Argentina: il pericolo Milei
Oggi in Argentina si vota per le presidenziali che vedono il canidato di La Libertad Avanza come il principale favorito. Insieme al cileno José Antonio Kast, che in patria gode di un sostegno sempre maggiore, vuol condurre l’estrema destra ad essere un’alternativa credibile in America latina e non più come opzione minoritaria sull’esempio di Bolsonaro.
di David Lifodi
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Le presidenziali che si tengono oggi in Argentina potrebbero vedere la vittoria di Javier Milei, esponente di estrema destra che si colloca sulle orme di Bolsonaro.
La sua retorica, politicamente scorretta e apertamente sgradevole, sembra poter far breccia tra un elettorato stanco e disilluso per l’ennesima crisi economica.
Milei ama definirsi come “anarcocapitalista” e si considera il baluardo di una nuova destra che cerca di arginare il ritorno di un ciclo rosa-rosso in America latina. Insieme a lui vi è José Antonio Kast, il candidato dell’estrema destra cilena sconfitto al ballottaggio da Gabriel Boric, in occasione delle ultime presidenziali, ma trionfatore nelle elezioni costituenti. Kast, le cui simpatie pinochettiste sono note, potrebbe essere, paradossalmente, colui che metterà mano, in peggio, a quella Costituzione pinochettista che Boric non è riuscito a far abrogare in un discusso referendum che ha finito per tramutarsi in una sorta di pronunciamento contro di lui.
Lo scorso anno, a Città del Messico, in occasione della tradizionale Conferencia de Acción Política Conservadora, un evento che si tiene annualmente per definire i candidati della destra radicale, vi hanno partecipato il leader degli spagnoli di Vox, Santiago Abascal, uno dei figli di Bolsonaro, Eduardo e, ovviamente, Kast e Milei. Lo scopo dell’incontro era quello di passare da farsi portavoce di un’opposizione minoritaria fine a se stessa a quello di rappresentare un’alternativa credibile. Ci sono riusciti con Bolsonaro in Brasile e, da oggi, potrebbero farcela nel caso in cui Milei conquisti la Casa Rosada.
La destra ha dovuto sopportare delle sconfitte significative in Brasile, Bolivia e Colombia e, proprio per questo, di fronte al declino della classica destra conservatrice, l’ultradestra vuole occuparne lo spazio e ha capito che può riuscirci. In Brasile Lula ha riconquistato il Planalto dopo un sofferto ballottaggio con Bolsonaro, abile a farsi alfiere del malessere della cittadinanza. Ancora più astuto Kast che, in Cile, sta cercando di sfruttare quello che era stato l’estallido social del 2019, promettendo inoltre pugno duro contro l’immigrazione e il crimine organizzato all’insegna dell’urgenza delle politiche securitarie. Anche in Colombia sta crescendo il consenso per la senatrice uribista María Fernanda Cabal, vicina alle associazioni dei militari in pensione che premono per “defenestrare un personaggio che è stato un guerrigliero”. Il riferimento, come è facile immaginare, è al presidente Gustavo Pedro.
In Argentina il discorso di Javier Milei ha seguito perché ha promesso, in caso di vittoria, di farla finita con la “casta”, la privatizzazione di istruzione e sanità e di dollarizzare l’economia. Qui, come del resto in Cile, inizialmente le proteste contro i governi di centro-sinistra sono state promosse dalla destra tradizionale che, tuttavia, è stata presto soppiantata dalla destra più radicale. Milei minaccia la destra tradizionale come nessun altro personaggio politico ha mai fatto dal 1983, quando in Argentina tornò la democrazia, punta sul voto dei giovani e i conservatori neoliberisti come l’ex presidente Mauricio Macri non sanno che posizione tenere nei suoi confronti. Per il macrismo, l’alleanza Juntos por el Cambio è rimasta talmente spiazzata da restare ammutolita: impossibile cercare di cooptarlo, almeno per ora, o costruire una sorta di alleanza. Ne sa qualcosa la candidata Patricia Bullrich, che correrà per la Casa Rosada, ma ha visto il suo bacino elettorale prosciugato da Milei nonostante sia una dura e pura del macrismo, basti pensare al suo coinvolgimento nell’operazione di polizia che qualche anno fa si concluse con la morte dell’attivista Santiago Maldonado, vicino alla causa mapuche.
Già nel 2021, alla Carta de Madrid promossa dal leader di Vox Abascal, hanno aderito molti esponenti dell’ultradestra sudamericana convinti dell’urgenza di lanciare una crociata contro “il totalitarismo dei governi progressisti latinoamericani”. Le proposte del partito di Milei, La Libertad Avanza, mettono paura: dall’abolizione del salario minimo alla soppressione dei sindacati passando per la vendita libera delle armi alla cancellazione della legge sull’aborto, quest’ultima approvata recentemente.
Milei sa di poter contare sul voto di punizione dell’elettorato nei confronti del kirchnerismo ed è conscio di poter fare da apripista a partire dal vicino Cile. L’unica differenza tra Kast e Milei è che il primo proviene da una carriera politica consolidata, mentre il secondo è un outsider che rappresenta una figura di rottura.
L’eventuale presidenza Milei finirebbe, probabilmente, per indebitare ancor di più l’Argentina, ma il rischio che alla Casa Rosada finisca per sedere un sosia di Bolsonaro è molto alto.