Jazz: 68 muse, Mingus 100 e altri libri

di Daniele Barbieri (*)

Le 68 Muse di Masala e Pasini

Quanti negli anni ’50 e seguenti si innamorarono di Audrey Hepburn? Di un italiano sappiamo perchè da 282 mesi in edicola esce il fumetto «Julia» dove Giancarlo Berardi ha attribuito alla sua «criminologa» (prima donna protagonista di una serie italiana di qualità) il volto di quell’attrice. Hepburn fu anche l’«amore segreto» del sassofonista Paul Desmond: una piccola, bella storia con due colpi di scena dietro il brano «Audrey», inciso nel 1954, di bellezza struggente. Questa quasi rivelazione è collocata verso l’inizio di un graphic novel anomalo: «Le muse del jazz» – sottotitolo «Storie e misteri di 68 personaggi femminili che hanno ispirato le composizioni più belle» – con i testi di Vanni Masala e i disegni (spesso di un gustoso sapore antico) di Marilena Pasini, più la prefazione di Ornella Vanoni, per le edizioni Curci.

Alla fine del libro invece c’è «Una donna selvaggia non è mai triste» scritta un secolo fa (1924, a esser pignoli) da Ida Cox, quasi un manifesto femminista – «le donne selvagge non si preoccupano» – in versione jazz fatta propria da grandi cantanti (Ma Rainey e Bessie Smith) e rivisitata da «una selvaggia dei giorni nostri, Cyndi Lauper».

In mezzo Audry, Aisha, Bess, Cousin Mary, Dinah, Dolly, Donna Lee, Sophisticated lady, Juana, Laurie, Liza (la ragazza dei monti Appalachi) ma anche una seconda Liza (che fece scalpore nel 1929 facendo «rotolare le nuvole»), Minnie la scroccona, Naima, Rubie, Sacajawea (la donna uccello del popolo shoshoni), Satin Doll, Sister Sadie… E ovviamente le “buone samaritane” di Thelonious Monk cioè Nellie e Nica (la baronessa Pannonica) ma anche le tante donne del pianista Michel Petrucciani del quale Masala e Pasini avevano narrato l’incredibile vita nel loro libro precedente. E poi «Margie, per te rinuncio a bere», colonna sonora jazz insolita per i funerali di un baronetto inglese. E «La donna mummificata» cantata da Liza Minnelli. Anche due assassine: la famosa Violette Nozières e Helen (Moore) che uccise Lee Morgan, il suo cantore… e traditore. Più una tentata assassina: Valerie Solanas che sparò ad Andy Warhol e venne “musicata” da Demetrio Stratos.

La storia più antica in questo libro «era una hit a metà del 1600» – dunque non jazz in senso stretto – e «tornò a esserla negli Usa del 1800» per essere poi riportata in auge da Joan Baez, da Angelo Branduardi e da molti jazzisti: chi ama le canzoni popolari avrà intuito che si parla di Barbara Allen e di Jimmy che fu suo… solo dopo la morte: quando dalla tomba di lei spuntò un rovo, da quella di lui una rosa che crescendo «si strinsero in un nodo».

Se siete cinefili Florence l’avete vista al cinema: in «Ascensore per il patibolo» di Louis Malle. E forse avete visto anche il vecchio film quasi horror che ispirò «Stella by Starlight» – la versione più famosa è di Miles Davis e John Coltrane – che in italiano si chiamava «La casa sulla scogliera».

Dunque 68 storie (e contesti musicali) dietro volti e nomi: scelte, raccontate e disegnate non solo per chi ama il jazz – e dintorni – ma per chiunque sia curioso di storie e suoni.

