Charles Bettelheim: «Le lotte di classe in Urss»
di Mauro Antonio Miglieruolo – Libri da recuperare: 19esima puntata
Non è una storia della rivoluzione russa come se ne state scritte tante, tra le quali spicca la cronaca eccellente di Lev Trotsky, seconda a nessun altra. Per Charles Bettelheim il ritorno sugli avvenimenti dell’Ottobre, nonché le loro lontane conseguenze, costituiscono un mezzo, non il fine. Il fine è dipanare la matassa di contraddizioni che hanno portato quel formidabile evento che “sconvolse il mondo” agli esiti miserabili del tardo Novecento (anni ’70) e poco dopo (anni Novanta) arrivò la caduta dei regimi a Capitalismo di Stato.
Bettelheim non si contenta di attribuire le cause di questi esiti alle condizioni terribili degli anni Venti. Vuole esporre i limiti teorici della formazione bolscevica, delle concezioni esistenti in essa, che Lenin nel corso di vari decenni era riuscito a neutralizzare, non eliminare. Quelle concezioni, presenti anche sul piano mondiale, dopo la sua morte dilagarono portando rapidamente all’attuazione di pratiche politiche degenerate, che oggi definiamo stalinismo. Precisando però che lo stalinismo fu solo l’effetto di tali pratiche, essendo Stalin l’interprete più coerente degli interessi della burocrazia in formazione, quindi colui che, in assenza di un processo rivoluzionario, era destinato ad assumere il potere.
Stalin diventa il padrone assoluto dell’URSS nel corso di una lunga storia di sconfitte politiche del proletariato (una non sarebbe bastata per farlo ascendere a quel ruolo nefasto) che iniziano, già nel corso della guerra civile, a mezzo della pratica politica del sostitutismo; e poi delle sempre più forti derive economiste. Infatti – nota Bettelheim – anche gli oppositori più ostinati, che si differenziavano nella critica di questa o quella decisione, condividevano con Stalin l’orizzonte teorico in cui il partito era immerso. Pertanto opposizioni inefficaci in partenza, anche quando denunciavano errori reali e fatali.
L’economicismo: una delle tante deviazioni gradualiste che ha dovuto combattere il marxismo rivoluzionario. La più insidiosa, con la quale non ha ancora definitivamente fatto i conti. Riassumibile nella convinzione che il socialismo consistesse nello sviluppo della tecnica più i soviet. Il ruolo della lotta di classe, necessaria affinché l’espansione produttiva non riproducesse i meccanismi dello sfruttamento, era del tutto ignorata. La mobilitazione delle masse contro i soprusi della burocrazia, contro funzionari di partito corrotti, non era contemplata: non era nemmeno vista. Potevano in questo modo dispiegarsi tutte le tendenze che hanno gradualmente esautorato il potere dei proletari a mezzo sia della repressione, sia affidandosi nelle aziende alla direzione tecnica dei funzionari; sia imponendo alle imprese l’efficienza produttiva, indipendentemente dal processo di socializzazione del quale avrebbero dovuto aver parte.
Il momento decisivo di questa involuzione, il momento in cui il processo diventa irreversibile, è quando si scarica sui contadini il costo dell’accumulazione primitiva, rompendo in questo modo l’alleanza sulla quale si basava la «Dittatura del Proletariato», rendendo il crollo di quest’ultima inevitabile. Dando l’avvio a contraddizioni crescenti, che Stalin domina mediante la repressione. Lo stesso piano è elaborato centralmente e imposto alle aziende indipendentemente dalla possibilità di realizzarlo (volontarismo stalinista). Gli obiettivi astratti dalle condizioni locali, le difficoltà o impossibilità di concretizzarli, facevano sì che venissero realizzati sulla carta; da cui le crescenti difficoltà della pianificazione, i fallimenti, la fuga nelle accuse di sabotaggio ecc. Al termine del processo c’è la restaurazione del capitalismo (un capitalismo di Stato: il partito detiene collettivamente i mezzi di produzione, come avviene in una società di azioni. Ogni membro del partito aveva un’azione, o più azioni, da far valere.)
