«365»: recensione a 4 mani per 2 autori
di Christiana De Caldas Brito con Elvira Leone. Con la risposta degli autori (Daniele Barbieri e Gianluca Cicinelli) alla domanda finale sugli “ingranaggi”.
Di solito i romanzi vengono scritti da un solo autore. Raro trovare doppi autori in un unico testo.
«365» è stato scritto da due giornalisti: Daniele Barbieri e Gianluca Cicinelli. Conosco db, cioè Daniele, da molti anni e leggo sempre il suo blog, Daniele era rimasto d’accordo con me di mandarmi «365». Il libro è stato consegnato pochi minuti prima che venisse a trovarmi la mia amica Elvira, donna di cultura, persona con cui condivido il piacere della lettura fatta assieme e a voce alta.
Sfogliamo il libro. Siamo interessate tutte e due. «Vogliamo leggerlo insieme?» mi domanda Elvira e io spontaneamente dico: «Secondo me, un libro con doppi autori merita una recensione a quattro mani, che ne dici?».
E così tutto è cominciato.
Il filo conduttore del libro è un’intrigante indagine investigativa che coinvolge i due autori giornalisti e un funzionario di polizia. Tutto nasce da un messaggio inviato per posta elettronica ai tre personaggi citati da uno sconosciuto che sarà poi soprannominato 365.
Il coinvolgimento dei due giornalisti e le indagini della polizia di Stato su di loro (e sul perché siano stati tirati dentro una vicenda così seria) limitano e minano la libertà di agire, e persino di pensare, di Barbieri e Cicinelli, mettendo a rischio finanche la loro incolumità a causa dei sospetti ingiustificati e artatamente costruiti dai funzionari dello Stato.
Il filo della narrazione viene sistematicamente interrotto e regolarmente ripreso da svariati flashback sul loro comune passato di amicizia e di intensa attività politica, di cui sembrano fieri soprattutto per non essersi mai “venduti” o “regalati”, anche nei momenti più difficili e delicati della loro attività impegnata politicamente e socialmente. Elemento questo, personale e decisivo, perché avvicina eticamente i due autori-giornalisti a coloro che, nel mondo, sono «macinati dalla ragion di Stato», primo fra tutti Luigi Scricciolo, il loro amico cui il libro è dedicato in maniera aperta e sincera: abbiamo trovato particolarmente toccante il pianto di Barbieri sulla tomba di Luigino.
La suddivisione in dodici capitoli a cadenza mensile con relativi titoli corrispondenti ai mesi dell’anno (in verità con doppio gennaio più l’improbabile finale datato «32 gennaio») è caratterizzata dalla comune chiusura, a eccezione di ottobre, con la parola «stronzo». La posizione forte di tale parola in chiusura di ogni capitolo ha però “gradazioni” via via diverse (come si spiega in un’ironica Postfazione) ed è ispirata da differenti sentimenti.
Lo stile del romanzo è veloce ed efficace, giornalistico, a volte marcatamente cinematografico, come in qualche rimando esplicito a libri e film dall’ambientazione criminale romana.
Il linguaggio si caratterizza altrettanto veloce, libero e senza freni, l’uso frequente della parola dialettale rende realisticamente scorrevoli e forti i dialoghi.
La tensione che gli autori creano in maniera brillante sin dalle prime battute del libro in cui le vicende dei protagonisti si svolgono in maniera simmetrica, si allenta con lo scorrere delle pagine per via dei flashback funzionali al racconto e delle numerose citazioni. Ma raggiunge l’acme con l’inaspettato disvelamento da parte di Cicinelli dell’identità di 365, che con la sua minaccia di uccidere «una persona importante» allo scadere di un anno ha dato inizio alla vicenda (ed è stata subito presa sul serio perchè ha dimostrato di poter disporre del pericoloso gas nervino).
Noi pensiamo che lo scopo del libro sia nella nobiltà dei suoi intenti, a cominciare dall’attenzione posta sulla figura di Luigino Scricciolo e sulla sua drammatica storia, riproposta dalla memoria, emotivamente coinvolta, dei due autori; e poi dagli indizi seminati perché si accenda la curiosità del lettore sulle vicende di altre vittime dello Stato.