Quali musicisti hanno eletto queste 68 muse o comunque le fecero volare? Gli dèi dell’Olimpo (per restare in tema): Louis Armstrong, Anthony Braxton, Dave Brubeck, Ornette Coleman, John Coltrane, Miles Davis, Duke Ellington, Bill Evans, Coleman Hawkins, Keith Jarrett, Charles Mingus, Charlie Parker, Oscar Peterson, Enrico Rava, Archie Shepp – che “stravolse” da par suo la popolarissima «Ragazza di Ipanema» di Carlos Jobim e Vincius De Moraes – più Wayne Shorter, Horace Silver, Art Tatum… per dirne solo alcuni; moltissimi maschi dunque più alcune donne come Ella Fitzgerald, Billie Holiday, Nina Simone e Sarah Vaughan, per nominare solo 4 stelle (più Lady Gaga, attualmente solo una meteora). Talvolta la definizione jazz potrebbe suonare ingannevole. Ma la musica – le persone più furbe lo sanno – è fatta di note e vibrazioni non di etichette e gabbie.

Fra le storie più strane la «Mother of All of Us», la regista Ida Lupino. Quanto a Rose Sélavy fu una delle identità di Marcel Duchamp: pittore, scultore, scacchista e padre del dadaismo. La pronuncia del nome fittizio suona sia «eros c’est la vie» (eroismo è vita) che «arroser la vie» (brindare alla vita). E’ una donna abusiva, o immaginaria se preferite: unico uomo che sia riuscito a infiltrarsi fra le 68 Muse … eppure sembra di casa.

Un pretesto? Sì, 68 bellissimi sotterfugi per raccontare storie intriganti, guardare immagini spesso geniali, ascoltare suoni e voci dei migliori universi. Se amate la musica – con mille emozioni intorno – non perdete questo libro. Ma per ascoltare quei brani dovete comprare gli album o cercarli in rete? Macchè: in coda inquadrando il QR Code si accede a una play list con le migliori versioni dei brani, scelti da Masala, legati alle Muse. Insomma un libro dove si possono ascoltare tutte le ballads citate per soli 24 euri. Non voglio fare l’imbonitore ma è decisamente un affarone.

9 brani più uno per il centenario di Mingus

«Tempo perfetto o tempo sincopato è quando un rubinetto gocciola da una rondella che perde. Sono più che sicuro che una memoria infantile può ricordare quanto tempo era l’intervallo fra ogni collisione della goccia e il suo schianto dentro il lavandino disordinato, in una tazza di caffè piena, con lo sporco di vecchia crema ancora attaccata sull’orlo, in un lavandino così rugginoso che il padrone ha rinunciato all’idea che l’uomo addetto alla manutenzione cambiasse il ritmo del rubinetto gocciolante, sostituendo la rondella marcia, prima che il tempo finisca». Così Charles Mingus nelle note di copertina dell’album «Mingus-ah-um».

Un altro bel graphic novel in jazz per il grande contrabbassista e compositore. A luglio Coconino Press/Fandango ha pubblicato «Mingus» di Flavio Massarutto con i disegni di Squaz cioè Pasquale Todisco. Pensato anche in vista del centenario della nascita che cade il 22 aprile. Gli appassionati di coincidenze numeriche – più avanti ne incontreremo un’altra – sottolineano che 22 4 22 è un palidromo.

Dopo una breve introduzione disegnata ecco track 1 ovvero «Eclipse» che mescola alcuni passaggi della vita di Mingus in una bella sintesi. Il secondo “brano” rimanda invece a «Pithecanthrops Erectus», uno dei suoi album più famosi: l’evoluzione umana in versione contrabbasso.

Nell’estate del 1958 sta per verificarsi l’incontro fra il musicista – gigante in un’epoca di giganti – e un importante, atipico regista, John Cassavetes. Ma succederanno casini a catena… come raccontano Massarutto e Squaz in «Nostalgia in Times Square» (i titoli sono tutti mingusiani). Un incontro invece che si realizzò e segnò la storia della musica novecentesca fu quello del contrabbassista con il sassofonista Eric Dolphy come racconta track 4 ovvero «What Love»: in alcune pagine il testo scompare e restano solo le geniali immagini di Squaz.

