Il tramonto dell’Occidente (all’ombra della Nato)

articoli e video di Jan Oberg, Piergiorgio Odifreddi, Manlio Dinucci, Enrico Vigna, Enrico Peyretti, Lucio Caracciolo, Fabrizio Verde, Maurizio Crozza, Maksim Karev, Marco d’Eramo, Antonino Drago, John Pilger, Jake Lynch, Marco Aime, Stefano Orsi, Vincenzo Costa, Davide Rossi, Per Un’Altra Città, Fabio Mini, Rafael Poch, Vittorio Rangeloni, Bansky, Alessandro Ghebreigziabiher, Marinella Correggia, Ulf Sparrbåge, Andrea Zhok

 

 

 

L’Europa sull’orlo del disastro… Germania e Francia devono difendere la pace in Ucraina – 12 novembre 2021

 

E’ terribile la noncuranza dell’Europa su una questione fondamentale per la propria sicurezza. La situazione in Ucraina sta diventando sempre più esplosiva, eppure l’Unione Europea non sta facendo nulla per scongiurare il pericolo. Di fatto, possiamo dire che il blocco sta aumentando il pericolo di uno scontro e di una guerra.

Le tensioni geopolitiche nel continente sono intensificate da una crisi al confine tra Bielorussia e Polonia, crisi che l’Unione Europea ha esacerbato [in inglese] per ciniche ragioni politiche. Tali tensioni si aggiungono all’instabilità in Ucraina e nella regione del Mar Nero.

Venerdì i ministri degli Esteri e della Difesa russi incontreranno a Parigi le loro controparti francesi, per dei colloqui formato “2 più 2” sotto l’egida del Consiglio per la Cooperazione Russo-Francese. In cima all’agenda ci saranno le sfide alla sicurezza regionale derivanti dal conflitto ucraino.

In vista dell’incontro, il Ministro degli Esteri Sergey Lavrov ha strigliato [in inglese] Francia e Germania perché “indeboliscono” le prospettive di pace in Ucraina.

Russia, Francia e Germania sono i garanti degli Accordi di Minsk del 2015, che stabiliscono un piano d’azione per la soluzione pacifica della guerra civile in Ucraina. Quella guerra è scoppiata nel 2014, lo stesso anno in cui gli Stati Uniti e l’Unione Europea hanno appoggiato il colpo di Stato a Kiev. L’allora neo-insediato regime iniziò la guerra nella regione del Donbass, nel sud est dell’Ucraina, perché la popolazione di etnia russa non riconosceva il nuovo governo.

In base agli Accordi di Minsk, il regime di Kiev è obbligato ad osservare il cessate il fuoco e ad accettare l’autonomia politica delle province del Donbass, Donetsk e Lugansk. Gli accordi non sono stati attuati, nonostante l’elezione a Presidente di Vladimir Zelensky nel 2019 e la sua promessa di dare priorità alla ricerca di una pacifica soluzione politica. Le promesse elettorali dell’ex comico televisivo si sono rivelate uno scherzo crudele.

Non solo è stato ignorato l’obbligo degli Accordi di Minsk, ma il regime di Zelensky ha anche fatto di tutto per sminuire gli accordi stessi. Sotto il suo comando, le forze armate ucraine hanno continuato a violare i presunti obblighi al cessate il fuoco sulla linea di contatto con la regione del Donbass. Secondo gli osservatori dell’OSCE, l’esercito del regime di Kiev ha violato ogni giorno il presunto cessate il fuoco, con migliaia di episodi nelle ultime settimane. Inoltre, secondo quanto riferito [in inglese], l’esercito di Kiev ha reintrodotto le armi di grosso calibro nelle vicinanze della linea di contatto, in eclatante rifiuto dei termini del cessate il fuoco.

La cruda verità è che Francia e Germania hanno chiuso un occhio su queste molteplici e sistematiche violazioni degli Accordi di Minsk da parte del regime di Kiev. Inoltre, la noncuranza e la rinuncia agli obblighi in quanto garanti dell’accordo di pace sono servite ad incoraggiare il regime di Kiev ad alimentare l’ambizione di trovare una soluzione militare alla guerra civile, in corso da otto anni. In breve, le potenze europee stanno alimentando un conflitto più grande nel loro stesso continente.

Parliamoci chiaro, la prospettiva di una guerra più ampia è spaventosa. Il regime di Kiev viene pesantemente fornito di armi pesanti dagli Stati Uniti. Gli Stati Uniti e i loro alleati NATO stanno mobilitando forze militari nel Mar Nero, con navi da guerra e aerei da combattimento e da ricognizione. Questa settimana, degli aerei da ricognizione americani e inglesi, del tipo utilizzato per coordinare le operazioni d’attacco, hanno sorvolato i confini russi ad un livello mai visto. Mosca avverte che la sua sicurezza nazionale è sempre più minacciata, e che ogni errore di valutazione è soltanto un modo per defilarsi.

Anche l’assurdità del governo americano è parte dell’offensiva. Questa settimana, il Segretario di Stato americano Antony Blinken ha diffuso un avviso [in inglese] in cui dichiarava che le forze militari russe si stanno radunando (attenzione, sul loro stesso territorio!) e stanno pianificando di “invadere l’Ucraina”. Blinken ha dichiarato: “Non ci sono chiare le intenzioni di Mosca, ma noi conosciamo la sua strategia”. La confusa contraddizione è una provocazione ridicola, se non fosse sconsiderata.

In una telefonata di questa settimana, il Presidente Vladimir Putin ha detto [in inglese] alla Cancelliera tedesca Angela Merkel che gli Stati Uniti e la NATO stanno alimentando l’instabilità e le pericolose tensioni in Ucraina e nel vicino Mar Nero. E’ lampante che sta aumentando il rischio di una guerra. Dove sono, però, le voci europee che chiedono buon senso e una urgente de-escalation?

La prevalente dinamica incendiaria che deriva dall’eccessivo accumulo di forze americane e NATO alle porte della Russia sta solo incentivando [in inglese] il regime di Kiev ad ignorare ulteriormente il percorso della pace in Ucraina. Esiste un pericolo davvero reale che il conflitto esploda nel paese, e diventi una guerra totale. In quel caso, gli Stati Uniti e la Russia saranno trascinati in questa palude. E, ancora una volta, l’Europa sarà un campo di battaglia con conseguenze disastrose.

Il secolo scorso ha visto scoppiare due guerre mondiali in Europa. Un fattore fondamentale in quelle conflagrazioni è stata la criminale noncuranza dei leader europei nell’evitare la catastrofe.

Oggi, c’è l’allarmante eco di una simile noncuranza tra le autorità tedesche e francesi, con riferimento ai loro obblighi nel sostenere la pace in Ucraina. Loro, invece, stanno accondiscendendo al regime reazionario di Kiev e alle assurde provocazioni degli Stati Uniti.

I leader europei non sono semplicemente dei sonnambuli che camminano verso l’abisso. Hanno gli occhi ben aperti, ma semplicemente sono troppo vigliacchi per vedere e agire. Si vergognino!

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Editoriale pubblicato su Strategic Culture il 12 novembre 2021
Traduzione in italiano a cura di Elvia Politi per 
Saker Italia.

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Perché la NATO è antiquata, pericolosa e merita di essere abolita -Jan Oberg

 

Valutiamo la reazione NATO all’azione militare russa in Ucraina, sconsiderata e in violazione del diritto internazionale. Da un punto di vista analitico del conflitto è ragionevole dire che la Russia è responsabile della guerra ma che la NATO con la sua espansione noncurante, contro tutte le promesse fatte alla Russia e una serie di ammonimenti d’esperti è responsabile del conflitto soggiacente.

Si può tranquillamente concludere che la reazione occidentale/NATO è andata aldilà del principio di proporzionalità, della razionalità e di un’immagine realistica del mondo e del proprio ruolo in esso.

I leader NATO esprimono odio illimitato per qualunque cosa di russo; sono state imposte sanzioni economiche storicamente dure e illimitate nel tempo – usando il metodo illegale del castigo collettivo; s’immettono in Ucraina armi per 60-100 miliardi di dollari per sconfiggere lì la Russia. La NATO ci ha aggiunto 350 miliardi di dollari in spese militari dal cambiamento di regime istigato dagli USA a Kiev nel 2014 e da allora ha preparato l’Ucraina per un ruolo nella NATO. L’obiettivo del 2% [del PIL in spese militari richiesto da Trump nel 2018 ai membri NATO – ndt] è ormai una base acquisita, non un punto tendenziale. Le forze di reazione avanzata aumenteranno da 40mila a 300mila; le truppe USA in Europa passeranno a 100mila. Le riserve russe in Occidente  – circa 300 miliardi di dollari – sono congelate e saranno probabilmente appropriate per la ricostruzione dell’Ucraina. La Russia è ad ogni scopo pratico cancellata dall’Europa.

Secondo l’Alto Commissario ONU per i Diritti Umani, i morti in Siria sono 310mila ma meno di 5mila in Ucraina. La Guerra al Terrore USA è costata un milione di vite e ha costretto 35-50 milioni di persone a diventare profughi o internamente sfollati.

 

Pare che abbiamo a che fare con un’istituzione militarista antiquata dimostratasi incapace di creare pace – avendoci provato dal 1949 – e che viola quotidianamente il suo stesso Trattato costitutivo..

I membri TFF e io stiamo lavorando a un resoconto più ampio – ”Il Catalogo per l’Abolizione NATO” – con articoli, video e argomentazioni sul perché sia tempo di abolirla e creare qualcosa del tutto nuovo. Sosteniamo inoltre che la NATO odierna post-Ucraina è la singola istituzione più pericolosa sulla Terra.

I decisori e media mainstream occidentali sembrano considerare proprio ruolo semplicemente vendere la NATO. Di rado, se mai, trattano la NATO come tale, i suoi lati forti e deboli. Sarebbe naturale un esame di un’istituzione 73enne, come ci sono da decenni dibattiti su come riformare l’ONU. Ma è difficile trovare una critica alla NATO in quanto tale. Coerentemente, la NATO viene chiamata alleanza “difensiva”. Ci si deve davvero chiedere come si sia instaurato l’uso sistematico di tale aggettivo presso tutti i media mainstream, visto che non esiste alcuna valida definizione di difensività che possa in alcun modo comprendere la NATO.  Analogamente, si dà per scontato che la NATO abbia contribuito alla pace. Ma che tipo di pace? Quali altri fattori ci hanno contribuito – ed è per giunta sensato usare la parola ’pace’ per l’odierno spazio euro-atlantico?

