«Una pinta d’inchiostro irlandese»
Franco Ricciardiello sul meta-romanzo di Flann O’Brien (alias Brian O’Nolan) – Libri da recuperare: 28esima puntata (*)
Flann O’Brien è il nom de plume del giornalista Brian O’Nolan (1911-1966) che dal 1940 e fino alla morte tiene una rubrica satirica sul quotidiano The Irish Times di Dublino, alternando l’inglese alla lingua irlandese: è conosciuto ai suoi contemporanei più per questa rubrica che per i romanzi, rimasti incompresi per lungo tempo.
O’Nolan lavora per il governo dello Stato Libero d’Irlanda, che ha appena ottenuto l’indipendenza all’interno del Commonwealth a seguito di una dura guerra civile; gli irlandesi in questi anni tendono a un recupero delle tradizioni culturali e folcloristiche autoctone in contrapposizione con la dominazione inglese. La sua scrittura si inserisce idealmente nel solco del suo più famoso connazionale, James Joyce, che diventerà anche uno dei personaggi di un successivo romanzo di O’Brien, L’archivio di Dalkey.
Nel 1939 esce il suo primo romanzo Una pinta di inchiostro irlandese (At Swim-Two-Birds) interamente composto con personaggi tratti da altri autori: fu decisamente un insuccesso commerciale ma rappresenta un autentico prototipo di meta-fiction. I suoi protagonisti che si ribellano alla volontà dell’autore non possono non ricordare le opere dell’altro grande irlandese suo contemporaneo, Samuel Beckett, che infatti si annovera tra coloro che apprezzarono l’opera.
L’idea che un libro dovesse avere un solo inizio e una sola fine, non mi convinceva. Un buon libro poteva avere tre inizi completamente diversi, collegati tra di loro soltanto nella prescienza dell’autore, e finire, se necessario, in trecento maniere diverse.
Già nel primo paragrafo il protagonista senza nome e narratore che racconta in prima persona, mette in chiaro che non si tratta di un romanzo come tutti gli altri, e propone tre brevi incipit molto differenti uno dall’altro. Il narratore è uno studente di letteratura inglese che vive in casa con lo zio, il quale gli rimprovera la mancanza di applicazione. Lui in realtà è interessato alla scrittura; sottopone al giudizio di un amico una breve parodia scritta nello stile delle leggende irlandesi, che racconta di Finn McCool, cioè Fionn Mac Cumhaill, invincibile eroe della mitologia, che non a caso appare anche in più di un passaggio del Finnegan’s Wake di Joyce.
Il narratore spiega all’amico Brinsley la propria teoria sul romanzo, che ci fa capire quanto la ricerca linguistica di O’Brien parta da premesse coscienti:
Un romanzo soddisfacente deve essere una non celata mistificazione, in modo da permettere al lettore di regolare a volontà il grado della sua credulità. È antidemocratico costringere i personaggi a essere uniformemente buoni o cattivi o poveri o ricchi.
Una non celata mistificazione, perché è costituente integrante del postmoderno lo svelamento di quanto la letteratura sia costruzione. Scrive Jorge Luis Borges in Cuando la ficción vive en la ficción (1939), segno che il postmoderno comincia a riflettere sulla propria essenza:
Ho elencato molti labirinti verbali, ma nessuno è così complesso come il recente libro di Flann O’Brien, At Swim-Two-Birds. Uno studente a Dublino scrive un romanzo sul proprietario di un pub di Dublino, che scrive un romanzo sugli habitués del suo pub (tra questi, lo studente), che a loro volta scrivono romanzi in cui barista e studente figurano insieme ad altri scrittori e altri romanzieri. Compongono il libri i manoscritti estremamente diversi di queste persone reali o immaginarie, copiosamente annotati dallo studente. A Swim-Two-Birds non è solo un labirinto; è una discussione sui molti modi di concepire il romanzo irlandese e un repertorio di esercizi in versi e in prosa che illustrano o parodiano tutti gli stili dell’Irlanda. L’influenza autoriale di Joyce (architetto di labirinti, anche; Proteo letterario, anche) è innegabile, ma non sproporzionata in questo molteplice libro.
Arthur Schopenhauer ha scritto che il sogno e la veglia sono le pagine di uno stesso libro, e che leggerle nell’ordine è vivere, e sfogliarle a caso è sognare. Dipinti all’interno di dipinti, libri che si ramificano in altri libri ci aiutano a intuire questa identità.
Lo zio, che lavora alla fabbrica di birra Guinness, non ha tutti i torti a sospettare del nipote, che dopo avergli chiesto cinque scellini per acquistare un libro di Heine, Die Harzreise, si lascia convincerne a giocare alle corse dei cavalli (tra l’altro, vince).
In realtà lo studente è impegnato a scrivere un romanzo. Il protagonista è Dermot Trellis, proprietario dell’Albergo del Cigno rosso, a sua volta impegnato a scrivere un libro:
Trellis, risposi imperturbabile, sta scrivendo un libro sul peccato e sul prezzo del peccato. È un filosofo e un moralista. È profondamente disgustato dall’ondata di delitti sessuali e di altro genere che in questi ultimi tempi ha invaso i giornali; in special modo quelli pubblicati il sabato sera.
Nessuno leggerà una roba simile, disse Brinsley.
