Patricia «madonnara» e contro i missili che…
… nell’agosto 1985 rischia l’arresto per aver manifestato a Comiso
di Chief Joseph
Quando arrivai a Roma per la prima volta, nell’ottobre del 1983, la prima cosa che mi colpì furono i mendicanti. Non ne avevo mai visti così tanti. Non ero mai andata tanto a sud da sola. Perfino la luce mi sembrava strana, gli alberghi non si trovavano, e strane persone alla stazione che ti offrivano ospitalità. Fu un periodo assai duro. Ho passato buona parte dell’inverno alle prese con problemi di alloggio, poi ho incontrato Kurt Wenner che, allora, viveva qui e che mi sembra abbia elevato molto il livello del disegno su strada. Patricia Melander
LA SUA STORIA
Patricia Melander, nata a Liverpool nel 1949, rappresenta un mondo a sé nella variegata galassia dei Madonnari. Infatti è impegnata socialmente e non ha nessuna difficoltà a schierarsi anche sui problemi che dividono la gente, pur avendo vissuto per molto tempo sulla strada.
Patricia è una donna dolce, e disponibile, ma la sua sensibilità sfocia in una durezza granitica quando si tratta di difendere i princìpi, o di mettersi dalla parte dei più deboli.
Viene a Grazie per la manifestazione ferragostana dei Madonnari la prima volta nel 1982 e partecipa – compatibilmente con la giustizia italiana – con una certa assiduità. L’ultima volta si presenta nel 1994. Nel 1982 la sua prima partecipazione. Nel 1985 rischia di essere arrestata mentre dipinge sulla piazza di Grazie perché aveva manifestato contro l’installazione dei missili a Comiso. L’intervento delle autorità locali riuscì a procrastinare l’intervento ma nella notte del 14 e 15 agosto venne prelevata nelle scuole, dove alloggiava con altri Madonnari. Fortunatamente la mattina successiva riapparve, pimpante e combattiva come sempre.
Ho cominciato facendo piccoli lavori, imparando molto da sola, viaggiando, passando molto tempo nei musei, guardando i lavori degli altri pittori e osservando come lavoravano, ma non ho mai avuto un maestro che si occupasse in particolare di me. Ho lavorato per del tempo con Kurt Wenner, preparandogli gli sfondi e le cornici con altre persone, perché i suoi lavori sono enormi.
Fare il pittore di strada è una grande esperienza, ma è molto duro. Non sopporto quando mi dicono se è stato il mio ragazzo a fare il dipinto. Sono contenta, invece, se mi dicono che gli piace il dipinto. Normalmente eseguo opere che richiedono un giorno di lavoro. A volte, sui più grandi, lavoro anche tre giorni, li tengo poi al massimo cinque o sei giorni coprendoli con la plastica durante la notte o se piove, poi sento la voglia di cominciarne uno nuovo. La gente che passa, spesso, ti racconta i suoi problemi, oppure ti domanda chi sei, e, generalmente, è molto cortese. La strada è un bel posto per stare. La Polizia, spesso, è tollerante e amichevole – almeno a Roma – ma la pittura su strada non è permessa nelle piazze principali come Piazza di Spagna o il Pantheon, o in tutti gli altri luoghi turistici della città. È consentita in certe vie se i negozianti non protestano. Una volta, a Natale, fui allontanata da una piazza perché un gioielliere chiamò la polizia. Comunque, un paio di volte gli stessi poliziotti mi hanno messo dei soldi nel cappello. In Italia c’è il pubblico migliore che abbia mai visto. Quando il 14 e il 15 agosto 1982 sono andata a Grazie per il festival, ho parlato con gli organizzatori, e loro credono, come credo io, che bisogna creare una qualche organizzazione per i pittori di strada. Patricia Melander
UN CASO POLITICO
Nonostante nel 1985, a Grazie, la Madonnara inglese fosse stata “momentaneamente” rilasciata su di lei pende un decreto di espulsione. Nasce un movimento di sostegno e viene inviata una lettera all’allora ministro degli Interni, Oscar Luigi Scalfaro: Egregio Ministro, i firmatari del presente documento protestano contro l’ordine di espulsione emesso nei confronti di Patricia Melander dalla Prefettura di Ragusa il 9 aprile 1985.