La NATO semplicemente esiste. È una Salvatrice. Come Dio esiste nella vita dei credenti che possono quindi aspettarsi la salvezza. I suoi valori fondamentalmente militaristi per i contribuenti (che la finanziano) sono convincenti del suo ruolo benevolo e innocente come Creatrice di stabilità, sicurezza e pace – per ripetere il mantra gratuito del proprio Segretario Generale a virtualmente ogni conferenza stampa.

Mentre ci possono essere – e ci sono stati – dibattiti filosofici intelligenti su come sia un mondo senza Dio, non c’è ancora stata un’ampia discussione su come possa essere un mondo senza NATO.  Ossia, per metterla in altro modo, la NATO è diventata una specie di Dio per coloro che ci credono e c’è un sacerdozio accademico, mediatico e politico che la propaga a tal punto che non esiste quasi un’analisi razionale, significativa di quel che ha di buono e di mica tanto tale. Il membro TFF David R. Loy ha un approccio più filosofico – buddhista – al militarismo e scrive in “Perché amiamo la guerra”:

“Se il nostro mondo moderno, secolarizzato è afflitto da un senso di carenza non riconosciuto e perciò frainteso, non sorprende che anche la guerra continui ad essere così attraente, perfino assuefacente. La guerra può darci il senso che bramiamo, perché fornisce un modo rassicurante di capire quel che non va nella nostra vita. La guerra offre un modo semplice di legare assieme le nostre carenze individuali e proiettarle al di fuori, sul nemico. Cattivo perché vuol farci male. Dato che stiamo solo difendendoci, possiamo sentirci a nostro agio a proposito di quel che gli facciamo. Il karma che ne risulta non è difficile da capire: la causa di ciascuna guerra è la di solito la guerra precedente, almeno in parte.   Se la guerra è una risposta collettiva al nostro problema collettivo con le carenze, non ci possiamo aspettare che la guerra cessi finché troviamo modi migliori di trattare quel problema spirituale basilare.”

L’irriflessiva credenza contemporanea dell’Occidente nella violenza come soluzione – o il militarismo come nuova religione secolare che promette la salvezza – e il bisogno psico-politico della nostra cultura di costante immaginazione di un nemico sovente per pura proiezione dei propri lati bui – deve pur provenire da qualche parte: forse la carenza di senso e il bisogno di assieparsi attorno a qualche valore e qualche politica. Pensiamo solo all’ “Ucraina”, diventata il singolo avvenimento che ha radunato, almeno per un po’, l’Occidente, altrimenti piuttosto in declino e frammentato.

Ciò è di particolare rilevanza anche perché la NATO è un’alleanza basata sulle armi nucleari, un’alleanza in grado di spazzar via ripetutamente l’umanità – cioè far danno ben fuori dal proprio circolo di stati membri. E inoltre un’alleanza che si riserva il diritto di usare per prima le armi nucleari addirittura contro un attacco convenzionale.  Ed è un’alleanza guidata dagli Stati Uniti con tanto d’impero globale, con le spese militari maggiori della storia umana – circa il 40% delle spese militari mondiali – che insiste nell’essere la potenza globale incontestata con oltre 600 basi militari in oltre 130 paesi e forze speciali in ancor di più.

In altre parole, pur essendoci una tendenza a considerare la NATO come un’alleanza a predominanza euro-atlantica essendo tutti i suoi membri eccetto uno europei, è di fatto una istituzione militare di proiezione globale di potere a causa della portate globale e delle ambizioni imperiali dei suoi leader. Vediamo bene come l’articolo 5 sia di fatto valso per l’Ucraina, benché non membro NATO. E al vertice NATO di Madrid e altrove in ambito NATO, la Cina sia nominata il Nemico # 1 in futuro.

Per surreale o bizzarra che possa sembrare, l’idea che la NATO potesse essere contendente in un conflitto con la Russia è anche piuttosto estranea a sé stessa e a gran parte dei suoi patrocinanti. La coreografia mediatica è semplice: per principio, la NATO non ha mai fatto alcunché di sbagliato e non fa che continuare a promuovere “sicurezza, stabilità e pace” mentre la Russia e il suo presidente agiscono da costanti rompiscatole. È quasi come un proprietario di abitazione che non è in conflitto con un ladro – un criminale – ma deve proteggere sé e la famiglia dai piani criminosi del ladro. In confronto all’essere in un conflitto, quest’autocomprensione solleva il presunto innocente da qualunque senso di responsabilità.

Da ciò nasce l’idea simbolica che la NATO sia una specie di assicurazione sulla casa. Sebbene un indennizzo assicurativo venga pagato solo dopo l’evento indesiderato e a distruzione avvenuta. Le assicurazioni comunque non evitano l’incidente, sicché anche questo è pura assurdità, eppure anch’essa mai trattata.

Contrariamente ai concetti e immagini positivi mainstream, pervasivi ma infondati sulla NATO, disseminati a milioni virtualmente su base quotidiana, c’è assolutamente nulla di sacrosanto in quella vecchia istituzione. E in contrasto all’atteggiamento dei pii credenti in quel loro Dio, la NATO può e deve essere criticata. E sostituita. Discutiamo del mondo post-NATO.

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Gli assassinati, gli scomparsi, i torturati. La macchina del terrore in Ucraina – Enrico Vigna

 

I Parte: Gli assassinati, gli scomparsi, i torturati.

“Caccia all’uomo” attuata in Ucraina, con metodi terroristici e persecutori, contro antifascisti, giornalisti, democratici, donne e attivisti per la pace, padri ortodossi, comunisti, socialisti o chiunque non sia assoggettato alla giunta golpista.

Il 24 febbraio la SBU ha ufficialmente dato ordine, in tutte le città dell’Ucraina di arrestare e colpire qualsiasi tipo di oppositori che esprimano critiche alle politiche di Kiev, o che chiedono il rilancio dei principi degli accordi di Minsk, come unica possibilità di trovare e sostenere una soluzione negoziale del conflitto militare nel Donbass e proposte di cooperazione paritaria con la Russia, contro le politiche russofobe della giunta di Kiev e delle forze neonaziste. Nell’Ucraina golpista, sotto la direzione dei servizi di intelligence statunitensi, sono state stilate “liste” di cittadini e cittadine ucraini inaffidabili o sospettati di dissentire dalle scelte di Kiev. Elenchi con indirizzi e numeri di telefono, sono stati compilati in tutte le città e il dipartimento di controspionaggio della SBU e la direzione principale dell’intelligence del ministero della Difesa, sono i responsabili di questo lavoro. Sono state date istruzioni per sequestrare o colpire chiunque, sia anche solo sospettato di simpatia per la Russia, di propagandare idee comuniste, socialiste o antifasciste, di sostenere relazioni costruttive o proponga forme di cooperazione o amicizia con la Russia.

Si colpisce in modo indiscriminato e si stanno riempiendo centri di detenzione e tortura non conosciuti. L’indicazione, come è già avvenuto e viene documentato in questo dossier, è quella che, se ci sono resistenze, di sparare e uccidere senza indugi, come è già accaduto.

Il numero degli accusati di “violazione dell’integrità territoriale” è aumentato: da 5351 a 5962, cioè di 611 casi (l’articolo 110 perseguita principalmente blogger, giornalisti non ufficiali e chiunque abbia espresso un’opinione diversa dalla propaganda di stato). Cioè, ogni giorno 87 ucraini vengono accusati ai sensi di questo articolo. Il numero delle repressioni aumenta quotidianamente in modo rilevante. Anche il numero delle persone accusate di “alto tradimento” (articolo 111 del codice penale) è aumentato da 1075 a 1117. Cioè, nelle ultime settimane, una media di 6 cittadini al giorno sono stati accusati di “alto tradimento“. Il “tradimento” (art. 111 cp) è l’accusa politica più grave. Un cittadino accusato può finire in carcere per 15 anni o per tutta la vita.

Tutto questo sanguinoso lavoro è coordinato dal generale A. Poklad, capo del controspionaggio della SBU, in stretta collaborazione con le agenzie di intelligence statunitensi e britanniche. E per liberarsi da accuse di rappresaglie extragiudiziali, nei documenti riservati, ai vari rami locali della SBU si raccomandava di incaricare la Difesa Territoriale locale, composta dalle forze neonaziste e criminali comuni, di fare il lavoro più sporco. Ad esempio, sono loro, i “vendicatori del popolo” o “tribunali del popolo” che sequestrano e torturano, organizzano rappresaglie contro “traditori e rinnegati” dell’Ucraina, e che poi rivendicano e pubblicizzano sui social orgogliosamente. Veri e propri “squadroni della morte” di memoria sudamericana, già in funzione dal dopo Maidan.

La sua attuazione ha significato in questi mesi, un’ondata di migliaia di arresti, sequestri e rapimenti di politici di opposizione, giornalisti, attivisti per la pace, antifascisti, comunisti, socialisti, persino Padri ortodossi e personaggi pubblici dei Media ucraini, che ha investito il Paese. 

Inoltre, nei confronti di persone non troppo note, i “guardiani dell’ordine” neonazisti non si preoccupano nemmeno di avviare procedimenti penali. Nell’Ucraina golpista, una persona può essere uccisa e dichiarata “scomparsa”, oppure legata a un palo col nastro isolante, oppure torturata e picchiata a morte come “bandito” o perchè non ha gridato “Slava Ucraina”, motto degli ucronazisti dei tempi del Terzo Reich e oggi rappresentazione identitaria dei Battaglioni come Azov e similari, oppure per non aver pronunciato correttamente la parola “polyanytsya“.

