Fred Vargas, Samir Machado de Machado con…

…Telmo Pievani, Marco Malvaldi, Samantha Bruzzone (quattro recensioni di

Valerio Calzolaio)

Sulla pietra – Fred Vargas

Trad.: Margherita Botto e Simona Mambrini

Einaudi 2024 (orig. 2023)

Pag. 467 euro 20

 

Parigi e Bretagna. Primavera 2023. Il basso magrissimo magnetico commissario Jean-Baptiste Adamsberg, da tempo operativo nel tredicesimo arrondissement, spostandosi a piedi da casa alla sua squadra dell’Anticrimine, salva un riccio investito da un’auto pirata e coinvolge un veterinario per farlo tornare nel boschetto. Sul lavoro è ora assorbito da vicende bretoni. Appena arrivato in ufficio si fa portare un giornale dell’ovest con la notizia di un omicidio a Louviec. Vi aveva cenato un mese prima (era andato con lo zaino per partecipare alla riunione conclusiva della spossante caccia che aveva condotto con successo contro un vecchio maniaco, grasso e calvo, paterno e bonaccione, capace di violentare e massacrare in modo atroce cinque sedicenni) e aveva conosciuto la vittima, il grosso guardiacaccia locale che stava chiacchierando del fantasma del castello di Combourg, appena ricomparso dopo un’assenza di quattordici anni. In quella zona aveva trascorso la giovinezza François-René de Chateaubriand e oggi vi gira spesso pure un 53enne sosia, forse discendente dello scrittore visconte. Mentre risolve distrattamente altri delicati casi parigini in contatto con l’amico, collega e vice Danglard (quasi il suo opposto), chiede informazioni al commissario locale e poi, quando avviene il secondo omicidio otto giorni dopo, si trasferisce per indagare a suo modo. La scia di morti sarà lunga, se ne interessa in governo, arrivano rinforzi, finché Adamsberg non si mette comodo su una pietra a pensare lungamente (protetto dalla scorta), quei dolmen, quei menhir là.

Da oltre un trentennio Fred Vargas delizia molti lettori e lettrici: ecco l’ultima godibile opera dell’archeozoologa doppia e multipla, fiabesca e illuminosa Frédérique Audouin-Rouzeau (Parigi, 1957), dotatasi di uno pseudonimo (in comproprietà con la gemella pittrice) per romanzi polar, colti e ironici. Ha la fissa del protagonista, delucidato in terza, maschio ormai senza più libido, in connessione con donne mai seduttive, giunto alla decima avventura della serie. Adamsberg è nebbioso lento trasandato iponervoso ondeggiante, ostinato prolisso visionario; già tiratore scelto, sempre appuntatore assorto e lettore camminante; i pensieri si formano prima ancora che li pensi, non resta mai arrabbiato a lungo, prende sonno all’istante; ha andatura beccheggiante e vagabonda e mangia con indifferenza; noncurante cafone montanaro originario del pirenaico Béarn (padre calzolaio); adulto (e bambino) ficcanaso refrattario alle regole; zigomi prominenti, grande naso aquilino, guance incavate, mento debole, capelli bruni spettinati, algoso sguardo svagato, irregolare accattivante sorriso, carnagione olivastra, torace sodo e muscoli nervosi, voce flautata da tonalità basse e dolci; logica disordinata alla ricerca di pensieri accidentali, fumatore di ritorno, straordinario disegnatore di profili sul taccuino multiuso, privo di amor proprio, spesso di nero vestito, al polso sinistro due orologi (fermi). Qui siamo ancora nell’amata Bretagna! Il titolo riecheggia anche fontane e panchine, in copertina la pietra giusta. A Parigi la squadra è composta da 27 agenti dell’Anticrimine nel XIII°, ognuno descritto con fantastica concreta creatività, fra scartoffie e distrazioni, gerarchie e fobie (tipo 87°); qui ne potrà portare solo cinque quando gli omicidi iniziano a divenire seriali. Ancora una volta si parla di cose orrende come in una fiaba, orripilanti e leggiadre al contempo. Chateaubriand si era occupato della storia dello Zoppo, filo narrativo. Sidro e idromele, oltre al resto. Il generoso acuto oste Johan ha una potente voce di baritono e canticchia spesso arie del Seicento e del Settecento.

