Kazaki, papi, Calderoli, stupri e Facebook
Una nuova puntata di «sparite-sparate» (*)
I – Di che razza sono i numeri?
L’uso in questa rubrica dei numeri romani è sarcasmo verso chi vorrebbe liberarci della multiculturalità (antica quasi come il mondo e necessaria come l’acqua) e perciò anche dei numeri arabi.
II – Buone notizie dalla Corte
Fra le poche notizie buone – o meglio ovvie – ma inosservate (dai media) dell’ultimo periodo una è arrivata, il 4 luglio, dalla Corte Costituzionale. Con sentenza 172/13 la Corte ha dichiarato illegittima la legge della Provincia autonoma di Trento che limitava l’erogazione degli assegni di cura a chi avesse almeno tre anni di residenza continuata. Già in passato la Corte aveva bocciato dispositivi discriminatori (più o meno mascherati) simili: come quello, proprio della Regione Trentino Alto Adige, che escludeva dall’assistenza sociale chi non fosse residente da 5 anni. Nonostante il ripetersi di queste sentenze, il “mobbing” istituzionale a livello locale e nazionale contro gli stranieri però continua, un po’ in tutta Italia: il che fa capire come non si tratti di errori ma di consapevoli scelte politiche cioè di un razzismo di fondo.
III – Fra le cattive…
Che il pregiudizio (contro gli stranieri ma anche contro i poveri, un razzismo dunque di classe) non riguardi solo la Lega Nord e le altre destre ma anche gran parte del centro-sinistra è noto. La più recente delle cattive notizie è la nuova guerra scatenata a Genova controgli ambulanti. Se volete saperne di più vi invito a vedere come la racconta «Corriere dell’immigrazione», che non mi stanco di consigliare alle persone interessate a quel groviglio di questioni che io qualche volta, quando cado nella siglomania, definisco «mirmema» cioè Migrazioni Interculture Razzismi Meticciato E Molto Altro.
IV – Il papa e il clamore
Inizio luglio, Lampedusa. Tutti sanno cos’è accaduto. In questa rubrica il gesto di papa Francesco necessariamente finisce nella sezione «buone notizie». Se la Chiesa cattolica vuole però incalzare l’Italia (condannatissima in tutte le sedi internazionali per le sue politiche rispetto ai migranti) sui fatti, cioè sul concreto agire di ogni giorno, dovrà sudare ben più delle 7 tradizionali camicie. E infatti come segnala Fulvio Vassallo Paleologo su «Cronache di ordinario razzismo» – un’altra newsletter (on line) che a mio avviso va seguita e sostenuta – negli stessi giorni dell’invito alla solidarietà e al rispetto lanciato dal papa, il governo italiano confermava i suoi accordi con la Libia per la feroce repressione verso chi tenta di migrare. Dunque, al di là della solita retorica o dei differenti commenti, i media non riescono – proprio come la politica ma questo non li giustifica – a ragionare sull’esistenza di strategie differenti che riguardino le migrazioni: possibile che si oscilli solo fra l’idea di una emergenza (termine ridicolo: guardate sul vocabolario cosa significa) condita di repressione e il nulla?
V – I media senza memoria
Pochi giorni dopo il tentativo del papa di parlare alla «politica italiana», altri due eventi clamorosi infiammano i media: gli insulti razzisti di Calderoli e «il giallo kazako». Si sa che un difetto del giornalismo in genere e italiano in particolare è la smemoratezza: come recita un vecchio detto le notizie sono sempre orfane (cioè pare che in precedenza non sia accaduto nulla di collegabile) e – aggiungo io – spessissimo sterili, cioè non vengono collegate alle sue conseguenze. Questi di Calderoli e del Kazakistan sono due casi da manuale.
VI – La ministra e il clamore
Do per nota a tutte/i la vicenda degli insulti di Calderoli, vicepresidente del Senato e leghista, alla ministra Cecile Kyenge. Indignazione quasi generale. Bene. Però leggete qui sotto quel che scrive (il 14 luglio) Peppe Sini, responsabile del «Centro di ricerca per la pace e i diritti umani» di Viterbo sotto il titolo «Se questa indignazione è autentica».
