Salvare Assange senza aderire a Wikileaks
di Gianluca Cicinelli
L’attitudine a iconizzare le persone, deriva laica di una cultura religiosa, impedisce sempre più spesso di rendere giustizia alle persone iconizzate, nel bene e nel male. E’ il caso di Julian Assange, vittima della più grande operazione di intimidazione alla libera circolazione di notizie del secolo. Assange va difeso e fatto uscire subito dalla prigione britannica dove è detenuto ingiustamente da due anni e mezzo dopo sette anni di un’altra detenzione nell’ambasciata del’Ecuador per sfuggire già allora alle autorità britanniche. Su questa pagina di Amnesty International è possibile seguire la mobilitazione per liberarlo e firmare l’appello in suo favore.
Le riflessioni che seguono non sono del tutto inedite, in parte le ho pubblicate 11 anni fa su questo blog, quando su Assange non pesava il rischio della perdita definitiva della libertà. Intanto per ribadire che la sintesi delle accuse ad Assange è semplice: l’eccesso di libertà d’informazione, sembra essere il messaggio del “potere”, provoca panico nelle buone relazioni tra i governi, quindi si fa passare il concetto che va limitata la libertà per il bene di tutti, un tema che ci ritroviamo ad affrontare in varie situazioni, compresa la crisi sanitaria dovuta al covid. Ma il punto che volevo porre in evidenza è un altro. E’ Assange il simbolo della libertà d’informazione? Secondo me no, anzi, sta pagando il prezzo più alto proprio per aver voluto assurgere a quel ruolo e aver commesso degli errori che confinano con l’ambiguità politica. Si è creato, sfruttando gli errori di Assange e la sua convinzione di essere il profeta della nuova controinformazione, il consenso pubblico intorno alla pericolosità di un simulacro di libertà e poi, colpendo chi lo impersona, ci si è liberati del contenuto che simula. Non è semplice e provo a spiegarlo.
Per capire il concetto dobbiamo capire cosa è, forse ormai cosa è stata, Wikileaks. L’organizzazione fornisce ad informatori, spesso interni a gangli delicati delle amministrazioni dei vari governi internazionali o di enti finanziari privati, una casella postale, non esattamente ma ci assomiglia, che anonimizza tramite cifratura la provenienza delle informazioni. Loro sostengono di verificare le informazioni prima di pubblicarle, sta di fatto che la veridicità di quello che hanno pubblicato non è mai stata smentita. Grazie a Wikileaks abbiamo potuto sapere con certezza delle torture a Guantanamo e dei massacri di civili inermi da parte dell’esercito Usa in Iraq e in Afghanistan, con tanto di video sottratti alla Cia, solo per fare l’esempio più clamoroso, che ci fa capire anche perchè gli Usa odiano così tanto Assange. Ma ci sono casi altrettanto clamorosi meno noti al pubblico, come quello della banca svizzera Julius Bär, con documenti che ne dimostravano evasione fiscale e riciclaggio di denaro sporco.Nel 2008 la banca riuscì in un primo momento, grazie a un tribunale californiano, a ottenere la chiusura del sito di Wikileaks, poi riaperto, grazie allo stesso tribunale del primo provvedimento, in base al famoso primo emendamento sulla libertà di parola e di stampa. L’organizzazione rese nota anche la corrispondenza tra le ambasciate Usa nel mondo e la Casa Bianca, con giudizi pesanti degli ambasciatori di Washington sui vari leader europei.
Adesso dobbiamo chiederci però cos’è un servizio d’intelligence. Di solito è un servizio che lavora per lo Stato, i servizi segreti, in realtà ne esistono di paralleli e priviati, quelli delle grandi aziende per esempio (lo scandalo Telecom-Sismi ne è un esempio). Un servizio d’intelligence raccoglie dati, li analizza e decide se e come usarli. In sostanza è il nucleo centrale di qualsiasi “potere” pubblico o privato. Alcuni collaborano tra loro a seconda della contingenza politica altri si odiano e si fanno la guerra con la “merce” notizia sempre al centro. Wikileaks è un servizio d’intelligence. Forse è/era l’intelligence dei buoni e ci piace per questo, perchè denuncia crimini di stato degli odiati yankee, ma è anche rimasta coinvolta in divulgazioni di notizie che hanno favorito altri stati, la Russia principalmente, e personaggi politici certamente antidemocratici come Trump, come accadde durante la corsa alla presidenza statunitense del 2016 con la pubblicazione delle email di Hillary Clinton. La gestione delle informazioni riservate pone anche ai cultori della verità assoluta dei problemi etici di grande rilievo. Risponde per esempio al criterio di verità ma non a quello di giustizia pubblicare i nomi di persone che operano in paesi stranieri e che vengono con la pubblicazione dei nomi esposte al rischio/certezza di essere arrestate se non uccise. E Wikileaks l’ha fatto pubblicando i nomi di collaboratori Usa israeliani, giordani e iraniani, dandoli in pasto, in nome della “verità assoluta”, ai servizi segreti di quei governi e ai loro metodi d’inquisizione che in occidente definiamo inaccettabili e criminali come criminali sono le stragi e le torture Usa denunciate da Wikileaks.