Denunciando questa situazione, prima di scappare dal paese e poi essere arrestato in Spagna negli scorsi mesi, il deputato e leader del suo partito democraticoAnatoly Shariy aveva messo in guardia : “Non solo attivisti e fautori cadranno sotto questa daga di terrore, ma in generale, verranno colpiti anche tutti coloro che saranno denunciati dai vicini per i motivi più diversi, tutti quelli che una volta hanno espresso qualche opinione, tutti quelli che non hanno sostenuto abbastanza le autorità, ecc. .”.

L’ufficio del procuratore generale dell’Ucraina ha recentemente riferito sui risultati del suo lavoro. Dal 24 febbraio di quest’anno dall’inizio delle operazioni militari  russe per smilitarizzare e denazificare l’Ucraina, le autorità di Kiev hanno aperto 7.283 procedimenti penali ufficiali ( ci sono alcune migliaia di “scomparsi” non riconosciuti dalla SBU…) contro civili. Di questi, 1.653 casi si riferiscono a “violazione dell’integrità territoriale”, 453 per “alto tradimento“, 43 per “guerra aggressiva“, 56 per “sabotaggio“. Sotto tutte queste accuse di alto profilo, si celano atti di repressione politica da parte delle autorità contro qualsiasi forma di dissenso politico, informativo, civile o religioso.

Inoltre è stato anche legalizzata con la legge 7194, la confisca dei beni per chiunque sia sospettato di essere fautore della Russia.

Così la Rada ha legalizzato la rapina alla popolazione a livello istituzionale. Come si sa, in questi 8 anni, i militanti della Difesa territoriale ucraina e i battaglioni neonazisti erano già usi a saccheggiare e portare via con la forza, beni e proprietà di chiunque fosse indicato come “separatista“…

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Un papa invita al rifiuto della guerra – Enrico Peyretti

 

Per la prima volta un papa invita al rifiuto della guerra per ragioni morali, di coscienza. Non solo condanna la guerra (“inutile strage”), ma chiede – non ai governanti, ma ai soldati – di non farla, di disobbedire! Rivoluzione di Francesco contro la politica, anche democratica, che ha l’omicidio di massa tra i suoi mezzi regolari. Chiede ai giovani di boicittare, di disobbedire, di far fallire i governi di guerra.

In realtà, il papa si accoda ai movimenti per la pace attiva, per la criminalizzazione di ogni guerra, che lavorano nel mondo almeno da due secoli. Ma l’appoggio del papa dà voce. Per questo l’informazione conformista lo mette a tacere, parlando d’altro.

Francesco chiama i giovani, e anche noi vecchi, a fare la principale rivoluzione, quella che nessuna delle moderne rivoluzioni ha fatto (forse meglio di tutte ha fatto la rivoluzione femminista).

Francesco invita i giovani a disobbbedire agli ordini di guerra. Senza i soldati la guerra non si fa. La faranno con corrotti e venduti, anche per miseria, ma almeno non ci saranno persone libere. Faranno la guerra con gli schiavi, da far ammazzare purché ammazzino ben bene altri schiavi.

Gli uomini liberi annullano la guerra. Francesco propone come esempio Franz Jaegerstaetter che disobbedì a  Hitler, che quindi viene indicato come tipico comandante da non obbedire, come chi oggi comanda di fare la guerra. Non fu affatto l’unico, tanti furono i ribelli di coscienza, anche tedeschi, ma l’austriaco Franz (che Francesco cita insieme a Bonhoeffer) è un esempio chiaro.

Il papa boicotta il recultamento dei governi, per qualunque ragione di guerra.

Per lo più le religioni fanno accettare l’autorità politica anche se fa guerra. Era un peccato disobbedire ai capi, ora il papa chiede di fare questo “peccato”. Corregge una lunga tradizione. Non glielo perdoneranno. Dobbiamo difenderlo con la forza civile della parola umana.

La guerra con Francesco diventa un discrimine morale essenziale: o sei umano, o disumano! I giornali del conformismo fanno finta di non vederlo, chiacchierano del ginocchio e delle dimissioni o non dimissioni del papa, per non parlare della cosa più importante: il papa sta invitando le nuove generazioni ad una rivolta nonviolenta di coscienza contro la politica omicida, che ammette  tra i suoi mezzi la guerra, stragismo criminale sempre, senza mai più alcuna giustificazione.

Ci sono giustificazioni per ammazzare il nemico personale? No. E neppure per ammazzare il nemico politico del tuo stato. Ma se ti aggredisce? La storia indica altri mezzi nonviolenti, che i politici statal-bellici, anche democratici, non vogliono sapere. Perché?  Perché sono dipendenti servili dell’economia di guerra, anche i politici “democratici”…

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Gli squadroni della morte britannici in Afghanistan

 

tradotto da https://www.bbc.com/news/uk-62083196

Gli agenti della SAS in Afghanistan hanno ripetutamente ucciso detenuti e uomini disarmati in circostanze sospette, secondo un’indagine della Bbc.

Rapporti militari appena ottenuti suggeriscono che un’unità potrebbe aver ucciso illegalmente 54 persone in sei mesi.

La Bbc ha trovato prove che suggeriscono che l’ex capo delle forze speciali non abbia trasmesso le prove in un’indagine per omicidio.

Il ministero della Difesa ha affermato che le truppe britanniche “hanno servito con coraggio e professionalità in Afghanistan”.

La Bbc ha appreso che il generale Sir Mark Carleton-Smith, l’ex capo delle forze speciali britanniche, è stato informato delle presunte uccisioni illegali ma non ha trasmesso le prove alla Royal Military Police, anche dopo che l’RMP ha avviato un’indagine per omicidio tra lo squadrone del SAS.

Il generale Carleton-Smith, che è diventato capo dell’esercito prima di dimettersi il mese scorso, ha rifiutato di commentare questa storia.

Bbc Panorama ha analizzato centinaia di pagine di resoconti operativi della SAS, inclusi rapporti che coprono più di una dozzina di raid “uccidi o cattura” effettuati da uno squadrone SAS a Helmand nel 2010/11.

Gli individui che hanno prestato servizio con lo squadrone SAS in quel dispiegamento hanno detto alla BBC di aver visto gli agenti del SAS uccidere persone disarmate durante i raid notturni.

Hanno anche detto di aver visto gli agenti usare le cosiddette “armi a caduta” – AK-47 piazzati sulla scena per giustificare l’uccisione di una persona disarmata…

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Tutti pieni di guai. La guerra lunga – Rafael Poch

 

Che il conflitto in Ucraina segnerà una svolta geopolitica è parte del consenso generale, ma come avverà quella svolta e chi ne sarà protagonista? Il primo dato che ci ha offerto è stato l’isolamento della Russia. Quando nell’Assemblea generale delle Nazioni Unite si è votato sulla risoluzione che condanna la Russia per l’invasione, solo 5 paesi, Russia compresa, si sono espressi contro, 35 si sono astenuti e 135 hanno detto sì. Trasformare quella condanna in azioni concrete è sembrato tuttavia questione molto diversa: nessun paese sudamericano, africano o asiatico, ad eccezione del Giappone e della Corea del Sud, ha aderito alle sanzioni occidentali contro la Russia. Nemmeno i paesi su cui gli Stati Uniti esercitano una grande influenza, come Israele, Colombia, Messico, Arabia Saudita o Pakistan. Il fatto che la guerra economica contro la Russia sia questione strettamente della NATO – a cui si aggiungono solo Australia, Nuova Zelanda, Corea del Sud e Giappone – mostra dunque anche un altro isolamento nei confronti di quella che abitualmente si presentava come “la comunità internazionale”.

Dal suo nuovo “Concetto strategico” approvato al vertice di giugno a Madrid, la NATO definisce la Russia come “la più grande minaccia diretta alla sicurezza, alla pace e alla stabilità nell’area euro-atlantica” (la Cina viene vista invece come “minaccia agli interessi, alla sicurezza e valori”), un pronunciamento forte che però trova un’eco appena discreta. Nello stesso mese, i vertici del BRIC a Pechino o il Forum economico di San Pietroburgo hanno mostrato una notevole vitalità, occupandosi di rotte commerciali, di sistemi bancari e di pagamento alternativi indipendenti dal controllo finanziario occidentale, di alleanze economiche e approvvigionamento energetico. Le possibili analogie e le misure di prevenzione che in tutto il mondo non occidentale ha suscitato il furto delle riserve della Banca di Russia negli Stati Uniti (300 miliardi di dollari) e l’uso poliziesco dei sistemi di pagamento internazionali fomentano un fuggi fuggi dal dollaro e la creazione di un Fondo Monetario Internazionale per i Paesi del Bric.

Con l’attuale guerra aumentano dunque in modo significativo i sintomi di una secessione del Grande Sud Strategico rispetto all’Occidente allargato, rappresentato da un G-7 sempre meno capace di dettare le sue regole al resto del mondo. Le condizioni per quel tipo di processo dipendono da due aspetti fondamentali. 

In primo luogo, dal fattore della potenza cinese in ascesa, la cui economia, capacità di credito e importanza commerciale è già diventata abbastanza grande da presentare alternative per molti rapporti e forniture, compresa l’alta tecnologia, che prima erano di monopolio occidentale. Quel peso specifico della Cina fa della sua posizione nel conflitto – rispetto per la sovranità e l’integrità territoriale dell’Ucraina ma, allo stesso tempo, indicazione della radice del problema nel tema della sicurezza nei confronti della Russia e a spese della Russia in Europa, qualcosa che ha la capacità di trascinare. Dovendo soffrire lo stesso tipo di accerchiamento militare da parte degli Stati Uniti e dovendo correre lo stesso rischio di guerra lungo i suoi confini, e consapevole dell’importanza della sua “alleanza senza limiti” stabilita con la Russia a febbraio, la Cina ha respinto con forza le pressioni degli Stati Uniti e dell’Unione Europea affinché aderisse alle sanzioni contro la Russia. In aprile, la presentatrice della televisione cinese Liu Xin ha riassunto così quella richiesta: “Ci dicono ‘aiutami a combattere il tuo partner russo in modo che poi possa concentrarmi meglio contro di te’. Un mese dopo, il presidente Xi Jinping ha detto al cancelliere federale tedesco Olaf Scholz in una conversazione telematica che “la sicurezza europea deve restare nelle mani degli europei”. Un’urgenza del primo partner commerciale dell’Unione Europea perché si emancipa una volta per tutte. ha detto al cancelliere federale tedesco Olaf Scholz in una conversazione telematica che “la sicurezza europea deve essere nelle mani degli europei”. Un’ingiunzione perentoria da parte del primo partner commerciale dell’Unione Europea perché essa si emancipa una volta per tutte.

