L’Ucraina non è una nazione, è un investimento
articoli video e disegni di Nicholas Nicholaides, Giulio Di Luzio, Giorgio Agamben, Tucker Carlson, Alessandro Bertolini, Elena Basile, Fabrizio Poggi, Carlo Bellisai, Davide Malacaria, Alessandra Mecozzi, Pino Arlacchi, Alessandro Di Battista, Giuliano Marrucci, Simone Spiga, GianAndrea Gaiani, Alessandro Marescotti, fratelli Kononovich, Benigno Moi
L’Ucraina è degenerata da regione russo/sovietica a colonia americana – Nicholas Nicholaides
(17.11.2016)
Il territorio attualmente chiamato Ucraina non è mai stato uno stato o un paese, né lo sarà mai. Faceva sempre parte di un altro paese reale o, ancor più frequentemente, diviso tra altri stati reali come Polonia, Austria, Ungheria, Turchia e, soprattutto, Russia. Certo, secondo la giunta nazista di Kiev la guerra di Troia fu combattuta tra “tribù ucraine”, Alessandro Magno era segretamente “proto-ucraino” e l’impero bizantino era una “colonia ucraina”, ma per il resto del mondo il fatto resta che non c’è un solo documento o riferimento storico che faccia riferimento all'”Ucraina” come stato o paese indipendente. Per quanto i nazionalisti “Ukrop” vorrebbero, non possono cambiare la “vecchia” storia come cercano di fare con la storia moderna , come fanno, ad esempio, imbiancando il criminale di guerra, collaboratore nazista e assassino di massa Bandera.La giunta nazista di Kiev cerca di falsificare anche la “vecchia” storia, ma gli autori e le fonti antiche e medievali sono troppo noti e troppo ben documentato per essere falsificato così facilmente.
È un fatto provato e ben noto che il primo stato russo fu Kievan Rus – prendi nota: “Rus”, non Ucraina! È anche noto che la stessa parola “Ucraina” deriva dal vecchio mondo russo che non si riferisce mai a un paese, ma alla mera regione di confine tra i paesi e gli imperi sopra menzionati. Successivamente, la parola “Ucraina” è stata utilizzata per le parti più occidentali dell’Impero russo. Quando l’impero russo si espanse verso sud, i nuovi territori che furono liberati dall’occupazione prevalentemente turca furono chiamati Novorossiya, o Nuova Russia. Ancora una volta, nessuna menzione di “Ucraina”! Questi sono anche fatti storici ben noti e comprovati. Le parti nord-orientali del territorio erano chiamate Malorossiya, o Piccola Russia. Sfortunatamente, i leader comunisti dell’URSS scelsero di mettere insieme tutte queste parti in una nuova repubblica sovietica e chiamarono la combinazione “Ucraina”. Hanno anche aggiunto l’unica parte storicamente non russa, la Galizia, a questa nuova repubblica e successivamente hanno aggiunto la Crimea come “dono”, e tutto questo senza chiamare il territorio (meno la Galizia) con i suoi veri nomi storici: Novorossiya e Malorossiya. Ciò è stato fatto in parte per coincidenza e in parte per comodità, perché la maggior parte di questo vasto territorio era stata in precedenza la “terra di confine” della Russia.
Quando l’URSS fu smembrata per tradimento interno e contro la volontà della stragrande maggioranza del popolo, come dimostrato dal referendum del 1991, gli americani poterono, controllando il loro burattino, il traditore alcolizzato Eltsin, assicurarsi che le parti autentiche russe dell’Unione Sovietica Unione, cioè la maggior parte della SSR ucraina come Novorossiya e Malorossiya, sono stati lasciati fuori dalla Russia e non sono stati restituiti alla Federazione Russa. Ciò è stato ovviamente fatto per indebolire il nuovo stato russo, e non per alcuna compassione per il nuovo pseudo-stato di “Ucraina”. Ora il compito principale di qualsiasi governo russo non deve essere organizzare campionati mondiali di calcio o costruire Disneyland, ma liberare e restituire terre russe come la Novorossiya e la Malorossiya alla Madre Russia. Il modo migliore per iniziare è aiutare l’esercito della Novorossiya a liberare tutte le terre che si estendono da Kharkov a Odessa e ad est del Dnepr.
A proposito, come può il regime ucraino anche solo sognare di essere un paese quando è sovvenzionato dagli Stati Uniti e, allo stesso tempo, vende i beni del proprio popolo agli stranieri? Quello non è un paese, quella è una colonia. Ci vuole molto di più che rinominare strade e villaggi dopo i criminali nazisti per diventare un vero paese.
(tradotto da Google Traduttore)
I media e la menzogna senza verità – Giorgio Agamben
Ci sono diverse specie di menzogna. La forma più comune è quella di chi, pur sapendo o credendo di sapere come stanno le cose, per qualche ragione dice consapevolmente il contrario o comunque nega anche solo parzialmente ciò che sa essere vero. È quanto avviene nella falsa testimonianza, che per questo è punita come un crimine, ma anche più innocentemente ogni volta che dobbiamo giustificarci di un comportamento che ci viene rimproverato.
La menzogna con cui abbiamo a che fare da quasi tre anni non ha questa forma. È, piuttosto, la menzogna di chi ha smarrito il discrimine fra le parole e le cose, fra le notizie e i fatti e quindi non può più sapere se sta mentendo, perché per lui è venuto meno ogni possibile criterio di verità. Quello che dicono i media non è vero perché corrisponde alla realtà, ma perché il loro discorso si è sostituito alla realtà. La corrispondenza fra il linguaggio e il mondo, su cui un tempo si fondava la verità, non è semplicemente più possibile, perché i due sono diventati uno, il linguaggio è il mondo, la notizia è la realtà. Solo questo può spiegare perché la menzogna non abbia bisogno di rendersi verosimile e non nasconde in alcun modo quello che a chi ancora aderisce all’antico regime di verità appare come evidente falsità. Così durante la pandemia i media e gli organi ufficiali non hanno mai negato che i dati sulla mortalità che dichiaravano si riferivano a chi fosse morto risultando positivo, indipendentemente dalla causa effettiva della morte. Malgrado questo, essi, pur essendo evidentemente falsi, sono stati accettati come veri. Allo stesso modo, oggi nessuno nega che la Russia abbia conquistato e annesso il venti per cento del territorio ucraino, senza il quale l’economia ucraina non è in grado di sopravvivere; e tuttavia le notizie non fanno che parlare della vittoria di Zelensky e della ormai immancabile sconfitta di Putin (nelle notizie, la guerra è fra due persone e non fra due eserciti).
Il problema è a questo punto quanto può durare una menzogna di questo tipo. È probabile che prima o poi la si lascerà semplicemente cadere, per sostituirla immediatamente con una nuova menzogna, e così via – ma non all’infinito, perché la realtà che non si è più voluto vedere si presenterà alla fine a esigere le sue ragioni, anche se al prezzo di catastrofi e sciagure non indifferenti, che sarà difficile se non impossibile evitare.