Assange non era il capo di Wikileaks, ne è diventato l’interfaccia pubblica e, in quel gioco di semplificazione in cui viviamo, è diventato Wikileaks stessa, sostenendo che il suo scopo è solo quello di esprimere verità costituzionalmente protette. Ha pensato di poter fottere il sistema giocando al suo stesso gioco ma ne è rimasto schiacciato non calcolando la potenza dei nemico. Se tu riesci a infiltrarti nella Cia, come è successo, la Cia può infiltrarsi in Wikileaks, per esempio, e non soltanto la Cia. Perchè quello delle notizie, delle informazioni riservate, è un mercato dove si vende una merce mai neutrale, il cui utilizzo comporta per le persone delle conseguenze talvolta letali. Inoltre le rivelazioni di Wikileaks non hanno comportato alcun mutamento al quadro politico internazionale. Scandalo sì, ma ormai siamo facili agli scandali, ma nessuna conseguenza, al contrario dell’attività di controinformazione dei blogger cinesi e arabi, esempio molto concreto, che è stata una spina nel fianco dei governi durante le manifestazioni della primavera araba e degli scontri a Hong Kong. Il concetto di verità assoluta in buona sostanza, volendo dare per certa la bontà alle radici dell’azione di Wikileaks, non arma la mano dei popoli contro il “potere” che toglie libertà.
Mi capita spesso di essere d’accordo al 95-98 per cento con Cicinelli (ed è strano: con me stesso per esempio in media vado d’accordo al 92 %). Stavolta però il titolo mi lascia perplesso e la frase «sta pagando il prezzo più alto proprio per […] aver commesso degli errori che confinano con l’ambiguità politica» mi trova in disaccordo. Ho appena finito di leggere l’ottimo libro «Il potere segreto. Perchè vogliono distruggere Julian Assange e Wikileaks» (Chiarelettere, 19 euri) di Stefania Maurizi e lo consiglio; alla prima occasione lo recensirò (al solito è il tempo che mi manca non la voglia). Lì sono ben spiegate le ragioni per cui, a mio avviso, Gianluca Cicinelli stavolta sbaglia (al 90 per cento direi, tanto per continuare questo giochino). Quello di Stefania Maurizi è un libro su Assange ma anche su Edward Snowden e Chelsea Manning. Su «l’abietta vigliaccheria dei media» (fra loro Guardian e New York Times) come scrive Ken Loach nella prefazione. Sul rapimento di Abu Omar. Sulla Cia e sulla sua sorella maggiore (però meno nota) Nsa. Sulle continue bugie dei presidenti Usa, incluso Obama. Troverete anche una democrazia con «il guinzaglio corto» come sintetizza Maurizi… si parla di un buffo Paese a forma di stivale che i più chiamano Italia.
Per favore leggete «Il potere segreto. Perchè vogliono distruggere Julian Assange e Wikileaks»; mi sbilancio e lo dico : uno dei libri più importanti dell’anno, anche per la chiarezza.
Naturalmente leggerò il libro di Stefania Maurizi, avevo letto il precedente sempre dedicata ad Assange del 2011 e non mi aveva convinto. Di sicuro lei ha seguito da subito tutto il dossier Assange-Wikileaks per l’Espresso, compresi i cablogrammi sull’Italia, che erano un po’ a mio avviso come la scoperta dell’acqua calda, denigrazione dei nostri politici nelle conversazioni private dei diplomatici Usa con la Casa Bianca, non credo che abbiano sorpreso qualcuno. Ma se DanieleB (ma tu pensa le coincidenze, ho un amico che vive a Imola che ha lo stesso nome e la stessa iniziale del cognome, vi devo far conoscere) ne consiglia la lettura sono sicuro che la meriti.
Aggiungo solo che per esempio considero Snowden il vero eroe della situazione, persona e agire politico completamente diversi da Assange. Allora a dopo la lettura di “Il potere segreto. Perchè vogliono distruggere Julian Assange e Wikileaks”.