Track 5 è «Fables of Faubus» in qualche modo il più politico (e dunque censurato) brano di Mingus: rimanda infatti allo scellerato Orval Faubus, il governatore dell’Arkansas che voleva impedire a 9 adolescenti afroamericani di accedere alla scuola pubblica.

«Self-portrait in Trhee Colors», il sesto brano, riflette – più che raccontare – sul breve ricovero del musicista all’ospedale psichiatrico Bellevue). Track 7 ovvero «The Black Saint and the Sinner Lady» è interamente disegnato, neanche una parola.

La lotta di Mingus contro la sclerosi laterale amiotrofica è raccontata nell’ottavo brano cioè «Passions of a Man». Stavolta non vincerà. Muore il 5 gennaio 1979 a Cuernavaca: aveva 56 anni e il giorno dopo 56 (altra “stranezza” numerica) balene si spiaggiarono nel vicino golfo messicano.

Track 9 cioè «Epitaph» rimanda nel titolo a una lunga composizione di Mingus, scoperta dopo la sua morte. Ma il duo Massarutto-Squaz racconta (in apparenza?) un’altra storia, così inventata che potrebbe essere vera.

Infine il Bonus Track: è «Sophisticated Lady», che non è un titolo mingusiano ma del grande Duke Ellington, amico e forse nemico, di certo ispiratore del contrabbassista che incise con lui e con Max Roach un celebre (eppure non bellissimo) album. La vicenda scelta da Massarutto stavolta è vera: nel 1972 dissero che bisognava sgombrare la sala – “c’è una bomba” – del concerto “subito-subitissimo” ma Mingus non si mosse e tranquillo dichiarò «se devo morire me ne andrò suonando Duke Ellington».

A completare una breve postfazione – dove Masssarutto spiega le sue scelte – seguita da consigli per letture, ascolti e visioni.

Scopro da Wikipedia che dal 2019 il «Comitato Unesco Jazz Day Livorno» il 22 aprile di ogni anno, data di nascita di Mingus, organizza qualcosa. “Beh?” dirà chi legge. La pazza idea è che vengono eseguite alcune composizioni di Mingus all’interno dello scheletro della balenottera Annie («fra i più grandi scheletri di cetacei esistenti conservati integralmente»). Non so cosa sia previsto quest’anno ma se siete in zona… In ogni caso andate in rete per scoprire, se già non lo conoscete, un grande musicista.

Due parole su altri libri jazz e una quasi promessa

A me pare che jazz e fumetto si sposino assai bene: come raccontava in «Assoli di china» e in «Jazz dentro» (Stampa Alternativa, 2011 e 2021) lo stesso Massarutto, lì in veste più di saggista che di sceneggiatore. Ma ovviamente esistono molti libri – senza nuvolette – dalle parti del jazz: alcuni più per specialisti o comunque “monomaniaci” e altri per un pubblico più vasto e magari digiuno di jazz. Nel giro degli ultimi due anni ne sono usciti quasi a cascate. Perciò chiudo con una mezza promessa: in un prossimo articolo proverò a navigare fra questi libri, cercando il famoso filo rosso (assai citato pur se si sono perse le origini di questa bella leggenda cinese).

Allora ci vediamo prossimamente per un caffè-jazz? Così scrivendo … mi torna in mente che Antonio Gramsci, quando era in carcere, predisse: «un giorno berremo il caffè al mattino col jazz ». Dagli anni ’40 in poi molte persone la giudicano una previsione azzeccata ma soprattutto una continuata gioia per le orecchie e quel che c’è intorno.