VACANZE DI GUERRA IN SARDEGNA – Carlo Bellisai
Ma che bella che è la Sardegna! Soprattutto per andarci in vacanza! Spiagge bianche, acque cristalline, imponenti scogliere, contrade spopolate e selvagge. Sentirete gli aromi delle erbe selvatiche, ammirerete le sculture naturali con cui il tempo ha modellato i graniti, vi stupirete del lavoro millenario dell’acqua sul calcare, che ha creato paesaggi lunari, grotte e anfratti. Venite a visitare l’isola!
Immergersi nelle sue acque cristalline è fantastico e, talvolta, può perfino essere avventuroso. Immergendovi con maschera e pinne, vi potrà anche capitare di imbattervi, oltre che in pesci d’ogni foggia, in epici relitti e perfino in bombe inesplose! Residuati bellici della seconda guerra mondiale? Nient’affatto.
Si tratta di robetta assai più recente, utilizzata dalle truppe NATO durante le esercitazioni di guerre simulate, utili a testare l’efficacia dei nuovi ordigni, così da poterne produrre su larga scala. L’ultima l’ha presa nella sua rete un pescatore di Teulada il 4 luglio 2023. La costa è stata interdetta per due giorni alla navigazione ed alla balneazione.
Mi scuserete ma avevo omesso di dirvi che in Sardegna ci sono le più estese basi militari d’Italia e che, regolarmente e metodicamente, vengono effettuate esercitazioni con vere armi: bombe, droni e missili d’ogni tipo. E’ quindi abbastanza normale che, su migliaia di tiri, ci sia una certa percentuale di ordigni inesplosi, finiti magari in mare, o sotto le dune di sabbia.
Ehi! Non ditemi che state cambiando idea sulla meta delle vostre vacanze estive? Suvvia, non credo proprio. Sapete benissimo che c’è solo una probabilità su mille che capiti proprio a voi di mancare la cernia con la fiocina e di colpire proprio l’ordigno incastrato sul fondo, o ancora meno che mentre scavate la buca per l’ombrellone vi esploda in faccia una deflagrazione. Sembra uno scherzo eh? Infatti prendetelo come tale e venite lo stesso a far le vacanze in Sardegna. Appena un brivido in più.
D’altra parte la Difesa è importante, ma a luglio ci si può anche divertire. Così ecco che anche quest’anno una parte del territorio militare verrà affittata al miliardario spagnolo Alejandro Agag, che organizza la Estreme X, un favoloso rally per fuoristrada elettriche. Scoprirete così, che la Difesa è anche ecologica e pazienza se ci sarà qualche centinaio di batterie da dieci chili l’una esauste. Sciocchezze, pinzillacchere, direbbe Totò, cosa saranno mai queste batterie rispetto a migliaia di missili al torio, di bombe all’uranio impoverito?
Tranquilli, i biglietti invito per il rally sono tutti già prenotati. Storie per vip e lustrini, là dove i sardi, abitanti del luogo, non possono poggiar piede da quasi settantanni.
A proposito di sport estremi più praticabili, ci sono splendide e irte pareti da scalare in molte zone dell’isola. Ne segnalo una in particolare, presso la grotta di Domusnovas: una bellissima campagna boscosa, incastonata fra pareti a picco. Non fate troppo caso ai vecchi ruderi minerari abbandonati, né preoccupatevi se vi capiterà di sentire alcune sorde esplosioni. A pochi chilometri da lì c’è la fabbrica di ordigni bellici RWM e potrebbero aver fatto qualche prova. Lo sapevate già? Allora avete letto l’articolo su Repubblica del giornalista Gianluca Di Feo del 5 luglio 2023? Quindi avete già capito che non c’è nulla da temere per voi, in quanto produrranno ormai solo bombe da fornire all’Ucraina contro la Russia, non saranno più marchiati dall’infamia di aver fabbricato le bombe che massacravano i civili yemeniti: ora infatti “è diventata un’azienda che difende i valori occidentali”. Certo, le bombe qualcuno finiranno col colpirlo, ucciderlo o mutilarlo. Però per i valori democratici. Davvero illuminante!
Vi siete preoccupati di nuovo? Ma dai! Mi piace scherzare. Nella vostra vacanza dovete rilassarvi! La terza guerra mondiale ancora non è stata dichiarata e l’estate è fatta per non pensare ai problemi. Suvvia: perché i Russi dovrebbero per forza bersagliare questa fabbrica, nella sperduta Sardegna? Ce ne sono numerose altre e la probabilità sarebbe al massimo del dieci per cento. Un’inezia e, magari, quel po’ d’incertezza che serve a condire una vera vacanza avventura. Che ne dite? Prenotate?
Come? Avete dei problemi etici? E che roba è?
Le 10 guerre e le 10 menzogne degli Stati Uniti
- Vietnam (1964-1975)
La menzogna : il 2 e 3 agosto 1964, il Vietnam del nord attacca due navi da guerra americane nella baia di Tonkino.
La verità : l’attacco non ebbe mai luogo. Si trattò di un’invenzione del governo americano.
Lo scopo : impedire l’indipendenza del Vietnam e mantenere il predominio degli Stati Uniti sulla regione.
Conseguenze : milioni di vittime, malformazioni genetiche, enormi problemi sociali.
- Grenada (1983)
La menzogna : la piccola isola dei Caraibi viene accusata di costruire una base militare sovietica e di mettere in pericolo la vita di cittadini americani.
La verità : Tutto falso. La notizia era stata diffusa su ordine del presidente americano Ronald Reagan.
Lo scopo : impedire le riforme sociali e democratiche del primo ministro Maurice Bishop (che verrà fucilato nell’ottobre 1983).
Conseguenze : una brutale repressione e il consolidamento del controllo di Washington.
- Panama (1989)
La menzogna : L’invasione avviene per arrestare il presidente Manuel Noriega con l’accusa di traffico di droga.
La verità : Malgrado fosse un protetto della CIA, Noriega reclamava la sovranità sui pedaggi del Canale di Panama. Richiesta intollerabile per gli Stati Uniti.
Lo scopo : mantenere il controllo americano sul Canale, via di comunicazione strategica.
Conseguenze : i bombardamenti americani hanno ucciso migliaia di civili, nell’indifferenza dei media e dell’opinione pubblica.
- Irak (1991)
La menzogna : gli iracheni avrebbero rubato delle incubatrici nel reparto maternità dell’ospedale di Kuwait City
La verità : invenzione da parte dell’agenzia pubblicitaria Hill & Knowlton pagata dall’emiro del Kuwait.
Lo scopo : impedire che il Medio Oriente facesse resistenza a Israele e si staccasse dal controllo americano.
Conseguenze : molte vittime a seguito della guerra e un lungo embargo, anche sui medicamenti.
- Somalia (1993)
La menzogna : Il politico e medico francese Bernard Kouchner si mette sulla scena come l’eroe di un intervento umanitario.
La verità : quattro società americane avevano acquistato parte del sottosuolo della Somalia, ricco di petrolio.
Lo scopo : controllare il petrolio e una regione militarmente strategica.
Conseguenze : non riuscendo a controllare il paese, gli Stati Uniti mantennero sulla regione un caos prolungato.
- Bosnia (1992 – 1995)
La menzogna : La ditta americana Ruder Finn e l’allora ministro francese della sanità Bernard Kouchner misero in scena una serie di campi serbi di sterminio.