Il secondo aspetto riguarda le conseguenze impreviste contro gli autori delle sanzioni contro la Russia. L’esperienza storica delle sanzioni e dei blocchi occidentali contro paesi avversari, a Cuba, Iran o Corea del Nord (l’Unione Sovietica ne è sempre stata soggetta) è che, sebbene facciano molto danno e li rendano estremamente duri, non riescono a piegare i governi puniti. Con la Russia di oggi, la medicina è controproducente anche per chi la impone.

La Russia ha relativamente poche linee di approvvigionamento estere, una grande capacità di autosufficienza e un’enorme quantità di materie prime di cui è il principale fornitore delle economie occidentali, quindi queste – e in particolare quelle europee – si sono sparate sui piedi. Non si tratta solo di gas e petrolio, per i quali Mosca sta trovando mercati alternativi a quelli occidentali, ma di nichel, alluminio, argento, neon (usato per produrre microchip), legno, ecc.

La congiunzione tra il grande polo economico, finanziario e tecnologico cinese, e del grande magazzino russo, custodito dal più grande arsenale nucleare del mondo, crea le condizioni per la citata secessione. L’atteggiamento dell’India, che almeno fino a questo punto si sta dimostrando aperta a una proficua collaborazione con entrambi (cosa che peraltro le consente di riesportare idrocarburi russi nell’Unione Europea!), e poco ricettiva agli inviti all’ostilità occidentale, configura un potente insieme eterogeneo geografico terrestre tra il confine della NATO e l’Indo-Pacifico. Quella realtà può rendere impraticabili le politiche del passato, come il “contenimento” praticato contro l’URSS durante la Guerra Fredda. In ogni caso, l’osservazione di questo processo è essenziale per il futuro a medio e lungo termine. Intanto, l’evoluzione della campagna sul campo di battaglia sarà determinante…

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Partigiani anarchici rivendicano gli attentati in Russia

I deragliamenti di treni e gli attacchi incendiari contro centri di reclutamente verificatisi in Russia negli ultimi mesi sono stati rivendicati dalla Organizzazione Combattente degli Anarco-Comunisti (acronimo russo BOAK). In questo articolo una breve descrizione della loro attività, la traduzione di due loro recentissimi comunicati e alcuni link per approfondire.

Un’organizzazione partigiana russa ha rivendicato la parternità dei deragliamenti di treni e degli attacchi contro gli uffici di reclutamento compiuti in questi mesi – sotto l’immagine potete leggere la traduzione dei suoi due più recenti comunicati (testi tratti da https://t.me/boakom). Si tratta dell’Organizzazione combattente degli anarco-comunisti (BOAK è l’acronimo russo), che afferma di avere una vasta rete non gerarchizzata che opera in variee aree del paese. Gli attentati conclusisi con successo vengono elencati nel video pubblicato dalla testata The Insider (https://youtu.be/KTKXEUU7LfU), quelli che non hanno avuto buon esito non sono stati riportati dai media e non vengono comunicati dai combattenti anarchici. In un testo parallelo The Insider rileva come i deragliamenti di treni tra marzo e giugno, in tutto 63, abbiano registrato un aumento di quasi il 150% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso e siano avvenuti in misura maggiore rispetto al passato nella parte occidentale del paese. I centri di reclutamento attaccati negli stessi mesi sono almeno 23, l’anno scorso non vi era stato nemmeno un attacco di tale tipo. Geograficamente, vi è una corrispondenza di massima tra i luoghi dei deragliamenti e quelli dei centri di reclutamento attaccati…

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Parte il razionamento: il suicidio dell’Europa è realtà – Fabrizio Verde

Da una nota dell’Eni si evince che la Russia riduce le forniture di gas all’Italia di un terzo rispetto alla media degli ultimi giorni, come riporta l’agenzia Ansa.

“Gazprom – rende noto l’Eni – ha comunicato che per la giornata di oggi fornirà a Eni volumi di gas pari a circa 21 milioni di metri cubi al giorno, rispetto a una media degli ultimi giorni pari a circa 32 milioni di metri cubi al giorno. Eni fornirà ulteriori informazioni in caso di nuove e significative variazioni dei flussi”.

Il governo Draghi, quello dei ‘migliori’, vista la dipendenza energetica italiana dal gas in arrivo dalla Russia non ha trovato di meglio che varare un ‘piano d’emergenza’ basato sulle restrizioni.

In caso di carenza energetica il governo prevede di arrivare al razionamento dell’energia. Secondo le informazioni filtrate sui grandi giornali italiani in caso di emergenza grave si potrebbe arrivare anche all’interruzione dei servizi energetici.

Oltre alla riduzione dei consumi, il governo Draghi punta a istituire il coprifuoco per negozi, locali privati, uffici pubblici. Gli orari devono essere ancora concordati, ma già si parla di provvedere alla chiusura anticipata dei negozi per le ore 19, mentre per i locali privati, come bar, ristoranti, pub e discoteche, si potrà arrivare fino alle 23. Per gli uffici pubblici, invece, verrà disposta la chiusura alle ore 17,30.

Viene prevista inoltre una forte riduzione dell’illuminazione pubblica con un solo lampione su due che rimarrà acceso…

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Il Truman Show su scala ucraina – Maksim Karev

C’è questo bel film americano, “Truman Show”, interpretato da Jim Carrey. Fin dalla nascita, l’ignaro Truman Burbank vive nel set eretto dentro un enorme studio cinematografico, pensando di essere nella piccola cittadina di Seaheaven. Nel frattempo, tutti intorno a lui, inclusi i suoi genitori e la sua amata moglie, sono attori di un popolare reality show seguito in tutti gli Stati Uniti. In base al gradimento, alle circostanze e al volere del produttore, la vita di Truman cambia secondo gli ordini emessi dalla direzione dello studio, ma Truman stesso è certo che, la sua vita e tutto quel che succede attorno a lui, sia indubbiamente la realtà.

Fin dall’inizio dell’operazione militare speciale della Russia, gli eventi sul territorio dell’ex Repubblica Socialista Ucraina appaiono sempre di più come una brutta parodia del “Truman Show”. Per amore degli applausi al signor Zelensky da parte di prestigiose platee occidentali come il Congresso statunitense, il Parlamento italiano, gli Oscar o l’inaugurazione del Festival del Cinema di Cannes, centinaia di migliaia di persone si sono ritrovate senzatetto, obbligate a lasciare le proprie case, decine di migliaia hanno perso i propri cari o sono state uccise. In Ucraina, sangue vero, non finto, è stato versato, e le infrastrutture sono state distrutte. E tutto ciò sta accadendo con la piena approvazione dei burattinai occidentali: “Ma che bravo ragazzo, Voldemar!”.

Il signor Zelensky è pronto a qualunque cosa per far continuare questo show mostruoso, e perché soldi e armi continuino ad affluire in Ucraina. Letteralmente. Questo show famigerato deve continuare nella sua forma più disgustosa.

Naturalmente, questo non è accaduto all’improvviso. Zelensky vinse le elezioni presidenziali del 2019 grazie alla scaltra presentazione sui media: un semplice ragazzo ebreo di lingua russa da Krivoy Rog, libero da legami con politici e clan. Inoltre, il popolare attore di commedie, che aveva interpretato l’altruista e incorruttibile Presidente Golorodko nella serie “Servitore del Popolo”, prometteva agli ucraini, non solo nei film ma anche nella vita vera, di combattere senza pietà la corruzione e di portare la pace nel Donbass. Usando questa immagine, Zelensky sconfisse Poroshenko con nient’altro che una squadra di professionisti dei media pronti a infiocchettare per bene qualunque cosa.

Gli ucraini dettero carta bianca a Zelensky per mettere in pratica il suo manifesto elettorale. Ma Zelensky e la sua squadra non avevano niente fuorché il dichiarato desiderio di “sostenere tutto ciò che è buono e combattere tutto ciò che è male” come dicevano. Questo è puro populismo. E gli ucraini lo capivano ma, per qualche ragione, credevano comunque a Zelensky e alla sua squadra. E la domanda principale è perché ci hanno creduto e perché continuano anche ora a crederci, quando tutte le maschere sono strappate via ed è stata rivelata la vera natura del Ze-team [la squadra di Zelensky], cui importa solo l’immagine e se ne strafrega di tutto il resto. Da dove viene questa ostinata convinzione che, alla fine, tutto andrà bene?…

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da un’intervista a Marco d’Eramo:

