Un apprendista stregone in Nicaragua
La pericolosa alleanza tra orteguismo e gruppi evangelici e pentecostali.
di Bái Qiú’ēn
Avvicinatevi ancora, ondeggianti figure apparse in gioventù allo sguardo offuscato. Tenterò questa volta di non farvi svanire? Sento ancora il mio cuore incline a quegli errori? Voi m’incalzate! E sia, vi lascerò salire accanto a me dal velo di nebbia e di vapori. (Wolfgang Goethe, Faust, 1-6)
Non ci prenderanno mai, siamo in missione per conto di Dio. (Dan Aykroyd in The Blues Brothers, 1980).
Uno dei dati indubitabili è che, in Nicaragua, il protestantesimo pentecostale ed evangelico è un fenomeno religioso in costante crescita, vedendo una forte “migrazione” dei fedeli dal cattolicesimo ereditato dai conquistadores verso le sempre più diffuse sette, a partire dagli anni Novanta del secolo scorso: secondo un’inchiesta della CID-Gallup, alla fine del 2022 il 41% della popolazione si dichiarava cattolico, mentre il 38% era evangelico. Alcuni mesi prima, un’altra inchiesta svolta da M&R Consultores (Nicaragüenses Creencias y Prácticas Religiosas), dava agli evangelici poco meno del 36% e ai cattolici poco meno del 43%, mentre il 18,6% si dichiarava credente ma senza alcuna specificazione. Lo 0,6% aveva dichiarato che Dio è solo nelle immagini, nella fantasia.
A parte l’inaffidabilità di qualunque sondaggio in Nicaragua, dove persiste l’atteggiamento mentale del Güegüense bugiardo e ingannatore, se fino agli anni 70 il cattolicesimo era la religione della maggioranza già nel 2018-’19 risulta che gli evangelici superino il 40% in tutti cinque i Paesi del Centro America. Le ragioni sono molteplici e gli studiosi del fenomeno non concordano sull’analisi delle motivazioni.
Lo stesso fenomeno è avvenuto non soltanto in America centrale, ma praticamente in tutta l’America latina, con i risultati politici che sono sotto gli occhi di tutti: nonostante un pontefice di origine argentina sul soglio dal 2013, il calo dei fedeli cattolici è costante e sempre più evidente (in Centro America arrivano a mala pena al 30%), come pure la pretesa di queste sette di influenzare le sorti politiche del Paese in cui operano (appoggiando di solito i candidati conservatori e la destra autoritaria) e di assumere persino responsabilità nelle istituzioni dello Stato. Il Brasile di Bolsonaro ne era un esempio più che palese.
Già il 28 settembre 2008, poco più di un anno dopo essere tornato alla presidenza della Repubblica, affiancato dai principali pastori evangelici del Paese, Daniel inaugurò a Managua la Plaza de la Biblia (pagata con i fondi dell’Alcaldía), non molto distante in linea d’aria dalla nuova cattedrale cattolica. In quell’occasione promise loro di regalargli ben 190 terreni per erigere le loro “chiese”.
Il 4 novembre 2021 la Federación de Iglesias Evangélicas Nicaragüenses (FIENIC), presieduta dal pastore Omar Duarte Pérez, temendo un forte astensionismo aveva invitato i nicaraguensi, attraverso una «lettera pastorale», a recarsi ai seggi di tutto il Paese per esercitare il diritto di voto.
All’inizio del nuovo millennio, questo «impresario della fede» non aveva in tasca un soldo bucato. Poi, il 20 aprile 2002 decise di fondare la setta «Ríos de Agua Viva», che in poco tempo si trasformò in un abbondante fiume di denaro per lui e per la sua famiglia. Oltre a gestire una vera holding di attività di vario genere, riuscì pure a impossessarsi di Radio Maranhata, un’emittente fondata nel 1993 in Nicaragua da José Luis Soto, un gusano cubano residente in California e naturalizzato statunitense, presidente del Concilio Una Cita con Dios e furibondo anticomunista. Nel giro di pochi anni questa emittente è diventata una delle più ascoltate, per cui riceve vagonate di denaro in pubblicità e persino sovvenzioni pubbliche. Non v’è dubbio che questo imprenditore abbia utilizzato la religione per i propri lucrosi affari trasformando in Paradiso terrestre questo venale Mondo terreno.
