Le persone, gli eserciti, le sanzioni, i gasdotti e…
… quel che potremmo fare.
Articoli di Sergio Bellucci, Moreno Biagioni, Tonio Dell’Olio, Doriana Goracci e Bruno Vitale. Con una poesia di Marco Cinque e (in coda) alcuni link. A seguire una nota della “bottega” sui nostri dossier.
Invece delle armi
di Tonio Dell’Olio
Boicottaggio, sabotaggio, solidarietà internazionale, dissenso interno allo Stato aggressore, disobbedienza civile, non collaborazione, presenze internazionali autorevoli nei luoghi di guerra, corpi di interposizione, forza di polizia internazionale indipendente a presidio dei confini e a protezione della popolazione, e poi ancora dialogo, dialogo e dialogo. Sono solo alcune delle azioni che è possibile mettere in atto “invece di” o “prima di” scegliere la strada di rispondere con la forza all’uso della forza, ovvero infliggendo la morte a chi vuole uccidere. In tutti gli autorevoli commenti e nelle sottili argomentazioni che passano in questi giorni a favore della decisione europea di armare meglio e più l’esercito (o la popolazione?) ucraina c’è il difetto di ragionamento che l’alternativa sia solo la sottomissione volontaria, subire passivamente. Certo, inviare armi piuttosto che mettersi in viaggio controcorrente da tutti i Paesi d’Europa per “invadere” pacificamente l’Ucraina e mettere in crisi l’apparato bellico russo è molto più rischioso che inviare armi. Certo, convocare un Consiglio dei ministri europei a Kiev (come ha proposto Michele Serra) è molto più impegnativo che rilasciare dichiarazioni, scrivere appelli e telefonare ai presidenti di Russia e Ucraina, ma forse spariglia le carte e interrompe la spirale di morte innescata dal delirio distruttivo di Putin. E se ci provassimo?
L’Impero delle «sanzioni»
di Bruno Vitale
L’intervista di Noam Chomsky (pubblicata sulla “Bottega” del 5 marzo) è esplicita sul contesto in cui è nata l’invasione dell’Ucraina dalle forze di Putin (ammiro troppo i popoli dell’immenso paese Russia per parlare di ‘invasione russa’, dato che anche loro saranno vittima dell’invasione ordinata da Putin): un contesto di continue violazioni – mai punite – delle leggi internazionali dalla parte dei ‘potenti’: «… Kosovo, Iraq e Libia hanno connessione diretta con il conflitto in Ucraina…».
Ma purtroppo Chomsky non parla di un’arma più subdola, ammantata di pretesa legalità, che gli Stati Uniti hanno usato a dismisura per ricattare e paralizzare nel mondo i ‘meno potenti’: le cosidette «sanzioni extraterritoriali», probabilmente illegali nell’ambito delle relazioni internazionali, a meno che esse non siano state decise dall’ONU (cap.VII, art.39-42 della Carta).
Una breve sintesi sulla definizione e applicabilità delle “sanzioni USA”: da enquiries@lexology.com:
– sanzioni primarie USA:
— sono bloccate e considerate illegali (rispetto alla legislazione USA) tutte le transazioni o enti economici che hanno “a nexus to US jurisdiction”; il “nexus” è così definito:
una relazione economica con uno degli enti economici organizzati negli USA, comprese le loro agenzie all’estero; con tutti i cittadini USA e i residenti permanenti; con ogni persona residente, indipendente da dove negli USA; con transazioni monetarie (anche in dollari) attraverso il sistema finanziario USA
[perdere tutte queste possibilità di azione economica in contatto e/o in interazione col mondo USA può naturalemente portare al fallimento di molti operatori; di qui, il loro ritiro precipitoso da ogni iniziativa che potrebbe motivare una sanzione; basta la minaccia]
– sanzioni secondarie USA:
queste sanzioni sono rivolte agli operatori economici che hanno rapporti con l’Iran, la Russia, la Corea del Nord e la Siria: già in partenza, non hanno accesso ai mercati USA.
Vale ora la pena di esplorare da vicino l’esempio più recente e, si direbbe, più efficace dei fulmini economici imperiali USA: il sabotaggio – a soli 4 mesi da una sua “certificazione” definitiva da parte della Germania – del progetto russotedesco di costruzione di un gasodotto sottomarino per la distribuzione di gas naturale dalla Russia verso l’Europa occidentale: Nord Stream 2.
L’indirizzo URL qui annesso (di un progetto wikipedia) Nord_Stream_2_it.pdf
racconta, in 42 lingue, la triste storia del Nord_Stream_2, e della ancora più triste storia dei ripetuti tentativi per impedirne o almeno ritardarne la costruzione da parte degli Stati Uniti, mediante una raffica di imperiali sanzioni. Ora, dopo l’invasione dell’Ucraina, il nuovo cancelliere tedesco Scholz ha promesso a Biden di non concedere al Nord Stream 2 la certificazione tedesca essenziale per la sua messa in funzione (la costruzione è finita da mesi; più di una diecina di miliardi di dollari di costo). I politici statunitensi – che erano riusciti a ritardare di anni il completamento del cantiere a base di preoccupate imperiali sanzioni contro individui, società, banche, porti e navi implicati nei lavori – esultano!
Avevano messo al primo piano, amichevolmente e gentilmente, “il pericolo per l’Europa di diventare vittima di ricatti russi sulla fornitura di energia”.
Ora gli Stati Uniti hanno già trionfalmente e ufficialmente comunicato che potranno facilmente comprire il bisogno energetico europeo con l’esportazione del loro LNG (liquid natural gas) – in potenziale sovraproduzione in un futuro di riduzione dei consumi di sorgenti energetiche fossili
[per la storia: il giorno dell’inaugurazione del Nord_Stream_1 (egualmente russo con solo gas russo), il 18 novembre 2018, una festosa riunione aveva visto insieme Merkel, Medvedev (Russia), Rutte (Olanda) e Fillon!]