VII – Un appello da Viterbo
«E’ bene che vi sia stata una indignazione corale per l’ultimo infame insulto razzista di un pessimo ex-ministro all’indirizzo di una ottima ministra in carica, la ministra Cécile Kyenge che tutte le persone ragionevoli e oneste apprezzano e sostengono. Se questa indignazione è autentica, dovrebbe riguardare non solo le infami parole razziste, ma anche gli infami atti razzisti commessi negli scorsi anni da sciagurati governanti golpisti.
Se questa indignazione è autentica, dovrebbe persuadere il Parlamento ad abolire al più presto le infami misure razziste scandalosamente tuttora presenti nel corpus legislativo.
Occorre rispettare la Costituzione della Repubblica Italiana che all’articolo 2 afferma che «La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo» e all’articolo 10 afferma che «Lo straniero, al quale sia impedito nel suo Paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d’asilo nel territorio della Repubblica».
Occorre abolire la persecuzione dei migranti.
Occorre abolire il cosiddetto “reato di clandestinità”.
Occorre abolire i campi di concentramento.
Occorre abolire le deportazioni.
Occorre abolire la schiavitù.
Occorre consentire la libera circolazione di tutti gli esseri umani sull’unico pianeta casa comune dell’umanità intera.
E occorre altresì legiferare subito che ogni persona ha diritto a votare nel luogo in cui vive, lavora, paga le tasse, contribuisce al bene comune.
Occorre altresì legiferare subito che ogni persona che è nata in Italia deve avere i diritti di ogni persona che è nata in Italia.
E’ dovere di ogni persona decente e di ogni istituzione democratica opporsi alle parole razziste ed agli atti razzisti.
E’ dovere di ogni persona decente e di ogni istituzione democratica difendere e promuovere i diritti umani di tutti gli esseri umani.
Siano immediatamente abolite tutte le infami misure razziste imposte da precedenti sciagurati governi nel nostro Paese».
VIII – Parole e fatti
Concordo su tutto con Sini. Anzi no, c’è una questione sulla quale ho un diverso pensiero. Che Calderoli sia un «pessimo ex-ministro» è dimostrabile (non solo sulla questione del razzismo) che Cecile Kyenge sia «una ottima ministra» è invece ancora da dimostrare. Di certo è un’ottima persona (sappiamo abbastanza di lei per sbilanciarci) ma come ministra finora – ed è evidente visto che è in carica da poco tempo – ci ha dato molte parole “ottime” (e le parole sono importanti) ma nessun fatto di rilievo (e i fatti sono più importanti). Se a esempio riuscirà a far revocare alcune delle infamie citate sopra da Sini oppure a varare una legge sulla cittadinanza sarà certamente un’ottima ministra. Nell’attesa bisogna prendere atto delle sue oscillazioni (che sono poi, è evidente, quelle del governo Letta-Alfano): come faceva notare Sel «a maggio Kyenge aveva detto che lo ius soli era una priorità del governo, a luglio ha detto il contrario».
IX – Un dubbio
Se appunto qualcuno cercasse coerenza (e memoria) fra i giornalisti si stupirebbe per un certo “stupore” che si ritrova a proposito degli insulti di Calderoli. Infatti lui, Bossi, Maroni e i vertici della Lega hanno detto e scritto ben di peggio: hanno invitato a sparare sugli immigrati come sui “leprotti” solo per dirne una. Hanno varato leggi pessime dovunque erano al governo, spesso così fuori dalla Costituzione (cioè dalla democrazia) che molti giudici nonché la Corte Costituzionale le hanno bocciate. Possibile che quasi nessuno lo ricordi? Ma allora perché questa volta quasi tutti si sono indignati mentre in passato invece ad arrabbiarsi erano i pochi e soliti “noti”? Ho due risposte: una ottimista e l’altra realista-pessimista. Se prevale l’ottimismo allora si può rispondere che finalmente in Italia il vento è cambiato, dunque da questo momento in poi il razzismo non sarà più tollerato. Se invece prevale il pessimismo (condito da realismo però, cioè da un attenta osservazione di quel che accade) temo che Calderoli sia stato criticato soprattutto perché ha attaccato una ministra: la casta non si tocca e dunque contro un «bongo bongo» qualsiasi si può dire tutto (e fare quasi tutto) ma chi entra nelle istituzioni invece non va offeso. Al solito sono un “pessottimista” cioè credo che ci sia del vero tanto nell’una che nell’altra interpretazione.
