Tra buone e cattive notizie dovrebbero vincere le notizie
di Gianluca Cicinelli
Il giornalismo è tante cose, non tutti i giornalisti siedono alla tavola del potere e alcuni si sono radunati nel movimento Mezzopieno, un movimento internazionale di persone che pensano che il mondo non debba essere cambiato ma vissuto con coraggio ed entusiasmo. Viene da sorridere, certo, per tanto ottimismo espresso da ricercatori, docenti, imprenditori, giornalisti, artisti e associazioni che credono negli esseri umani e nel mondo, nella capacità di creare bellezza e armonia e nella forza della positività e della collaborazione. La loro utopia, espressa tramite una petizione lanciata su change.org, è di dare uguale spazio nei giornali e telegiornali all’informazione positiva, alle buone notizie e alla capacità del mondo e delle persone di costruire migliorando. Difficilmente farò parte di questa corrente di giornalismo, eppure come accade più spesso di quanto crediamo ci s’incontra per dei tratti di strada e uno di questi è costituito dalla loro ultima ricerca che merita attenzione. Visto che si occupano di buone notizie hanno fatto una ricerca su quasi 3 mila titoli delle prime pagine di 5 tra i principali quotidiani, analizzati tra maggio e luglio 2020, il 40 per cento aveva valenza negativa e solo il 23 per cento positiva.
La ricerca parte dalla rappresentazione che gli utenti fanno delle notizie lette. La dottoressa Marta Casonato, che ha coordinato la ricerca per il movimento, ha riassunto i dati emersi sulla preponderanza della percezione negativa delle notizie. 2.798 i titoli presi in considerazione. Corriere della Sera, Repubblica, La Stampa, Avvenire, Il Fatto Quotidiano sono stati i quotidiani sotto esame. Il totale è stato di 47 giornate di stampa osservate e 229 prime pagine analizzate. Prevale come detto la percezione negativa per il 40% dei titoli, il 23% soltanto è stato considerato con valenza positiva e il 37% neutro. Il record di titoli positivi spetta al quotidiano della Cei L’Avvenire, La Stampa invece primeggia per titoli negativi. Abbastanza bilanciati secondo la ricerca sono Repubblica e il Corriere della Sera mentre Il Fatto Quotidiano ha meno notizie positive in assoluto e il maggior numero di notizie neutre o ambivalenti. Naturalmente le cosiddette “buone notizie” si trovano principalmente nelle pagine culturali dei giornali e, a sorpresa, non è la cronaca a detenere il primato delle notizie cattive ma sono le sezioni politica ed esteri.
“L’eccessiva attenzione alle notizie negative e il ricorso ossessivo alla lamentela e alla spettacolarizzazione della sofferenza sono fenomeni che coinvolgono largamente i media, ma che non rispecchiano la variegata moltitudine della realtà – commenta Luca Streri, fondatore del Movimento Mezzopieno –. È per questo che dal 2018 portiamo avanti la Campagna nazionale sulla parità di informazione positiva, un’iniziativa per spingere i media a fare giornalismo costruttivo e riflettere, insieme ai professionisti dell’informazione, su come contribuire ad un’informazione più libera da condizionamenti e negatività, al servizio delle soluzioni e del bene comune”. Il problema che sarebbe interessante sviluppare in un dibattito con i colleghi del Movimento Mezzopieno è però relativo a un altro punto d’osservazione, che scaturisce dal lavoro mio e di molti colleghi dopo un discreto numero di anni sul campo: le notizie riportate rappresentano fedelmente quanto accade nel Paese? In buona sostanza, senza nulla togliere alla ricerca, che porta a chiederci come vengono scelte le notizie nelle redazioni, i titoli dei giornali rappresentano quanto accade nella società oppure no?
“L’obiettivo dello studio è stato valutare la percezione dei lettori sull’influsso che i media hanno nel creare la loro percezione della realtà – spiega Marta Casonato – Questa influisce significativamente sul modo di vedere il mondo, sulla fiducia e dunque sullo stato d’animo del lettore e sulla sua capacità di costruirsi opinioni obiettive e consapevoli, attenuando o amplificando la conflittualità e il senso di appartenenza nei confronti della società”. Casonato anticipa poi che è in corso la seconda parte della ricerca, che riguarderà un confronto con i giornalisti che producono l’informazione sui media. La tesi di partenza è che le percezioni di chi fa informazione e di chi la fruisce sono diverse e producono impatti diversi sull’impatto sociale del circuito giornalistico. Il problema centrale però resta irrisolto e propongo agli analisti del movimento Mezzopieno una provocazione.
La questione dell’equilibrio tra notizie buone e cattive torna spesso a galla. Il giornalismo si basa sui fatti. O così dovrebbe essere, facciamo finta che sia così davvero. Un giornale quindi deve riportare i fatti che accadono. Alcuni di questi saranno negativi e altri positivi, non si può decidere prima a meno che non ci sia una volontà editoriale precisa che diventerebbe però una sorta di censura verso alcune notizie a scapito di altre. Pretendere che l’informazione si barcameni in maniera equilibrata tra notizie che inducono al pessimismo e altre che sprizzano ottimismo rischia di diventare una manipolazione dell’informazione dagli effetti altrettanto nefasti che privilegiare sangue e dolore sui giornali. Inoltre il problema che si pone è che i giornalisti fanno gli articoli, ma sono composizioni e titoli dei quotidiani che danno la percezione del rapporto di quel giornale con la realtà, quindi è un’operazione editoriale che riguarda le proprietà dei giornali e non il singolo redattore. I lettori però secondo Mezzopieno vorrebbero più buone notizie, e questo secondo me è un ottimo spunto per rifondare l’informazione con una sorta di alfabetizzazione del lettore su ciò che accade nella società e come viene raccontato.