Lui e la sua famiglia non rendono conto a nessuno dei bilanci e, sebbene l’impresa sia registrata come una ONG (per pagare meno tasse e altri numerosi vantaggi), molte delle quali in questi ultimi cinque anni sono state annullate proprio con la scusa dell’opacità finanziaria, nessuno tocca questa setta imprendioriale che pare avere alcuni potenti santi in Paradiso (leggasi: a El Carmen). Duarte, non a caso, si dichiara un fervente sandinista e i figli della famiglia Ortega-Murillo sono spesso presenti alle loro adunate pubbliche: uno dei più assidui è Laureano Ortega Murillo, quando non è impegnato in faccende governative. Come se non bastasse, i siti ufficiali (a partire da El 19 Digital) tessono costatemente l’elogio sia del pastore sia della setta. Ricambiati costantemente dal pastore-fondatore: «la pace viene dal Cielo, la pace viene da Dio […] vedo la mano di Dio nell’opera molto efficiente delle nostre autorità e del Governo». Per il suo lucro personale, senza dubbio.
Il 10 novembre 2022, il Ministerio de Gobernación ordina la chiusura di un centinaio di ONG, tra le quali il Ministerio Radial Cristiano Una Cita con Dios fondato da José Luis Soto, per la non presentazione dei rendiconti finanziari 1997-2021 e per non aver proceduto al rinnovo delle cariche direttive dal 1994. All’epoca, Duarte è il gerente di Radio Maranhata, proprietà del suddetto Ministerio Radial e, con questa decisione governativa assai simile a un colpo di bacchetta magica, la proprietà passa direttamente nelle sue mani.
Ciliegina sulla torta: dietro il pulpito dal quale predica, Duarte ha spesso una bandiera israeliana e alle pubbliche “manifestazioni” evangeliche di questa setta è d’uso lo sventolio di numerosi vessili di questo Stato alleato degli Stati Uniti, le cui immagini fotografiche sono riprodotte regolarmente e senza alcuna vergogna sul sito ufficiale El 19 Digital, con buona pace per le parole solidali nei confronti dei palestinesi (parole, appunto), alle quali fa da contraltare il reiterato silenzio sui curdi per non disturbare il fratello Erdoğan. Il 14 gennaio 2021 Duarte invitò a una celebrazione l’ambasciatore israeliano Oren Bar-El, incontro a cui partecipò pure l’ambasciatore nicaraguense a Tel Aviv dal maggio 2019, Oscar Onidio Cubas Castro, del tutto casualmente pure lui pastore evangelico.
L’ambasciatore fu accolto ufficialmente da Rosario che, in uno dei suoi tipici sproloqui del mezzogiorno, il 13 gennaio gli offre amabilmente il Nicaragua, se non gli fossero sufficienti i territori palestinesi occupati: «Bienvenido, Embajador Oren Bar-El, y siéntase en su Tierra».
Negli stessi giorni, il portale “informativo” El 19 digital, comunicò che «Durante l’amichevole incontro con i deputati dell’Assemblea nazionale, il compañero Carlos Emilio López, presidente del gruppo di amicizia Nicaragua-Israele, ha ringraziato l’ambasciatore Bar-El e sua moglie Laure Bar-El, per la visita e il consenso a continuare a rafforzare i nostri legami di amicizia, ha affermato che entrambi i governi hanno somiglianze nel lavorare per la pace, lo sviluppo sociale ed economico dei loro popoli. All’incontro hanno partecipato i Deputati Compañer@s Maritza Espinales, Loria Raquel Dixon, María Agustina Montenegro, Benita Arbizú, José Leonel Martínez, Mario Asencio Flores, Alyeris Áreas e il Compañero Oscar Cubas, Ambasciatore del Nicaragua in Israele». Tutti eletti nella lista dell’attuale FSLN.
È una fotografia ben diversa da quella della Rivoluzione Popolare Sandinista che negli anni Ottanta diede una sorta di ufficialità alla Teologia della liberazione con la sua «opzione per i poveri» e si trovò contro la gerarchia della Chiesa Cattolica a partire dal cardinale Miguel Obando y Bravo, timoroso che i nove comandanti potessero organizzare la loro «chiesa popolare» per confiscare quella cattolica apostolica e romana. Nel frattempo, l’amministrazione Reagan e la destra religiosa statunitense definivano la contra come «combattenti cristiani per la libertà», le cui armi erano perciò benedette dallo stesso Obando. Del resto, l’arrivo di numerosi missionari evangelici in Nicaragua faceva parte del piano strategico di Washington, con lo scopo deliberato di ridurre l’influenza dei religiosi legati alla Rivoluzione e predicanti la giustizia sociale.
