L’autonomia differenziata minaccia la salute di tutte/i
articoli di Ivan Cavicchi e Marco Caldiroli (Medicina Democratica)
Che cosa significa passare dai Lea ai Lep di Calderoli – Ivan Cavicchi
In diritto la premeditazione è considerata come circostanza aggravante. E la premeditazione nella vicenda dell’autonomia differenziata versione Calderoli è ben camuffata.
La proposta del ministro (“Disposizioni per l’attuazione dell’autonomia differenziata”) è scritta per colpire strumentalmente i diritti delle persone e alla fine far passare surrettiziamente un disegno politico ai danni della Costituzione italiana. La proposta Caldiroli è pensata e concepita come premeditato raggiro perché non definisce ex ante, alla luce del sole, le regole, le condizioni, i limiti, le garanzie, gli obblighi che servirebbero per concedere alle regioni una plus autonomia, ma sposta tutte le decisioni finali in un “procedimento per l’approvazione delle intese fra Stato e Regione” che il Parlamento sino ad ora non ha mai autorizzato
Questo modo di procedere di fatto si limita a prendere atto delle intese già siglate tra regioni e governi, senza alcuna autorizzazione parlamentare, ma in nessun caso si preoccupa di definire, con una legge, le regole alle quali le intese tra regioni e governo debbono obbedire.
Non è accettabile che la nostra Costituzione sia manomessa nei suoi fondamentali da una generica procedura di contrattazione tra governo e regioni. Tali intese, per quanto legittime, non possono avere il potere di cambiare la Costituzione. Avallare il contrario sarebbe gravissimo.
Nel merito, invece, si devono chiarire bene le modalità alle quali le regioni dovranno obbedire per finanziare la sanità. La domanda fondamentale alla quale la proposta Calderoli non risponde con chiarezza è semplice: con il regionalismo differenziato cosa cambia nell’attuale sistema di finanziamento della sanità? La sanità sarà finanziata in base ai diritti come prevede la 833 o in base al reddito come prevede il regionalismo fiscale? E, più in generale, quale genere di tutela dobbiamo garantire al cittadino?
Oltretutto c’è un altro piccolo particolare che ci chiarisce le pessime intenzioni del ministro. Infatti la proposta Calderoli, citando l’art. 117, non parla di Lea ma di Lep (livelli essenziali di prestazioni), perché nella contro-riforma del titolo V del 2001 è appunto previsto il passaggio dai Lea ai Lep. La legge che nel 1992 ha istituito i Lea (L.502) parla di “livelli di attività di servizi e di prestazioni”, i Lep, invece, parlano solo di “prestazioni” intendendo per prestazione un singolo e specifico atto clinico-assistenziale, di natura diagnostica e/o terapeutica. I Lea sino ad ora sono stati definiti come macro aggregati di attività servizi e prestazioni e suddivisi in tre grandi gruppi (salute pubblica assistenza distrettuale assistenza ospedaliera), i Lep secondo l’art.117 sono semplici prestazioni tecniche esattamente come si usa nei prontuari delle assicurazioni.
È evidente che con il regionalismo differenziato l’intenzione non solo è quella di dare di più a chi è più ricco e di meno a chi è più povero, ma è anche di ridurre l’assistenza sanitaria ai più poveri a pura prestazione. Cioè in pratica con il passaggio dai Lea a i Lep si vuole reinterpretare il concetto di tutela essenziale facendolo coincidere il bisogno di cura con la prestazione tout court. Cioè con il minimo del minimo.
Siccome il sud dovrà essere garantito con i Lep e assistito con quello che Calderoli chiama “perequazione infrastrutturale”, e siccome la perequazione per le regioni del nord è come il costo della carità, di conseguenza al sud basta garantire prestazioni essenziali altrimenti la carità richiesta sarebbe troppo onerosa.
I tranelli e i trucchi di Calderoli devono essere smascherati nell’interesse della trasparenza e della democrazia.