…non è vero che il commercio porta pace e la guerra è invece cattiva. Detto questo, capisco perché si vogliono dare date armi agli ucraini, perché questa fornitura cambia la guerra stessa. Rende chiaro ai russi che anche se prendono l’Ucraina, non la terranno. Dare armi non è questione di pacifismo o di sentimento nazionale: supponi che i russi conquistino tutta l’Ucraina; poi dovrebbero fronteggiare una guerriglia al cui confronto quelle in Vietnam o Afghanistan fanno ridere… È noto che le guerriglie si vincono solo quando dispongono di santuari, cioè quando i guerriglieri possono avere rifugi dove recuperare le forze, armarsi di nuovo e ritornare a combattere: retrovie intoccabili. Laos e Cambogia erano santuari per i Vietcong,i ìl Pakistan per i talebani. Gli ucraini avrebbero tutta Europa come santuario e come fonte di approvvigionamento. I russi non avrebbero scampo. È chiaro che fornire armi agli Ucraini cambia i dati del problema, indipendentemente dal numero di mitragliette che ora  gli arrivano. Non è questione di pacifismo: ci fanno imbestialire tutti queste vite distrutte senza senso, è ovvio. Perché la gente è morta? Perché sono morti quelli in Iraq? Cosa ha cambiato la morte di tanti, la cancellazione di tante irripetibili vite? Non si sa. Sarà la stessa inutilità, una volta finita la guerra in Ucraina. Perché  diavolo erano morti? Sarà tremendo. Mentre capisco bene le ragioni della Russia che si sente continua mente erosa, come la marea che ti porta via la sabbia da sotto i piedi, allo stesso tempo è chiaro che con questi bombardamenti, con questa ferocia, sta creando lei una nazione Ucraina che forse prima non esisteva: anche gli ucraini russofoni non devono essere molto contenti di farsi bombardare dai fratelli russi. Perché come diceva Ben Anderson, il nazionalismo nasce su un’idea, che “i morti sono i nostri morti” e questo nostri definisce la comunità che chiamiamo nazione (non a caso il monumento simbolico del nazionalismo è il Milite Ignoto, il morto sconosciuto che è ognuno e tutti nello stesso tempo). Con gli ucraini che ammazzano, i russi stanno creando la nazione Ucraina ed è questa l’insensatezza. Vi consiglio di leggere Picnic sul ghiaccio, il più bel romanzo ucraino letto dopo la caduta del muro. Kurkov scrive in russo. È russofono. Ma ora sta facendo in giro per l’Europa conferenze e trasmissioni per l’indipendenza ucraina. Da questo punto di vista Putin si è dimostrato molto arcaico. Con un’idea arcaica del potere. Per esempio, scusate, sarò frivolo: sono vent’anni che la Russia cerca di avere un suo spazio. Nel frattempo i turchi hanno sviluppato un soft power turco. Sapete che ci sono concorsi in lingua turca in Kenya?  Le soap opere turche hanno un seguito enorme nel mondo arabo, almeno da quando le fanno doppiare in arabo siriano, che è il toscano degli arabi. Successo pazzesco. Allora io mi chiedo, i russi che hanno il fascino slavo e le donne più belle del mondo non sono riusciti a creare una moda, a stabilire un trend, a imporre la bellezza russa come standard. Perché? Secondo un vecchio detto, mentre ai tedeschi basta essere temuti, gli americani oltre che temuti vogliono essere anche amati: ecco i russi sono come i tedeschi, quanto a capacità di farsi amare e a livello di soft power, cioè a zero. Si fanno solo temere. Tu conosci una canzone tedesca?…

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Trascinati dall’incosciente caduta fatalistica dell’eroe occidentale? – Antonino Drago

 

Da un secolo la storia dell’Occidente è una sequenza di disrupts: l’ultimo è lo scoppio della guerra in Ucraina. Questa sequenza è il segno che l’Occidente non ha più il controllo della propria storia. Manca una narrativa comprensiva e coerente del perché da un secolo stanno succedendo tanti fatti negativi per l’Occidente. Né di essi c’è una narrativa di tipo religioso (a parte “i segreti di Fatima”). Le maggiori religioni occidentali si tengono strette ai rispettivi Stati di riferimento; non solo Kyrill allo Stato di Putin, ma anche l’opuscolo specifico di edizioni com nuovi tempiGuerra, Pace, Giustizia (a cura di Fulvio Ferrario, aprile 2022) riporta un articolo di un pastore inglese che a p. 65 trova che la guerra dell’Ucraina è perfettamente “giusta”, il che sostiene l’interventismo bellico dell’Inghilterra di Johnson.

Eccezione parziale è la chiesa cattolica, che con la Pacem in Terris e il Concilio si è staccata dalla politica degli Stati occidentali; ma senza arrivare a formulare un’analisi della situazione storica, né una strategia. Anche l’azione di papa Francesco, solitamente profetica, nel caso della guerra in Ucraina, è rimasta limitata a una dura condanna verbale (“sacrilega”), senza additare ai cattolici il patto che nel 1904 ha posto fine alla imminente guerra sui confini tra Perù e Cile, e che, a suo ricordo, ha fatto costruire la gigantesca statua del Cristo delle Ande. A fine maggio la Pelosi è stata scomunicata per la sua posizione favorevole all’aborto; perché non Joe Biden, ugualmente favorevole all’aborto e in più alla guerra­ sacrilega in Ucraina e ora a quella tra Taiwan e Cina?

Unica narrativa dell’attuale situazione mondiale è quella iniziata da Gandhi nel 1909 e poi proseguita dal suo discepolo Lanza del Vasto; che nel 1959 ha visto la “caduta dell’eroe occidentale per fatalismo attivo”, perché questi solo mette in atto il suo destino negativo on le sue stesse azioni. Poi nel 2001 Galtung ha predetto, sulla base di 14 parametri socioeconomici, la caduta dell’Impero USA nel 2020. Di fatto il programma dell’Occidente di “esportare la [sua] democrazia in tutto il mondo” lo ha portato alla disastrosa sconfitta di Kabul 2021 e oggi a stabilire una serie di sanzioni contro la Russia che hanno iniziato una devastante crisi economica interna (oltre che per l’economia mondiale).

Secondo i precedenti non violenti da un secolo la storia è entrata in un pluralismo di differenti tipi di Stato, irriducibili tra loro. La guerra in Ucraina è lo scontro (più che tra democrazia e dittatura imperialista) tra lo Stato occidentale e lo Stato ex-socialista; mentre i Paesi con Stato di tipo islamico sono rimasti neutrali. Ma nella scena internazionale manca ancora lo Stato verde (cioè gandhiano-ecologico); quindi manca un attore internazionale che dia concretezza alla politica popolare e dell’ONU per la pace mediante una specifica capacità di mediazione e riconciliazione delle guerre. La soluzione di questa questione strutturale non può essere anticipata da Papa Francesco, che è anche capo di uno Stato di tipo occidentale (che per di più non è consono alla stessa religione originaria).

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Trasformazione del conflitto per Ucraina e Russia – Jake Lynch

 

Tentare di risolvere un conflitto solo badando alla violenza diretta è una credenza errata realista, ci disse una volta Johan Galtung – come se le sue cause soggiacenti possano essere domate in modo semplice e permanente con l’uso della forza. Concentrarsi invece solamente sulla violenza strutturale – credendo che se si possano risolvere temi di formazione societaria e rapporti di potere, tali conflitti non avvengano mai – è una credenza errata marxista. E focalizzarsi esclusivamente sulla violenza culturale, nella Speranza che se gli antagonisti potessero arrivare a capirsi meglio smetterebbero di uccidersi, è una credenza errata liberale.

Invece, bisogna esplorare tutt’e tre le fonti di forza generativa – con i problemi diagnosticati, le prognosi fatte in base alle tendenze attuali se possono continuare, e le terapie appropriate concepite – se un conflitto dev’essere trasformato.

Che cosa comporterebbe ciò nel conflitto che coinvolge Russia e Ucraina? Dico ‘che coinvolge’ anziché ‘fra’ poiché molte altre parti vi sono implicate. In questo di Nuovo seguo l’insegnamento di Galtung: dovremmo curare gli obiettivi, i bisogni e gli interessi degli attori del conflitto nella gamma trasversale di un’ampia formazione geopolitica, non solo nell’arena dove ha luogo lo scambio di ostilità. È necessario affinché s’inverta l’invasione russa e non si veda alcun guadagno nell’averla fatta.  Viviamo in e con un Sistema di stati-nazione, intrinsecamente competitivo. In evoluzione con questo sistema, fin da quando ha tirato il primo fiato nel Trattato di Westfalia del 1648, ci sono sforzi di restringere e regolare la competizione mediante accordi…

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Dei morti non si parla più – Marco Aime

Non so se è una mia impressione, e non è che mi spiaccia, ma seguendo l’informazione nazionale mainstream sul conflitto in corso in Ucraina, si parla poco delle vittime. La maggior parte dell’attenzione dei media è concentrata sulle relazioni tra capi di Stato, su Vladimir Putin, sulla questione energetica, sulle meschine questioni interne alla politica italiana, ma dei morti sotto i colpi russi, nulla. Ripeto, se fosse che non ci sono vittime, ne sarei felice, ma sappiamo che non è così, che in una guerra si muore da entrambe le parti. Allora perché è più importante parlare della distruzione di un capannone oppure dell’aumento del gas che delle donne, uomini e bambini deceduti?

Questa strategia comunicativa, in fondo, rivela la vera essenza dell’atteggiamento assunto dall’Italia e di gran parte dell’Europa nei confronti della guerra: al di là della retorica dominante, il vero fine non sono la difesa e la salvezza del popolo ucraino, ma l’uso di queste povere persone, per una partita geopolitica contro Vladimir Putin e la Russia. Lo dimostra anche l’enorme disparità negli sforzi impiegati per cercare una soluzione pacifica, rapportati a quelli di carattere bellico.

I morti degli altri contano nella misura in cui sono funzionali ai nostri scopi e gli ucraini rischiano di diventare vittime del gioco. Non è una novità, pensiamo ai curdi, che hanno combattuto in prima linea contro l’Isis e di cui mai abbiamo ricordato le vittime. Al contrario, probabilmente li svenderemo (noi italiani per la seconda volta, vedi D’Alema con Oçalan) al gentiluomo Recep Tayyip Erdogan – oggetto di critiche solo per non avere fatto accomodare una signora su una sedia – in cambio del suo via libera all’ingresso nella Nato della Finlandia.

Una guerra senza morti è più facile da gestire mediaticamente, non tocca il lato emotivo della gente, ma diventa asettica, spersonalizzata, un fatto a cui si può rispondere senza tenere conto dell’aspetto umano.

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scrive Vincenzo Costa

 

Posto che le sanzioni hanno colpito soprattutto l’Occidente e non hanno portato al crollo dell’economia russa

Posto che di una destituzione di Putin non ha senso parlare

Posto che tutto quello che ci è stato detto per giustificare sanzioni e invio di armi si è rivelato – come prevedibile – un’immensa sciocchezza

Posto che ora si dice che la guerra deve continuare fino alla sconfitta della Russia e al suo smembramento, ne consegue che

la logica evoluzione del conflitto non può che seguire tre stadi:

1) a breve una carneficina tra russi e ucraini, con molti soldati occidentali dislocati li come “mercenari”;

2) un ingresso nel conflitto della NATO, perché se le parole hanno un senso gli ucraini per quanto supportati non possono vincere la guerra e ad ogni aumento di aggressività Ucraina corrisponderà un incremento della risposta russa, per cui se si vuole vincere la guerra la NATO deve intervenire in prima persona e non per interposta persona usando gli ucraini;

3) il passaggio a una guerra nucleare, dapprima con l’uso di atomiche tattiche che farebbero dell’Ucraina una terra fumante e poi, se non sì rinsavisce, con atomiche di ben altra portata.