Gli evangelici nicaraguensi costituivano all’epoca il 15% della popolazione. Non avevano una leadership centralizzata o una tradizione di attivismo politico, e non erano una forza coesa come l’ala della Chiesa cattolica guidata da Obando. Tuttavia, molti evangelici non erano entusiasti della Rivoluzione, per quanto professassero una certa neutralità nella guerra contro di essa (la loro storica Radio Ondas de Luz, tuttora esistente, non fu mai censurata né chiusa), per quanto avessero parecchi legami istituzionali con i loro omologhi statunitensi, sostenitori dell’attore-presidente che stava finanziando e organizzando la guerra contro il legittimo governo del Nicaragua.
Nell’attualità le sempre più numerose e diffuse sette evangeliche di varia denominazione sono un’effettiva potenza economica, culturale e religiosa, che propagandano una versione deviata e deviante della stessa fede evangelica originaria, denominata comunemente Teologia della prosperità (quella dei loro pastori, ovviamente): è senza dubbio la “società civile” più organizzata che esiste in Nicaragua, oltre a rappresentare un flusso voluminoso di voti.
Negli ultimi anni si sono formate vere e proprie organizzazioni politiche strettamente connesse agli evangelici, alcune delle quali alleate elettoralmente all’orteguismo nell’Alianza Unida Nicaragua Triunfa. I ricordi positivi della Rivoluzione Popolare Sandinista continua a mantenere un buon appeal in una parte della sinistra latinoamericana e mondiale, che non le consente di distinguere il Daniel di allora dal quello di oggi e neppure di comprendere la sfida della realtà contemporanea rispetto ai valori e ai princìpi storici della sinistra, a partire dalla giustizia sociale non scollegata dalla democrazia di base. Se di certo la destra non crea ricchezza diffusa, è altrettanto evidente che, almeno in Nicaragua, quella che si autodefinisce sinistra si limita ad amministrare la sempre più generalizzata miseria, propagandando il sogno del benessere per tutti, un domani che si allontana sempre più nel tempo.
Il 21 marzo 2023 il Consiglio Nazionale dei Pastori Evangelici del Nicaragua (CNPEN) ha reso nota una lettera pastorale di ben sette pagine nella quale, pur affermando di non essere giudici né avendo la pretesa di esserlo, condanna aspramente le dichiarazioni di Papa Francesco relative a Daniel, affermando che si tratta di «controversie temporali di peccati che hanno più a che fare con il regno di questo mondo che con gli affari del Regno di Dio». Questo testo è stato ampiamente pubblicizzato sia dai canali televisivi, sia sulle pagine web e sui social legati alla famiglia Ortega-Murillo.
In un’occasione precedente abbiamo ricordato la presenza del predicatore nazi-evangelico Ralph Drollinger, mentore spirituale di Pence e Pompeo, sul palco dell’anniversario del 19 luglio 2019 da dove ha affermato tra l’altro: «Desidero ringraziare il Presidente e la Vicepresidente per questa opportunità che si apre della possibilità di seminare anche qui la parola di Dio, e cominciare dalla comunità dei politici». Dimostrazione più che evidente che il pragmatismo della coppia regnante, sempre più privo del sostegno popolare, ricerca ovunque può una legittimazione per il suo stesso potere. Fosse pure il sostegno di Satana in persona. O dell’equivalente terreno Donald Trump, eletto nel 2016 con il forte sostegno delle sette evangeliche più destrorse. Non a caso, ripetutamente Daniel ha parlato delle migliaia di carcerati negli USA come se fossero eroi e non colpevoli dell’assalto al Campidoglio il 6 gennaio 2021: «Poi è arrivata la persecuzione e li hanno accusati di attaccare la Sicurezza della grande Nazione nordamericana, di attaccare la Democrazia della grande Nazione nordamericana. E ha avuto inizio la cattura. E lì negli Stati Uniti proprio ora, oggi, quando non c’è un solo terrorista in prigione qui in Nicaragua, lì negli Stati Uniti ci sono più di 1.200 di quelli che hanno preso d’assalto il Congresso che sono descritti come terroristi, sono accusati e alcuni di loro sono già stati condannati a venti, trent’anni di carcere» (9 febbraio 2023). Forse Daniel è un troppo assiduo frequentatore dei programmi bufalari di Fox News.