Sì, la leggeranno, risposi. Trellis vuole che tutti leggano questo libro salutare. Egli capisce che un opuscolo puramente moralistico non può colpire la massa dei lettori. Di conseguenza ha deciso di riempire il suo libro di porcherie. Ci saranno per lo meno sette tentativi di atti osceni subiti da ragazze giovanissime, e una quantità illimitata di parole turpi. Ci sarà inoltre del whisky e della birra in quantità.
Il protagonista del libro di Trellis è John Furriskey, «un personaggio depravato, il cui compito è quello di violentare donne e comportarsi in ogni momento in maniera indecente.» In realtà nei brevi passi del libro che leggiamo Furriskey non sembra così malvagio, dal momento che è persino in grado di innamorarsi della giovane domestica Peggy, a sua volta insidiata da un uomo anziano. I personaggi del libro di Trellis sembrano complottare contro lo scrittore, e decidono di ribellarsi mentre lui è addormentato.
La narrazione oscilla in continuazione tra tre livelli di ambientazione (il mondo dello studente, il mondo di Trellis e il mondo di Furriskey), specialmente tra il primo e il terzo, con l’aggiunta di numerosi episodi più o meno lunghi che divagano verso trame minori, e chiamano in causa personaggi della ricca mitologia irlandese. Inoltre, Furriskey e i personaggi del suo livello sono continuamente in interazione con il livello superiore: avendo scoperto, per esempio, che quando Trellis è addormentato è libero di scrollarsi di dosso il proprio ruolo narrativo, in particolare di vivere in maniera romantica la storia d’amore con Peggy, Furriskey fa in modo che lo scrittore rimanga a letto il più possibile, incosciente.
La narrazione si arresta di frequente per lasciar spazio a spiegazioni, documenti apocrifi (in genere frammenti del romanzo), considerazioni dello studente su quanto gli succede intorno.
Tra i fautori del romanzo, oltre a Joyce e Borges, si possono contare Graham Greene e Anthony Burgess, che lo include nella propria lista Ninety-nine Novels, il meglio della produzione inglese dal 1939 al 1984.
Una pinta d’inchiostro irlandese: traduzione di J. Rodolfo Wilcock; ultima edizione Adelphi 1993
(*) L’idea di questa rubrica è di Giuliano Spagnul: «… una serie di recensioni per spingere alla ristampa (o verso una nuova casa editrice) di libri fuori catalogo, preziosi, da recuperare». Ecco l’elenco:
1 – Gunther Anders: «Essere o non essere» (2 aprile) di Giuliano Spagnul
2 – L’epica latina: Daniel Chavarrì a (14 aprile) di Pierluigi Pedretti
3 – «Poema pedagogico» di Anton Makarenko (30 aprile) di Raffaele Mantegazza
4 – «Il signore della fattoria» di Tristan Egolf (12 maggio) di Francesco Masala
5- «Chiese e rivoluzione in America latina» (26 maggio) di David Lifodi
6 – «Teatro come differenza» di Antonio Attisani (9 giugno) ancora di Giuliano Spagnul
7 – «Dizionario della paura» di Marcello Venturoli e Ruggero Zangrandi (23 giugno) di Giorgio Ferrari
8 – «Arrivano i nostri» di Dario Paccino (il 7 luglio) di Giorgio Stern
9 – «Un debole per quasi tutto» di Aldo Buzzi (21 luglio) di Pierluigi Pedretti
10 – «Protesta e integrazione nella Roma antica» (4 agosto) di Giuliano Spagnul
11 – Athos Lisa: «Memorie» (18 agosto) di Gian Marco Martignoni
12 – «Le donne del millennio»: un’antologia con… (1 settembre) di Giulia Abbate
13 – «Gli antichi Greci» di Moses Finley (15 settembre) di Lella De Marco
14 – «La vita è sovversiva» di Ernesto Cardenal (29 settembre) di David Lifodi
15 – «Il cammino dell’umanità» di Angelo Brelich (13 ottobre) di Giuliano Spagnul
16 – «325mila franchi» di Roger Vailland (27 ottobre) di db
17 – «La favolosa Hollywood» di Otto Friedrich (10 novembre) ancora di Spagnul
18 – «Coscienze di mulini a vento» di Flavio Almerighi (24 novembre) di Lucia Triolo
19 – Charles Bettelheim: «Le lotte di classe in Urss» (8 dicembre) di Mauro Antonio Miglieruolo
20 – «Le note, vol. 2» di Ludwig Hohl (22 dicembre) di Francesco Masala
21- «Plotone di esecuzione» di Enzo Forcella e Alberto Monticone (5 gennaio) di Daniele Barbieri
22- «I giorni» di Taha Hussein, con un occhio ad… (19 gennaio) di Karim Metref
23 –«America latina: l’arretramento de los de arriba» (2 febbraio) di David Lifodi
24 – «Sardigna ruja» (e non solo) di Gianfranco Pintore (16 febbraio) di Francesco Masala
25 – «Metti l’aquila a dormire» di Marge Piercy (2 marzo) di Giuliano Spagnul
26 – Erich Fromm e «L’Umanesimo Socialista» (30 marzo) di Gian Marco Martignoni
27 – «La moneta…» di John Kenneth Galbraith (13 aprile) di Francesco Masala
Ci siamo dati una scadenza quattordicinale, all’incirca. Se qualcuna/o vuole inserirsi troverà le porte aperte. [db per la “bottega”]