L’inutile Green Pass avvicina la fine di Draghi?
di Mauro Antonio Miglieruolo
Non molto tempo fa, con mia grande frustrazione, ho tentato invano di attirare l’attenzione di lettori-lettrici del blog (almeno di coloro in sintonia con il mio orientamento politico) sull’ennesimo episodio di aggressione alle libertà e dignità del lavoro costituita dall’introduzione, artificiosa e immotivabile, della patente sanitaria, alias GreenPass. Ascolto ora dalle parole di un prete (mia moglie mi impone di chiamarlo sacerdote: forse lo merita) una presa di distanza analoga. Anzi direi uguale.
Ecco il link (8 minuti): https://youtu.be/8w0uZ1YEujo
Una presa di posizione che segna una vicinanza anche su altri temi (uso dissennato del territorio, cementificazione selvaggia, immigrati, lavoro sottopagato ecc) che potrebbero bene costituire l’ossatura di una costituenda forza che guarda a sinistra: al proletariato, ai precari, ai tecnici, agli impiegati…
Non so fino a che punto il sacerdote abbia colto il vulnus antioperaio, la logica reazionaria – sfuggita ai più – dell’iniziativa del governo dei “tecnici”.
I tecnici che operano dentro organizzazioni tipo uffici studi aziendali, enti di ricerca finanziati dal capitale, baroni universitari eccetera sono quanto di più reazionario esista nelle società attuali. Sia nella sezione di mondo a conduzione liberistica (le cosiddette democrazie occidentali) sia in quella liberal-dirigista (Cina). La chiave di volta che informa il pensiero di questi nuovi chierici che spacciano la scienza come religione, della quale sarebbero i sacerdoti, è che la razionalità scientifica, interpretata attraverso i loro convincimenti (come i chierici medioevali, i quali si ergevano a interpreti dei libri sacri, dei quali rivendicavano il monopolio) debba far agio su qualsiasi altra, incluso quella umanistica, dei diritti umani, delle conquiste sociali. La competenza, che dovrebbe essere il metro per misurare l’attitudine a svolgere un determinato lavoro, per loro è invece il diritto di scegliere sul proprio e sull’altrui destino. Sono i suggerimenti della loro”scienza” (trasformata in dottrina scientifica) a sancire diritti sul corpo, sui sentimenti, sul lavoro, sulla vita quotidiana; le violazioni continue dei diritti non sono tali ma incomprensioni degli ignoranti (una volta c’erano i non abbienti da tenere sottomessi; oggi abbiamo i non competenti da zittire). Infine che il capitalismo di sorveglianza (e di costrizione) non è altro che necessità sociale, bene collettivo. Interpretato in un modo che fa gridare molti alla dittatura della maggioranza: un agglomerato di paure indotte, frustrazioni sociali e senso di impotenza.
La guerra propagandista ad alta intensità disinformativa degli esecutivi contro i popoli sta scavando in profondità nelle coscienze. Si potrebbe dare vinta la partita se non vi fossero, a metterla in discussione, le contradizioni materiali e l’onda lunga di una crisi che è tutt’uno con il meccanismo dell’accumulazione: l’espansione del capitale allarga e approfondisce la crisi; che non interrompe l’accumulazione, ma l’accelera. I giochi non sono fatti.
Qualunque sia il livello di coscienza del sacerdote sopra citato, le iniziative autoritarie del capitale, a mezzo dell’attuale governo, hanno assunto una dimensione tale che ogni persona sensibile non può evitare di sentirsi inquieta di fronte a questo stato di cose. Le coscienze attente o rese attente dal mestiere (ci sono giornalisti che fanno il loro dovere?) si rendono conto di come lo stato delle cose sia diventato insopportabile.
Ma il capitalismo ha arato in profondità il terreno dei valori e dei princìpi, riuscendo a modificare, con l’ausilio della tecnica, il modo di pensare delle persone. Coloro che verranno dopo di noi dovranno lavorare molto per recuperare le posizioni perdute.
Per non entrare anche io nel pensiero unico del trionfo del capitale e del «non c’è più nulla da fare» sottolineo il carattere contraddittorio dell’azione politica del governo, proprio nei punti. L’obiettivo principale, un ulteriore grave ridimensionamento del potere dei lavoratori, è acquisito, ma a costo di un prezzo non indifferente quanto a immagine e considerazione di nemici e persino amici. Anche chi è favorevole alle misure, perfino chi abbaia contro i lavoratori, non può evitare di vedere la ferocia e l’unilateralità di queste misure.
Si sta allentando la tensione favorevole al Superman Draghi. Qualche commentatore inizia a sottolineare che l’unanimismo partitico nasconde incontestabili contrarietà, non solo dei partiti ma fuori dal Palazzo. Il fallimento dell’operazione Presidenza della Repubblica trova spiegazione anche nell’uso intimidatorio della figura salvifica assegnata all’erede di Conte. L’ingresso sistematico dell’intimidazione nella norma della governabilità, in persone tanto sicure di sé e disinvolte, a volte sfugge di mano. Le recenti gratuite aggressioni contro i cortei degli studenti ne sono una prova.
Un alone di sgradevolezza inizia a formarsi intorno all’«uomo della provvidenza»: un iniziale declino nei sondaggi accompagna il dubbio che inizia a entrare nell’animo di molti.
Non è mai gradevole aver a che fare con uomini la cui determinazione, alias alterigia, rende nulla la possibilità di avere rapporti da pari a pari. Men che meno raggiungere accordi equilibrati.
Si sa, l’uomo che può salvarci è quello che può sotterrarci. Sta germinando il timore che dall’esecutivo possa arrivare la richiesta di totale sottomissione alla sua volontà politica, che è poi volontà della finanza. Il tutto mascherato da razionalità tecnica. Con l’inevitabile corollario di misure sempre più pesanti a danno della libertà e delle esigenze popolari.
Concludo abbandonandomi all’indignazione. Mi sorprende che “la sveglia” giunga da un pulpito, eppure quel sacerdote spiega le possibilità che abbiamo: in positivo e in negativo. Sappiamo e vediamo da dove provengono i colpi e quale sia l’origine dei pericoli. Ma ci rendiamo impotenti in quanto … ci sentiamo impotenti.
Non so in quale punto e momento nasceranno istanze di cambiamento. Ma sono certo che si preparano e che presto arriveranno. Sta a noi decidere se aspettare passivi o portare granelli di indignazione, parole e idee, un piccolo atto concreto che ne aiuti l’emersione.