Essi ritengono tale provvedimento lesivo dei princìpi di libertà e democrazia garantiti dalla Costituzione italiana, poiché si impedisce la libera circolazione di Patricia, pur non sussistendo nessuna motivazione plausibile. L’unica accusa che le viene mossa è di aver manifestato solitariamente e in forme non violente contro l’installazione dei missili a Comiso. Attualmente la Melander ha necessità di restare in Italia per continuare la sua attività riconosciuta meritevole di tutela dal Ministero per i Beni Culturali e Ambientali. Patricia ha intenzione di rimanere in Italia col pieno riconoscimento della libertà di movimento che è diritto di ogni appartenente alla Comunità Europea.
Chiediamo perciò la revoca immediata del suddetto provvedimento di espulsione.
AUTORITRATTO
Un significativo autoritratto di Patricia Melander esce dalla lettera che lei invia, il 9 gennaio 1993, a Cesare Spezia (coordinatore dei Madonnari).
Ciao Cesare, mi dispiace scrivere così tardi, ma ho perso il questionario che mi hai dato in estate. Non so se sarà utile, ma comunque, ricordandomi alcune delle questioni, ti scrivo un piccolo resumé. Mi hai chiesto della mia famiglia. Ho lasciato la mia casa giovane, sono stata triste e non andavo d’accordo con i miei genitori. Già a 16 anni andavo via da scuola, e a 17 sono partita proprio. Vivevo in Francia, ma viaggiavo: Spagna, Allemagna, Svizzera. Ho vissuto per 3 anni con un uomo francese e ho avuto una ragazza, Aima, e così mi sono fermata in Francia. Ho cominciato a pitturare subito. C’è stato il sessantotto e la vita in Francia era molto turbolenta, c’era molta repressione. Ho lasciato l’uomo con cui vivevo e sono partita con mia figlia. Vivevo della pittura in strada, ma proponevo quadri nei caffè o in strada. Spesso ho dovuto passare la notte al Commissariato. Vivevo molto anche al sud della Francia, in una comunità agricola, nelle case occupate, ecc. Cercavo una vita meno materialistica e non sapevo se l’avevo trovata.
Sono venuta per la prima volta in Italia negli anni ’80. Volevo abitare solo a Roma, dove ho vissuto di murales, una vita dal volto duro. Vivevo un giorno con gente ricca (quella che mi pagava i murales) e l’altro sulla strada e in case occupate. In questo periodo ho incontrato tanti pittori e la mia pittura è diventata più interessante. Sono venuta alle Grazie. Ho studiato nei musei. Amavo l’arte: non era solo un modo di guadagnarmi la vita, ma proprio una passione. Ho perso contatto con l’Inghilterra e per 15 anni sono stata lontana dal mio Paese e non mi sentivo più inglese, non mi restava nulla di questo.
Negli anni ’82 e ’83 avevo deciso di andare verso il sud dell’Italia. Ero lontano anche da mia figlia, che vive in una comunità rurale in Francia, tranquillamente. La mia vita, invece, era avventurosa e girovagando di continuo dovevo mettere insieme la pittura, il viaggio, la creazione e il sociale. L’inverno lo passavo a lavorare nel sociale: occupazione di case, movimento contro la repressione, ad esempio, le donne “battute” (picchiate), movimento per la pace, ecc. Vedevo la mia vita proprio con questi due bisogni: creare, lavorare nel sociale, fare qualche cosa!