Per arrestare tutto questo sarebbe necessario un grande movimento per la pace, che chieda e imponga sicurezza per tutti, un nuovo ordine globale, multipolare e decentrato.

Purtroppo di questo movimento non vi è traccia, tranne le parole di Papa Francesco, che ha detto una cosa chiara:

Questa guerra è una guerra tra potenti, che decidono della vita di milioni di uomini e forse del pianeta e di tutti noi, per cui a fermarla devono essere i popoli, e anche la disobbedienza è giustificata.

Ma anche la sua voce non arriva, distorta dai media, che alzano o abbassano il volume e amplificano ciò che interessa al potere e ai potenti.

Lentamente forse si andrà nell’ordine delle tre possibilità prima enunciate. L’inverno può essere freddo ma anche molto caldo, e l’estensione della guerra è ormai nell’interesse di troppi attori.

Tenete conto che anche nel caso di una guerra nucleare nessun dei potenti morirebbe.

Come gli oligarchi ucraini si sono spostati in Inghilterra e in UE, salvando le loro lussuose auto, allo stesso modo gli oligarchi occidentali hanno la possibilità di trasferirsi in Africa, America del Sud e in altri posti in cui un’eventuale guerra nucleare non avrebbe effetti diretti (li avrebbe ovviamente, ma non quelli che avremmo noi).

E ovviamente neanche Putin e i suoi oligarchi pagherebbero le conseguenze di un conflitto devastante.

A essere in pericolo sono i popoli.

Proprio per questo non è la politica a poter fermare questa follia, non è la stampa degli Agnelli che con la guerra fa affari d’oro.

Sono solo i popoli a poterlo fare.

Per adesso sembra siano però occupati anche loro a fare altro, tra apericena, vacanze e saldi imperdibili nei negozi.

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Mario Draghi ha un problema – Andrea Zhok

 

Vuole andarsene ad ogni costo per schivare la slavina di fango che ha accuratamente preparato per il paese, ma deve trovare qualcuno disposto a prendersi il cerino e al tempo stesso che non lo faccia sfigurare.

Dunque l’identikit del successore di Draghi è esigente.

Deve trattarsi di un soggetto vittima di un’ambizione irrefrenabile, che pur di trovarsi sul ponte del comando per uno scampolo di legislatura è disposto a prendersi tutte le palate di letame necessarie (deve essere uno abituato a prenderle).

E deve trattarsi di qualcuno con un profilo di sadismo, se possibile confinante con la psicopatia, che faccia rilucere per contrasto il killeraggio freddo e professionale di Draghi come uno scampolo di umanità cui guardare con simpatia.

Sembrava una missione impossibile, ma poi, d’un tratto, quando tutti cominciavano a disperare, tra i banchi di Montecitorio, come lo Stregatto, è iniziato ad apparire il ghigno di Brunetta.

Et voilà.

Già Draghi mi manca.

Per un paese che, quando si tratta di scegliere la classe dirigente, è un’autorità mondiale nella trivellazione del fondo del barile, nessuna impresa è davvero impossibile pur di continuare nella sua caduta infinita senza mai incontrare il fondo.

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Verso la guerra europea – Vincenzo Costa

A supporto del post precedente e del fatto che è probabile che nel conflitto ucraino entrino paesi NATO (Polonia) a titolo per così dire “personale”.

Ma ad avere tempo e spazio si potrebbe supportare il timore che si sta andando verso una carneficina e verso una escalation che può sfuggire di mano, diventando un conflitto con armi nucleari tattiche combattuto sul suolo europeo, lasciando così intatto il territorio statunitense e russo.

(ANSA) – BRUXELLES, 11 LUG – “Non posso escludere l’ingresso nel teatro di guerra di alcuni Paesi membri dell’Ue”. Lo ha detto il generale Robert Brieger, presidente del Comitato militare dell’Unione Europea, in una audizione alla commissione Difesa dell’Eurocamera

Speriamo si tratti di giocatori di poker abili nella nobile arte del bluff e che sia solo fumo negli occhi. Speriamo.

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Esiste ancora la UE? – Vincenzo Costa

Tutti quanti temevano che a distruggere la UE sarebbero stati i sovranisti, gli euroscettici.

Si pensava che il problema erano gli anelli deboli, la Grecia, l’Italia, che fossero questi a potere minare la costruzione europea.

Ma forse non è così. Forse a distruggere la UE sarà Mario Draghi.

Non in un mese, e neanche nel corso della durata del suo mandato. Draghi, con il suo ottuso ultraatlantismo, ha innescato il processo di dissoluzione.

L’euro non è più una moneta stabile, per i tedeschi si è materializzato l’incubo supremo, l’inflazione che aveva portato a tutte le misure di austerità.

Inflazione che procederà parallelamente con la recessione, con un drastico cambiamento della vita. Questo inverno ci saranno problemi a scaldarsi. In Germania non si trova più legna e stufe a legna, sembra.

Il crollo non inizierà dagli anelli deboli, ma dal nucleo trainante della UE, attorno a cui tutto il sistema era costruito.

Giorno dopo giorno la UE sarà incisa ai tedeschi

La Germania era ed è il maggiore contributore ai fondi UE, che poi diventano fondi strutturali. Ma ora? Potrà farlo? Sino a quando?

L’ucraina avrà brutte sorprese in futuro. E Polonia, Ungheria, baltici e tutti quei paesi che stanno nella UE solo perché arrivano i fondi strutturali, avranno interesse a starci senza questo fondi?

E per ricostruire l’ucraina faremo in Italia una patrimoniale, dato che già siamo pieni di debiti come mai prima?

Non c’è più la spinta propulsiva iniziale, l’euforia per l’euro, l’inno siamo tutti europei, e non c’è neanche più l’interesse a stare insieme.

Il tempo farà il suo corso. Il crollo partirà da Germania, Austria, Olanda.

Noi prenderemo atto che la UE non esiste più. Ma per noi dimenticare Draghi sarà impossibile. Ci lascerà una montagna di debiti impossibili da ripagare, e lascerà ai governi che verranno e alle generazioni future un’ipoteca gravosa.

E qualcuno ancora dice che bisogna essere responsabili.

Lunga vita al governo Draghi.

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Con il rigassificatore la follia della guerra sbarca a Piombino – Per Un’Altra Città

 

Il 3 luglio a Piombino si è tenuta una importante manifestazione in occasione del Consiglio comunale aperto in cui si discuteva del rigassificatore che il governo, d’accordo con la Regione Toscana, vorrebbe piazzare nel porto della città. La decisione di piazzare una nave di 300 metri (capacità di 170.000 m3 di metano liquefatto, corrispondenti a 100 milioni di m3 di gas) davanti ad una città viene dal governo in carica, in prima fila il Ministro della Transizione Cingolani con le modalità autoritarie tipiche del capo di governo Mario Draghi. Il potenziale distruttivo di una tale quantità di GNL corrisponde alla potenza di circa 50 bombe atomiche come quella di Hiroshima. Una struttura del genere a 500 metri dall’abitato.

 

A Livorno un altro contestato rigassificatore galleggiante è ormeggiato al largo della costa con una zona di interdizione a diversi livelli per 8 miglia marine, più di 14 km; per un raggio di 2 miglia c’è l’interdizione totale alla navigazione e a qualunque altra attività. Ora a Piombino si mette una struttura del genere davanti alla città, in mezzo ad un porto assai trafficato, dove c’è un continuo andare e venire di traghetti dalle isole dell’Arcipelago Toscano. Certo SNAM tranquillizza, tutto è sicuro, non ci saranno interferenze con il traffico portuale, le bettoline che riforniranno il rigassificatore saranno di dimensioni ridotte (con l’equivalente energetico di sole 5 bombe atomiche modello Hiroshima). Si dimenticano o si tacciono tutti gli incidenti avvenuti a strutture del genere di cui Medicina Democratica fece un sommario elenco nel 2008 e che si può scaricare qui.

I tecnici che non considerano la possibilità di “cigni neri”, come vengono chiamati gli imprevisti in qualunque opera ingegneristica, vengono meno alla loro etica professionale, si inchinano ai decisori che impongono urgenza e deregolamentazione. Già, perché quest’opera non prevede venga fatta nemmeno la VIA (valutazione di impatto ambientale), i tempi non lo consentono, c’è l’emergenza energetica per la necessità di ridurre la dipendenza europea dal gas russo.

Qui l’allarme ambientale e della sicurezza si collega con la follia della guerra contro la Russia in cui i nostro governanti ci vogliono trascinare. La narrazione imposta dalla NATO, cioè dagli Stati Uniti, è che Putin l’invasore è il cattivo e l’Ucraina è la povera vittima; punto. Su chi dissente o si limita a cercare di fare analisi si abbatte la censura o il ludibrio dei media e della politica. Che le devastazioni in Ucraina siano l’ultimo strascico di un conflitto che si trascina almeno dal 2014 non si dice mai, si deve semplificare tutto, ridurre a “buoni e cattivi”. Nessuno osa ricordare le azioni aggressive a conduzione NATO dagli anni ‘90 verso la Russia; nemmeno si considerano bene le decisioni della riunioni del G7 di Madrid dove si è stabilito che “il nemico dell’occidente è la Russia”; è praticamente una dichiarazione di guerra nella quale ci ritroviamo precipitati…

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Dall’articolo del Gen. Fabio Mini,

su Il Fatto Quotidiano (11/07/2022)

…La spavalderia dell ’Ucraina conta sul sostegno anche nucleare e Gran Bretagna e Usa glielo potranno fornire purché rimanga circoscritto all’Europa continentale. Ed è un pio desiderio che la Russia stia bluffando e che la deterrenza convenzionale sia sufficiente a dissuaderla dai propri scopi. Purtroppo la Russia ha sia la capacità sia la volontà di ricorrere all’opzione nucleare. Non tanto perché con le spalle al muro, ma perché più economica. Lo stesso vale per Usa e Nato, non tanto perché più economica ma più distruttiva e quindi “ricostruttiva”. In conclusione, la guerra nucleare globale per l’Ucraina è improbabile perché chi detiene armi e potere intende evitarla non impegnandosi in un conflitto diretto che la provocherebbe. La guerra nucleare tattica è invece molto probabile perché chi detiene armi e potere si è già impegnato direttamente in un conflitto che certamente porta alla distruzione dell ’Ucraina e dell’Europa.”…

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Ulf Sparrbåge, No NATO Svezia: “Vi chiediamo di non accettare la Svezia nella Nato”

(Intervista di Marinella Correggia)

 

 

Negli ultimi decenni, a partire dal 1991 e passando per le varie avventure belliche intraprese da Stati occidentali & loro alleati contro paesi e popoli che non li minacciavano minimamente, i pacifisti dei paesi Nato hanno guardato con simpatia agli Stati occidentali neutrali, che né bombardavano direttamente né manovravano in guerre per procura. Fra questi, Svezia e Finlandia; anche se avevano entrambe aderito al Partenariato per la pace promosso dalla Nato nel 1994.

