Dio, Eva, Nachash nel Giardino di Elsie Aidinoff

«Il primo giorno non sapevo che era il cielo quello che vedevo (…) non avevo alcuna nozione, non avevo parole». Anzi la protagonista neppure conosce il suo nome ma subito le sarà rivelato: «Tu sei Eva» le viene detto. Di rimando lei chiede: «E tu chi sei?». Poggiando sulla coda, la creatura risponde: «Io sono il Serpente. Dio ti ha dato a me perchè mi occupi della tua educazione».

Bellissimo l’inizio di «Il giardino» (Fanucci, 296 pagine per 16 euri) , romanzo d’esordio della 73enne Elsie Aidinoff. Chi, aprendo il libro, si è fatto catturare da Eva e il serpente non avrà da pentirsi se ha decido di acquistarlo. Sia chiaro che un cristiano fedele all’interpretazione letterale della Bibbia si troverà a disagio (in altri tempi libro e autrice sarebbero finiti su qualche rogo) ma il bello de «Il giardino» è proprio offrire un altro, inedito punto di vista. Tutto non sapremo neppure a volume chiuso; ogni tanto capiremo che «prima di Dio» è successo qualcosa ma il mistero non verrà sciolto.

Strada facendo chi legge si renderà conto che il vero protagonista di questo romanzo è proprio il Serpente, con i suoi dubbi, il suo sperimentare e il suo osare contraddire un dio che qui si mostra particolarmente arcigno, permaloso, durissimo (cone nel Vecchio Testamento no?) insicuro e in definitiva autoritario. Come preciserà lui stesso in un dialogo piuttosto teso con Dio, il Serpente ha altri nomi: «Nachash (…) Sapienza, Ragione, Giustizia». Quando Eva gli chiederà «allora tu fai queste cose?» lui ridendo risponderà di no: «sono qualità che rendono la vita migliore. Io faccio del mio meglio per diffondere quelle qualità nel mondo».

Altamente drammatico, persino doloroso a leggere è il momento dello stupro. Con un dio incauto che incoraggia Adamo a proseguire teorizzando che «il dolore non esiste nell’Eden». Dopo la violenza, con Eva scopriremo che un altro, sorprendente tipo di amore è possibile – solo in sogno? – ma dovremo arrivare verso la fine del libro. Molto emozionanti le pagine di Eva “clandestina” che muove i primi passi, accompagnata dal Serpente, fuori dall’Eden per capire che lì qualcosa «sfugge al controllo» di Dio anzi, come precisa Nachash, «quando escono dal Giardino, le cose che lui ha creato cominciano a cambiare».

Il finale è noto ma se lo ascoltate nelle parole del Serpente suona affascinante: «Siete diversi (…) Non lo notate ancora ma presto vedrete. Avete operato una scelta: siete liberi». E dopo qualche pagina un Adamo meno fatuo del solito si chiede cosa Dio «farà qui da solo», se si annoierà. Caustica – ma forse veritiera – la risposta di Eva: «verrà a dare fastidio a noi».

E’ comodo mettere in burletta le Grandi Narrazioni ma l’autrice non intendeva fare la millesima parodia della Bibbia: piuttosto immaginare una Eva che invece di essere un giocattolo nelle mani di Dio (e/o del Serpente, strumento del Maligno) si fa domande; di fronte a lei c’è un Creatore così ossessionato «che i suoi piani funzionassero» da non contemplare la possibilità di rivederli ma allo stesso tempo incapace di comprendere «un fatto essenziale: che perfino lui non può sfuggire alle conseguenze delle sue azioni».

Come l’autrice spiega nella nota finale, l’idea de «Il giardino» le venne in chiesa mentre veniva letto il terzo capitolo della Genesi (insomma dopo i morsi alla mela proibita) con quello che lei definisce uno «scaricabarile» ovvero Adamo che subito getta la colpa su Eva la quale accusa il serpente. E se invece la responsabilità fosse altrove? «Lì ho cominciato a pensare che Dio potesse in qualche modo somigliare agli scienziati di Los Alomos: un creatore totalmente assorto, impaziente di verificare le sue teorie (…) inconsapevole del costo in termini umani». Non sono un lettore di studi teologici ma credo che questa teoria irriverente (sì certo, anche eretica e scomoda rispetto alle Chiese organizzate) non sia del tutto nuova nella storia.

Ovviamente sono possibili due modi di leggere questo bel romanzo: il primo è disinvolto (come forse bisognerebbe sempre fare) cioè ignorando che sull’Eden molto si è fantasticato; il secondo è raffrontare «Il giardino» con precedenti più o meno illustri a partire naturalmente da «Il diario di Eva» di Mark Twain che continua a essere ristampato (di recente anche in un audio-libro con la voce di Angela Finocchiaro) e a inquietare… divertendo. Ma se proprio il confronto si volesse fare non sono sicuro che il grande Twain uscirebbe vincitore.

PICCOLA NOTA

Voce dal fondo: «mooolto interessante ma è fantascienza?». S’ode un’altra voce (dal tetto?): «ma chissenefrega scusa, se è un bel libro». Voce cavernosa: «Il serpente è un alieno, l’ho sempre detto io» . Vocetta ironica: «l’Eden… se non è fantascienza quella». In tono baritonale da sinistra: «va bene ma su codesto blog, come direbbe db, quando torna Philip Dick?». Applausi e poi tutte e tutti in coro: «Dick, Dick….». In scena compare un bipede: sembrerebbe db ma un passamontagna gli copre il viso (o l’equivalente). Silenzio assoluto. Poi il bipede parla: «Dick torna il prossimo martedì». Ovazione mentre sullo schermo (non era un teatro? boh) compare la parola fine con sottototitoli in 24 lingue, antico etrusco compreso.

Redazione
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