La prigione della nostra mente
Alcune considerazioni sul romanzo «Gli orrori di Omega» di Robert Sheckley
di Fabrizio (Astrofilosofo) Melodia
«L’idea di utopia è essenzialmente moderna. […]. Moderno è l’uomo che pensa con il cervello proprio, non per ispirazione e autorizzazione di un’autorità religiosa o politica» (Alberto Savinio).
Ti svegli lentamente, sei disteso su un letto spoglio, la prima cosa che si para davanti al tuo sguardo non appena metti a fuoco è un soffitto di metallo, assolutamente sconosciuto.
Ti alzi, frastornato e indolenzito.
Cerchi di ricordare come diavolo sei finito in quella che ha tutta l’aria di essere una cabina, ma non la tua casa. Non riesci a rammentare neppure cosa ti è successo in precedenza. Non ricordi praticamente nulla, nemmeno il tuo nome, per quanto fai sforzi sovraumani per mettere a fuoco almeno quell’unico brandello di certezza.
Una voce da un’altoparlante ti scuote dalla tua disperata e solitaria concentrazione, t’informa che sei sull’astronave penitenziaria e che il tuo numero è il 402. T’impone di obbedire ai carcerieri, l’unica condotta possibile da mantenere.
Ti informa inoltre che sei stato completamente privato della memoria, in modo tale che non puoi avere rimpianti per la casa d’origine, la Terra, che ora ti rifiuta, come un appestato o un male pericoloso.
Siete diretti a Omega, il pianeta penitenziario, dove sono rinchiusi senza possibilità di fuga tutti gli uomini più pericolosi del mondo, feccia da cui il pianeta madre vuole liberarsi.
Atterrato sul pianeta, ti rendi conto che è peggio di quanto potevi immaginare. La solita voce ti porta a conoscenza del tuo nome e del reato: Will Barrent, colpevole di omicidio.
Non ti arrendi a rimanere prigioniero nelle baracche, vuoi vedere l’esterno, renderti familiari i limiti della nuova casa.
Per strada, sei fermati da un trio di detenuti di livello più elevato, gli aristocratici, gli hadji. Sono felici, poiché il loro status sociale permette di uccidere un peone appena arrivato, in modo da avanzare di livello.
Fuggi a rotta di collo, ti infilate in un edificio su cui campeggia la pomposa scritta di un’associazione a tutela dei diritti e delle vittime. Scopri in realtà che tutela appunto solo le vittime e si accerta che la legge sociale di Omega non sia infranta o applicata male. Ti rimandano all’esterno, non prima che una misteriosa ragazza ti consegni di nascosto una pistola a raggi termici, augurandoti buona fortuna.
Esci, fronteggi e uccidi uno degli hadji: in questo modo sopravvivi, sei onorato e passi “di grado”, tanto da poterti permettere di aprire un negozietto di veleni e antidoti, commercio molto quotato sul pianeta penitenziario.
Poi vieni a conoscenza, tramite il prete Ingemar, che la religione gioca un ruolo fondamentale nella società penitenziaria: essa determina la Legge, oltre la quale vi è solo l’Oscuro, il Male Puro, in persona, verso cui vi può essere solo adorazione e totale proseguimento nel suo Verbo di mutua distruzione assicurata, ma non di presenza concreta.
Oltre alla Legge di Omega, vi è il Nulla.
Sei invitato più volte alla Bottega dei Sogni, dove con proverbiale esattezza scientifica, puoi vivere tutte le fantasie, drogarti con ogni cosa, per accedere alla beata Assuefazione, indice di pace e totale dedizione all’Oscuro.
Con un sogno drogato, vieni a conoscenza di aver commesso il crimine con premeditazione, uccidendo un tuo compagno per poter essere ammesso al programma di viaggio spaziale.
Non ne sei convinto, dentro di te ripudi la violenza a meno che non ti trovi in casi estremi in cui sia l’unico modo per sopravvivere.
Eviti le cacce organizzate, gli inviti ripetuti alla Bottega dei Sogni, non vai a pregare in Chiesa l’Oscuro: ed ecco allora che arriva la guardia penitenziaria, a donarti l’estrema Punizione. Una lotta fratricida con altri detenuti e bestie aliene, poi con robot cacciatori: li sconfiggi tutti con astuzia e volontà di sopravvivenza. Inoltre vieni in contatto con la realtà dei mutanti, dotati spesso di eccezionali poteri di preveggenza. Una di loro, una ragazza dalla coda di pesce, ti predice che presto tornerai sulla Terra e ti ucciderai ma allo stesso tempo guarderai te stesso sul pavimento, morto.
Entri in contatto con il Gruppo 2, una frangia segreta di detenuti che si tengono ben nascosti nel sottosuolo di Omega, costituito dai dissidenti politici, dai liberi pensatori, dagli artisti, dai deviati, il cui unico crimine è stato non pensarla allo stesso modo del Sistema che li ha banditi.