Andando in Sicilia mi sono messa, con passione, con la gente che cercava di cambiare le cose e mi sono subito sentita a casa mia: mi sono fatta tanti amici e poi mi sono messa a fare politica, quella che mi è costata cara. Sono stata espulsa a causa di una manifestazione (non violenta) contro i missili. È stato uno shock trovarmi, nel gennaio del 1986, all’aeroporto di Londra. Ci ho messo un anno per rimettermi. Poi ho deciso di ristrutturare la mia vita. Credo che la mia vita fosse diventata pericolosa e che, fondamentalmente, avevo bisogno di sicurezza e di pace, e anche di sviluppare tutte le cose che avevo imparato in tanti anni di viaggio.
Sono ritornata all’Università, sempre coinvolta in politica con movimenti anarchici e di sinistra. Mi sono laureata con una specializzazione in lingua francese. Partivo ogni anno per viaggiare tre mesi: in Francia, in Italia, non mancando mai le Grazie. Però la mia situazione in Italia era quella della latitanza e sono stata arrestata due volte ed espulsa. Il mio caso è stato al Parlamento Europeo, però non è stata trovata una soluzione.
Pitturare qui in Inghilterra è stato meraviglioso per alcuni anni. Andavo in piccole città fuori Londra. Era una novità e guadagnavo bene, ma, negli ultimi due anni, a causa della recessione e a causa della presenza di tele molto grandi e spettacolari, la gente dona poco. Ho cominciato l’anno scorso a fare ritratti. Ho uno studio qui a Londra dove abito da sette anni. Ho riallacciato i legami con mia figlia, ma non sono riuscita a partire per vederla perché c’è molto lavoro da fare. Ho cominciato il dottorato in Francese all’Università, dove lavoro a tempo parziale insegnando francese. Sto anche svolgendo un’attività di alfabetizzazione, cioè insegno a leggere e a scrivere ad adulti. E questo lo faccio in un quartiere di lavoratori a Londra. Dunque sono ritornata verso il sociale, quello che è necessario per restare sani.
Londra è una città dove i sogni possono facilmente dissimulare, è una città dove chi deve crearsi un modo di vita più umano per non essere inghiottito, lo può fare. Vivo, adesso, con una mia amica e credo di essere riuscita a trovarmi uno spazio qui.
PENSIERO FINALE
È affascinante avere un pubblico mentre lavori, e io lavoro molto meglio proprio per questo, ma è difficile trovare la chiave giusta per lavorare. A volte ci vuole del tempo per trovare la sensazione in sintonia con il pubblico. Spesso ho questo problema. Dipingere per strada è come recitare, bisogna prendere in considerazione il pubblico. Patricia Melander
In altre parole bisogna trovare una forma di relazione con chi dovrà giudicare il Madonnaro attraverso il dipinto. Solo con l’amore si potranno ricevere risposte. Infatti l’amore mette in gioco quell’inestricabile miscuglio di ragione e sentimento, di cuore e cervello che sancisce il rapporto con l’altro attraverso la realizzazione di ciascuno di noi.
MA COSA SONO LE «SCOR-DATE»? NOTA PER CHI CAPITASSE QUI SOLTANTO ADESSO.
Per «scor-data» qui in “bottega” si intende il rimando a una persona o a un evento che il pensiero dominante e l’ignoranza che l’accompagna deformano, rammentano “a rovescio” o cancellano; a volte i temi possono essere più leggeri ché ogni tanto sorridere non fa male, anzi. Ovviamente assai diversi gli stili e le scelte per raccontare; a volte post brevi e magari solo un titolo, una citazione, una foto, un disegno. Comunque un gran lavoro. E si può fare meglio, specie se il nostro “collettivo di lavoro” si allargherà. Vi sentite chiamate/i “in causa”? Proprio così, questo è un bando di arruolamento nel nostro disarmato esercituccio. Grazie in anticipo a chi collaborerà, commenterà, linkerà, correggerà i nostri errori sempre possibili, segnalerà qualcun/qualcosa … o anche solo ci leggerà.
La redazione – abbastanza ballerina – della bottega