Altro che equivalenza pubblico-privato ! Il gioco sporco a “rubapaziente” di Multimedica
Grazie ad una lavoratrice non connivente o zittita dall’ “obbligo fiduciario” (quando sarà che i sindacati, anzichè pensare a qualche aumento salariale peloso, tornino a occuparsi dei diritti dei lavorator* abolendo per esempio l’obbligo fiduciario esplicitato non solo nel codice civile ma anche nei contratti ??) e alla trasmissione 37e2 di Radio Popolare è emerso il grottesco e sporco gioco al “ruba paziente” della sanità privata in Lombardia.
Qui l’intervista anonima della lavoratrice.
Qui il link alla puntata di oggi, 2 dicembre 2022, di 37e2
https://www.radiopopolare.it/podcast/37e2-di-venerdi-02-12-2022/
In soldoni i lavorator* dei call center per le prenotazioni di Multimedica conseguono un premio di produzione se sottraggono pazienti dalla agenda pubblica (gratuita) portandoli a quella privata (con uno “sconto” di benvenuto iniziale – una “tariffa agevolata”) legandoli di conseguenza anche per le prestazioni successive.
“Avendo la prestazione una tariffa un po’ più alta, come azienda abbiamo deciso di riconoscerne una parte ai nostri operatori telefonici, come ulteriore premio sulla loro retribuzione variabile” ha dichiarato l’impresa.
Qui la risposta che non nega ma anzi conferma , come se fosse tutto normale e – secondo l’impresa – con il consenso dei sindacati !
“Si tratta di un test nato da pochi mesi, che stiamo sperimentando da luglio 2022, e su cui tra l’altro, in un confronto sindacale avvenuto per la presentazione del sistema di premialità, ci è stata avanzata la richiesta di estenderlo, in futuro, anche al personale del front office”. Non contenti dei risultati degli operatori telefonici lo vogliono estendere anche agli sportelli ! L’usuale bulimia del profitto sulla pelle della gente. Vorremmo davvero che il sindacato non abbia aderito a simili iniziative nefaste ma ci chiediamo perchè la denuncia arriva da una singola lavoratrice anzichè dai sindacati….
Una speculare situazione per la programmazione delle sale operatorie (e dunque della lista d’attesa per interventi chirurgici) ove – al di là di quanto dichiarato da Multimedica – vengono privilegiati quelli ove il ritorno economico (DRG) dal pubblico è maggiore, mettendo in secondo piano le esigenze delle persone.
Questa è la vera faccia della “equivalenza” pubblico-privato che dovrebbe far vergognare chiunque sostenga ancora questa favola. anzi questo incubo per i lombardi. Dopo aver indebolito le strutture pubbliche (da ultimo facendo fuggire letteralmente gli operatori) e aver allungato le liste d’attesa diventa palese nelle sue modalità l’azione del privato per erodere ulteriormente, facendo leva proprio sulle liste d’attesa, il ruolo delle strutture pubbliche trattando la persona come un cliente a un mercato da contendere con le offerte del giorno.
Il diritto alla salute finisce così sotto le scarpe e nelle tasche delle strutture private.
Detto questo possiamo continuare a fare come le tre scimmiette che fanno finta che il problema non esiste o non sia così grave oppure reagire come abbiamo cercato di fare come Medicina Democratica sia definendo con le altre associazioni la piattaforma dei 23 punti ma – per spirito pratico – mettendo in campo anche iniziative per evitare che le forze di opposizione si presentino divise alle elezioni (e con le idee su salute e sanità non chiare) prologo ad una sconfitta certa che verrà governata da questi soggetti distruggendo completamente la sanità pubblica.
Per riprendere la parola d’ordine dei lavorator* della GKN “INSORGIAMO” contro questo andazzo partendo dal rimandare a casa i responsabili politici di tale situazione, attualmente Fontana e Moratti e responsabilizzando le forze che si dicono d’opposizione e si preparano (speriamo in modo ampio) ad affrontare le elezioni regionali a esprimere posizioni chiare per invertire una tale deriva distruttiva della salute delle persone e dei loro diritti.
Non devono mancare i nostri ringraziamenti a Vittorio Agnoletto e al team di giornalisti di Radio Popolare che hanno permesso l’emergere di questa triste verità.
Come associazione che nel suo Statuto ha al centro la promozione e la difesa del diritto alla salute di tutt* ci riserviamo di valutare iniziative legali per far cessare tali abusi.