Il tema di fondo da affrontare: perchè la timida, vigliacca “società internazionale”, protetta dalle Nazioni Unite, accetta da tanti anni il sopruso imperiale USA delle sanzioni extraterritoriali? certo non c’è simmetria! gli USA sanzionano in modo disumano Cuba da decenni, ma Cuba non ha mai potuto sanzionare gli USA, per esempio, per il blocco di medicine essenziali e di doni di solidarietà! (vedere: «Gli effetti del blocco americano si estendono fino alla Svizzera e inducono parecchie banche, per obbedienza anticipata, a bloccare anche il traffico dei pagamenti privati svizzeri verso Cuba, perchè esse temono di essere colpite dal regime di sanzioni USA» dal Bulletin mediCuba – Suisse, octobre ’20)
Può “la bottega” aprire un ‘momento di informazione politica’ e dare spazio su:
– quale è l’attuale situazione giuridica delle ‘sanzioni USA extraterritoriali’? chi può opporsi, e come?
SCHEDA – Qui il testo integrale in italiano di wikipedia; seguite, caso per caso, l’evoluzione macabra delle sanzioni USA:
Il 31 gennaio 2018 la Germania ha concesso al Nord Stream 2 un permesso per la costruzione e l’esercizio nel le acque tedesche e per le aree di approdo vicino a Lubmin. Nel maggio 2018 è iniziata la costruzione del punto finale di Greifswald.
Nel gennaio 2019, l’ambasciatore degli Stati Uniti in Germania, Richard Grenell, ha inviato lettere alle società coinvolte nella costruzione del Nord Stream 2 esortandole a smettere di lavorare al progetto e minacciandole di sanzioni.
Nel dicembre 2019, i senatori repubblicani Ted Cruz e Ron Johnson hanno anche esortato il proprietario di Allseas Edward Heerema a sospendere i lavori sull’oleodotto, avvertendolo che altrimenti gli Stati Uniti avrebbero imposto sanzioni. Cruz ha proposto formalmente un disegno di legge del genere per consentire sanzioni l’8 novembre 2021.
Il 21 dicembre 2019, Allseas ha annunciato che la società aveva sospeso le sue attività di posa di tubazioni del Nord Stream 2, anticipando l’emanazione del National Defense Authorization Act for Fiscal Year 2020 degli Stati Uniti contenente sanzioni.
Nel maggio 2020, l’autorità di regolamentazione tedesca dell’energia ha rifiutato un’eccezione alle regole di concorrenza che richiedono al Nord Stream 2 di separare la proprietà del gas dalla trasmissione.
Nell’agosto 2020, la Polonia ha inflitto a Gazprom una multa di 50 milioni di euro a causa della mancanza di collaborazione di quest’ultima con un’indagine avviata da UOKiK, l’organismo di vigilanza antimonopolio polacco. UOKiK ha citato regole di concorrenza contro Gazprom e le società che stanno finanziando il progetto, sospettando che abbiano continuato a lavorare all’oleodotto senza il permesso del governo polacco.
Nel dicembre 2020, la nave posatubi russa Akademik Cherskiy ha continuato la posa di tubi. A gennaio, Fortuna, un altro posatubi, ha unito le forze con l’Akademik Cherskiy per completare il gasdotto. Il 4 giugno 2021 il presidente Putin ha annunciato che la posa delle tubazioni per la prima linea del Nord Stream 2 è stata completamente completata. Il 10 giugno sono state collegate le sezioni del gasdotto. La posa della seconda linea è stata completata nel settembre 2021.
Nel giugno 2021, il segretario di Stato americano Antony Blinken ha affermato che il completamento di Nord Stream 2 era inevitabile. Nel luglio 2021, gli Stati Uniti hanno esortato l’Ucraina a non criticare un prossimo accordo con la Germania sull’oleodotto.
Il 20 luglio, Joe Biden e Angela Merkel hanno raggiunto un accordo conclusivo secondo cui gli Stati Uniti potrebbero attivare sanzioni se la Russia utilizzerà il Nord Stream come “arma politica”. L’accordo mira a impedire che Polonia e Ucraina vengano tagliate fuori dalle forniture di gas russe. L’Ucraina riceverà un prestito di 50 milioni di dollari per la tecnologia verde fino al 2024 e la Germania istituirà un fondo da un miliardo di dollari per promuovere la transizione dell’Ucraina all’energia verde per compensare la perdita delle tasse di transito del gas. Il contratto per il transito del gas russo attraverso l’Ucraina sarà prorogato fino al 2034, se il governo russo sarà d’accordo.
Il 16 novembre 2021, i prezzi del gas naturale in Europa sono aumentati del 17% dopo che l’autorità di regolamentazione dell’energia tedesca ha sospeso l’approvazione del Nord Stream 2.
Il 9 dicembre 2021, il primo ministro polacco, Mateusz Morawiecki, ha invitato il neo-cancelliere tedesco Olaf Scholz a opporsi all’avvio del Nord Stream 2 e a non cedere alle pressioni della Russia. In visita a Roma, Morawiecki ha dichiarato: “Chiederò al Cancelliere Scholz di non cedere alle pressioni della Russia e di non permettere che il Nord Stream 2 sia usato come strumento di ricatto contro l’Ucraina, uno strumento di ricatto contro la Polonia, uno strumento di ricatto contro l’Unione Europea.
Il 22 febbraio 2022 l’interruzione del progetto del gasdotto è una delle sanzioni annunciate dal cancelliere tedesco Olaf Scholz nei confronti della Federazione Russa, in seguito all’inasprirsi della crisi russo-ucraina del 2021-2022 e al riconoscimento da parte del Cremlino delle repubbliche separatiste del Donbass, Doneck e Lugansk.
Nel settembre 2021 l’ente responsabile della costruzione, ha comunicato l’avvenuto completamento della linea Nord Stream 2, col passaggio allo stato operativo entro il dicembre 2021.
Nel gennaio 2018, il Segretario di Stato degli Stati Uniti Rex Tillerson ha dichiarato che gli Stati Uniti e la Polonia si sono opposti al gasdotto Nord Stream 2, ritenendolo una minaccia per la sicurezza e la stabilità energetica dell’Europa. Al gasdotto Nord Stream 2 si sono opposti anche l’ex presidente ucraino Petro Poroshenko, il primo ministro polacco Mateusz Morawiecki, l’ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump, il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk [polacco, bv] e il ministro degli esteri britannico Boris Johnson.
