Ecuador: lo sciopero piega Guillermo Lasso
Iniziata il 13 giugno, la mobilitazione della Conaie ha sfidato per tre settimane la repressione di Palacio de Carondelet contro i movimenti sociali. Lo scorso 1° luglio le organizzazioni popolari sono riuscite a veder riconosciute la maggior parte delle loro richieste. Torneremo presto a parlarne in “bottega”.
di David Lifodi (*)
Foto: https://rebelion.org/
In Ecuador lo sciopero ad oltranza non si è arrestato fino al 1° luglio. Dopo quasi 3 settimane di mobilitazione, la violenta repressione del presidente Lasso, caratterizzata da molteplici violazioni dei diritti umani, da detenzioni arbitrarie e dall’aperta volontà di mostrare il pugno di ferro, le organizzazioni popolari non si sono fatte intimidire.
Tutto è iniziato il 13 giugno scorso quando la Conaie (Confederación de Nacionalidades Indígenas del Ecuador) ha presentato dieci richieste ineludibili a Guillermo Lasso, a partire dallo stop alla privatizzazione dei servizi strategici del paese fino all’urgenza di misure riparatorie contro l’estrattivismo minerario che, sotto le ultime presidenze, ha goduto di molteplici benefici. Per tutta risposta, il giorno successivo, il governo ha deciso di arrestare Leonidas Iza, volto storico della Conaie e dei movimenti sociali del paese.
La situazione attuale è molto simile alla grande mobilitazione dell’ottobre 2019 contro le misure di austerità imposte dal Fondo monetario internazionale e subito approvate senza fiatare dal governo dell’allora presidente Lenin Moreno.
Contemporaneamente, pochi giorni fa, mentre el banquero-presidente Lasso annunciava una minima riduzione del prezzo del combustibile, peraltro non nella misura auspicata dalla Conaie, dagli studenti e dai movimenti sociali, l’Assemblea nazionale ha votato per la destituzione dello stesso Lasso.
Leonidas Iza, successivamente rilasciato dopo l’arresto del 14 giugno, ha garantito che la protesta non si fermerà fino a quando il governo non accoglierà le richieste della Conaie, definita provocatoriamente dal ministro dell’Interno Patricio Carrillo come “l’antitesi allo stato di diritto”. Oltre ad una reale riduzione del prezzo del combustibile, la Conaie chiede una strategia per una transizione energetica democratica, popolare e realmente sostenibile, la pianificazione di un’alternativa ai combustibili fossili, l’impegno a concepire l’energia come un “diritto” e non come mercancia, la fine alle politiche antioperaie e antisindacali, la tutela, a livello sociale, politico ed economico di donne, piccoli agricoltori, comunità contadine, indigene e afrodiscendenti, un piano di trasporto pubblico che venga incontro alle fasce sociali più deboli del paese e la convocazione di una consulta popular sulle attività estrattive, a partire dallo sfruttamento dello Yasunì.
La risposta alla mobilitazione della Conaie, che andava montando ormai da mesi, è stata violenta sia a livello verbale (alle accuse di “ribellione” e di “interruzione di pubblico servizio” si è aggiunta quella di voler “vandalizzare” il paese) sia a livello di repressione sul campo. Solo pochi giorni dopo l’inizio delle proteste contro il governo Lasso l’Alianza de Organizaciones por los Derechos Humanos contava già 5 morti, 166 feriti, 123 arrestati e 68 casi di violazioni dei diritti umani.
Attualmente il consenso di Guillermo Lasso tra la popolazione non supera il 20%, soprattutto perché, nel corso del tempo, le misure antipopolari adottate, la corruzione nella classe politica, ma anche tra le forze militari e di polizia, la crescente insicurezza nel paese e i ripetuti massacri nelle carceri, dove la situazione, ormai da tempo, è diventata esplosiva, hanno contribuito a far alzare il livello della tensione.
Il paese è ostaggio di un governo che, progressivamente, ha imposto lo stato d’assedio a tutto il paese. Si attendono risultati dalla convocazione della Conferenza episcopale ecuadoregna in qualità di mediatrice tra governo e organizzazioni popolari, ma il governo Lasso, insediatosi poco più di un anno fa a Palacio de Carondelet autodenominandosi, in maniera poco credibile , come l’”esecutivo dell’incontro”, in realtà si è sempre tirato indietro di fronte al dialogo auspicato dalla Conaie.
Le ultime notizie provenienti da Quito evidenziano che lo stesso Lasso ha autorizzato un ulteriore utilizzo progressivo della forza da parte di polizia ed esercito, incluso l’uso di armi da fuoco, ed ha accusato le organizzazioni popolari di essere pronte al golpe, ricevendo lo sconcertante sostegno dell’Osa (Organizzazione degli Stati americani), che, seppur in maniera più moderata, si è comunque proclamata equidistante tra le parti in causa. A questo proposito, Francesco Martone ha invitato ong e società civile a far sentire la loro voce scrivendo all’ambasciata dell’Ecuador in Italia per chiedere che si metta fine alla repressione e che si aprano le porte di un vero negoziato.
Non è la prima volta, nella storia del paese, che la Conaie organizza scioperi e mobilitazioni sociali a tempo indefinito. Prima dell’estallido social del 2019, a seguito del quale il predecessore di Lasso, Moreno, era rimasto miracolosamente al potere, il più grande movimento indigeno dell’Ecuador aveva fatto cadere Bucaram (1997), Mahuad (2000) e Gutiérrez (2005).
“No queremos diez centavos, queremos resultados”, insiste la Conaie, di fronte alle misure del tutto insufficienti prese finora dal governo. Per adesso, il paro indefinido non si arresta, ma la repressione governativa nemmeno.
(*) Fonte: Peacelink
AGGIORNAMENTO DELL’ULTIM’ORA:
Il governo ha ceduto, almeno momentaneamente, su buona parte delle rivendicazioni della Conaie, ma ovviamente non c’è da fidarsi né di Guillermo Lasso né dei suoi ministri.
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