La verità : Ruder Finn e Kouchner mentivano. Erano campi di prigionieri in attesa di scambi con altri prigionieri. A confessarlo fu Alija Izetbegovic, presidente della Bosnia-Erzegovina dal 1990 al 1996.
Lo scopo : Frantumare la Jugoslavia, posizionata troppo a sinistra, eliminare il suo sistema sociale, sottomettere la regione alle multinazionali, controllare il Danubio e le vie di comunicazione strategiche nei Balcani.
Conseguenze : quattro anni di una guerra atroce fra musulmani, serbi e croati.
- Jugoslavia (1999)
La menzogna : i serbi commettono un genocidio sugli albanesi del Kosovo.
La verità : fu un’invenzione della NATO, come venne in seguito ammesso dal portavoce ufficiale Jamie Shea.
Lo scopo : imporre il predominio della NATO sui Balcani, installare una base militare americana nel Kosovo.
Conseguenze : migliaia di vittime per i bombardamenti della NATO. Pulizia etnica nel Kosovo da parte dell’Ushtria Çlirimtare e Kosovës, l’esercito di liberazione del Kosovo, che godeva della protezione della NATO.
- Afganistan (2001)
La menzogna : Il presidente americano George Bush voleva vendicare gli attentati del 11 settembre 2001 e catturare Osama Bin Laden, ex amico degli Stati Uniti e ora sanguinario capo di al Qaeda.
La verità : non esisteva nessuna prova del coinvolgimento di al Qaeda e di Bin Laden negli attentati dell’11 settembre. Secondo i “cospirazionisti” si sarebbe addirittura trattato di attentati organizzati dai servizi segreti americani.
Lo scopo : controllare militarmente il centro strategico dell’Asia, costruire un gasdotto per il controllo dell’approvvigionamento energetico nell’Asia del sud.
Conseguenze : occupazione territoriale di lunga durata e un forte aumento della produzione e del traffico di oppio.
- Irak (2003)
La menzogna : il presidente iracheno Saddam Hussein possedeva armi di distruzione di massa, come affermò il generale Colin Powell alle Nazioni Unite, avvalorando la sua tesi con una provetta contenente una pericolosa sostanza sequestrata ai laboratori iracheni.
La verità : il governo di Washington aveva ordinato di falsificare dei documenti (il caso Libby) o di fabbricarne.
Lo scopo : controllare il petrolio iracheno e di conseguenza gli acquirenti : Cina, Europa, Giappone, …
Conseguenze : per l’Irak iniziò un lungo periodo di guerra civile; le armi sperimentali e i missili all’uranio hanno fatto più danni genetici della bomba di Hiroshima.
- Libia (2011)
La menzogna : il colonnello libico Muammar Gheddafi vuole massacrare la popolazione di Bengasi. Un intervento militare occidentale è necessario per evitare un bagno di sangue nel paese. Il presidente americano Barack Obama e quello francese Nicolas Sarkozy lanciano la guerra contro la Libia violando la risoluzione 1973 delle Nazioni Unite.
La verità e lo scopo : il controllo del petrolio e delle società petrolifere del paese, la fine del primo satellite africano RASCOM 1, fermare il Fondo monetario africano, creare una base militare di Africom in Libia, uccidere Muammar Gheddafi.
Conseguenze : quasi 50’000 libici uccisi dai raid aerei della NATO.
(Fonte : michelduchaine.com)
Il doppio gioco del governo ucraino sulle bombe a grappolo – Alessandro Marescotti
Mentre da un lato il governo ucraino mostrava apparente sensibilità alla questione e prometteva a Human Rights Watch di indagare sull’uso eventuale delle bombe a grappolo da parte delle proprie truppe, dall’altro invece richiedeva a Biden di poterne avere in gran quantità.
“Il governo ucraino dovrebbe agire in base al suo impegno espresso a non utilizzare mine antiuomo vietate”.
Questo scriveva Human Right Watch il 30 giugno 2023.
Quindi, riassumendo, una decina di giorni fa l’organizzazione umanitaria stava cercando di mettere alla prova la buona fede del governo ucraino che si era impegnato a non usare le bombe a grappolo e a indagare su eventuali propri usi “non autorizzati” di queste armi indiscriminate definite in inglese cluster bombs.
Ora invece si scopre che era tutta una sceneggiata ipocrita e che il governo ucraino stava nel frattempo trattando con il presidente degli Stati Uniti Joe Biden per ottenere le bombe a grappolo, e in gran numero.
Human Rights Watch il 30 giugno scorso riferiva della dichiarazione del governo ucraino che in una riunione del 21 giugno 2023 si impegnava a non fare uso delle bombe a grappolo. Human Rights Watch si lamentava che la risposta di Kiev era arrivata “quasi cinque mesi dopo che i funzionari ucraini hanno detto che avrebbero esaminato i rapporti di Human Rights Watch e di altri gruppi secondo cui le forze ucraine hanno usato queste armi nelle operazioni per riprendere il territorio occupato dalle forze russe”.
“Da quando ha pubblicato un rapporto a gennaio, Human Rights Watch ha scoperto ulteriori prove riguardanti l’uso ucraino di queste armi indiscriminate durante il 2022”, si legge sul sito dell’organizzazione umanitaria. Che dieci giorni fa lodava l’impegno del governo ucraino. “L’impegno del governo ucraino di indagare sull’apparente uso da parte dei suoi militari di mine antiuomo vietate è un importante riconoscimento del suo dovere di proteggere i civili”, aveva affermato Steve Goose, direttore delle armi di Human Rights Watch. “Un’indagine rapida, trasparente e approfondita potrebbe avere benefici di vasta portata per gli ucraini sia ora che per le generazioni future”, continuava.
Tutto questo dieci giorni fa.
Oggi il governo ucraino abbandona i panni del governo buono e sensibile agli appelli di Human Rights Watch per vestire ben altri panni. Il principale consigliere del presidente ucraino Volodymyr Zelensky, Mykhailo Podolyak, dichiara: “Le munizioni a grappolo sono estremamente importanti per l’Ucraina. Compensano in qualche modo il nostro deficit di proiettili e ripristinano parzialmente la parità sul campo di battaglia”.
“Kiev ha usato razzi a grappolo nell’Ucraina orientale giá nel 2014 e nel 2015. Il New York Times scrive che le forze ucraine hanno utilizzato bombe a grappolo Uragan in un attacco a Husarivka, territorio controllato dalla Russia, nella regione di Kharkivska, nel marzo 2022″, riporta oggi Repubblica.
L’ipocrisia della guerra ha oggi il suo compimento e tutto ciò che il governo ucraino aveva promesso, impegnandosi a non usare le bombe a grappolo di fronte a Human Rights Watch, diventa puro inganno.
Sembra di assistere ad un altro inganno – ancora peggiore – quello di Putin, che il 24 febbraio 2022 dava l’ordine di invadere l’Ucraina dopo aver lasciato dire ai suoi portavoce che non l’avrebbe mai fatto.
E’ l’ipocrisia della guerra. La terribile ipocrisia che porta a mentire, mentire e ancora mentire senza alcun pudore.