Hai la certezza di non essere stato tu a commettere il crimine per il quale sei stato condannato perché trovi su Omega il vero colpevole, reo confesso. Vuoi vederci chiaro e ti offri per un’impresa ardua, organizzata dal Gruppo 2, ovvero una audace evasione in solitaria verso la Terra.
L’impresa riesce, nascondendoti abilmente nell’astronave in viaggio di ritorno.
Il pianeta Terra non è assolutamente come te lo saresti aspettato: è lindo e pulito, l’erba curata, le case tutte fatte allo stesso modo in qualsiasi angolo del pianeta.
Vige lo Status, la totale libertà dal male, la piattezza e il conformismo regnano sovrani e indisturbati, senza alcuna possibilità di vita vera.
Vieni a sapere che ogni attività sulla Terra è automatizzata, a ogni cosa pensano i robot, bisogna solo controllarli e compilare rapporti, per il resto fanno tutto, sono pure autoriparanti.
Scopri infine come hai ucciso… In realtà non lo hai fatto, ma è solo il condizionamento (imposto fin da piccoli a scuola, in speciali classi) alla sicurezza totale che ti ha fatto confessare un crimine non commesso – ma solo sognato – e in cui ti era stata lasciata in mano la pistola a delitto ultimato. L’accusatore di te stesso eri stato… proprio tu, in virtù del condizionamento all’auto-denuncia impresso in quella classe speciale.
L’ultima lotta che devi compiere è proprio nella scoperta che non esiste alcuna forza, se non il condizionamento operato su di te dai robot. Un vero e proprio lavaggio del cervello che impone a chi lo scopre, di uccidersi immediatamente, e non c’è nessuno con te a impedirti di puntare la pistola alla tempia.
Ma… il finale dovete leggerlo voi.
«Gli orrori di Omega» è un romanzo agghiacciante, caustico, irriverente, duro come treno lanciato contro una montagna di vetro.
Robert Sheckley (New York, 16 luglio 1928 – Poughkeepsie, 9 dicembre 2005) non era nuovo a questi risultati: si era avventurato in modo disincantato nel genere Science Fiction, lo percorreva fra le poche isole dell’arcipelago, tessendo viaggi fantastici eppure tremendamente realistici, pervasi da un umorismo caustico e senza sconti per nessuno.
Il romanzo si dipana lungo queste traiettorie di ordinaria follia, il mondo delineato ha completamente separato Logica e Natura, ottenendo in questo modo lo stesso risultato, l’autodistruzione completa di entrambe.
Nessuno può sopravvivere in un mondo nel quale l’essere umano deve necessariamente essere spersonalizzato, dove creatività, dissenso e vivacità sono temuti come atti criminali. Nessuno può sopportare l’omologazione globale, essere privati del lavoro e della soddisfazione che si ottiene in un lavoro svolto bene e gratificante.
Nessuno può vivere in un pianeta prigione, dedicandosi totalmente all’adorazione del Male fine a se stesso, alla Violenza pura e semplice assurta a Legge Universale, dove le leggi mostrano la loro cieca mostruosità nella più totale indifferenza, nella totale dedizione a mantenere la violenza entro canali “accettabili”.
Il controllo di ogni emozione positiva deve necessariamente rifugiarsi sottoterra al riparo sia dalla violenza e sia dalla logica. Qui la Ragione mostra il suo volto totalizzante e repressivo, volto a incanalare o distruggere o espellere ciò che non rientra nei propri sistemi di purezza e funzionalità.
Tutto ciò che la Logica vuole, è un mondo meccanizzato e sufficiente a se stesso, un mondo dove l’anima umana deve necessariamente cedere la libertà in cambio di tranquillità, pace e sicurezza.
La sicurezza che diventa una prigione senza cancelli né sbarre alle finestre, totale e rassicurante, è l’uomo medesimo che pone rimedio, consegnandosi spontaneamente alla Logica che lo condanna senza appello all’espulsione. Oppure all’autodistruzione indotta, quando l’ultima barriera cade, lasciando il posto al ricordo e al recupero della personalità.
«Poiché dunque il pensiero di un dio si nutre di intelletto e di scienza pura, anche quello di ogni anima che abbia a cuore di accogliere quanto le si addice, quando col tempo abbia scorto l’essere, ne gioisce e, contemplando la verità, se ne nutre e si trova in buona condizione, finché la rotazione circolare non riconduca allo stesso punto. Durante l’evoluzione esso vede la giustizia in sé, vede la saggezza, vede la scienza, non quella alla quale è connesso il divenire, né quella che è diversa perché è nei diversi oggetti che noi ora chiamiamo enti, ma quella che è realmente scienza nell’oggetto che è realmente essere. E dopo aver contemplato allo stesso modo le altre entità reali ed essersene saziata, si immerge nuovamente nell’interno del cielo e torna a casa. E una volta arrivata, l’auriga, arrestati i cavalli davanti alla mangiatoia, li foraggia di ambrosia e dopo questa li abbevera di nettare» (Platone: «Fedro», versione di Francesco Acri, Cde, Milano, 1988).