Eccomi qui Gianluca, ho visto il titolo nel pomeriggio ma fra una riga e l’altra di codice, non ho trovato il tempo per fare una pausa e risponderti… rimedio ora. Ho appena finito di leggere con attenzione e ti direi che hai centrato il punto: si puo’ essere a favore della liberta’ di espressione, a favore di Assange e non esattamente a favore di Wikileaks. O viceversa. Ci sono molti punti che vorrei sollevare, ma non so se la stanchezza me lo permettera’. Il primo e’ che Assange e’ solo uno dei tanti. Il dimenticato Aaron Swarz, per esempio, era diventato noto alle cronache per aver “rubato” dei dati dalla biblioteca Jstor e per averli diffusi pubblicamente. Oppure Lulzsec che si vocifera sia stato lui ad aver “rubato” dati da Scientology diffondendoli pubblicamente. Tutti eroi, tutti dimenticati, tutti accomunati dalla voglia di fare la cosa giusta. Ma si sa, di buone intenzioni e’ lastricato…
Mi piace il metodo adottato da Assange? No.
Se ci pensi dall’interno di wikileaks, quando Assange non era ancora diventato il nemico pubblico numero uno, si erano sollevate delle critiche per i suoi metodi “decisionali” che portavano wikileaks e fare poca attenzione nelle fonti pubblicate e nelle informazioni rilasciate. Quando sento dire che Assange e’ un giornalista io rido. Assange e’ un hacker, e se ne frega delle regole, degli status, dei modi piu’ o meno appropriati di fare le cose. Le fa e basta. Detto questo, Assange e’ stato un importante piede di porco nel sistema. Ha rotto il giocattolino, e ha dimostrato le bugie del potere. La cosa interessante, a mio parere, e’ come Assange sia diventato da “paladino delle liberta”, acclamato anche e sopratutto da noi “de sinistra”, a “incosciente” perche’ ha rilasciato informazioni su Hillary che poi, alla fine della campagna elettorale, hanno fatto vincere Trump. Com’e’ possibile? Noi anime belle ci schieriamo a favore della liberta’ solo se e’ dalla nostra parte?
Snowden lo citi nel commento a dibbi’. Ed hai completamente ragione. Snowden ha agito piu’ responsabilmente di Assange, ha preso i dati, e come insider ha evitato di ergersi a “selettore delle fonti”. Non li ha messi in mano a wikileaks infatti, ma in mano a dei giornalisti che li hanno selezionati, purgati, analizzati, riverificati e pubblicati. Ma parlare delle differenze fra Assange, Snowden o Manning, a chi serve? Possiamo dire che Manning e’ stata stupida a parlare con Adrian Lamo e a spifferare tutto il suo piano? Certo che si. Possiamo dire che Assange e’ un narcisista, lontano anni luce dall’essere un eroe? Certo che si. Ma a cosa serve? Son tutte persone diverse, con caratteristiche diverse che hanno fatto cose diverse.
Pensa pero’ a cosa ha creato tutto questo. Wikileaks oggi non e’ l’unica piattaforma per inviare dati in maniera anonima. Giornali come il TheGuardian o il NewYorkTimes sono assolutamente in prima linea oggi quando si tratta di diffondere “leaks” provenienti da fonti come wikileaks o simili. Il Pegasus project ne e’ un esempio, ne ho parlato in bottega. O la stesa ProPublica ha pubblicato inchieste fondate su “leaks” che si basavano su questo modello. E potrei continuare.
La domanda Gianluca e’ solo una: siamo in grado di gestire la verita’? Perche’ se non lo siamo, allora e’ giusto usare prudenza, fare le cose con attenzione, affidare i dati a dei giornalisti e poi distruggerli e via discorrendo. Ma se siamo maturi, se sappiamo come gestire le informazioni, se sappiamo davvero come gestire le cose anche “scottanti”, allora dobbiamo sapere tutto, sempre, e senza filtri. Sono anni che come popolo italiano chiediamo che i dati dall’Itavia inabissatosi ad Ustica siano resi pubblici. Se bisogna usare prudenza perché, poverini, non siamo pronti per affrontare la verita’, e potrebbe scatenare una crisi internazionale di dimensioni inimmaginabili, allora aveva ragione Cossiga. Davvero vogliamo dare ragione a Cossiga?
Scritta tutta sta pappardella inutile, perche’ le cose fatte da Wikileaks sono migliaia di volte piu’ importanti del mio parere sul loro operato, credo che difendere Assange, e Snowden, e Manning, sia un dovere civico a cui non dovremo sottrarci. Nonostante tutti i se e tutti i ma.
Assange, volente o nolente, è diventato un simbolo, allo stesso modo di Leonard Peltier, mutatis mutandis, su di loro si esercita la vendetta pura.
Su wikileaks, sull’opportunità e le modalità dei comportamenti, si può divergere nei giudizi, vero, si può agire in modo diverso e meglio.
Il punto, secondo me, è che l’obiettivo è spaventare la futura stampa libera e se anche wikileaks fossero angeli del paradiso, le immagini e le voci di quell’elicottero che ammazzava quei giornalisti a Baghdad (quel tiro a segno come un videogioco) non dovevano essere rese pubbliche per nulla al mondo e la vendetta dei John Wayne di turno non ha pietà (che vendetta sarebbe?)