Tusk ha affermato che Nord Stream 2 non è nell’interesse dell’UE.
L’ex primo ministro italiano Matteo Renzi e il primo ministro ungherese Viktor Orbán hanno messo in dubbio il diverso trattamento dei progetti Nord Stream 2 e South Stream.
Alcuni sostengono che il progetto violi la strategia dichiarata a lungo termine dell’UE di diversificare le sue forniture di gas.
Una lettera, firmata dai leader di nove paesi dell’UE, è stata inviata alla CE nel marzo 2016, avvertendo che il progetto Nord Stream 2 contraddice i requisiti della politica energetica europea secondo cui i fornitori dell’UE non dovrebbero controllare gli asset di trasmissione dell’energia e che l’accesso all’infrastruttura energetica deve essere garantita per le società non consorziate.
Anche una lettera dei legislatori americani John McCain e Marco Rubio all’UE ha criticato il progetto nel luglio 2016.
By Marcin Goettig and Lidia Kelly -su Wikipedia note e link
PER RIPRENDERE L’INIZIATIVA
di Moreno Biagioni
La pace prima di tutto – La pace è oggi il primo obiettivo per tutte le persone di buona volontà, per tutte/i coloro cioè che vorrebbero assicurare un avvenire al mondo ed all’umanità.
E’ vero che di guerre ce ne sono state, e continuano ad essercene, parecchie nel mondo, senza che questo abbia turbato, e turbi, più di tanto la coscienza di quanti/e vivono in Europa, specialmente dei suoi governanti
L’allarme, per molti/e, è scattato, secondo una visione euro-centrica dei problemi che continua ad essere prevalente, quando la guerra ha messo piede sul suolo europeo.
Si è allora sentito affermare che veniva sconvolto il clima pacifico che durava da oltre 70 anni in Europa, dimenticando così i conflitti armati sviluppatisi ripetutamente nei Balcani, sui territori della ex Jugoslavia.
Certo, a differenza delle guerre che nel ‘15/18 e nel ‘39/45 erano state avviate in Francia, in Germania, in Austria, …, per poi divenire mondiali, sul finire del XX° secolo gli scontri sono rimasti in uno spazio ben definito (portandosi dietro, però, il solito bagaglio di morti e distruzioni, per lo più fra la popolazione civile).
Con l’attacco della Russia di Putin all’Ucraina, da condannare e contrastare con grande energia senza ombra di dubbio (senza dimenticare però le responsabilità della NATO), siamo tornati su quella strada, una strada che può portare davvero alla distruzione del mondo – non dimentichiamoci la presenza anche sul suolo europeo di molti missili nucleari, russi e del blocco occidentale (vedi, fra gli altri, quelli nelle basi USA e NATO qui in Italia) -.
Unica via la soluzione diplomatica – Ritengo essenziale sottolineare con forza questo punto, come ha fatto Pablo Iglesias di “Podemos”, perché ne consegue che non vi sono alternative alla soluzione diplomatica, attraverso la trattativa e l’ intervento in questo senso di organismi internazionali (l’Unione Europea che assuma finalmente un ruolo politico, l’ONU, da riqualificare e da rilanciare), e la pressione su Putin da realizzare con il collegamento fra i movimenti contro la guerra – che esistono in tutti i paesi, compreso lo stesso paese aggressore – e una giusta dose di sanzioni contro la Russia, giusta dose nel senso che colpisca essenzialmente l’oligarchia e non la popolazione. Tutt’altro, quindi, dall’invio di armi, che renderebbe ancora più cruento lo scontro, con maggiori danni per gli/le abitanti dell’Ucraina. Spetta indubbiamente a loro scegliere come resistere all’invasione. Si può solo ricordare che esistono vie diverse con cui attuare la resistenza – che non prevedono l’uso delle armi e che in certe situazioni hanno portato anche a dei risultati (in India contro il dominio inglese, in Sudafrica contro il regime dell’apartheid, dopo una prima fase di lotta armata) -.
E’ molto importante, attraverso la trattativa, appunto, portare a soluzione il problema del Donbass, di cui occorre riconoscere l’autonomia, secondo gli accordi di Minsk, mai applicati (in proposito, va ricordato la validità, per situazioni del genere, dell’idea di una Confederazione Democratica in grado di superare le varie spinte nazionaliste, come sostengono le curde ed i curdi del Rojava) e riproporre l’obiettivo della neutralità dell’Ucraina (in prospettiva va rilanciata l’idea di un’Unione Europea che vada fino agli Urali e che ponga fine, finalmente, all’alleanza militare della NATO – uno residuo della “guerra fredda” che non ha più ragione di esistere e che è ormai da tempo uno strumento di operazioni belliche “offensive” -).
In campo i pacifisti – Una reazione all’attacco della Russia all’Ucraina c’è stata (vedi, fra l’altro, la manifestazione nazionale a Roma del 5/03), ad opera del variegato, e frammentato, mondo pacifista – frammentato e con valutazioni diverse anche in questa occasione – , ma non siamo tornati certo alla vastità ed all’imponenza di quel movimento per la pace che nel 2002 fu definito la “seconda potenza mondiale”. Non riuscì ad evitare la guerra e proprio per questo rapidamente rifluì, ma evidenziò alcuni problemi di fondo.
Pietro Ingrao, intervenendo al Social Forum di Firenze, sempre nel 2002, sostenne che una delle questioni fondamentali che si ponevano alla politica era come tradurre in azione di governo questa spinta che, partendo dalle coscienze individuali e collettive (di associazioni, di gruppi, di realtà di base), affermava un NO netto alla guerra, un NO SENZA SE E SENZA MA.
In qualche modo, di fronte al prevalere dell’individualismo ed al riflusso della partecipazione alle lotte ed ai movimenti, individualismo e riflusso che avevano caratterizzato gli anni ‘80 e ‘90, si andava contro-corrente e nella stagione dei “social forum” si recuperava una dimensione collettiva, a cominciare, appunto, dal tema della pace.
Le iniziative del passato contro la guerra – Dopo la 2^ Guerra Mondiale vi erano state numerose iniziative contro la guerra e per il disarmo.
