Art Not Genocide: un appello degli artisti

Oltre ventimila artisti firmano contro la presenza israeliana alla Biennale di Venezia. «Offrire un palcoscenico a uno Stato impegnato in continui massacri contro il popolo palestinese a Gaza è inaccettabile».

Anche il mondo dell’arte si sta mobilitando per fermare il genocidio palestinese.
Sono oltre 20 mila le firme all’appello di Art Not Genocide Alliance (ANGA) contro la presenza israeliana alla Biennale di Venezia, che vede tra i promotori italiani Sale Docks, Italian Art Watch, Institute of Radical Imagination, AWI (Art workers Italia).
«Mentre il mondo dell’arte si prepara a visitare il diorama degli stati-nazione ai Giardini, affermiamo che offrire un palcoscenico a uno Stato impegnato in continui massacri contro il popolo palestinese a Gaza è inaccettabile» si legge nelle prime righe.
Per firmare l’appello clicca qui.

Si sottolinea inoltre che la Biennale si basa sul modello eurocentrico delle Esposizioni Universali e ne conserva i pregiudizi geopolitici, ma le richieste di riconoscimento delle atrocità commesse da nazioni partecipanti all’esposizione non sono senza precedenti.
Dal 1950 al 1968, a causa della condanna globale dell’apartheid e degli appelli al boicottaggio, il Sudafrica fu escluso dalla Biennale e riammesso solo dopo l’abolizione del regime d’apartheid nel 1993.
Nel 2022, all’inizio della guerra in Ucraina, la Biennale e la curatrice dell‘esposizione internazionale rilasciarono pubblicamente numerose dichiarazioni in cui si esprimeva il rifiuto di “accettare la presenza, in qualsiasi dei suoi eventi, di delegazioni ufficiali, istituzioni o persone legate a qualsiasi titolo al governo russo”.

Per quel che riguarda la Palestina si assiste invece a un doppio standard: «Le curatrici e l’artista del padiglione israeliano hanno rilasciato una dichiarazione superficiale che sostiene la necessità dell’arte in tempi bui, insistendo su una “bolla di libera espressione e creazione in mezzo a tutto ciò che sta accadendo”.
ANGA si dice sconcertata di fronte a questo, anche perché «L‘arte non esiste sottovuoto (sicuramente non in una “bolla”) e non può trascendere la realtà. Gli eufemismi non possono cancellare le verità violente».

L’appello ha immediatamente avuto delle ripercussioni politiche, tanto da scomodare il Ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano. «È inaccettabile, oltre che vergognoso, il diktat di chi ritiene di essere il depositario della verità e con arroganza e odio pensa di minacciare la libertà di pensiero e di espressione creativa in una Nazione democratica e libera come l’Italia. Israele non solo ha il diritto di esprimere la sua arte ma ha il dovere di dare testimonianza al suo popolo proprio in un momento come questo in cui è stato duramente colpito a freddo da terroristi senza pietà».

Anche la Biennale è intervenuta con una dichiarazione ufficiale, in cui viene precisato «che tutti i Paesi riconosciuti dalla Repubblica Italiana possono in totale autonomia richiedere di partecipare ufficialmente. La Biennale, di conseguenza, non può prendere in considerazione alcuna petizione o richiesta di escludere la presenza di Israele o Iran dalla prossima 60. Esposizione Internazionale d’Arte»

La risposta di ANGA è stata prontissima: «ANGA chiede l’esclusione di Israele dalla Biennale di Venezia. Uno Stato costruito su un sistema di apartheid, attualmente sotto processo presso la Corte Internazionale di Giustizia per “plausibile genocidio” contro la popolazione palestinese di Gaza. La Biennale non è un soggetto disinteressato sul palcoscenico globale della cultura. Nel 2022 La Biennale ha condannato pubblicamente l’invasione illegale dell’Ucraina da parte della Russia, ha rilasciato dichiarazioni di inequivocabile sostegno al Paese assediato e gli ha dedicato uno spazio espositivo ai Giardini. I funzionari statali, le istituzioni e gli affiliati russi sono stati banditi completamente dall’evento. Il silenzio della Biennale sulla morte di oltre 30.000 palestinesi per mano di Israele è assordante».

Tratto da Global Project.

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alexik

Un commento

  • Sabato 9 marzo 2024 a Sassari, ore 12, in piazza d’Italia manifestazione davanti alla Prefettura in sostegno del Popolo e della Resistenza Palestinese, contro i massacri a Gaza e in Cisgiordania e per la libertà di Anan Yaeesh.

    Nicola Giua
    COBAS SCUOLA SARDEGNA

    Sabato 9 marzo, alle 12, in Piazza d’Italia, davanti alla Prefettura, manifesteremo ancora una volta in sostegno del Popolo e della Resistenza Palestinese.

    Gli Studenti per la Palestina – Sassari, i Giovani Palestinesi – Sassari, e l’Assemblea Cittadina per la Palestina convocano un presidio davanti alla prefettura e chiamano tutte e tutti i sassaresi, le sarde e i sardi, e le comunità migranti a mobilitarsi per fermare il genocidio in atto a Gaza e in Cisgiordania e per fermare la collaborazione tra il governo, le istituzioni italiane e lo stato coloniale d’occupazione sionista.

    Nello specifico chiediamo di bloccare l’estradizione di Anan Yaeesh nelle carceri israeliane e ribadiamo che devono essere immediatamente recisi i rapporti tra l’Università di Sassari e Leonardo Spa, la prima azienda bellica d’Europa, direttamente coinvolta nel genocidio della gente di Gaza con le sue forniture di armamenti all’esercito israeliano.

    Sabotare il genocidio significa anche fare pressione sul governo e sullo stato italiano per impedire che Anan Yaeesh, recluso ingiustamente nel carcere di Ancona, venga estradato nelle carceri-lager israeliane – dove sono reclusi migliaia di prigionieri politici, tra cui centinaia di bambini – dove nella migliore delle ipotesi incontrerebbe la tortura sistematica e, nella peggiore, il martirio.

    I numerosi rapporti di organizzazioni e di associazioni internazionali riportano senza alcuna ambiguità le inumane condizioni di detenzione e le sevizie all’interno dei penitenziari israeliani. Questo episodio rischia di rappresentare un pericoloso precedente volto a sdoganare l’estradizione e la consegna di palestinesi in Italia e in Europa dietro richiesta di Israele che, ricordiamo, porta avanti l’occupazione militare dei Territori Palestinesi e il genocidio della gente di Gaza e della Cisgiordania.

    Anan, 37 anni, è un palestinese della città di Tulkarem in Cisgiordania. Conduce la propria attività politica all’interno della Seconda Intifada e sconta oltre 4 anni nelle carceri dell’occupazione. Nel 2006, in seguito ad un agguato delle forze speciali israeliane, riporta gravi ferite. Nel 2013 lascia la Palestina diretto verso l’Europa. Dal 2017 vive in Italia e a L’Aquila, sua città di residenza, e viene arrestato. Non è accusato di aver commesso alcun reato nel territorio dello stato italiano.

    Anan libero! Tutte le prigioniere e tutti i prigionieri politici palestinesi liberi!

    Fermiamo il genocidio! Fermiamo la collaborazione tra lo stato e il governo italiano e Israele!

    L’Università di Sassari chiuda i rapporti con i trafficanti d’armi di stato di Leonardo S.p.a.!

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