Infatti, il totale gli arrestati dal FBI furono 773, l’85% dei quali venne subito rilasciato, solo 666 sono stati processati e le condanne detentive inflitte sono a tutt’oggi solo una trentina (con patteggiamento, previa auto-dichiarazione di colpevolezza): la sentenza più pesante è stata di 10 anni nei confronti di Thomas Webster, un ex ufficiale (in pensione) del dipartimento di polizia di New York. Che fra costoro vi fossero i complottisti patentati di QAnon (come il famoso “sciamano”, condannato a poco più di 3 anni) e vari appartenenti a gruppi razzisti, suprematisti, paranazisti e destroidi in genere (esercito di Groyper, Oath Keeper, Proud Boys, Ku Klux Klan e chi più ne ha più ne metta, assai spesso legati a sette evangeliche), a Daniel non fa né caldo né freddo, anzi neppure ritiene che fossero golpisti se si leggono con attenzione le sue parole («sono descritti come terroristi»), bensì un semplice raduno di corna, bandiere e tanto folklore: triccheballacche e putipù, insomma. Crede fermamente in questa versione, tanto che quasi le stesse parole le aveva già pronunciate il 9 gennaio precedente, nel discorso di apertura del nuovo anno legislativo: «Negli Stati Uniti dove ci sono più di 1.000 detenuti, di quelli che sono entrati al Congresso ci sono più di 1.000 detenuti sotto processo, molti dei quali già condannati a 20 anni, 30 anni di carcere, ah, fanno giustizia!». Questa lettura distorta ci pare una lancia ripetutamente spezzata a favore dell’evangelico Trump e dei suoi fanatici sostenitori, forse scommettendo tutto sulla sua rielezione e sulla sconfitta del cattolico Biden nel 2024. Con quali “vantaggi” per il Nicaragua non è dato sapere.
Non è irrilevante il fatto che mentre Drollinger lavorava per espandere la propria setta nei parlamenti e nei governi latinoamericani, i vari Pence e Pompeo stavano lavorando alacremente per allineare i politici del subcontinente con l’agenda di Trump e di Netanyahu sul Medio Oriente: il 14 maggio 2018 l’Ambasciata statunitense presso lo Stato d’Israele fu trasferita da Tel Aviv a Gerusalemme, capitale “unica ed indivisibile” secondo il governo israeliano.
Se il 31 maggio 2010 il Governo del Nicaragua rompe le relazioni diplomatiche con Israele, condannando «l’attacco criminale compiuto dal governo di Israele contro la Freedom flotilla» che portava aiuti umanitari nella striscia di Gaza, nell’aprile dell’anno seguente il gruppo parlamentare Amigos de Israel (facente parte di una rete centroamericana) promuove una risoluzione dell’Asamblea Nacional per il ristabilimento delle relazioni sia diplomatiche sia economiche.
Parecchia acqua è passata sotto i ponti da quel 19 luglio 1980, quando Yasser Arafat partecipò a Managua al primo anniversario della Rivoluzione Popolare Sandinista e l’allora Giunta rivoluzionaria di riconciliazione nazionale riconobbe diplomaticamente l’OLP, che aprì la propria ambasciata nella capitale nicaraguense. Non a caso, l’allora governo israeliano dopo aver per decenni sostenuto la dittatura somozista (e i numerosi emigrati palestinesi collaboravano con la guerriglia del FSLN), in accordo con Reagan iniziò a finanziare, addestrare e fornire equipaggiamento militare alla controrivoluzione (il 5 agosto 1982 Managua ruppe le relazioni diplomatiche con Tel Aviv, dopo l’invasione del Libano).
Il 16 ottobre 2016 si costituisce la denominata Asociación de ministerios evangélicos hispanos amigos de Israel «di natura civile, apartitica», presieduta dal deputato William José Marota. Se sono sempre più evidenti i legami tra il governo sionista israeliano e le sette evangeliche, non sappiamo quanto peso politico effettivo abbiano queste sul Buon Governo del comandante Daniel (il segretario dell’Asociación de ministerios evangélicos hispanos amigos de Israel è il costruttore edile e deputato Manuel Salvador Treminio Zeledón, fratello del viceministro dell’Educazione). In ogni caso, nel marzo dell’anno successivo le relazioni diplomatiche tra i due Paesi sono ripristinate, anche come ringraziamento nei confronti delle sette evangeliche, nominando il suddetto pastore Oscar Cubas come ambasciatore a Tel Aviv.