Per Medicina Democratica – Marco Caldiroli
Manovre, contromanovre, manovrine, alla luce del sole, sottobanco, in nero. La sanità pubblica sin dalla sua nascita nell’ormai lontano – ma non troppo – 1978, ha conosciuto momenti di assoluta ingovernabilità sia agiva nell’ambito legislativo dello Stato, sia – e ancor di più – quando è passata, in larga parte, nella potestà legislativa delle Regioni. Restituire fiducia in un sistema dove moltissimi operano con assoluta dedizione e pochissimi si adoperano a distruggere quello che altri fanno, è difficile. Perché l’opera di smantellamento è quella che resta più evidente: nella vita di un ospedale sono i casi di malasanità (termine poi da chiarire perché non è la sanità a essere malata bensì coloro che operano senza scienza e coscienza) non quelli, quotidiani, nei quali si salva la vita di un paziente. Già, quest’entità misteriosa e indefinita – il paziente – che nei programmi predisposti a uso e consumo degli addetti ai lavori dovrebbe essere il centro dell’attività sanitaria, finisce sempre per essere confinato nella periferia. Una volta sono gli sprechi, un’altra la pletora dei medici (numero chiuso nelle Facoltà ma adesso che gran parte degli operatori si avvicina alla pensione, finiscono col mancare proprio i medici), un’altra le liste di attesa (come nascono? Chi le determina? Perché ci sono se c’è davvero un numero eccessivo di personale che giustifica il perenne blocco alle assunzioni?), un’altra volta l’imperizia o la disattenzione (non per spezzare una lancia verso chi commette errori ma ci sono turni di 36 ore in alcune strutture) e, infine, il punto più caldo di tutti: la scarsità delle risorse. Così il paziente, le cui necessità dovrebbero guidare ogni scelta in campo sanitario, finisce con l’essere l’ultimo bullone dell’ultima ruota del carro. Intanto però c’è chi si preoccupa dei migranti, dei rom, titoli a quattro colonne sull’invasione (dove?) in atto. Nessuno che si occupi di quanto avverrebbe con un ulteriore allargamento della vite della potestà regionale in materia di sanità: così continuerà un’altra migrazione, quella di chi è costretto a spostarsi da una Regione all’altra (la normalità è da sud verso nord) per ottenere quello di cui avrebbe diritto a casa sua. E la sanità a misura di pazienza resdta una bella frase, densa di significati. Vuota di ogni contenuto.
Ordini del giorno del Comitato nazionale ANPI su AUTONOMIA DIFFERENZIATA e Iran
19 Dicembre 2022
Il testo dei due Odg approvati dal Comitato nazionale ANPI nella riunione di sabato 17 dicembre
L’AUTONOMIA DIFFERENZIATA NON PUÒ CONTRADDIRE L’UNITÀ E L’INDIVISIBILITÀ DELLA REPUBBLICA. L’ANPI SOSTIENE LA RACCOLTA DI FIRME SULLA PROPOSTA DI LEGGE DI INIZIATIVA POPOLARE PER LA MODIFICA DELL’ART.116 E 117 DELLA COSTITUZIONE
Mentre cresce l’inflazione, crescono i tassi d’interesse, ci sono pesanti ritardi nell’attuazione del Pnrr, vengono apportati tagli alla spesa sociale e si addensano nubi fosche sul futuro economico e sociale del Paese che accresceranno le già gravi e preoccupanti diseguaglianze, il tema della autonomia differenziata, come avevamo previsto, sta occupando sempre più spazio nel dibattito politico.
La presentazione del disegno di legge delega Calderoli, peggiorativo del precedente disegno legge Gelmini in quanto prevede di fare ancora riferimento alla spesa storica per il finanziamento delle materie delegate alle Regioni anche in attesa della definizione dei LEP (livelli essenziali di prestazioni), ha provocato la reazione nettamente negativa delle regioni meridionali. Esse infatti in questo modo vedrebbero mantenuto e non corretto il loro divario dalle Regioni del Nord, che, come certifica il rapporto Svimez, continua ad aumentare. Non sono mancate critiche e riserve sul progetto anche in altre parti del Paese. L’on. Calderoli è stato quindi costretto a declassare la sua proposta da disegno di legge a bozza per la discussione. Contemporaneamente la Presidente del Consiglio Meloni ha cercato di rassicurare il Mezzogiorno garantendo l’utilizzo dei fondi del Pnrr per colmare le diseguaglianze territoriali.