La svolta atlantista inaspettata di questi ultimi mesi ha indotto due organizzazioni pacifiste attive in Svezia, Svenska Fredskommittén (Comitato per la pace) e Riksföreningen Nej till Nato (Associazione nazionale No alla Nato) a scrivere ai Parlamenti degli Stati membri dell’Alleanza atlantica – vedi comunicato in allegato – chiedendo che la domanda di adesione da parte del loro paese venga respinta. Ne parliamo con Ulf Sparrbåge di Nej till Nato.

Come avete motivato la vostra richiesta di tenere la Svezia fuori dalla Nato?

Con due ragioni forti. Primo, in questa brusca rottura della tradizionale politica svedese di non allineamento, i cittadini non sono stati interpellati; il governo sa che c’è una diffusa opposizione e ha deciso in modo affrettato, quando in precedenza il primo ministro svedese Magdalena Anderson sosteneva che i cambiamenti improvvisi sono rischiosi. In secondo luogo, l’ingresso destabilizzerebbe la regione e renderebbe il mondo più insicuro. Vista anche la collocazione geografica di Finlandia e Svezia, il loro status di neutralità in un’area cruciale fra Nato e Russia è stato un fattore stabilizzante, ininterrottamente, per tutte le parti. E’ incomprensibile che si voglia far franare tutto questo.

La domanda di adesione di Stoccolma all’Alleanza atlantica è del 2022, ma Nej till Nato nasce nel 2014…

Sì. Fu quando il nostro paese firmò un accordo che permetteva alla Nato di condurre esercitazioni congiunte sul territorio svedese e ai paesi membri dell’Alleanza di dispiegare truppe in Svezia in risposta a presunte minacce alla sicurezza nazionale. Accadde in modo fulmineo, un anno dopo le elezioni, senza tempo a sufficienza per informare, studiare le conseguenze. Anche se va detto che la Svezia, anche se non mandò i suoi aerei a bombardare in Libia nel 2011, tuttavia aiutò la Nato nell’individuare gli obiettivi. Dal 2014 protestiamo nelle strade, raccogliamo firme contro l’ingresso della Svezia, prendiamo parte a dibattiti, distribuiamo volantini, scriviamo articoli. Ma ci sono anche divisioni nel mondo pacifista. E non c’è ricambio generazionale. I giovani non sembrano molto attratti dall’attivismo anti-guerra…

A maggio la Svezia ha firmato la domanda, il 5 luglio i membri dell’Alleanza hanno firmato i protocolli per l’adesione di Svezia e Finlandia ed è iniziato così il processo di ratifica che potrebbe concludersi in 6-8 mesi… Cosa farete?

La situazione è pessima. Comunque sono circa 40 le organizzazioni che lavorano per fermare questa marcia. E se la Svezia entrerà, ebbene continueremo a lottare. Per l’uscita. Come fanno gli anti-Nato nei paesi già membri.

I partiti politici e la popolazione non temono l’impiantarsi di basi Nato e Usa, e la conseguente partecipazione diretta a conflitti e bombardamenti all’estero?

Ormai solo due partiti sono contrari. Rappresentano insieme il 15% dei voti in Parlamento. Il Miljöpartiet (partito verde) e il Vänsterpartiet (sinistra). Chiedono di aspettare almeno fino all’esito delle elezioni di settembre per il rinnovo del Parlamento. In precedenza, nel paese la stragrande maggioranza era per la neutralità. E’ difficile interpretare il pensiero degli svedesi a proposito della Nato. Va detto che i media sono un grande problema. La copertura della crisi/guerra in Ucraina è sbilanciata in modo eclatante.

Malgrado l’enorme allargamento dell’Alleanza atlantica, nell’area geografica europea, i paesi che non aderiscono alla Nato sono ancora numerosi: Austria, Svizzera, Irlanda, Cipro, Malta, Moldavia, Serbia (e la stessa Ucraina, formalmente). Se, per (improbabilissima) ipotesi, questo status si estendesse ad altri paesi anziché assottigliarsi, e fosse preso sul serio, non sarebbe un fattore di pace?

I paesi non allineati servono a controbilanciare le alleanze militari. E possono mostrare che le controversie vanno risolte sui tavoli negoziali. Piccoli e grandi Stati dovrebbero formare una rete di paesi militarmente non allineati, i quali lavorano affinché la guerra non sia mai più un meccanismo di risoluzione dei conflitti.

Era la proposta, tanti decenni fa, dell’economista indiano J. C. Kumarappa. E invece, dopo il vertice di Madrid lo scorso giugno, la Nato rafforzata che farà?

E’ un’alleanza che ha già una storia aggressiva, non certo di difesa. Lavorerà per espandersi a Est, anche in Asia. Ha puntato la Cina come il grande problema, insieme alla Russia naturalmente. La vediamo così: la Nato è il braccio militare degli Stati uniti e serve i loro interessi geopolitici, da difendere anche a mano armata, se occorre. Lavora in due modi. L’attore bellico a seconda dei casi può essere la Nato o suoi singoli Stati membri. E tutto ciò è reso possibile dal fatto che i leader europei sono deboli, molto deboli.

Nella guerra in corso la Nato agisce, oltre che politicamente, inviando armi a Kiev. Molti pacifisti ma anche analisti di diversi paesi sostengono che, senza questa fornitura militare, si sarebbero salvate molte vite (su ognuno dei due fronti) perché i negoziati fra le due parti – che a marzo erano stati avviati – avrebbero auto più possibilità di proseguire, sulla base degli accordi di Minsk (fra l’altro non rispettati dall’Ucraina negli anni scorsi). Che ne pensate?

E’ certamente un grande errore armare l’Ucraina. Prolunga la guerra, allontana il negoziato, aumenta le sofferenze e le vittime. Pochi vogliono ammettere che sulla pelle degli ucraini si gioca una guerra per procura fra Stati uniti e Russia. L’Ucraina, terra di frontiera, è il pedone da sacrificare, come nel gioco degli scacchi. Gli accordi di Minsk? La maggior parte dei giornalisti nemmeno li conosce. Eppure sarebbero il migliore punto di partenza per il peace building.

Poi c’è Erdogan, il cui ruolo negli ultimi anni è stato davvero bellicoso e, oltre alla repressione interna, è stato responsabile dell’ingresso in Siria di decine di migliaia di terroristi sedicenti islamici da tutto il mondo, tuttora occupa una parte del paese confinante e mantiene un ruolo nefasto anche in Libia… Per guadagnarsi il sì del sultano, cosa avrà dovuto promettere Stoccolma, terra di asilo?

Non mi fido ormai né del governo svedese né, meno che mai, di Erdogan. Nel nostro paese ci sono molti curdi, in gran parte rifugiati. Era stato dato loro un porto sicuro. Adesso tutto cambia. E’ come un tradimento. E tradendo i principi non si ottiene rispetto nel mondo…

da qui

 

Tutti i Colpi di Stato di John Bolton in una serie tv – Alessandro Ghebreigziabiher