Cito quelle che ricordo:
– i “partigiani della pace” degli anni ‘50, accusati però, in un clima di guerra fredda, di essere piuttosto “partigiani dell’Unione Sovietica”,
– l’impegno per la pace delle città del mondo che rispondevano agli appelli del Sindaco di Firenze Giorgio La Pira, sempre nello stesso periodo,
– le campagne contro le armi atomiche promosse da scienziati, artisti, intellettuali,
– le marce Perugia-Assisi “inventate” nel 1961 da Aldo Capitini, principale esponente in Italia del Movimento Nonviolento, di ispirazione gandhiana (marce che proseguono, ogni anno, ancora oggi),
– gli interventi di azione nonviolenta, ed il referendum auto-gestito, contro l’installazione dei missili a Comiso (ricordo in proposito il notevole impegno di Alberto L’Abate, fra i fondatori, a Firenze, della “Fucina della nonviolenza”),
– le campagne per l’obiezione di coscienza nei confronti del servizio militare (obiezione sostenuta con grande vigore da padre Ernesto Balducci e don Lorenzo Milani) e, fiscale, rispetto alle spese militari,
– il movimento dei comuni denuclearizzati,
– le manifestazioni contro la guerra USA in Vietnam e quelle pacifiste degli anni ‘80.
Alcune erano iniziative “elitarie”, di ristrette cerchie di persone molto motivate per ragioni morali e/o politiche, altre coinvolgevano un numero elevato di uomini e donne, in primo luogo grazie all’azione di un partito con profonde radici popolari come il PCI.
Il movimento pacifista 2^ potenza mondiale – Nel 2002 il movimento è riuscito a svilupparsi sulla base di un sentimento diffuso, senza ruoli determinanti delle forze politiche, ed ha coinvolto settori diversi della società.
Per un periodo, anche se piuttosto breve, la pace era divenuto un concetto egemone.
Il problema che abbiamo oggi di fronte è quali interventi realizzare per rendere di nuovo il movimento per la pace “la seconda potenza mondiale” (o, magari anche la prima, andando al di là di quanto affermava il “New York Times”, in grado di incidere profondamente sui “decisori politici”), partendo proprio dalla reazione spontanea di gran parte delle persone – che ha come base il sentimento di umanità, molto diffuso specie fra i giovani, che si è registrato anche rispetto a recenti episodi di razzismo -.
L’intreccio fra tematiche diverse – E’ necessario, innanzitutto, intrecciare questa tematica con quella ambientale, con cui ha molti punti in comune, e far convergere su obiettivi condivisi i soggetti, in buona parte giovanili (“Fridays for future” ne è l’esempio più evidente, diffuso a livello internazionale), che cercano di sensibilizzare l’opinione pubblica sui pericoli derivanti dalla crisi climatica e sulla necessità di intraprendere da subito percorsi radicalmente diversi, da parte delle istituzioni e dei singoli individui.
La convergenza delle esperienze – Inoltre, si impone la convergenza delle realtà che operano per la pace al fine di un’opera capillare d’informazione che contrasti quella main-stream e dia altri elementi di conoscenza rispetto a quelli che gli organi informativi “embedded” stanno dando.
Tale convergenza va raggiunta anche attraverso momenti di confronto che, in un clima di reciproco ascolto e rispetto, portino tutti/e a individuare i punti essenziali da condividere (fra cui ci sono sicuramente quelli della riduzione delle spese militari e del porre fine alla produzione ed al commercio delle armi, o per lo meno di ridurle in modo consistente).
Le lotte ed i movimenti in atto devono assumere l’obbiettivo pace insieme a quelli specifici che portano avanti (perché il conseguimento di condizioni di pace li rende maggiormente raggiungibili).
Tutto ciò può essere perseguito anche rafforzando soggetti, come la Società della Cura, che hanno proprio la convergenza di lotte, movimenti, esperienze quale scopo della propria azione.
Importanti, al fine del rilancio del movimento pacifista, sono gli interventi di intellettuali e artisti in grado di influire sul senso comune e sull’opinione pubblica (in altri periodi abbiamo avuto la “colomba della pace” dipinta da Pablo Picasso” e i contributi di filosofi come Bertrand Russell).
Prioritario è quindi, in questo momento, il tema della pace, ma contemporaneamente vanno riproposti obiettivi rimasti nell’ombra o che non hanno avuto la necessaria diffusione al di là di cerchie più o meno ristrette.
La Costituente della Terra – Mi riferisco in particolare alla Costituente della Terra (sostenuta qui in Italia, fra gli altri e le altre, da Luigi Ferraioli, Raniero La Valle, Domenico Gallo, Anna Falcone, Riccardo Petrella, Maria Luisa Boccia) che si propone di rilanciare, per contrastare l’attuale situazione di disgregazione e di conflittualità fra gli Stati, l’idea di un Governo Mondiale in grado di portarci fuori dalle secche dei vari nazionalismi e sovranismi (un’ONU veramente democratico basato sulla partecipazione attiva di tutti i popoli del mondo).
Si tratta di un obiettivo utopico, ma che, come tutti gli orizzonti utopici, ci dà una direzione di marcia su cui incamminarci, su cui costruire, tappa dopo tappa, le condizioni perché si realizzi davvero.
L’azione di “resistenza” di fronte alla crisi climatica – Accanto a questo vi è l’indicazione di un’azione capillare che veda coinvolte – a partire dai villaggi, dai paesi, dai quartieri, persino dai caseggiati – istituzioni, realtà di base e di movimento, associazioni, sindacati, singoli individui per far fronte alla crisi climatica ed energetica.
Guido Viale, in un suo articolo, ha ben individuato come si dovrebbe articolare tale azione, a cui nessuno/a dovrebbe rimanere estraneo.
Si tratta di mettere in pratica una vecchia parola d’ordine degli ambientalisti: “pensare globalmente (la Costituente della Terra), agire localmente (l’azione di “resistenza” capillare)”.
Anni fa si tentò di portare avanti un’esperienza che cercava di mettere insieme, a livello di comune, istituzioni, competenze, movimenti.
Era la “Rete del Nuovo Municipio”, in cui confluivano gli enti locali, i contributi specialistici, il mondo variegato dell’associazionismo e dei movimenti e che cercò di mettere in pratica il “bilancio partecipativo”, una modalità lanciata dai Social Forum che intendeva costruire strumenti di partecipazione della cittadinanza all’elaborazione dei bilanci comunali.