(*) pubblicata su www.micromega.net

GLI ULTIMI DUE DISEGNI SONO DI GIULIANO SPAGNUL

 

danieleB
Un piede nel mondo cosiddetto reale (dove ha fatto il giornalista, vive a Imola con Tiziana, ha un figlio di nome Jan) e un altro piede in quella che di solito si chiama fantascienza (ne ha scritto con Riccardo Mancini e Raffaele Mantegazza). Con il terzo e il quarto piede salta dal reale al fantastico: laboratori, giochi, letture sceniche. Potete trovarlo su pkdick@fastmail.it oppure a casa, allo 0542 29945; non usa il cellulare perché il suo guru, il suo psicologo, il suo estetista (e l’ornitorinco che sonnecchia in lui) hanno deciso che poteva nuocergli. Ha un simpatico omonimo che vive a Bologna. Spesso i due vengono confusi, è divertente per entrambi. Per entrambi funziona l’anagramma “ride bene a librai” (ma anche “erba, nidi e alberi” non è malaccio).

Un commento

  • Dopo l’articolo http://www.micromega.net/jazz-68-muse-mingus (poi ripreso in “bottega”) ho ricevuto questo bel messaggio:

    caro Barbieri,
    notiamo con piacere che nel suo bell’articolo su Micromega lei cita il nostro Comitato UNESCO Jazz Day a proposito di Mingus e la balena.
    La questione delle 56 balene arenatesi sulla costa messicana nel ’79 nei giorni in cui Mingus moriva in Messico a 56 anni viene citata per prima da Joni Mitchell nell’LP MIngus; chissà perché a volte si crede a leggende false come le monete da 3 euro e non si crede a storie vere al 100% credendole leggende: l’uomo moderno forse è in overdose da informazioni (e in crisi di astinenza da cultura?) e ha dimenticato l’istinto che spesso invece fa annusare la verità e la menzogna?
    «Quando sei in dubbio, Meriadoc, segui il tuo naso» (Gandalf). Il mio naso mi diceva che era vero; così qualche anno fa ho convinto la mia compagna Chiara Carboni, con me nel Comitato insieme all’amico e giornalista Maurizio Mini, a fare ricerche approfondite: consultando quotidiani d’epoca abbiamo scoperto che è tutto vero. Ecco il video che abbiamo realizzato in occasione dell’istituzione del Charles Mingus Day in cui, alla fine, si accenna ai quotidiani americani che riportarono la notizia.
    L’animaccia nera – anzi multicolore – di Mingus, caro Barbieri, vive dentro una balena; enorme, goffa, sonora, profondissima, inquieta, a volte violenta e irascibile. Mingus è una delle migliori incarnazioni dello spirito del ‘900. Complesso fino al parossismo, invadente, creativo per necessità, cosmopolita per nascita, geneticamente arzigogolato, zeppo di contraddizioni, di bellezza eterea e sublime e di fango, sudore, sangue e lacrime; ma per niente comunicativo ne’ politically correct, introverso e romantico. Un amore; in molti nel jazz italiano lo amiamo e ritroviamo fra le nostre stesse cose tante cose sue, per caso, per contagio e risonanza per simpatia.
    Mi piacerebbe raccontarle i dettagli delle nostre iniziative a Livorno durante «Aprile – Mese del Jazz». In particolare il 22 – centenario di Mingus – al Museo di Storia Naturale del Mediterraneo conferenza di Bruno Tommaso alle 21 e a seguire concerto di alcuni dei migliori allievi del conservatorio Mascagni e di Nino Pellegrini (mio fratello) nei pressi della balena.
    Keep on swinging! Andrea Pellegrini

    Chi legge immaginerà che ricevere messaggi così è galvanizzante. Dopo aver ringraziato Pellegrini contavo oggi (22 aprile 2022, appunto centenario di Mingus) di andare nei pressi della “jazz balena” livornese – e ho subito pensato: ho una fortuna sfacciata, vado quasi “in culo alla balena” – ma alla fine devo desistere per una serie di imprevisti. Sarà per l’anno prossimo. Beato o beata chi stasera ci andrà: swingate anche per me. Ah um.
    db (Daniele Barbieri)

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *