle fontane pubbliche. Questi “franchi tiratori” non difendevano l’Italia bensì Hitler. Questi esponenti politici neofascisti che chiedono provvedimenti disciplinari contro il professore di Siena, sono gli stessi che ogni anno rendono omaggio ai caduti di Salò: vengono retribuiti dallo Stato Italiano, ma esaltano la repubblica fantoccio di Salò! C’è un’Autorità in grado di intervenire!
Se è vero che nessuno deve essere offeso, è altrettanto vero che non devono essere offesi i Partigiani, che hanno fatto l’Italia. La stampa “libera” è in grado di chiamare le cose con il loro nome: la Meloni conduce da anni un’opera capillare di riabilitazione del fascismo e del nazifascismo. Come se la vergogna del monumento al criminale di guerra Rodolfo Graziani, costruito ad Affile (Roma) negli anni scorsi non fosse sufficiente, si è aggiunta di recente “l’opera gloriosa” di un assessore della Regione Veneto di Fratelli d’Italia, che ha cantato su una TV privata la canzone “faccetta nera”. In nessun altro paese europeo sarebbe possibile esaltare il fascismo ed il nazifascismo. Oggi viene esaltata l’impresa coloniale fascista da parte di un esponente politico pagato dallo Stato Italiano. Di questa “impresa” si conquista di un altro popolo gli Italiani dovrebbero vergognarsi, in quanto in Etiopia hanno provocato circa 500.000 morti, secondo fonti Etiopi, hanno operato la segregazione razziale ed hanno schiavizzato le donne.
E’ giunto il momento di rispettare la Costituzione: il neofascismo deve essere proibito in tutte le sue espressioni!
Francesco Mandarano (pacifista non violento)
UN PS DELLA “BOTTEGA”: la redazione ringrazia Francesco e si scusa se il suo intervento stavolta finisce fra i “commenti” (comunque molto letti) anzichè fra gli articoli o post che dir si voglia. Ovviamente abbiamo problemi di spazio – ma anche di rubriche fisse e di “alternanza” dei temi – e siccome 6 post al giorno ci sembrano tanti … a malincuore siamo costretti di continuo (e sempre più) a scegliere e a sacrificare qualcosa. Le scuse vanno a molte altre persone che spesso ci inviano notizie, analisi, riflessioni o appuntamenti interessanti; il nostro invito è a usare di più lo spazio dei “commenti” (ovviamente se qualcuna/o non sa come funziona ci scriva e lo spieghiamo: mettere commenti è semplicissimo e noi non censuriamo… esclusi fascisti e odiatori).
Consiglio assai «Padri, figlie e fratelli (d’Italia) – Note sull’autobiografia di Giorgia Meloni»
di Franco «Bifo» Berardi
LO TROVATE QUI: https://not.neroeditions.com/padri-figlie-e-fratelli-ditalia/