Note: Dall’inizio della sua invasione su vasta scala dell’Ucraina il 24 febbraio 2022, le forze russe hanno utilizzato almeno 13 tipi di mine antiuomo in più aree in tutta l’Ucraina, uccidendo e ferendo civili. Human Rights Watch ha pubblicato quattro rapporti che documentano l’uso delle mine antiuomo da parte delle forze russe in Ucraina dal 2022. La Russia, che non ha aderito al Trattato sul divieto delle mine, viola il diritto internazionale umanitario quando usa le mine antiuomo perché sono armi intrinsecamente indiscriminate.
Fonte: Human Rights Watch
Chi ci attacca e minaccia punta all’autocensura – Elena Basile
Non sono sorpresa per le denigrazioni pubbliche iniziate nei miei confronti. L’unico ministro plenipotenziario donna, nominato ambasciatore d’Italia in Svezia e in Belgio da due governi differenti, sarebbe un’incompetente. Non mi aspetto che chi elogiava il mio lavoro a Stoccolma o a Bruxelles testimoni a mio favore. Capisco la presa di distanze di tanti per quieto vivere. Avere ascoltato la mia coscienza e credere in una diplomazia di commis d’Etat mi ha penalizzata per la promozione ad ambasciatore di grado e non me ne lamento. È giusto che, in una carriera gerarchizzata, sia così. Di questi contrasti tra coscienza e struttura (alla Farnesina o altrove) parlo nel mio ultimo romanzo Un insolito trio”. Il tema di Antigone è approfondito. Ma queste sono banalità.
Passiamo a ciò che invece è grave per una democrazia. So bene che non viviamo in una delle dittature contemporanee: la Russia o le tante altre con cui l’Occidente ha ottimi rapporti. Non mi arresteranno, la mia incolumità fisica è salvaguardata. Ma il linciaggio pubblico e la criminalizzazione del dissenso sono armi per imporre il silenzio. Le usano i cosiddetti sostenitori della democrazia e della sua esportazione fuori dall’Occidente collettivo. Gli stessi politici e giornalisti che criticano giustamente Putin per le repressioni a Mosca gridano allo scandalo perché un diplomatico (che ha rinunciato a una lauta retribuzione e si è dimesso volontariamente per poter rispettare la propria integrità morale ed esprimersi liberamente) diviene editorialista del Fatto. Il giornale (uno dei pochi) offre spazio al dissenso, alla critica della politica occidentale sulla guerra in Ucraina e del tradimento dei valori europei sulla solidarietà economica e le migrazioni. Accoglie chi denuncia la propaganda mediatica e la censura della Ue di Borrell, che chiude mezzi di informazione stranieri con la motivazione propria dei regimi oscurantisti: proteggere la popolazione dalla “disinformazione”. Di disinformazione si parla con assoluta inconsapevolezza dei rischi che questo concetto strombazzato su giornali importanti possa avere su un dibattito politico libero e degno di una democrazia. In Italia come in tutta Europa. La Commissione e il Seae organizzano riunioni e strategie contro la disinformazione. Siamo quindi in guerra e dobbiamo accettare le minacce alle libertà individuali garantite dalla Costituzione? Il cittadino non può informarsi come vuole e scegliere liberamente cosa gli sembri menzogna o verità? Se questa decisione è stata presa, è gravissima. Avrebbe dovuto essere ampiamente dibattuta nei Parlamenti delle democrazie europee.
Nel mio primo articolo firmato col mio nome (quando il Fatto aveva già rivelato che Ipazia ero io) avevo ben specificato qual è il dovere di riservatezza dei diplomatici. A mio avviso, anche il diplomatico in servizio, se non gestisce il dossier accanto all’istanza politica e non ha accesso a fonti riservate, può mettere la sua esperienza e le sue competenze a vantaggio del dibattito pubblico. Nel 2022, in coerenza con questi principi, rilasciai interviste al sito Linkiesta, al Fatto, al Mattino, a Dimartedì su La7. Naturalmente utilizzai un linguaggio meno incisivo e irriverente di quello di Ipazia. Un tempo la diplomazia interagiva a testa alta con la politica. Grandi ambasciatori ormai in pensione (non li nomino per non creare loro noie) condividono le mie idee e mi raccontano la “Farnesina democratica” che hanno vissuto.
Ho firmato la lettera di dimissioni nel febbraio 2023. La mia collaborazione col Fatto è iniziata ad aprile. I segugi pronti ad attaccarmi possono accertare la data del primo articolo di Ipazia, lo pseudonimo che ho usato inizialmente perché l’iter procedurale per la pensione non era ultimato. Volendo esprimermi liberamente e in coscienza, sentivo di dover proteggere l’Amministrazione da inutili imbarazzi e me stessa da possibili rappresaglie.
Trovo divertente che chiunque si discosti dal vangelo dei democratici Usa sia tacciato di spionaggio o di collusione col nemico: la Russia. Sarebbe molto facile ribaltare l’accusa e chiedere quanti politici, diplomatici e soprattutto giornalisti sono costretti a tradire la propria coscienza e ripudiare la verità per mantenere ruoli di prestigio e di influenza, o anche solo il posto di lavoro. Non scambiatemi, per favore, per una moralista! Sono stata nell’establishment, un’ambasciatrice lo è automaticamente. Ho scoperto che tanti politici, giornalisti, imprenditori, diplomatici con cui ero in amicizia mi esprimevano idee non dissimili dalle mie, ma solo “in bilaterale”. Quanti avrebbero voluto la fine della tortura di Assange! Capivo bene che in pubblico non avrebbero ripetuto le stesse idee. Anch’io, senza mai mentire, ho peccato di omissioni. È comprensibile non esporsi anche solo per quieto vivere. Non è giustificabile invece che nelle democrazie europee i cittadini siano forzati all’autocensura. Non è possibile accettare che i cosiddetti ‘liberali’ (persino gli ex radicali: povero Pannella, si rivolterà nella tomba, lui la voce sempre fuori dai cori!) insultino e minaccino di sanzioni le poche voci isolate di critica alla politica Nato e alle guerre ‘umanitarie’ statunitensi. Io sono per un euro-atlantismo differente, nel quale la componente europea accresca, anche con una difesa propria e una reale autonomia strategica, la propria influenza. Siamo in tanti: non filo-putiniani, ma sostenitori di una politica occidentale che stabilizzi le aree geografiche, il Medio Oriente, il Nord Africa e l’Est dell’Europa. Torniamo ai valori di pace e prosperità. Battiamoci per un Occidente davvero democratico. Diceva Primo Levi: un lager nasce quando il cittadino gira la testa dall’altra parte.
BlackRock e la svendita dell’Ucraina al capitale transnazionale – Fabrizio Poggi
Lo scorso 8 maggio il governo golpista di Kiev e l’americana BlackRock Financial Market Advisory hanno sottoscritto l’accordo sul “Fondo di sviluppo dell’Ucraina”. Formalmente, dovrebbe trattarsi di attività tese ad attirare investimenti nel settore energetico, nelle infrastrutture, nell’agricoltura ucraine. Di fatto, si è aperta la strada alla totale svendita dei principali settori dello stato ucraino, a partire dalle preziosissime terre nere e dalla rete elettrica del paese. Da parte di Kiev, con tale accordo, si tratterebbe di saldare gli enormi debiti contratti coi creditori occidentali, soprattutto per le forniture di armi e gli “aiuti” finanziari.Per l’esattezza, l’accordo non ha fatto che consolidare e ampliare uno stato di fatto, cioè la svendita di asset strategici ucraini avviata col precedente golpista-capo, Petro Porošenko. Ora, direttamente o indirettamente, l’elenco delle attività ucraine della BlackRock comprende titoli di società quali Metinvest, DTEK (energia), PrJSC MHP (agricoltura), Naftogaz, Ferrovie ucraine, Ukravtodor, Ukrenergo. Stando a LandMatrix, a maggio 2022, 17 milioni di ettari di terreno agricolo (su 40 designati nella banca fondiaria) erano già di proprietà di Cargill, Dupont e Monsanto.