In realtà i libri di Bettelheim erano tre, il terzo dei quali, a distanza di quasi quarantanni dalla prima trasposizione, non è ancora tradotto in Italia. Il che la dice lunga sulle condizioni politiche, ideologiche e culturali che attraversiamo, Questa ricerca insegna molte cose, con una chiarezza alla quale neanche provo ad accedere. Consiglio a tutti di procurarselo (auspicando che prima o poi venga riedito). Chi può si procuri anche il terzo volume, in francese.
Sono libri che aprono la mente e il cuore. Che guardano e ci inducono a guardare a un futuro diverso; descrivono la disperazione ma anche fanno balenare lampi di speranza.
(*) L’idea di questa rubrica è di Giuliano Spagnul: «… una serie di recensioni per spingere alla ristampa (o verso una nuova casa editrice) di libri fuori catalogo, preziosi, da recuperare». Ecco l’elenco:
1 – Gunther Anders: «Essere o non essere» (2 aprile) di Giuliano Spagnul
2 – L’epica latina: Daniel Chavarrìa (14 aprile) di Pierluigi Pedretti
3 – «Poema pedagogico» di Anton Makarenko (30 aprile) di Raffele Mantegazza
4 – «Il signore della fattoria» di Tristan Egolf (12 maggio) di Francesco Masala
5- «Chiese e rivoluzione in America latina» (26 maggio) di David Lifodi
6 – «Teatro come differenza» di Antonio Attisani (9 giugno) ancora di Giuliano Spagnul
7 – «Dizionario della paura» di Marcello Venturoli e Ruggero Zangrandi (23 giugno) di Giorgio Ferrari
8 – «Arrivano i nostri» di Dario Paccino (il 7 luglio) di Giorgio Stern
9 – «Un debole per quasi tutto» di Aldo Buzzi (21 luglio) di Pierluigi Pedretti
10 – «Protesta e integrazione nella Roma antica» (4 agosto) di Giuliano Spagnul
11 – Athos Lisa: «Memorie» (18 agosto) di Gian Marco Martignoni
12 – «Le donne del millennio»: un’antologia con… (1 settembre) di Giulia Abbate
13 – «Gli antichi Greci» di Moses Finley (15 settembre) di Lella De Marco
14 – «La vita è sovversiva» di Ernesto Cardenal (29 settembre) di David Lifodi
15 – «Il cammino dell’umanità» di Angelo Brelich (13 ottobre) di Giuliano Spagnul
16 – «325mila franchi» di Roger Vailland (27 ottobre) di db
17 – «La favolosa Hollywood» di Otto Friedrich (10 novembre) ancora di Spagnul
18 – «Coscienze di mulini a vento» di Flavio Almerighi (24 novembre) di Lucia Triolo
Ci siamo dati una scadenza quattordicinale, all’incirca. Se qualcuna/o vuole inserirsi troverà le porte aperte. [db per la “bottega”]
Il terzo volume è poi stato tradotto? Io sto leggendo adesso i primi due. Aprono davvero la mente. E la scrittura non è particolarmente difficile. È una prosa scorrevole. Li avevo lì da anni. Ma particolarmente ora è una lettura utile per capire la guerra in Ucraina. Lettura fortemente consigliata. Probabilmente reperibile nelle migliori biblioteche pubbliche.
Purtroppo il terzo volume, tanto atteso da tutti i lettori italiani di Bettelheim, non è stato ancora tradotto. Difficile che lo sia oggi, oppure domani. La micidiale combinazione tra la imperante inclinazione per la distruzione della cultura e il suo contraltare, la nuova religione del Dio danaro, terrà lontano gli editori da quest’ultimo testo. Che sembra apra più questioni di quante contribuisca a chiarire.
Per sapere cosa ha detto C. Bettelheim dell’ Holodomor, di cui oggi si parla tanto, bisognerebbe leggere almeno la prima parte del terzo volume in francese. (Gli altri li ho. Ottima sintesi! Complimenti!). Ma dove trovarlo? Comprarlo su internet forse ma mi sembra caro. Forse in qualche biblioteca? Diversamente oggi in Italia va per la maggiore l’interpretazione dello storico Andrea Graziosi.