Quell’insieme di persone può rimandarci alle figure della copertina, avvinghiate e poi risucchiate dall’ingranaggio spietato dello Stato, richiamandoci alla memoria la fabbrica di “Tempi moderni” di Chaplin? La domanda è per Daniele e Gianluca che, prima di concludere la nostra recensione, vogliamo ringraziare per il coraggio e la lucidità dimostrata.
Un grazie va esteso alla Calamaro Edizioni per avere creduto in loro.
RISPOSTA DEGLI AUTORI… SULLA CATENA
L’ingranaggio della fabbrica capitalista stritola vite, come mostrava il capolavoro (del 1936 ma sembra, con poche scene “invecchiate”, girato stamattina) di Charlie Chaplin; e come ogni giorno ci raccontano – fra bugie e lacrime di coccodrillo – giornalisti e istituzioni. Allo stesso modo gli ingranaggi della ragion di Stato continuano a stritolare le vite di oppositori e persino di qualche testimone interno che si permette di non allinearsi. Se i “misteri d’Italia” si moltiplicano è per l’infinita catena di connivenze che lega ogni infamia alla precedente, ogni strage di Stato (il 12 dicembre 1969) a quella venuta prima (anche Portella della Ginestra con il “bandito” Giuliano), ogni bugia o silenzio alla prova falsa del caso precedente, ogni provocazione (grande o piccola) dell’oggi al ricatto poliziesco contro persone innocenti commesso il giorno prima, ma anche le promozioni dei dirigenti di polizia condannati per le violenze di Stato al G8 di Genova 2001 alle carriere insanguinate dei grandi capi di Eni, Ferrovie o Leonardo… Via-via risalendo ai giorni successivi alla Liberazione quando gli apparati dello Stato iniziano a riciclare i peggiori criminali fascisti nei posti intermedi della catena di comando. Abbiamo pensato la copertina così, assieme al bravissimo Benigno Moi, perchè questa è la drammatica realtà ma è anche vero che quella catena – della fabbrica come del comando – si può inceppare per uno sciopero o sabotare. Noi continuiamo a credere in altri mondi possibili. [daniele e gianluca]
NOTA DELLA BOTTEGA
Continuiamo a pubblicare (con ritmo ridotto) alcune recensioni a “365”. Come abbiamo scritto che a 74 anni db – cioè daniele barbieri – abbia tirato fuori il suo primo romanzo è interessante; che lo abbia fatto a 4 mani (o chele?) con “Quinzio” alias Gianluca Cicinelli è curioso. Ovvio però che per codesto blog è motivo di lieve imbarazzo: db è tra i fondatori e scherzosamente “la bottega” si intitola a lui (con un gioco di parole, vecchio come il cucco) mentre Quinzio è fra i più attivi “esterni” grazie al lavoro dell’agenzia Diogene.Una recensione (di Gianni Barone) è uscita a caldo su diatomea.net e l’abbiamo segnalata fra i commenti. Poi la “bottega” ha ricevuto 365 ragioni per leggere «365» di Diego Rossi e l’ha pubblicata, immaginandosi che ne sarebbero giunte un paio d’altre sperabilmente non banali e magari divergenti: di critiche, si sa, c’è sempre bisogno. Però ne sono arrivate nove: per ordine di cognome da Calzolaio e da Carbone, da De Caldas Brito con Leone (a 4 mani dunque), da Ghebreigziabiher, da Maddalena, da Martinelli, da Masala, da Ricciardiello e da Via. Come uscirne? Pubblicarle tutte insieme ci sembrava ridicolo. Cestinarle sarebbe offensivo. Metterle fra i commenti penalizzerebbe 9 persone – anzi 10 – che hanno scritto articoli (se no, avrebbero inviato un commento… giusto?). Scegliere solo quelle che ci piacciono è “da mascalzoni” ma poi, per una ragione o l’altra, ci sembrano tutte interessanti anche dove affiorano critiche e si intravedono simboliche bastonate. Allora metterne una ogni tanto seguendo l’ordine alfabetico di autori-autrici? Con il conforto di lettori-lettrici (condite di altre lodi e critiche, grazie) faremo così. Ah, l’immagine che vedete in apertura è una variante ironica di Benigno Moi alla sua copertina; se avete un occhio allenato e curioso confrontatela con quella iniziale. [La mini-red/azione dello strablog].