La BlackRock è il più grande fondo di gestione patrimoniale al mondo, con un valore che allo scorso 1 gennaio era valutato in poco meno di novemila trilioni di dollari: più o meno quanto il PIL di Germania e Francia messe insieme. E, come ovvio, un così enorme valore finanziario, conferisce alla compagnia anche una corrispondente influenza politica. Azionista di tutte le principali società finanziarie e farmaceutiche, colossi militari-industriali e media, oltre che sponsor della Banca Mondiale; gestisce anche tutti i programmi del Federal Reserve System USA, per l’acquisto di obbligazioni societarie.
Ex alti funzionari della BlackRock entrano spesso alla Casa Bianca; nell’amministrazione Biden ce ne sono tre: il vice segretario al Tesoro Wally Adeyemo, Eric van Nostrand e Mike Pyle, consigliere economico capo della vicepresidente Kamala Harris. Fino a febbraio 2023, Brian Deese è stato direttore del Consiglio economico nazionale. Thomas Donilon, capo del centro studi della BlackRock, è stato a lungo consigliere per la sicurezza nazionale di Barack Obama, mentre suo fratello Mike è stato capo-stratega della campagna presidenziale di Joe Biden, dopo di che è stato nominato consigliere senior nella sua amministrazione.
Tra i top manager della compagnia, ci sono vari ex ufficiali della CIAe la società stessa finanzia il fondo di investimento “In-Q-Tel” della CIA.
I rapporti tra Kiev e BlackRock sono iniziati (quantomeno ufficialmente) nell’autunno del 2022, fino ad arrivare alla formalizzazione dell’accordo nel maggio scorso, i cui termini prevedono che la società yankee gestisca gli asset ucraini, compresi i fondi dei cosiddetti “aiuti internazionali”. Di fatto, varie imprese strategiche ucraine, anche “nazionalizzate”, passano ora sotto controllo transnazionale. La BlackRock gestirà il debito estero ucraino che, stando al Ministero delle finanze golpista, a fine marzo ammontava a 132 miliardi di dollari, pari al 89% del PIL.
Il funzionario dell’Istituto per USA e Canada, Vladimir Vasil’ev, ha dichiarato alle Izvestija che è molto probabile che Washington si prepari al default dell’Ucraina: in tal caso apparirebbe logico il coinvolgimento della BlackRock, per «la questione del servizio del debito e della gestione dei restanti asset». Fonti ucraine ipotizzano che nell’accordo siano coinvolti vari personaggi a più riprese accusati di corruzione: tra gli altri, l’ex capo della Banca nazionale, Valerija Gontareva, l’ex Ministra delle finanze Natal’ja Jaresko (cittadina USA), il miliardario Viktor Pinchuk.
In questo contesto, osserva sulle Izvestija Andrej Kuzmak, indicativi appaiono i dati di Forbes, secondo cui lo stesso golpista-capo, Vladimir Zelenskij, nel 2022 avrebbe più che raddoppiato le proprie fortune: da 650 milioni a 1,5 miliardi di dollari…
Ucraina. Washington Post: possibile un cessate il fuoco a fine anno – Davide Malacaria
…Le bombe a grappolo e i diritti umani
Chiudiamo con una notizia di ieri che da una parte inquieta, dall’altra corrobora quanto abbiamo scritto. Milley ha dichiarato che gli Stati Uniti stanno decidendo in merito all’invio delle bombe a grappolo all’Ucraina (ancora il Washington Post).
In passato, dichiarazioni simili hanno preannunciato la fornitura di armi sempre più sofisticate a Kiev, dai Patriot ai carri armati fino ad arrivare agli F-16, secondo uno schema di escalation graduale ad alto tasso di follia. Quindi è probabile che, prima o poi, anche le bombe a grappolo Usa, ordigni vietati da una convenzione internazionale, raggiungano il campo di battaglia.
Sui rischi connessi a tali armi abbiamo già scritto, sottolineando come le bombe disseminate sul terreno attraverso vettori che deflagrano a mezz’aria, restano spesso inesplose.
Tali rischi sono riportati anche nell’articolo del Washington Post: “Tanti civili sono stati mutilati dalle bombe a grappolo in Paesi come il Vietnam e il Laos anche decenni dopo il loro utilizzo, mettendo in evidenza i danni duraturi provocati delle stesse. Quanti avversano tale decisione affermano che il loro utilizzo farebbe sì che l’ultimo ucraino che morirà a causa di una bomba usata nel corso della guerra non sia ancora nato”.
Ma perché fornire proiettili tanto controversi, che peraltro sono destinati a mettere in cattiva luce l’America? Lo spiega il sottotitolo dell’articolo: “L’amministrazione Biden sta facendo pressione sui membri del Congresso e gli alleati per mettere da parte le loro preoccupazioni riguardo i diritti umani perché le scorte di munizioni normali sono esaurite”.
Fermo restando che non esistono armi magiche in grado di ribaltare le sorti della guerra (e tale sarà l’impatto sul conflitto anche delle bombe a grappolo), resta la considerazione sull’esaurimento delle scorte. Una realtà con la quale prima o poi Zaluzhny e l’intero Occidente dovranno fare i conti.
Infine, di permettiamo di far notare come appaia alquanto bizzarro che la nazione che si erge a paladina dei diritti umani per ingerirsi nelle vicende altrui inviti i critici interni ed esterni a non tener conto dei diritti medesimi nel giudicare le proprie decisioni. A volte l’ipocrisia della geopolitica risulta comica.
Se la Nato si rifà il trucco – Alessandra Mecozzi
…Dalle donne nel mondo verrà anche un deciso NO ai tentativi – con qualche successo – non solo di “integrare” le donne anche ai vertici nella Nato stessa (se ne parlerà anche a Vilnius), ma anche di rafforzare, attraverso le donne, il cambiamento di narrativa e di immagine pubblica: da alleanza bellica ad alleanza di pace! Ne fa parte fa parte lo sforzo di proporsi come leader globale anche sul tema della “violenza di genere”, utilizzando figure di grande impatto mediatico, come Angelina Jolie, bella, intelligente, famosa per le sue missioni umanitarie (20 anni nell’UNHCR). L’attrice infatti nel 2018 visitò la Nato nel suo quartier generale e ne incontrò il Segretario Stoltenberg con cui tenne una conferenza stampa, dopo aver scritto con lui un articolo su The Guardian “Perché la NATO deve difendere i diritti delle donne”. Chi meglio di lei, con 6 figli, di cui tre adottati in diversi paesi del sud del mondo, potrebbe rappresentare la “madre globale”, immagine ideale per attrarre un ampio pubblico che poco sa della Nato?
