«Stranger Than Paradise»
Chief Joseph viviseziona il film di Jim Jarmush
«STRANGER THAN PARADISE»
Regia: Jim Jarmush – Interpreti: John Lurie, Eszter Balint, Richard Edson, Cecilia Stark – Montaggio: Jim Jarmush, Melody London – Musiche: John Lurie – Paese di produzione: USA – Il film esce negli USA l’1 ottobre 1984
Willie, un trentenne ex-ungherese ormai perfettamente integrato a New York, si vede arrivare a casa la cugina Eva Molnar, a lui sconosciuta, partita da Budapest con destinazione presso la vecchia zia Lotte a Cleveland. Ma la zia è ammalata e allora la ragazza passerà una decina di giorni nella stanzuccia di Willie. Willie è grande amico di Eddie, che viene presentato a Eva, la quale fa presto ad avere un panorama più che desolante della tanto sospirata America. Finalmente Eva raggiunge Lotte. Un anno dopo, Willie ed Eddie, avendo vinto al gioco (che costituisce con le scommesse alle corse la loro normale fonte di guadagno) decidono di andare a trovare la ragazza, che vive con la zia e fa la cameriera in un modesto “snack”. Passati insieme alcuni giorni, tra cinema e partitelle casalinghe, i due amici pensano di recarsi in Florida a prendersi un po’ di sole e puntare su qualche buon cavallo. Si portano via Eva, lieta dell’inaspettata vacanza. Ma in Florida fa freddo, il mare è grigio e per di più Willie, questa volta mal consigliato dall’amico, perde tutti i soldi alle corse dei cani. Eva, uscita dal “motel”, viene scambiata per un’altra ragazza (che funge da corriere in affari poco puliti) e si ritrova così in mano un bel mucchio di dollari. Lascia allora un biglietto e un po’ di soldi ai due amici e va all’aeroporto dove c’è un aereo in partenza per Budapest. Willie ed Eddie sono colpiti dalla partenza di Eva, ma tornano a scommettere (questa volta sui cavalli) e vincono. Willie si precipita all’aeroporto, acquista un biglietto per l’Ungheria, unicamente per poter salire a bordo dell’aereo e convincere Eva a restare in America. Ma Eva è discesa a terra pochi istanti prima.
Commento
Jim Jarmush è ingegnere del suono per “Underground USA” di E. Mitchell, assistente alla produzione di Wenders per “Nick’s movie”. Con gli avanzi di pellicola di Wenders, realizza il primo segmento di “Stranger than Paradise”.
Spiega Jarmush: «Durante le riprese qualcuno che non faceva parte della troupe mi chiese che tipo di film stavamo realizzando. Avevo voglia di dire che era un film di humor nero, quasi neorealista, nello stile immaginario di un regista dell’Europa Centrale ossessionato da Ozu, che aveva avuto conoscenza di un feuilleton americano degli anni Cinquanta chiamato “The Honeymooners“. Anziché questo bofonchiai qualcosa a proposito di un’austera storia di immigrati ungheresi e del loro modo di vedere l’America. Né l’una né l’altra risposta erano giuste, ma questa domanda mi fece prendere coscienza che e più facile parlare dello stile di un film piuttosto di che cosa si tratta o che cosa succede nella storia».
Questo modo di raccontare “Stranger than Paradise” indica in termini precisi una cosa fondamentale del cinema di Jarmush: la storia, per quarto piccola, c’è ed esiste sempre, ma i suoi films prendono il volo grazie al tipo di montaggio, alle inquadrature che cercano sempre un punto di vista inedito, emotivamente intenso. Ed è proprio attraverso questo punto di vista particolare, e presente in tutti i suoi film, che ci offre lo spaccato di un’America molto diversa da quella di Woody Allen.
La macchina da presa di Allen offre stralci di New York, situazioni all’interno di una logica, quella della borghesia americana, in qualche modo in grado di riassorbire tutto. Jarmush al contrario è completamente fuori dalle stereotipate problematiche del tanto celebrato Allen: il suo cinema può anche fare a meno della parola. La macchina da presa scandaglia con una logica diversa gli Usa. Attraverso una semplice carrellata è in grado di offrire indicazioni e sensazioni allo spettatore che mille parole non sarebbero in grado di realizzare.
La diversità del cinema di Jarmush sta proprio in questo: lo spettatore non viene indottrinato in una direzione piuttosto che in un’altra in base ai contenuti espliciti del film. Al contrario gli vengono offerti dei punti di vista per analizzare una situazione, e questi punti di vista devono proprio essere intesi come ipotetico trasporto dello spettatore dietro la macchina da presa per poter osservare determinati aspetti della rappresentazione quotidiana. In pratica una sorta di identificazione secondaria non collegata, tramite la mediazione del regista, a un personaggio della rappresentazione, ma direttamente al regista tramite lo strumento che riprende.
MA COSA SONO LE «SCOR-DATE»? NOTA PER CHI CAPITASSE QUI SOLTANTO ADESSO.
Per «scor-data» qui in “bottega” si intende il rimando a una persona o a un evento che il pensiero dominante e l’ignoranza che l’accompagna deformano, rammentano “a rovescio” o cancellano; a volte i temi possono essere più leggeri ché ogni tanto sorridere non fa male, anzi. Ovviamente assai diversi gli stili e le scelte per raccontare; a volte post brevi e magari solo un titolo, una citazione, una foto, un disegno. Comunque un gran lavoro. E si può fare meglio, specie se il nostro “collettivo di lavoro” si allargherà. Vi sentite chiamate/i “in causa”? Proprio così, questo è un bando di arruolamento nel nostro disarmato esercituccio. Grazie in anticipo a chi collaborerà, commenterà, linkerà, correggerà i nostri errori sempre possibili, segnalerà qualcun/qualcosa … o anche solo ci leggerà.
La redazione – abbastanza ballerina – della bottega