Alfred Bester: «La tigre della notte»

«Nemmeno un centesimo per l’entropia»: è lo slogan del più ricco fra i “pagliacci”, il misterioso Fourmyle de Cerere. Siamo a metà del romanzo «La tigre della notte» (1956, titolo originale «Tiger! Tiger!») di Alfred Bester che troverete a marzo in edicola nella Collezione Urania; suppongo nella stessa traduzione di Vittorio Curtoni già utilizzata nel 2000. E’ probabile che chi ha letto il romanzo sin qui … sia in apnea e voglia continuare fino all’ultima riga, a costo di farsi mancare il respiro (e agevolare l’entropia?). Bester è un maestro del ritmo, un mago. In certi punti la scrittura è un «ballo di san Vito» o se preferite nulla ha da invidiare al celebre inizio adrenalinico di «I predatori dell’arca perduta» o ai meno famosi ma assai più belli film di Kurosawa. Non a caso Curtoni ha scritto di questo libro: «Bester è cinema, azione, immagini in movimento».

Senza troppo svelare provo a proiettarvi in questo caleidoscopio. Si inizia con una lunga, commovente e amatissima (nel fandom) analisi di quando si era nell’«età dell’oro… ma nessuno lo pensava» e con la casuale scoperta dell’effetto Jaunte (il teletrasporto) che all’improvviso cambia tutto sul pianeta: «Cogito ergo jaunto». Ma subito dopo ecco Gully Foyle che muore, da 170 giorni alla deriva nello spazio e una nave che si avvicina abbastanza per dargli speranza ma per poi abbandonarlo.

Troveremo strada facendo: un robot che spiega agli umani «Siete tutti freak»; lo standard detto Dfcc (divertimento, fantasia, confusione, catastrofe); le droghe psichiatriche; l’abolizione delle religioni organizzate; i «collezionisti di malattie»; la scoperta che «tutti noi ci tradiamo di continuo»; su Marte la legge LV (linciaggio per i vegetali); perfino una setta che pratica l’auto-castrazione; avventure mirabolanti sulla scalinata romana di Piazza di Spagna; fino alla scoperta che la coscienza è «una rara malattia» e a un finale senza gloria né vittoria ma necessario e geniale.

Il ritmo infernale (l’inizio della seconda parte è da studiare) non impedisce a Bester di avvolgere la trama di intelligenza. Non è forse il suo migliore romanzo – che resta invece «L’uomo disintegrato» – ma è comunque da non perdere.

Ricordo che una volta Riccardo Mancini, mio socio di scrittura, durante un dibattito ebbe un piccolo battibecco su Bester. Non riesco a mettere a fuoco il contesto ma rammento quasi a memoria la risposta di Rik: «Difetti può darsi. Ma senti questa frase di Bester in “L’uomo disintegrato”: “Un criminale è un malato. Naturale che lo si porti all’ospedale e gli si mandino regali. In che altro modo lo si potrebbe trattare?” e poi, sempre nello stesso romanzo: “Tre o quattrocento secoli fa la polizia eliminava gente così. Ma non ha senso: chi ha il talento e il fegato di sfidare la società è potenzialmente un uomo di valore”. Capisci o no? Forse no. C’è chi in una intera vita non capirebbe il senso di questa idea e mi sa che tu sei fra loro». Bester, geniale provocatore.

Redazione
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6 commenti

  • E’ per caso il Bester di ‘Cristalli sognanti’?
    Lo ricordo come un libro di struggente, lisergico lirismo.

    • FERMO LI’ energu: non confondiamo il bel profano col quasi divino (sto esagerando, è chiaro).
      Bester era un buono scrittore, fors’anche un grande ma Theodore Sturgeon – autore, fra l’altro, del “Cristalli sognanti” che tu citi – è un gigante, una delle punte della letteratura fantastica (e non solo) del ‘900 (e non solo). Vai a rileggerti quanto ne abbiamo scritto qui in blog (sempre troppo poco) per ultima la “scor-data” di Melodia, postata qui sul 25 febbraio. Ma soprattutto vai a rileggerti i suoi romanzi: sono difficili da trovare ma le buone biblioteche li hanno; per i racconti (spesso mal tradotti) dipende dalle antologie ma anche lì ci sono storie da incantare e scritture che lasciano a bocca aperta.
      Sulla definizione di “struggente, lisergico lirismo” hai la mia incondizionata nonchè quasi invidiosa approvazione (db)

  • Mi sa che qui Daniele ha dovuto passare un’ora buona davanti allo specchio ripetendo: “sono calmo, sono calmo e non ucciderò nessuno”.
    Chi fa un errore del genere gli vuole male.
    Scherzo, eh?

    • chi ha letto il romanzo sa che il rischio di trasformarsi in tigre è altissimo ma naturalmente io non sono il re dei pagliacci (quasi mai) e non sono rimasto alla deriva nello spazio (se non forse in un anomalo concepimento)
      il fatto che lo specchio di casa si sia rotto proprio ieri è certamente una concidenza
      insomma Energu è salvo. Forse.
      firse

  • Ma se un criminale è un malato, non può essere considerato un uomo di valore perché il talento e il fegato gli deriverebbero dalla malattia! Prova a curarlo e vedrai che non sarà più un uomo di valore, ma un comune essere come tutti gli altri. Logico

  • Io credo che il troppo coraggio, la voglia di spaccare il mondo, il sottovalutare le difficoltà e le persone, la convinzione che osare l’impossibile sia a portata di mano, la violenza bieca e il desiderio di comandare (e tutto ciò mescolato insieme) nascano in qualche parte malata del nostro ego, della nostra storia, dell’educazione che riceviamo (o subiamo), dei condizionamenti e delle ignoranze imposte: ma mi chiedo se Bester non abbia un po’ ragione quando ci provoca a indirizzare altrove (a fin di bene) queste “pazzie”, invece di ripiegare sulla soporifera normalità che lascia intatti noi e il mondo. Non è meglio l’arroganza rivoluzionaria di un Gandhi o di un Che Guievara della normalità di un Bersani? (db)

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