Osserva la giornalista Lily Lynch nel suo articolo, “Come la Nato ha sedotto la sinistra europea” (Unherd 16 maggio 2023), che non poteva esserci momento migliore per questa partnership: “Al culmine del movimento #MeToo, la più potente alleanza militare del mondo era diventata un’alleata femminista.“La fine della violenza di genere è una questione vitale per la pace e la sicurezza, nonché per la giustizia sociale”, hanno scritto l’attrice e il Segretario Generale,“La NATO può essere leader in questo sforzo”.
Dalla trasformazione, già avvenuta nel 1999 con la guerra “umanitaria” sulla Serbia e il passaggio da Alleanza difensiva a patto militare per difendere e diffondere diritti umani, democrazia, libertà..seguita nel 2001 dalla guerra in Afghanistan che includeva la propaganda sulla difesa dei diritti delle donne…all’attuale tentativo di assumere un volto femminile, la NATO cambia, anche così, la sua auto-narrazione, puntando ad essere protagonista dell’agenda ONU Women, peace and Security e leader militare contro la violenza sessuale. Questa viene definita esclusivamente “una tattica di guerra”, passando sotto silenzio che le stesse truppe NATO possano essere autori, anziché “giusti relatori’, della violenza sessuale.
Invece ben miseri risultati registra, ancora nel 2021 secondo un rapporto delle Nazioni Unite UN Women, uno dei punti più autentici e coerenti della agenda Women Peace Security dell’ONU, la risoluzione 1325 (donne nella prevenzione dei conflitti e processi di pace). Infatti le donne sono state in media “il 13% dei negoziatori, il 6% dei mediatori e il 6% dei firmatari nei principali processi di pace” tra il 1992 e il 2019.
Da Bruxelles le donne globali per la pace apriranno dunque la strada ad una campagna contro la Nato globale, certo irta di ostacoli e difficoltà, ma lastricata dalla determinazione e dalle alleanze con tutt* coloro che diranno Sì alla Dichiarazione di Pace.
Per firmare la Dichiarazione di pace, programma completo e informazioni www.womenagainstnato.org
Guerra, la posta in gioco è la fine dell’impero Usa – Pino Arlacchi
L’euforia occidentale sul fallito ammutinamento dei mercenari della Wagner sta svanendo, e la ribellione si sta rivelando una resa dei conti interna all’establishment militare russo, che non ha né indebolito né rafforzato Putin. Anche la situazione sul campo di battaglia è rimasta invariata. L’Ucraina non è riuscita a capitalizzare gli effetti della hubris del capo della Wagner, e l’obiettivo di rompere le difese russe e raggiungere il Mare di Azov da sud-est, tagliando la via di terra verso la Crimea, appare sempre più distante.
Tornano perciò al centro dell’attenzione i termini di fondo del conflitto, con una domanda che si impone: perché nella guerra in Ucraina l’ultima cosa che conta è il destino di quel Paese e dei suoi abitanti? Lo scontro militare poteva terminare a poche settimane dal suo inizio, perché nel marzo dell’anno scorso Putin e Zelensky si erano quasi accordati sul ritiro delle truppe russe in cambio di un impegno per la neutralità permanente dell’Ucraina da inserire nella sua Costituzione. La proposta di pace – redatta e firmata dal capodelegazione di Kiev – fu stracciata da Boris Johnson, arrivato in Turchia per informare Zelensky che il blocco euro-americano non voleva alcuna pace, e che avrebbe proseguito le ostilità contro la Russia. Analoga fine fecero i tentativi di negoziato intrapresi dall’ex primo ministro israeliano Bennett e dal governo turco. Perché una posizione così estrema, e così cinica, verso la popolazione di un Paese stritolato dallo scontro tra grandi potenze?
L’esercito russo è diventato molto più grande. Sono stati mobilitati più di 300mila uomini e tutti gli osservatori riconoscono che le tattiche di guerra russe sono assai migliorate. La superiorità aerea e di difesa di Mosca è schiacciante: non saranno certo poche decine di F-16 euro-americani a rovesciare le sorti del conflitto. Nessuno parla più di vittoria ucraina. I tentativi di Zelensky di forzare la mano degli Stati Uniti trascinandoli in un invio di truppe sul suolo vengono respinti con nettezza da un Biden già in campagna elettorale, propenso a un frozen conflict tipo in Corea. Un cessate il fuoco che eviti di perdere la faccia con un negoziato di pace e mantenga vivo lo scontro con la Russia a tempo indefinito, alla faccia di un’Ucraina smembrata e disastrata. L’indifferenza verso il destino dell’Ucraina nasce dal fatto che qui l’ultima posta in gioco non ha a che fare con quel Paese sfortunato. E non ha neppure che fare, sotto sotto, con la Russia. Questa è stata eletta a diavolo del giorno perché impersona il Nemico Perfetto. Un’alterità collaudata da Guerra fredda per ritardare il tramonto dell’Impero americano. L’élite Usa è ben consapevole che il suo tempo è scaduto e che il mondo è diventato multipolare. Arrivata l’ora del declino, Washington cerca ora di ritardarne la fase terminale usando i mezzi a sua disposizione. E facendolo pagare, per quanto possibile, ai propri sudditi e alleati. A cominciare dagli europei, trascinati in una battaglia autolesionista contro la Russia che dovrebbe rivolgersi presto, nelle intenzioni di Washington, contro il trofeo più ambito, la Cina, ormai potenza globale.
Tornando alla guerra in Ucraina, è evidente che essa trascende le posizioni del campo di battaglia. La posta in gioco in Ucraina è quella dei tempi e dei modi dell’uscita degli Stati Uniti dalla cabina di regia del pianeta. Quando il capo della Cia dichiara che gli Stati Uniti non possono più pretendere di sedersi a capotavola del mondo, significa che sono già in atto strategie di contrasto. La maggioranza dei politici americani accetta la realtà delle cose e si divide in due campi. Al primo appartengono quelli che credono di poter ostacolare a tempo indefinito la caduta coinvolgendo gli europei in una zuffa con Cina, Russia e resto del mondo sulla base della divisione tra democrazie liberali e autocrazie. Parlo dei i cosiddetti liberali internazionalisti – ben rappresentati da Biden – pronti a usare gli strumenti coercitivi della supremazia americana (dollaro, sanzioni e forze armate) in ogni parte della Terra. Ci sono poi i neo-isolazionisti alla Trump, che attribuiscono il declino Usa all’espansionismo estero, alle guerre senza quartiere e all’indebitamento da esse generato. Essi ritengono che l’America debba pensare a se stessa, proteggere i suoi interessi di fondo e ricostruire le sue infrastrutture e il suo apparato produttivo smettendo anche di pagare per la sicurezza di alleati diventati più ricchi di lei. Non stiamo parlando di pacifisti. Questa gente non è contraria per principio agli interventi armati all’estero. Se si tratta di fare un bel colpo a spese di un Paese detentore di risorse strategiche – tipo Venezuela – oppure danneggiare con l’uso della forza gli interessi di una potenza rivale tipo Cina, perché no? Ciò che conta è non sprecare soldi in avventure senza ritorno immediato e concentrarsi sulle minacce più temibili. Che agli occhi di Trump e seguaci non vengono dalla Russia di Putin, ma da una potenza concorrente e in piena ascesa. Se questa visione sarà in grado di prevalere alle Presidenziali del prossimo anno, la domanda cruciale diventerà se il tramonto definitivo dell’impero ci costerà o no altre Ucraine.