Immagina di vedere un film, okay? Anzi, no, una serie tv che ti appassioni particolarmente e delle cui puntate conservi buona memoria. Magari perché hai la saggia abitudine di rivederti nel dettaglio il riassunto degli episodi precedenti prima dell’inizio di ogni nuova stagione.
Adesso mettiamo che nell’ultima puntata in onda il reporter americano Jake Tapper faccia alla presenza di John Bolton, ex Consigliere per la sicurezza nazionale di Donald Trump, tale in apparenza trascurabile osservazione, peraltro alludendo all’ex presidente USA: “Non è necessario essere brillanti per tentare un Colpo di Stato.”
Figuriamoci allora che l’altro risponda così: “Non sono d’accordo con questo, avendo aiutato a pianificare Colpi di Stato, non qui, ma sai, in altri posti. Ci vuole molto lavoro e non è quello che ha fatto [Trump].”
Ebbene, in accordo alla descrizione nell’incipit, è lapalissiano che unendo i puntini ti tornino con facilità in mente i suddetti episodi precedenti, i quali non fanno altro che confermare quanto detto da Bolton. È sufficiente far collimare le date.
Perché dal 1989 al 1993 il caro John ha ricoperto il posto di Sottosegretario di Stato per gli affari di organizzazione internazionale per conto di George Bush padre.
Quindi è assai probabile che c’erano le sue mani dietro l’Operazione Giusta Causa e l’Operazione di Promozione della Libertà, che portarono nell’89 alla rimozione di Noriega in quel di Panama.
Analogamente, possiamo dedurre dalle sue stesse parole che nel medesimo anno vi era sempre Bolton al timone in occasione del Colpo di Stato in Paraguay, quando gli Stati Uniti – malgrado dal 1954 al 1989 avessero sostenuto, in chiave anticomunista, la presidenza del generale Alfredo Stroessner  –  appoggiarono il Colpo di Stato del generale Andrés Rodríguez.
Ma come non citare allora il ‘91 della Guerra del golfo in Iraq, durante la quale e anche successivamente, gli USA e quindi il nostro Johnny alimentarono e incoraggiarono la ribellione contro Saddam Hussein, dimenticando di averlo appoggiato durante il conflitto con l’Iran negli anni ottanta.
D’altra parte, pare ormai evidente che tali farsesche inversioni di marcia a distanza di tempo sono un chiaro marchio di fabbrica del suo paese, giacché sempre nel ‘91, solo otto mesi dopo forse la prima elezione pulita ad Haiti, è ragionevole pensare che Bolton, il Mister Wolf dei Colpi di Stato, mise lo zampino su quello militare ai danni dell’ex sacerdote salesiano Jean-Bertrand Aristide, ovviamente con il solito aiutino della CIA.
Certo, va detto che le cose non ti vanno sempre a fagiolo, come cantavano gli Stones, come dimostra il Colpo di Stato che non ci fu tentato dal ‘92 al ‘96, ovvero l’operazione  denominata DBACHILLES, ancora una volta tramite il lungo braccio della CIA.
Nel mentre gli anni passano, ma sebbene sembri che l’abile fomentatore di tumulti sia stato messo da parte, ecco che il buon sangue non mente, ovvero il contrario. Nel senso di buono, o mente, fate voi, perché Bolton fu rimesso in sella da Bush figlio con una carica ulteriormente palese: Sottosegretario di Stato per il controllo degli armamenti e la sicurezza internazionale, carica che ricoprirà dal 2001 al 2005.
Ora, si sa che fa sempre bene partire col botto qualora si inizi un nuovo lavoro e nel caso di John la metafora è letterale. Difatti esordì con l’Invasione dell’Afghanistan e l’Operazione Libertà Duratura, ma si leggano anche per esteso come Guerra di vendetta per l’attentato alle torri gemelle alla ricerca del presunto responsabile Osama Bin Laden che nel frattempo si trovava in Pakistan ma tu intanto bombarda, sposta confini e metti bandierine a stelle e strisce che non guasta mai.
Idem come sopra, grazie alla Risoluzione Iraq sottoscritta dal Congresso nel 2002, si passa all’Invasione dell’Iraq del 2003, la quale porterà all’Operazione Alba Rossa, che consistette nella cattura di Saddam Hussein, reo assieme ai suoi di essere complice di Al Qaeda e soprattutto di nascondere armi di distruzione di massa così bene che neanche gli stessi militari iracheni furono in grado di trovarle…
Nel 2005 seguì un atto unico, i migliori per il nostro John, roba rapida e chirurgica, quello della Rivoluzione dei Tulipani nel Kirghizistan contro il presidente filorusso Askar Akayev, costretto poi alle dimissioni, il tutto con il dimostrato sostegno degli Stati Uniti. E poi ti chiedi perché Putin sia così incazzato…
Nel 2005 è logico ritenere che Bolton si trovasse sul ponte di comando dell’ennesimo voltafaccia, quando il governo di Bush junior chiuse i rapporti con l’ex alleata Siria della Guerra al Terrore e iniziò a spedire milioni di dollari ai gruppi di opposizione al nuovo paese canaglia e nemico della democrazia col bollino imperialista.
Per concludere, nel 2006 subito prima di lasciare la poltrona, Bolton fece giusto in tempo a coordinare il sostegno a favore dei membri di Fatah, quando gli USA inviarono a questi ultimi fondi e aiuti militari, nel conflitto con Hamas intorno ai territori palestinesi.
Be’, in conclusione, ragionando a posteriori e considerando una carriera di così lungo corso, la sua dichiarazione riguardo a Trump sembra più che ragionevole, adesso, non credi? Primo perché dopo cosi tante sanguinose intromissioni oltre confine, con milioni di morti civili e distruzione ovunque, finisci per sfiancarti. E poi, è evidente che al suo ultimo boss interessavano i Colpi di Stato in patria, più che all’estero.
Oh, per fortuna che è solo una serie tv, no? Pensate se fosse tutto vero…

da qui

 

 

Redazione
La redazione della bottega è composta da Daniele Barbieri e da chi in via del tutto libera, gratuita e volontaria contribuisce con contenuti, informazioni e opinioni.

2 commenti

  • leandro locatelli

    Chi non conosce la Verità è uno sciocco, ma chi conoscendola, la chiama bugia, è un delinquente

    Petizione diretta al Presidente Mario Draghi e al ministro Cartabia
    Andrea Rocchelli, fotogiornalista italiano era andato a documentare gli orrori della guerra in Ucraina, precisamente nel Donbass, ed è stato ucciso per questo. E’ stato assassinato insieme all’attivista per i diritti umani (e interprete) Andrej Nikolaevič Mironov, dal fuoco ucraino, il 24 maggio 2014. William Roguelon, unico sopravvissuto all’attacco, dichiarerà che il gruppo è stato bersagliato da numerosi colpi di mortaio e armi automatiche dalla collina Karachun, dove era stanziata la Guardia nazionale dell’Ucraina e l’esercito ucraino. Gli assassini non sono i russi ma i nostri alleati, addestrati e armati da noi. I “buoni”. Quelli che difendono la libertà. Nel luglio 2017 le indagini hanno portato all’arresto di Vitaly Markiv mentre rientrava in Italia, militare della Guardia nazionale ucraina col grado di vice-comandante al momento dell’arresto ma soldato semplice all’epoca dei fatti, con cittadinanza italiana. Markiv è stato sottoposto a misure detentive di custodia cautelare in attesa del processo che si è aperto a Pavia nel maggio 2018. Durante lo svolgimento del processo, Markiv viene anche accusato dentro e fuori l’aula di simpatie neonaziste. Si legge su Wikipedia: “Il 12 luglio 2019 la corte penale di Pavia ha giudicato Vitaly Markiv colpevole per concorso di colpa nell’omicidio di Rocchelli e Mironov e lo ha condannato a 24 anni di reclusione. Lo stato Ucraino è stato anch’esso giudicato colpevole nella medesima sentenza quale responsabile civile”. Markiv però se la cava, dopo l’intervento delle autorità dell’Ucraina che prendono le sue difese. Ed ecco il colpo di scena: “Il 3 novembre 2020 la Corte d’Assise d’appello di Milano, pur ritenendo colpevoli le forze armate ucraine dell’omicidio dei giornalisti, ha assolto Vitaly Markiv con formula piena escludendo alcune testimonianze chiave dall’impianto accusatorio per un vizio di forma”. Sul tablet e sullo smartphone sequestrati a Markiv, secondo i Ros, sono conservate oltre duemila fotografie. Alcuni scatti mostrano un uomo incappucciato, con una catena di ferro al collo, rinchiuso nel bagagliaio di un’automobile, una Skoda Octavia. In alcune immagini scattate poco dopo, si vede lo stesso uomo, con il volto ancora coperto, gettato in una fossa mentre qualcuno non inquadrato nella ripresa lo ricopre di terra. Altre fotografie ritraggono Markiv davanti alla stessa Skoda Octavia. Quando nell’aula è stata mostrata una foto di agenti della guardia nazionale ucraina con alle spalle una bandiera nazista, Markiv ha chiesto di prendere la parola e ha detto: «Non voglio che la guardia nazionale sia presentata come nazista. La bandiera ritratta in quella foto è soltanto un bottino di guerra» Peccato che il nemico fossero gli autonomisti del Donbass. Non c’è pace senza giustizia, non si annulla una sentenza per vizio di forma, dopo l’intervento delle autorità Ucraine che hanno parlato di complotto e di processo politico, intervento supportato anche da politici di lungo corso italiani. Chiediamo al presidente del consiglio Draghi ed al ministro della Giustizia Cartabia la revisione del processo. Ci sono due vittime innocenti, assassinate perché testimoniavano con il loro lavoro verità scomode, non ci possono essere colpevoli in libertà. La responsabilità penale è personale, indicare come responsabile l’intero esercito ucraino è inutile e sbagliato. Verità e giustizia per Andrea e Andrej.
    Puoi firmare la petizione qui: https://chng.it/J4kY6Zdj

  • Franco Astengo

    LA JEUNE AFRIQUE di Franco Astengo

    La vittoria dei vietnamiti a Dien Bien Phu, lo spirito di Bandung, la rivoluzione cubana, la liberazione dell’Africa dal giogo coloniale: dalla metà dei ’50 all’inizio dei ’60 sul XX secolo sembrava aleggiare l’idea del cambiamento e dell’uscita dal clima soffocante provocato dalla ferrea logica dei blocchi contrapposti.
    L’unità europea non faceva parte di questa prospettiva di cambiamento: gli stessi “Trattati di Roma” (1957) erano apparsi come un suffragare di un’entità vista come avamposto degli USA, soggetto capitalista conservatore, messo lì a presidiare la cortina di ferro addirittura pensando al riarmo della Germania. Infatti fu l’ipotesi di riarmo della Germania a muovere l’opposizione alla CED svolta attraverso un grande movimento popolare poi raccolto dal parlamento francese pur in un’ottica di riflesso nazionalista.
    Poi ci pensarono il discorso di Kennedy a Berlino e la crisi dei missili di Cuba a ridimensionare quel quadro di ricerca di nuovi equilibri ma la liberazione dell’Africa, quasi completata dall’indipendenza algerina nel 1962, rimase come riferimento di speranza per una stagione che non fu semplicemente “terzomondista”.
    “Internazionale storia” ha dedicato il numero di Luglio 2022 alla fine dei grandi imperi coloniali ricordando anche i grandi pensatori (Gandhi, N’Krumah, Fanon, Lumumba, Cabral) che riflettevano sui modelli di stato e di società da adottare per creare un’alternativa a quello imperialista, basato sullo sfruttamento e sulle gerarchie razziali.
    Una scelta editoriale opportuna quella effettuata da “Internazionale” e quanto mai stimolante per costruire una memoria che serva nell’oggi in un momento nel quale – proprio nel senso dell’arretramento storico – reciproci imperialismi vanno di nuovo fronteggiandosi minacciosamente in un quadro di guerra soltanto al momento condotta “per procura”.

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