La Rete ebbe vita breve, ma i presupposti su cui si basava sarebbero oggi da riprendere.
La ripresa della conflittualità sociale – In una situazione difficile, aggravata dai venti di guerra e dalla pandemia, va colto ogni segnale di recupero della partecipazione, di fuoruscita dal clima di isolamento in cui gli individui si sentono rinchiusi, di ripresa dei conflitti sociali (per rompere un panorama generale di appiattimento – di unanimità sulle posizioni del Governo, che ripropone le ricette europee neo-liberiste per uscire dalla crisi -).
Per questo risultano importanti le manifestazioni promosse dai giovani di “Fridays for future”, gli interventi del movimento delle donne in occasione dell’8 marzo, e non solo, gli appuntamenti lanciati dai lavoratori e dalle lavoratrici della GKN, in primo luogo l’iniziativa a Firenze, di carattere nazionale, del 26 marzo).
Per difendere la democrazia – Ancora una volta, per difendere l’assetto democratico (i rigurgiti fascisti sono sempre in agguato), occorrono partecipazione e conflittualità, elementi essenziali della democrazia costituzionale.
In vista del 25 Aprile vanno riproposti infatti con forza i valori della Costituzione, anche oggi sotto attacco, in forme più o meno subdole (vedi le proposte di regionalismo differenziato, di provvedimenti sulla concorrenza, per la privatizzazione di servizi essenziali).
OGGI E’ ANCORA TEMPO DI RESISTENZA.
DEPONETE LE ARMI
<span “=”” href=”https://www.labottegadelbarbieri.org/tag/007dd2/”>Sto scomodo, sempre
<span “=”” href=”https://www.labottegadelbarbieri.org/tag/007dd2/”>in tutte le faide o guerre
<span “=”” href=”https://www.labottegadelbarbieri.org/tag/007dd2/”>soffro il dolore d’ogni parte
<span “=”” href=”https://www.labottegadelbarbieri.org/tag/007dd2/”>pendo dal lato del più debole
<span “=”” href=”https://www.labottegadelbarbieri.org/tag/007dd2/”>non certo per esser contro
<span “=”” href=”https://www.labottegadelbarbieri.org/tag/007dd2/”>o a favore, ma forse solo
<span “=”” href=”https://www.labottegadelbarbieri.org/tag/007dd2/”>perché sono debole anch’io
<span “=”” href=”https://www.labottegadelbarbieri.org/tag/007dd2/”>e non voglio prendere la mira
<span “=”” href=”https://www.labottegadelbarbieri.org/tag/007dd2/”>sui nemici dei miei amici
<span “=”” href=”https://www.labottegadelbarbieri.org/tag/007dd2/”>nemmeno sugli amici
<span “=”” href=”https://www.labottegadelbarbieri.org/tag/007dd2/”>dei nemici, mai. Mai!
<span “=”” href=”https://www.labottegadelbarbieri.org/tag/007dd2/”>Non datemi un fucile
<span “=”” href=”https://www.labottegadelbarbieri.org/tag/007dd2/”>con munizioni di parole
<span “=”” href=”https://www.labottegadelbarbieri.org/tag/007dd2/”>non preparatemi una trincea
<span “=”” href=”https://www.labottegadelbarbieri.org/tag/007dd2/”>non costringetemi a una divisa
<span “=”” href=”https://www.labottegadelbarbieri.org/tag/007dd2/”>non caricatemi come un’arma
<span “=”” href=”https://www.labottegadelbarbieri.org/tag/007dd2/”>non destinatemi all’offesa che
<span “=”” href=”https://www.labottegadelbarbieri.org/tag/007dd2/”>con questa bandiera bianca
<span “=”” href=”https://www.labottegadelbarbieri.org/tag/007dd2/”>faccio già così fatica a trovar pace
<span “=”” href=”https://www.labottegadelbarbieri.org/tag/007dd2/”>tra gli argini rotti del mio cuore
<span “=”” href=”https://www.labottegadelbarbieri.org/tag/007dd2/”>per favore, per favore
<span “=”” href=”https://www.labottegadelbarbieri.org/tag/007dd2/”>io che sto scomodo, sempre
<span “=”” href=”https://www.labottegadelbarbieri.org/tag/007dd2/”>in tutte le faide o guerre
<span “=”” href=”https://www.labottegadelbarbieri.org/tag/007dd2/”>e d’ogni parte soffro il dolore
<span “=”” href=”https://www.labottegadelbarbieri.org/tag/007dd2/”>guardate: ci sono strade da inventare
<span “=”” href=”https://www.labottegadelbarbieri.org/tag/007dd2/”>bellezza da costruire, ferite da curare
<span “=”” href=”https://www.labottegadelbarbieri.org/tag/007dd2/”>per favore, per favore
<span “=”” href=”https://www.labottegadelbarbieri.org/tag/007dd2/”>non voglio lavarmene le mani
<span “=”” href=”https://www.labottegadelbarbieri.org/tag/007dd2/”>o fingere che l’odio non ci sia, ma
<span “=”” href=”https://www.labottegadelbarbieri.org/tag/007dd2/”>non condannatemi alla vendetta
<span “=”” href=”https://www.labottegadelbarbieri.org/tag/007dd2/”>non invitatemi alla follia
<span “=”” href=”https://www.labottegadelbarbieri.org/tag/007dd2/”>lasciatemi soltanto amare
<span “=”” href=”https://www.labottegadelbarbieri.org/tag/007dd2/”>com’è giusto che sia.
Disarmatevi: a differenza delle bombe, le parole cadevano nel vuoto.
di Doriana Goracci
Scoppia la guerra, io me ne scappo, ma quale patria, io me ne sbatto, tu mi imponi le divise, io me le strappo, ho due bottiglie tu combatti, io me le stappo. Disertore a vita, e me ne vanto Se foste come me non ci sarebbe guerra in atto…Caparezza. Come una femminuccia vero?
Era il 2006 e tante furono, prima più che dopo, le marce per la pace dal tema: Riconvertire, disarmare, smilitarizzare i territori. DisarmiAmo la pace. C’ero anche io.