Progetto di integrazione dei profughi: ma alle donne ucraine non piacciono le domande su Donbass e guerra della Nato – Simone Spiga
Fino a quando saremo immersi nella disinformazione, nella propaganda Nato-atlantista, nel terrorismo mediatico, continueremo con le lacrime agli occhi a proporre solidarietà e assistenzialismo non alle vittime ma ai carnefici.
Quotidianamente e da mesi ci raccontano il lato oscuro illuminato di luci finte e ornato di fiori di plastica di una guerra che non ci appartiene. La Russia NON ha invaso l’Ucraina, ma sta difendendo i propri confini dall’ingordigia di una organizzazione che vuole sotto il proprio controllo il mondo intero, sta difendendo il proprio popolo dalle armi di un pazzo manipolato e da una nazione che vuole sotto il proprio controllo il mondo intero.
Forse qualcuno ha dimenticato che prima che la Nato agevolasse il disgregamento dell’Unione Sovietica in tanti piccoli stati, l’Ucraina apparteneva alla Russia, e nelle zone di confine come il Donbass, passato politicamente sotto il governo ucraino, vivevano e vivono tutt’oggi, cittadini russofoni, la cui colpa è portare avanti le tradizioni e la cultura che non piace agli Stati Uniti.
Da quasi dieci anni, mentre la Nato sbandiera successi in giro per il mondo, come se stesse giocando a Risiko, i russofoni del Donbass vengono uccisi e martoriati passando di porta in porta come fece Erode durante la Strage degli Innocenti.
Ma Hollywood ci racconta di Marines belli e formosi che salvano il mondo, Marines che stanno dalla parte dei giusti, e di Russi dalla faccia burbera e una cultura sconosciuta e che fa paura. È facile per i meno informati schierarsi dalla parte attraente del globo.
E per chiudere, chi meglio di un comico aspirante attore può trainare le folle e guidare la propaganda…. E noi siamo qua, in mezzo: in mezzo a livello fisico, in mezzo alla propaganda e al buonismo, circondati da specchietti per allodole, a fare raccolte fondi, raccolte vestiario, raccolte cibo per una sola parte dimenticando gli altri…
La vera posta in gioco nel “dopo Wagner” – Pino Arlacchi
L’euforia occidentale sul fallito ammutinamento dei mercenari della Wagner sta svanendo, e la ribellione si sta rivelando come una resa dei conti interna all’establishment militare russo che non ha né indebolito né rafforzato Putin. Anche la situazione del campo di battaglia è rimasta invariata. L’Ucraina non è riuscita a capitalizzare gli effetti della hubris del capo della Wagner, e l’obiettivo di rompere le difese russe e raggiungere il mare di Azov da sudest tagliando la via di terra verso la Crimea appare sempre più distante.
Tornano perciò al centro dell’attenzione i termini di fondo del conflitto, con una domanda che si impone sulle altre.
Perché nella guerra in Ucraina l’ultima cosa che conta è il destino di quel Paese e dei suoi abitanti?
Lo scontro militare poteva terminare a poche settimane dal suo inizio perché nel marzo dell’anno scorso Putin e Zelensky si erano quasi accordati sul ritiro delle truppe russe in cambio di un impegno per la neutralità permanente dell’Ucraina da inserire nella sua costituzione. La proposta di pace – redatta e firmata dal capodelegazione di Kiev – fu stracciata da Boris Johnson, arrivato in Turchia per informare Zelensky che il blocco euroamericano non voleva alcuna pace, e che avrebbe proseguito le ostilità contro la Russia anche se l’Ucraina avesse sottoscritto l’accordo. Analoga fine fecero i tentativi di negoziato intrapresi in seguito dall’ex-Primo ministro israeliano Bennett e dal governo turco.
Perché una posizione così estrema, e così cinica verso la popolazione di un Paese stritolato dallo scontro tra grandi potenze? Perché l’Occidente ha mantenuto questa posizione senza tentennamenti, dallo scoppio della guerra fino adesso, cioè fino al momento in cui la disparità di forze a favore della Russia inizia a bucare la nebbia della propaganda bellica? Dall’epoca dei successi ucraini dell’autunno 2022 in poi, l’esercito russo è diventato molto più grande. Sono stati mobilitati più di 300mila uomini e tutti gli osservatori riconoscono che le tattiche di guerra russe sono assai migliorate. La superiorità aerea e di difesa aerea di Mosca è schiacciante, e non saranno certo poche decine di F-16 euroamericani a rovesciare le sorti del conflitto.
Nessuno parla più di vittoria ucraina. I tentativi di Zelensky di forzare la mano degli Stati Uniti trascinandoli in un invio di truppe sul suolo ucraino vengono respinti con nettezza da un Biden già in campagna elettorale, propenso a congelare la situazione in Ucraina nei termini, appunto, di un “frozen conflict”, un conflitto congelato tipo Corea. Un cessate il fuoco che eviti di perdere la faccia con un negoziato di pace e mantenga vivo lo scontro con la Russia a tempo indefinito, alla faccia di un’Ucraina smembrata e disastrata.
L’indifferenza verso il destino dell’Ucraina nasce dal fatto che qui l’ultima posta in gioco non ha a che fare con un Paese sfortunato, finito nel tritacarne della grande storia. E non ha neppure che fare, sotto sotto, con la Russia. Questa è stata eletta a diavolo del giorno perchè impersona i requisiti del Nemico Perfetto. Un’alterità collaudata da mezzo secolo di Guerra fredda da combattere di nuovo per ritardare il tramonto dell’Impero americano.
L’élite USA è ben consapevole che il suo tempo è scaduto, e che il mondo è diventato multipolare da un buon numero di anni. Gli Stati Uniti hanno dominato il pianeta dal 1945 in poi agendo come un governo mondiale che ha venduto come un bene comune il proprio strapotere e quello dei propri alleati.
Arrivata l’ora del declino, Washington cerca ora di ritardarne la fase terminale usando i mezzi a sua disposizione. E facendolo pagare, per quanto possibile, ai propri sudditi ed alleati. A cominciare dagli europei, trascinati in una battaglia autolesionista contro la Russia che dovrebbe rivolgersi presto, nelle intenzioni di Washington, contro il trofeo più ambito, la Cina.
Ma la Repubblica popolare è ormai una potenza globale, che ha superato fin dal 2012 il PIL americano in termini di parità di potere di acquisto. Una potenza pacifica, che commercia tranquillamente con l’Europa e dialoga con il resto del mondo. Ricambiata da entrambi. La riluttanza degli europei a farsi trainare in uno scontro economico e politico con Pechino è palpabile. Una NATO schierata contro la Cina sulla questione di Taiwan, perciò, è difficile da immaginare.
Tornando alla guerra in Ucraina, è evidente che essa trascende le posizioni del campo di battaglia. La posta in gioco in Ucraina è quella dei tempi e dei modi dell’uscita degli Stati Uniti dalla cabina di regia del pianeta.