X – L’espulsione kazaka e il clamore
Anche per la vicenda di Alma Shalabayeva do per scontato (faccio bene?) che tutte/i sappiano di cosa si parla. Anche se i giornali parlano di «giallo» in realtà è tutto chiarissimo. Un tipico caso di servilismo verso i potenti mescolato a disprezzo verso i i diritti. Nel merito molto bisognerebbe indagare (e invece ben poco i giornalisti se ne interessano) sugli intrecci fra la “nostra” Eni e il regime del Kzakistan. Però in generale – e soprattutto per quel che riguarda i migranti – si può annotare come quasi tutti i media tengano ben separata questa vicenda da quella più generale delle espulsioni, dei profughi, dei richiedenti asilo. Le ragioni di questa “lacuna” sono molte e antiche ma una si collega – con ogni evidenza – al “pessottimismo” espresso sopra: forse il clima può cambiare ma probabilmente soprattutto per le espulsioni “illustri” mentre per i poveri cristi (e le povere criste, se mi permettete il neologismo) da cacciare può continuare il solito trantran.
XI – E a proposito di “povere criste”…
Come sa chi segue questa rubrica, tra le molte e varie – ma sempre brutte – facce del razzismo, c’è il sessismo. La logica (anzi: non logica) delle sparite/sparate è analoga. Questa qui sotto, a esempio, è una classica notizia che i media preferiscono non dare, sparita dunque. Io l’ho ripresa, e un pochino sintetizzata, da «lunanuvola», il bellissimo blog di Maria G. Di Rienzo (che ha anche tradotto il testo, datato 21 maggio 2013 in italiano). Il titolo originale era «An Open Letter to Facebook», prime firmatarie Soraya Chemaly, Jaclyn Friedman e Laura Bates.
XII – Lettera aperta a Facebook
Noi firmatarie/firmatari della presente scriviamo per chiedere un’azione veloce, estesa ed efficace che affronti la rappresentazione di stupro e violenza domestica su Facebook. Nello specifico chiediamo a voi, Facebook, di intraprendere tre azioni:
1. Riconoscere i discorsi che trivializzano o glorificano la violenza contro bambine e donne come discorsi di odio e impegnarvi a non tollerare tali contenuti
2. Addestrare efficacemente i moderatori a riconoscere e rimuovere i discorsi di odio basati sul genere.
3. Addestrare efficacemente i moderatori alla comprensione che le molestie online hanno un effetto diverso su donne e uomini, in parte dovuto alla pandemia della violenza contro le donne nel mondo reale.
A questo fine, stiamo chiedendo agli utenti di Facebook di contattare chi fa pubblicità su Facebook e i cui annunci appaiono accanto a contenuti che usano le donne come bersagli di violenza, affinché chiedano alle compagnie commerciali di ritirare i loro annunci […] sino a che voi non intraprenderete le azioni succitate per bandire i discorsi di odio basati sul genere.
Specificatamente, ci stiamo riferendo a gruppi, pagine e immagini che esplicitamente minimizzano o incoraggiano stupro o violenza domestica, o suggeriscono di riderne o di vantarsi al proposito. Pagine che attualmente sono su Facebook includono [segue un lungo elenco] e molti altri. Immagini che appaiono su Facebook includono fotografie di donne picchiate, piene di lividi, legate, drogate e sanguinanti con didascalie del tipo: “Questa cagna non sapeva quando chiudere il becco” e “La prossima volta non restare incinta”.