Si tratta di un gioco delle parti che tuttavia evidenzia la contraddizione tra la necessità della Lega di riconquistare l’elettorato del nord contrastando l’offensiva di Bossi, e il bisogno di FdI di riconfermare la sua linea di unità nazionale per non tradire uno dei capisaldi della propria identità e non scontentare il suo importante elettorato del Mezzogiorno, già deluso dalla riduzione del reddito di cittadinanza.
Intanto nella legge di bilancio all’art.143 si prevede la costituzione di una cabina di regia per la definizione dei LEP sulla base di una ricognizione delle prestazioni sociali di natura fondamentale erogate nelle regioni e della spesa ad esse riferita. I LEP così definiti sarebbero adottati con decreto del Presidente del Consiglio, su proposta del Ministro per gli affari regionali e le autonomie, acquisita l’intesa della Conferenza Unificata delle Regioni, senza passaggi parlamentari.
Sembra che ci troviamo di fronte ad una nuova accelerazione del processo di autonomia regionale differenziata a fronte della quale il Comitato Nazionale dell’Anpi riconferma il proprio giudizio negativo su una riforma istituzionale che, poiché rischia di allargare le diseguaglianze tra cittadini e territori e di rompere l’unità nazionale diversificando i diritti sociali e civili dei cittadini, apre la strada ad uno stravolgimento della Costituzione antifascista.
Pertanto il Comitato Nazionale dell’ANPI ribadisce che gli articoli 116 e 117 della Costituzione devono essere interpretati sulla base dell’art.5 della stessa che, nel riaffermare l’unità indivisibile della Repubblica, pone le basi per un Regionalismo solidale e non competitivo. Né in tema di autonomia differenziata si può assumere a regola generale ciò che la Costituzione indica come possibilità.
Ritiene inoltre che:
• si debba monitorare costantemente l’uso delle risorse del PNRR affinché siano prioritariamente indirizzate a risolvere il divario di infrastrutture sociali ed economiche tra Nord-Centro e Sud del paese;
• le risorse assegnate alle Regioni debbano essere trasparenti e tracciabili;
• i livelli di prestazione debbano essere uniformi e universali e non semplicemente essenziali per tutto il territorio della Repubblica e debbano essere adeguatamente finanziati;
• il Parlamento, in quanto titolare del potere legislativo, debba essere pienamente investito della discussione sulle materie delegabili alle Regioni annullando l’iter pattizio Stato –Regioni;
• si debba stabilire una clausola di supremazia della legge statale per la tutela dell’interesse nazionale;
• si cancelli l’art.143 dalla legge di bilancio.
Il Comitato Nazionale decide inoltre di incontrare associazioni e partiti politici al fine di ribadire la posizione dell’ANPI, di programmare azioni comuni di mobilitazione dei cittadini, di avviare una riflessione pubblica su come fino ad oggi è stato attuato il regionalismo, sulla sua efficacia e il suo impatto sull’autonomia comunale. Inoltre sostiene la proposta di legge di iniziativa popolare per la modifica dell’art.116 e 117 della Costituzione promossa da Massimo Villone ed altri, perché contiene molte delle proposte qui riportate e può essere un utile strumento di diffusione delle stesse e di ampliamento del dibattito sull’autonomia differenziata; sollecita perciò gli iscritti ANPI ed i cittadini/e a firmare la proposta di legge e a promuoverne la conoscenza attraverso iniziative pubbliche.
Il Comitato nazionale ANPI esprime il suo orrore davanti alle esecuzioni capitali di alcuni manifestanti in Iran. Si appella al governo iraniano affinché cessi questa barbarie e si apra una nuova stagione di rispetto della vita, della dignità e della libertà delle donne e di tutti i cittadini. Ribadisce la condanna delle violenze con cui le autorità di Teheran hanno risposto alle manifestazioni di popolo di questi mesi. Chiede una ferma presa di posizione delle autorità italiane e dell’Unione Europea.