Caparezza che posto all’inizio – qui per ascoltarlo: https://youtu.be/myYqlkhey- è anche lo stesso che pochi giorni fa ha lanciato una canzone come Pripyat: “Non parlo al mondo come prima Ma parlo a vuoto come Pripyat La giostra è ferma come Pripyat Falle una foto come Pripyat Perché l’umana natura sta divorando ogni cosa La carreggiata, le mura, persino i banchi di scuola. Ecco quello che dice: «Nel bel mezzo della boscaglia mi imbatto nei resti di una città fantasma in cui tutto è mutato a causa della radioattività. Tante le mutazioni in atto: il rap è diventato l’esaltazione dell’opulenza, la criminalità è diventata un’ambizione sociale, i meridionali sono diventati leghisti, le persone e le categorie che ho difeso nelle mie canzoni hanno un pensiero ormai opposto al mio e ho la sensazione fortissima di parlare a vuoto, di parlare “al vuoto”, come Mastorna nel film incompiuto di Fellini, come me se vivessi nella città fantasma di Pripyat (evacuata dopo il disastro di Černobyl’)»
Pryp”jat’ “è una città fantasma ucraina dell’oblast’ di Kiev, situata nei pressi del confine tra Ucraina e Bielorussia. La città è stata abbandonata dopo il disastro nucleare avvenuto nel 1986 nella vicina centrale di Černobyl’, che dista circa 2 km dalla città, e si trova all’interno della zona di alienazione. La città è caduta nelle mani delle forze russe il 24 febbraio 2022, durante la crisi russo-ucraina del 2021-2022.Pryp”jat’ era una città moderna, che al momento dell’abbandono contava circa 50 000 abitanti e possedeva due ospedali, di cui uno pediatrico, due centri commerciali, due hotel, numerosi bar e ristoranti, un cinema, un teatro, un centro polifunzionale. La piscina coperta fu lasciata attiva fino al 2000, al servizio del personale che continuava a lavorare presso la centrale.Pryp”jat’ era soprannominata “La città dei fiori” per via delle numerose aiuole. “
Accetto l’invito dei Wu Ming di rinfrescarci la memoria antimilitarista e metto anche una foto del 1970: il 24 settembre 1970, l’assemblea dei lavoratori delle Moncenisio aveva votato all’unanimità una mozione antimilitarista, una diffida esplicita rivolta alla proprietà, perché non accettasse eventuali nuove commesse dall’industria bellica.
Mozione approvata all’unanimità
“I lavoratori delle officine Moncenisio, considerando che il problema della pace e del disarmo li chiama in causa come lavoratori coscienti e responsabili e che la pace è supremo interesse e massimo bene del Genere Umano; preoccupati dei conflitti armati che tuttora dilacerano il mondo e il corpo della Umanità e dello spaventoso aumento del potenziale distruttivo in mano agli eserciti […]
Diffidano la direzione della loro officina dall’assumere commesse di armi, proiettili, siluri o di altro materiale destinato alla preparazione o all’esercizio della violenza armata di cui non possono e non vogliono farsi complici;
Avvertono tempestivamente e lealmente le Autorità Aziendali di non essere pertanto in nessun caso disposti a lavorare, trasportare, collaudare i suddetti materiali bellici;
Esigono dallo Stato e dal potere politico che il pubblico denaro, che è denaro dei lavoratori, sia investito nella costruzione e nella fabbricazione di cose utili ai loro interessi, richieste dalla loro dignità umana, rivendicate dal loro senso di giustizia e dal loro amore alla pace di cui l’umanità ha estremo bisogno;
Chiedono alle Organizzazioni Sindacali di appoggiare la loro strategia di pace, di propagandarla in Italia e, tramite le Internazionali Sindacali, fra i lavoratori di tutto il mondo […];
Invitano caldamente i lavoratori italiani e di tutto il mondo a seguire il loro esempio di coerenti e attivi costruttori di pace.Principale promotore di quella lotta era stato l’operaio Achille Croce, all’epoca trentacinquenne. In attesa dell’assemblea, aveva preparato il terreno distribuendo volantini pacifisti e passando ai colleghi testi come L’obbedienza non è più una virtù di don Lorenzo Milani.“
Avrei da aggiungere tante piccole memorie di casa mia ma quelle potete immaginarle anche voi, con le vostre, se solo ci pensate e ricordate.
Doriana Goracci – https://www.agoravox.it/Disarmatevi-a-differenza-delle.html
Tacciano le armi
di Sergio Bellucci (dalla newsletter «Programmare l’imprevedibile»)
Non credo ci sia bisogno, nell’ambito di questo spazio, di sottolineare il mio impegno personale (e dell’associazione Net left) contro la guerra in Ucraina. All’inizio di questo secolo abbiamo definitivamente compreso che le guerre non solo non risolvono le questioni in campo ma, alla loro fine, oltre alle distruzioni e all’insopportabile striscia di morti (in particolare delle popolazioni civili e inermi) lasciano il terreno aperto a contraddizioni ancora più drammatiche e laceranti di prima del conflitto. La guerra determina, come uno spartiacque, divisioni che durano nei decenni e, spesso, nei secoli. I conflitti costruiscono separazioni e incomunicabilità crescenti e lasciano un mondo peggiore di quello che avevano trovato. Sarebbe sufficiente fare l’elenco di quelle che anche noi con una Costituzione che contiene l’articolo 11 (in cui si ripudia la guerra, NDR) abbiamo combattuto più o meno coperti da risoluzioni dell’Onu o da decisioni prese nell’ambito delle nostre alleanze internazionali senza domandare ad altri il “permesso”. I calcoli geopolitici o le sdegnate reazioni ai comportamenti di altre “sfere di influenze” non aiutano né a ricostruire le ragioni e/o i torti, né ci offrono indicazioni sul “che fare”.
Sarò ancora un nostalgico delle emozioni della mia adolescenza ma credo ancora che alla “guerra” si debba sempre rispondere con la ricerca della “pace” con ogni mezzo, soprattutto oggi che gli armamenti sono in grado di distruggere la presenza umana sul pianeta e di condannare la Terra ad una nuova estinzione di massa provocata dai fall-out nucleari.