Tali pagine e immagini sono approvate dai vostri moderatori, mentre voi rimuovete regolarmente fotografie di donne che allattano, donne che hanno subito una mastectomia e le rappresentazioni artistiche di corpi femminili. Inoltre, il discorso politico delle donne, che comprende l’uso dei loro corpi in modi non sessualizzati per protesta, è regolarmente bandito come pornografico mentre i contenuti pornografici – banditi dalle vostre stesse linee guida – restano al loro posto. Sembra che Facebook consideri la violenza contro le donne meno offensiva delle immagini nonviolente dei corpi delle donne, e che le sole rappresentazioni accettabili della nudità femminile siano quelle in cui le donne appaiono come oggetti sessuali o come vittime di abusi. La vostra pratica usuale di permettere tali contenuti affiancandovi un avviso (umoristico) tratta la violenza che ha per bersaglio le donne come una barzelletta.
La più recente stima globale – http://saynotoviolence.org/issue/facts-and-figures – dalla campagna delle Nazioni Unite “Say No UNITE” dice che la percentuale di donne e bambine che hanno fatto esperienza di violenze durante le loro vite è pari a un intollerabile 70%. In un mondo in cui così tante bambine e donne saranno stuprate o picchiate durante le loro vite, permettere la condivisione di contenuti in cui ci si vanta e si scherza sullo stuprare e picchiare donne, contribuisce alla normalizzazione della violenza domestica e sessuale, crea un’atmosfera in cui i perpetratori sono più inclini a credere di farla franca, e comunica alla vittime che non saranno prese sul serio qualora denuncino.
Secondo una ricerca dell’Home Office in Gran Bretagna, una persona su cinque pensa sia accettabile che un uomo, in determinate circostanze, colpisca o schiaffeggi la moglie o la fidanzata come risposta al suo essere vestita in modo sexy o rivelatore in pubblico. E il 36% pensa che una donna dev’essere ritenuta totalmente o in parte responsabile se viene assalita o stuprata mentre è ubriaca. Tali attitudini sono formate, in parte, dall’enorme influenza delle piattaforme sociali come Facebook e contribuiscono a gettare il biasimo sulle vittime e a normalizzare la violenza contro le donne.
Nonostante quel che Facebook dichiara, e cioè di non essere coinvolto nello sfidare le norme e di non censurare ciò che le persone dicono, voi avete in funzione procedure, limiti e linee guida che interpretate e applicate. Facebook proibisce i discorsi di odio e i vostri moderatori maneggiano ogni giorno contenuti che sono violentemente razzisti, omofobici, islamofobici, antisemitici, ogni giorno. Il vostro rifiuto di maneggiare allo stesso modo i discorsi di odio basati sul genere […] contribuisce alla violenza contro di noi. […]
La risposta di Facebook alle migliaia di lamentele […] è stata inadeguata. Non avete rilasciato una dichiarazione pubblica, non avete risposto agli utenti preoccupati, ne’ implementato politiche che migliorino la situazione. Avete agito in modo incoerente […] rifiutando in molti casi di rimuovere immagini offensive di stupro e violenza domestica ma cancellandole immediatamente non appena i giornalisti le menzionavano nei loro articoli, e ciò convoglia il forte messaggio che voi siete assai più preoccupati di agire sulla base di casi singoli e di proteggere la vostra reputazione, anziché […] prendere una posizione chiara e pubblica contro la tolleranza di stupri e violenze domestiche. […]
10 – Finchè c’è lei…
… la Costituzione, qualche speranza c’è – anche in questi brutti tempi – ma bisogna difenderla e applicarla. A partire dall’articolo 10 (numeri arabi sì). Questa rubrica chiude sempre così: un richiamo all’Italia migliore ma soprattutto un impegno a non arrendersi a quella peggiore.
(*) Notizie sparite, notizie sparate. Certezze, mezze verità, bufale, voci. Questa rubrica prova a recuperare e/o commentare un po’ di quel che i media tacciono e/o pompano (oppure rendono incomprensibile, con il semplice quanto antico trucco di de-contestualizzarlo) su migranti, razzismi, meticciato, intercultura e dintorni. E’ una rubrica che esce sul mensile «Come solidarietà». Le puntate precedenti si possono vedere anche qui in blog. (db)