Dicevamo che l’élite USA è consapevole del declino del suo impero. Quando il capo della CIA dichiara che gli Stati Uniti non possono più pretendere di sedersi a capotavola del mondo, significa che sono già in atto strategie di contrasto.
La maggioranza dei politici americani accetta la realtà delle cose e si divide in due campi. Al primo appartengono quelli che credono di poter ostacolare a tempo indefinito la caduta coinvolgendo gli europei in una zuffa con Cina, Russia e resto del mondo sulla base della divisione tra democrazie liberali ed autocrazie. Parlo dei i cosiddetti liberali internazionalisti figli dell’ordine post-Bretton Woods – ben rappresentati da Biden- pronti ad usare gli strumenti coercitivi della supremazia americana – dollaro, sanzioni e forze armate – in ogni parte della terra dove il loro impiego sia necessario.
Ci sono poi i neo-isolazionisti alla Trump che attribuiscono il declino degli USA all’espansionismo estero, alle guerre senza quartiere, e all’indebitamento da esse generato che ha superato il doppio del PIL. Essi ritengono che l’America deve pensare a se stessa, proteggere i suoi interessi di fondo, e ricostruire le sue infrastrutture e il suo decrepito apparato produttivo smettendo anche di pagare per la sicurezza di alleati diventati più ricchi di lei.
Non stiamo parlando di pacifisti. Questa gente non è contraria per principio agli interventi armati all’estero. Se si tratta di fare un bel colpo a spese di un Paese detentore di risorse strategiche – tipo Venezuela – oppure danneggiare con l’uso della forza gli interessi di una potenza rivale tipo Cina, perchè no?
Ciò che conta è non sprecare soldi in avventure senza ritorno immediato e concentrarsi sulle minacce più temibili. Che agli occhi di Trump e seguaci non vengono dalla Russia di Putin, ma da una potenza concorrente e in piena ascesa. Se questa visione sarà in grado di prevalere alle elezioni presidenziali del prossimo anno, la domanda cruciale diventerà se il tramonto definitivo dell’impero ci costerà o no altre Ucraine.
L’Ucraina sta violando i diritti umani
Il rapporto dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Diritti Umani (OHCHR) elenca dettagliatamente varie violazioni. Il rapporto ricorda ad esempio che “gli arresti non eseguiti in conformità con il diritto nazionale costituiscono una privazione arbitraria e illegale della libertà”.
Tradotto da Clara Statello per PeaceLink
RAPPORTO SULL’UCRAINA
- Dal 2 marzo 2022 l’Ucraina ha regolarmente notificato al segretario delle Nazioni Uniti la sua deroga dal diritto alla libertà e alla sicurezza della persona previsto dall’art.9 dell’ICCPR (Patto Internazionale sui diritti civili e politici) per la durata della legge marziale. L’OHCHR nota, tuttavia, che alcuni elementi del diritto sono non derogabili, incluso la proibizione della detenzione arbitraria.
98. Dopo l’introduzione della legge marziale il parlamento ha modificato il Codice Penale e il Codice di Procedura Penale per assegnare alle autorità una più ampia discrezione a detenere persone che costituivano una minaccia per la sicurezza o che erano sospettate di aver commesso reati contro la sicurezza nazionale. A causa della loro eccessiva portata, le disposizioni modificate sembrano essere andate al di là di quanto consentito dall’IHRL (diritto internazionale dei diritti umani), anche in tempi di emergenza pubblica o di legge marziale. Il risultato è stato un clima favorevole alla detenzione arbitraria.
99. Dal 24 febbraio 2022, l’OHCHR ha documentato un aumento significativo delle violazioni del diritto alla libertà e alla sicurezza della persona da parte delle forze di sicurezza ucraine (SBU, polizia nazionale e forze armate ucraine). Sul numero complessivo di tali casi, OHCHR ha documentato 75 casi di detenzione arbitraria di civili (17 donne, 57 uomini e 1 ragazzo), alcune delle quali comprendevano sparizioni forzate, per lo più perpetrate dalle autorità di polizia o dalle Forze Armate dell’Ucraina…
Russia: crimini di guerra e diritti umani dalla A alla Z
L’invasione in Ucraina del 22 febbraio 2022 ha segnato un incremento dei casi di violazione dei diritti umani. Diversi rapporti indicano gravi violazioni delle convenzioni internazionali.
Redazione PeaceLink
La guerra di aggressione contro l’Ucraina è stata accompagnata da un’escalation della repressione del dissenso all’interno della Russia. Le manifestazioni di protesta pacifiche contro la guerra sono state disperse, spesso con la forza, e coloro che si sono espressi contro la guerra sono stati perseguiti. È stata introdotta una nuova legislazione che limita le proteste e le attività delle Ong e degli attivisti della società civile. Sono proseguiti i procedimenti giudiziari contro i testimoni di Geova. Tortura e altri maltrattamenti sono rimasti endemici nei luoghi di detenzione. In Cecenia sono continuate le segnalazioni di rapimenti e sparizioni forzate. Gli standard sull’equità processuale sono stati ripetutamente violati. Agli obiettori di coscienza è stato rifiutato il servizio civile alternativo. Una nuova legge ha ulteriormente stigmatizzato e discriminato le persone Lgbti…
L’appello dei fratelli Kononovich ai comunisti e antifascisti d’Europa
Noi fratelli Kononovich, comunisti e antifascisti ucraini facciamo appello alla Federazione Mondiale della Gioventù Democratica, comunisti, a tutta la sinistra e agli antifascisti d’Europa e del Mondo.
Dichiariamo ufficialmente che il regime di Zelensky prepara il nostro assassinio.
Il regime, attraverso le mani dell’agente di polizia Yevgeny Kravchuk, ci ha avvertito pubblicamente e ripetutamente del nostro imminente omicidio. Il poliziotto ha pubblicato appelli all’ omicidio su Facebook e sta diffondendo attivamente il nostro indirizzo di residenza, sapendo che siamo agli arresti domiciliari e non possiamo andare da nessuna parte, quindi siamo in trappola.
Solo su suggerimento delle autorità, un agente di polizia in carica può fare tali dichiarazioni e appelli in pubblico, senza temere nessuna conseguenza.
Con questo, siamo ufficialmente dichiarati fuorilegge e mettiamo in chiaro che non accadrà nulla a nessuno per il nostro omicidio. Questa è la pratica degli anni ’30 del XX secolo nella Germania nazista, dove comunisti e antifascisti furono messi fuori legge.
Il regime di Zelensky vuole organizzare un’esecuzione dimostrativa.
Compagni, vi chiediamo di organizzare azioni di protesta presso le ambasciate e i consolati dell’Ucraina, gli uffici di rappresentanza dell’Unione Europea, l’OSCE e altre autorità e organizzazioni internazionali per tenere picchetti chiedendo che le autorità ucraine “impediscano l’uccisione dagli anti- fascisti Kononovich. Vi chiediamo di sostenerci e impedire il nostro assassinio da parte del regime di Zelensky.
A proposito delle menzogne di cui parla Giorgio Agamben e del ragionamento assai lucido di Pino Arlacchi, suggerisco la lettura del libro ” Il Conflitto Russo-Ucraino L’Imperialismo Usa Alla Conquista Dell’Europa” di Giulio Palermo, uscito per le edizioni dell’AntiDiplomatico.