Negli anni 80 del secolo scorso, di fronte alla corsa al riarmo nucleare, il movimento statunitense contro le nuove armi nucleari che venivano dispiegate da una parte e dall’altra aveva coniato uno slogan che, personalmente, ritengo centratissimo anche oggi per questi nostri giorni: «Questo è il tempo in cui le cose vanno fatte prima del loro tempo». Le posizioni che possono sembrare “semplicistiche” o “ingenue”, se osservate andando oltre le “risposte automatiche” a cui i sistemi dei media ci spingono anche in questa parte del mondo, inondandoci di immagini che lavorano e smuovono il cervello ancestrale e inducono a risposte di tipo pavloviano, divengono improvvisamente le strade praticabili per fermare le armi e trovare compromessi che erano possibili anche ex-ante se gli interlocutori avessero avuto modo di trovare gli affidamenti giusti nell’altro. Il grido: «Tacciano le armi» è la premessa di ogni ritorno vero alla politica.
La ricerca di una sospensione nell’uso delle armi e nella trattativa andava e va incentivata ora proprio come era necessario sostenerla prima dello scoppio della guerra. Ma forse la guerra era nell’interesse di molti anche da questa parte del mondo e qualche coraggioso giornalista (penso a Marc Innaro da Mosca) ha provato anche a ricostruire un quadro di ragioni “dell’altro”. Il trattamento a cui è stato sottoposto la dice lunga anche sul quadro di controllo dei media anche da “questa parte della barricata”, senza andare a scandalizzarsi troppo per quello che accade dall’altra parte. La libertà di espressione non può funzionare a corrente alternata soprattutto quando si condanna l’altra sponda proprio per la sua mancanza.
D’altronde, e chi mi segue da qualche tempo anche prima di questa newsletter lo sa, considero l’apertura della fase di Transizione come l’inizio di una fase che sbriciola le forme istituzionali, economiche, sociali e politiche del precedente periodo storico e apre a nuove diverse forme di produzione del valore che si affermano e rivendicano un potere di nuova generazione e consono alle forme dei nuovi interessi. Non ho mai pensato che questo processo fosse un “pranzo di gala” o potesse essere annunciato durante un “Ted” o in una convention alla Steve Jobs. Nè ho mai pensato che aprisse (automaticamente) ad una società più consapevole, con meno discriminazioni sociali, più libera, aperta e rispettosa delle diversità, in nuova armonia con la natura e i suoi cicli, rispettosa delle varie forme del vivente che popolano il pianeta. Anzi. Sono anni che sostengo che vicino alle potenzialità di trasformazione che le nuove forme contengono in nuce, esse ci pongono di fronte ad un bivio storico, un bivio che può aprire anche ad una vera e propria “catastrofe” […]. Le potenzialità per un salto di qualità della storia umana si sono accumulate ma necessitano di un approccio di nuovo tipo, l’assunzione di una idea del mondo multipolare e multiculturale e che rende necessario, alla nostra cultura occidentale, di scendere dal piedistallo su cui si è auto collocata nella storia e iniziare a rispettare le storie e le culture che abitano il mondo.
Possiamo dire che oggi abbiamo la conoscenza per comprendere che quella non sarebbe forse la “strada per un mondo migliore”, ma rappresenta l’unica via per la stessa sopravvivenza umana. Inoltre, dobbiamo sapere che non abbiamo molto tempo per continuare sulle vecchie strade della geopolitica di potenza, della guerra intesa come la intendeva il generale prussiano Carl von Clausewitz come il proseguimento della politica con altri mezzi. Sull’orlo della distruzione nucleare dobbiamo inaugurare una stagione diversa e dobbiamo farlo “qui ed ora”. Nel tornante storico in cui l’acqua diventerà un bene sempre più prezioso, le materie prime preziosissime e scarse, l’energia un problema non solo di costo, la rottura degli equilibri climatici un problema sociale, alimentare, economico, la rottura della biodiversità avrà svariate implicazioni – da quelle sanitarie alla fine del sostentamento del ciclo vitale – non possiamo “sprecare vite, risorse e ambiente in guerre”, né pensare che siano proprio le guerre a determinare chi potrà avvantaggiarsi da questa Transizione.
Nell’ambito di questa newsletter, però, voglio anche segnalare alcune incongruenze che sembrano essere ignorate dai nostri media e su cui mi piacerebbe avere dei feedback da voi.
In primo luogo alcuni aspetti di comportamento militare delle forze russe in campo. Non si è mai visto che un’azione così altamente programmata produca, in poche decine di ore e con pochissime azioni militari, un tavolo di trattativa diretto tra le parti. La domanda sorge spontanea: perchè non aprire quel tavolo “prima”? In secondo luogo, stupisce che l’attacco al sistema dei media radiotelevisivi “dell’avversario” sia avvenuto solo dopo diversi giorni dall’inizio dell’intervento militare. Una forza di invasione, per prima cosa, “acceca” l’informazione del lato nemico producendo sbando e incapacità di “costruzione di un immaginario condiviso”, una identità di lotta. In terzo luogo il web. Una interruzione di internet non solo impedirebbe di far circolare filmati delle truppe russe in dislocazione sul territorio ma impedirebbe di far utilizzare quelle informazioni alla intelligence avversaria. Inoltre, si conosce l’effetto Vietnam all’interno del proprio Paese, derivato dalla circolazione di immagini che vedono il proprio esercito compiere devastazioni o dal mostrare le proprie perdite sul campo.
Sono solo alcune domande che mi girano per la testa. Perché consentire che la rete delle reti continui a diffondere messaggi, immagini, informazioni, ecc…? Forse un giorno capiremo qualcosa in più di queste scelte. Per molto meno in alcuni Paesi si oscura la rete e si lascia il Paese senza flussi di informazione incontrollata.
Sergio Bellucci
Un approfondimento dialogico sulla guerra in Ucraina in un incontro della associazione Net left
https://youtu.be/ChVXon9MZsQ 0
Connessioni logiche
La dimensione disumana della guerra sta entrando dentro una nuova fase molto più pericolosa della stessa fase della guerra nucleare. Se le bombe atomiche, nella loro devastante potenza, sono rimaste sostanzialmente nei loro arsenali, i robot guerrieri sono entrati già nei campi di guerra e stanno diventando sempre più autonomi grazie all’incontro con la potenza dell’Intelligenza Artificiale.