Ecco dunque come Platone e Sheckley trovano un terreno comune: per loro l’essere umano deve poter essere completo; senza bellezza la scienza non porta a nulla se non alla vacuità e a falsi dogmi, mentre senza la ragione l’auriga non può contemplare le idee, la scienza viva, la sola intellegibile. Ed essa è sempre costituita da due cavalli, uno bianco da corsa, docile e obbediente, uno nero e tozzo, recalcitrante e scontroso.
Compito dell’auriga è controllarli, arrivare al dominio di se stesso, senza per questo separarli o lasciarli andare a briglia sciolta.
«Gli orrori di Omega» (gli orrori della fine) è il ritratto dell’idea del contrario di questa conoscenza di se stessi, è la deriva totale cui è giunta l’umanità, stremata dalle guerre, dominata da un cieco capitalismo e da austere utopie di benessere senza sforzo.
La società americana ne esce davvero devastata, senza appello, modello di questa sconfitta e ancora corpo morente che non vuole sentire la puzza delle proprie piaghe.
L’autore pone grande attenzione ai mutanti: alcuni di loro sono portatori di capacità profetiche, uniche persone, deformi e mostruose, che hanno accesso alla Verità, per quanto dolorosa possa essere o sconvolgente.
«La tirannia non è una buona soluzione, né per chi la subisce, né per i suoi figli né per i suoi discendenti; essa piuttosto, è di per sé un fatto negativo. In effetti, solo gente dalla mente ristretta e servile, che vive e vivrà nell’ignoranza di ciò che è giusto e buono nei confronti degli uomini e degli dèi potrebbe godere di guadagni ammassati illegalmente» (Platone: «Lettera VII», traduzione di Giovanni Reale, Rusconi, 1996).
Ecco come le illusioni della nostra società son messe alla berlina con un discorso che appare rovesciato, come in uno specchio. L’uomo viene sprofondato di peso nell’incubo di Omega e la fuga non presuppone nemmeno una redenzione sicura, se l’essere umano non saprà riappropriarsi di se stesso, della propria libertà, gettando a mare le catene della coercizione e del condizionamento robotico.
Ecco dunque come procede il cammino dell’uomo, sempre in bilico, difficile, nella sua realizzazione, per una libertà che sia utopia concreta e realizzabile. «Una carta del mondo che non contiene il Paese dell’Utopia non è degna nemmeno di uno sguardo, perché non contempla il solo Paese al quale l’Umanità approda di continuo. E quando vi getta l’àncora, la vedetta scorge un Paese migliore e l’Umanità di nuovo fa vela»: così Oscar Wilde.
Robert Sheckley ci ha abbandonati il 9 dicembre 2005. A sette anni dalla scomparsa, ancora continua a determinare i paesi d’Utopia, dirigendo una vela salda e forte, corroborata dai venti di sarcasmo e ragione.
NOTA DI PLAUSO DI UN ISCRITTO AL RSFC
Condivido in pieno l’entusiasmo di Fabrizio Melodia e i suoi commenti. D’altronde non potrei fare diversamente visto che sono, dalla giovin età, iscritto al Rsfc (Robert Sheckley Fan Club) fondato a Roma dal mio fratellino Riccardo Mancini. A chi ancora non conosce Sheckley posso confermare che in racconti e romanzi – spesso corrosivi e paradossali, altre volte più drammatici – ci ha rifornito, per decenni, di un ricchissimo magazzino di mondi (tanto per rubargli un titolo). Solo negli ultimi anni la qualità della sua scrittura e invenzione calò, sino al triste spettacolo di un autore che scopiazzava (malamente) il precedente, geniale se stesso. Era costretto a scrivere – racconta chi lo ha incontrato a quei tempi – controvoglia e solo per raggranellare qualche soldino perché viveva in povertà. Ma per una trentina d’anni fu un ciclone di idee e di stile. Come ho scritto qui in blog: se non credete che, al di là delle etichette, sia stato uno degli autori più geniali del secolo scorso andate a verificare nell’antologia «La settima vittima» che l’editore Nottetempo ha da poco ristampato: la mia recensione (Sheckley, magazziniere di mondi) è in blog. Sempre in blog potete godervi una paginetta cioè Lo stile Aion nel suo massimo splendore di Sheckley stesso e anche Vita: il prezzo giusto che è una mia estrapolazione sheckleyana. Ah, l’ottimo Fabrizio Melodia – sempre sia lodato – ha dimenticato due notizie. La prima è che purtroppo «Gli orrori di Omega», come altri libri dello stesso autore, è difficile da trovare. La seconda è che il titolo italiano di «Gli orrori di Omega» è lievemente (ehm) diverso da quello, perfido di Sheckley che invece suonava «The Status Civilization». Infine vi faccio sapere che quando vado in giro con le mie narrazioni saccheggio Sheckley, a partire da «L’accademia» che trovate sintetizzato qui: Gli alienometri. Scusate se, per una volta, ho abusato di citazioni – cioè pubblicità? – che riguardavano me stesso. Forse erano autodenunce impresse dai robot in quelle speciali classi… (db)