Per quanto esistano sfumature tra loro, le sette evangeliche sono indubbiamente i gruppi più fondamentalisti e radicali tra tutti i cristiani. Molte delle quali, catalogate come neocons, appoggiano lo sionismo e la politica di apartheid nei confronti dei palestinesi.
A questa scelta politica di carattere internazionale corrisponde quella tutta interna di circondarsi di evangelici di tendenze sioniste e non propriamente identificabili come rivoluzionari.
Abbiamo già parlato di Carlos Alberto Escorcia Polanco, ex delatore di sandinisti negli anni della dittatura somozista, pastore evangelico residente in California e oggi allegramente ospitato nelle pagine web del sito ufficiale El 19 Digital e in altri, tutti legati strettamente alla famiglia regnante.
Il camaleonte politico Carlos Wilfredo Navarro Moreira, in gioventù militante somozista poi sostenitore hasta la muerte di Arnoldo Alemán, nel cui governo fu ministro del Lavoro, e nel 2008 vicepresidente del PLC (presidente a vita il suddetto Alemán), è oggi un fedele alleato dell’orteguismo con il suo inesistente Movimiento Liberal Constitucionalista Independiente (MLCI), fondato nel febbraio del 2016 e strettamente legato alle sette evangeliche e dal suo seggio parlamentare fa di tutto per favorirle, economicamente e politicamente.
Che dire poi di uno tra i più fanatici portavoce dell’orteguismo, l’ex contra Moisés Absalón Pastora Loáisiga, antico conduttore dell’emittente controrivoluzionaria Radio Liberación (con sede ufficiale a Miami negli anni Ottanta) che, nei locali della destrorsa emittente Radio Corporación il 9 novembre 1991 a Managua assassinò a sangue freddo un militante sandinista (il ventunenne Marvin Javier Rivas Montel) e venne prontamente indultato da Violeta Barrios. Oggi pure lui si dichiara evangelico, ha un programma tutto suo nella tv “statale” Canal 6 («Detalles del momento») lautamente finanziato dalle imprese statali Telcor ed Enitrel, ed è un deputato eletto nella lista del FSLN il 7 novembre 2021. È cugino di Edén Pastora Gómez, fondatore del gruppo armato della contra dal 1982 al 1986 Alianza Revolucionaria Democrática (ARDE) e denominato ufficialmente «El traidor», ma poi riammesso nel FSLN dopo il 2007 nonostante i rilevanti danni alle infrastrutture e i numerosi morti causati dalle sue azioni controrivoluzionarie nei confronti della popolazione civile nella regione di Río San Juan.
Sebbene dal 2018 a oggi Daniel definisca spesso «somozisti» gli oppositori, nella pratica sembra non dare alcuna importanza al fatto che qualcuno dei suoi attuali fedelissimi fosse davvero un somozista e che si sia addirittura reso colpevole di delazione e persino di omicidio.
L’eredità della Rivoluzione non sembra avere un riscontro molto incoraggiante se si è adattata alla “filosofia politica” di Tacho Somoza: «Plata para los amigos, palos para los indiferentes, plomo para los enemigos». Denaro agli amici, legnate agli indifferenti, piombo ai nemici.
Se questi sono il pragmatismo e la positiva eresia politica orteguista (essere ex somozisti di ferro, delatori della Guardia Nacional o assassini di giovani sandinisti si trasforma in un merito per diventare militanti, deputati e propagandisti orteguisti), preferiamo stare il più lontano possibile da questo apprendista stregone che dimentica i princìpi fissati da Carlos Fonseca per il militante sandinista e non sa come concludere decentemente ciò che l’irascibile e impulsiva moglie Rosario ha cominciato nell’aprile 2018, mentre lui era a curarsi a Cuba, procurando un danno d’immagine irreversibile al sandinismo e alla Rivoluzione. Tutto ciò è grottesco, prima ancora di essere un’involuzione e un tradimento delle proprie origini.
Sono assai lontani gli anni di Julio Buitrago, di Leonel Rugama e dei tanti altri caduti nella lotta contro la dittatura somozista.