Contribuisci anche tu a mettere al bando i Robot di guerra. Qui puoi leggere l’appello contro i Robot di guerra:
http://www.sergiobellucci.it/wordpress/now/
ALTRI LINK UTILI
L’intervento di Angelica Romano di Un Ponte Per…
https://www.facebook.com/unponteper/videos/729105985176998/?extid=WA-UNK-UNK-UNK-AN_GK0T-GK1C
https://jacobinitalia.it/putin-e-in-minoranza-sulla-guerra-criminale/?utm_source=mailpoet&utm_medium=email&utm_campaign=fermare-aggressione-putin con un messaggio dai socialisti e comunisti russi contro l’invasione dell’Ucraina: «L’esercito regolare distrugge le pacifiche città ucraine per volere di un pugno di miliardari»
tps://www.azionenonviolenta.it/russia-nonviolenti-e-obiettori-in-carcere/ (Elena Popova, con altri esponenti del suo movimento, aveva distribuito volantini “No alla guerra – Come non mandare tuo figlio a fare la guerra”).
Nella newsletter della rivista “Altreconomia” da leggere l’ intervista a Susi Snyder, anima della Campagna internazionale per l’abolizione delle armi nucleari (ICAN), organizzazione che nel 2017 è stata insignita del Premio Nobel per la Pace. Sul sito ci occupiamo poi dell’esposizione delle banche italiane in Russia, di chi è attivo (anche finanziariamente) nella produzione delle armi nucleari, dei treni persi dell’indipendenza energetica italiana.
UNA NOTA DELLA “BOTTEGA” SUI NOSTRI DOSSIER
Ieri in Biden scrive a Putin, una guerra tira l’altra e… abbiamo ripreso articoli di Alessandro Ghebreigziabiher, Jonathan Cook, Lea Melandri, Sarah Babiker, Francesco Masala, Lorenzo Guadagnucci, Norma Bertullacelli, Fulvio Vassallo Paleologo e Mauro Armanino con un video di Richard Boyd Barrett e un cartello dell’associazione “Trama di terre”. Sabato testi di Franco Astengo, Giorgio Beretta con Tommaso Coluzzi, Tonio Dell’Olio, Enrico Semprini; una riflessione di Mario Agostinelli, Alfiero Grandi, Jacopo Ricci e Alex Sorokin; con un link a un testo – in inglese – di Noam Chomsky) in Ucraina-Russia: Chi lavora per la pace e… . Venerdì sono apparsi in CESSATE IL FUOCO! articoli di retepacedisarmo, Donne in Nero Reggio Emilia, Antonio Perillo, Roberto Buffagni, Ennio Remondino, Paolo Desogus, Gianni Lixi, Samed Ismail, Marinella Mondaini, Vincenzo Costa, Umberto Franchi, Michael Roberts, Thomas Mackinson, Matteo Saudino, Sara Reginella, Jeremy Corbyn, Ascanio Celestini, Ernesto Sferrazza, Marco Arturi con video e un film. Giovedì Ucraina: un pezzo della guerra mondiale interventi di Patrick Boylan, Giorgio Riolo, Gianluca Cicinelli, Olivier Turquet, Michael Brenner, Vincenzo Costa. Vale segnalare anche Censura e rete: TOR nella guerra Russia-Ucraina di Jolek78 ma anche Nucleare e guerra: il terrore corre sui media di Giorgio Ferrari. Domani probabilmente faremo un altro dossier. Grazie a chi ci manda testi e link ma ovviamente sono troppi per essere pubblicati tutti in un piccolo blog come questo; perciò la redazione sceglierà solo quelli che ci sembrano più completi, articolati e “propositivi”; cercando di non ripetere cose già scritte e aggiungendo qualche link per chi vuole ulteriormente approfondire. Lo spazio dei commenti è a disposizione anche per annunciare incontri e iniziative concrete. Molto avevamo scritto intorno al drammatico nodo dell’Ucraina. Per esempio qui: La sinistra (se c’è) e la guerra permanente (che c’è) con interventi di Giorgio Ferrari ed Elio Pagani , Ucraina: quale via verso la pace? (di Umberto Franchi e di Daniele Barbieri), Catastrofe Ucraina: fra Nato e Russia (di Enrico Semprini, Gianluca Cicinelli e Umberto Franchi), Ucraina: la Storia aiuta a capire (di Giorgio Riolo), Crisi Ucraina-Nato: il ruolo dei pacifisti (di Alessandro Marescotti), Armi, la droga pesante dei terrestri… (di Francesco Masala), Fabbricanti di guerre sempre all’opera. E noi? (John Scales Avery, Tommaso Di Francesco, Antonio Mazzeo, Gregorio Piccin ) e Morire per Kiev? O per la Nato? (con articoli di Pasquale Pugliese, Elisabetta Grande, Oleksiy Bondarenko, Federico Petroni, Marinella Mondaini, Giulio Chinappi) ma vale recuperare alcuni testi meno recenti: come Ucraina: quei nazisti così coccolati (dalle democrazie) di Moss Robeson nel 2021, Per non dimenticare Odessa, 2 maggio 2014-2018 di Enrico Vigna con una ricostruzione fotografica impressionante della strage, Kiev, capitale del neonazismo europeo del 2019 (sempre di Enrico Vigna) e molti altri fra cui l’analisi storica di Rossana Rossanda nel 2014 Ucraina, genesi di un conflitto. Inoltre la “bottega” da quando esiste pubblica – in modo ossessivo? – notizie e analisi sulle spese militari crescenti, sui tragici conflitti dimenticati (o per meglio dire nascosti dalla gran parte dei media e dalla politica dei Palazzi) e sul quotidiano lavorio di chi “fabbrica” guerre. Lo abbiamo fatto e continueremo perchè le catastrofi non cesseranno (anzi aumenteranno inevitabilmente) se non bloccheremo un’economia e un modo di vivere che a livello mondiale si basano sulle armi e sulla sopraffazione.