 

 

Il crimine del buon nazista – Samir Machado de Machado

Traduzione di Vincenzo Barca

Sellerio Palermo 2024 (orig. 2023)

Pag. 189 euro 14

Brasile (dalla Germania). Ottobre 1933. A Recife i passeggeri della Luftschiffbau Zeppelin fanno sosta a terra, quelli giunti a destinazione, quelli in transito (per sgranchirsi le gambe e fumare) e quelli in attesa del primo imbarco verso la metropoli più a sud, un altro giorno di volo fino a Rio, meta finale. Da Berlino era partito un bel 32enne con recente cicatrice sul volto, Bruno Brückner, funzionario della Kriminalpolizei. Aspetta nel bar dell’Hotel Central sorseggiando whisky e soda. A tardo pomeriggio ripartono, si sono aggiunti a bordo vari ricchi commercianti brasiliani e un altro passeggero dal nome tedesco, Otto Klein, apparentemente suo coetaneo e piccolo esportatore di caffè, che a cena va a sedersi sullo stesso tavolo di Bruno, accanto alla 54enne baronessa austriaca Fridegunde van Hattem, al 44enne dottor Karl Kass Vöegler (esperto di eugenetica), allo sfaccendato dandy 27enne londinese William Willy Hay (esperto d’arte). A quel tempo, dieci volte l’anno, fra giugno e ottobre, quasi tre giorni proprio sopra l’Atlantico, era il dirigibile a consentire comunque il costosissimo volo transatlantico civile fra l’Europa e l’America meridionale: un colosso di duecentotrenta metri, con poco più di una decina di passeggeri e una trentina di membri d’equipaggio. I cinque commensali sono serviti con un menu raffinato e conversano amabilmente, soprattutto della purezza della razza (ariana), contro il pericolo di ebrei, meticci e omosessuali; il nazismo impera e si espande. Durante la notte Klein viene trovato morto in uno dei bagni in comune, probabilmente ucciso, il comandante (ostile a Hitler) chiede a Bruno di indagare nel modo più riservato possibile. Partendo dal presupposto che il capo ha sempre ragione, vi sono poche ore per capire meglio come comprendere in volo e gestire all’arrivo la dinamica dell’omicidio.

Lo scrittore brasiliano, sceneggiatore grafico traduttore (anche di Conan Doyle), Samir Machado de Machado (Porto Alegre, 1981) si è affermato con Homens elegantes (2016) e il pluripremiato Tupinilândia (2019) e pubblica ora un delizioso giallo d’altri tempi per narrarci con finezza e indignazione aspetti cruciali della Germania nazista, in particolare miti e ideologie razziste che purtroppo non finirono lì e allora, con particolare attenzione per l’oppressione degli omosessuali. La narrazione è ironica e tagliente, in terza fissa sull’investigatore. Quasi subito viene perquisita la cabina della vittima, si scopre che aveva due passaporti, uno con nome tedesco, l’altro con nome ebraico, c’è il sospetto che sia una spia comunista. Inoltre, nella sua valigetta vengono trovate un paio delle note riviste erotiche diffuse negli ambienti underground omosessuali della Berlino degli anni Trenta: nudi artistici, articoli che raccontano le campagne di Magnus Hirschfeld, tra i fondatori dell’Istituto di Sessuologia e del primo movimento gay, o i «cabaret della vita» come l’Eldorado, tutto un mondo che in quegli anni rappresentava un presidio di coraggio e libertà contro gli orrori e i crimini delle destre violente. Storicamente veri sono il contesto infrastrutturale del viaggio e significativi personaggi, come il comandante dirigibilista e imprenditore Hugo Eckener (1868 – 1954). La spensierata sferzante spiegazione del titolo, se e quando un nazista può essere buono, è chiarita nelle ultime righe. L’intreccio è da giallo a enigma: l’ambiente borghese circoscritto e le camere chiuse dall’interno, omaggi ai classici della letteratura poliziesca, servono a raccontare l’ascesa del Terzo Reich, le persecuzioni naziste e le ideologie totalitarie di ieri (come di oggi). Willy suggerisce il bianco Puligny-Montrachet per accompagnare la cena. L’eugenetico spiega che gli eletti possono apprezzare Count Basie ma al popolo va vietato l’accesso all’indecoroso jazz, che immette sangue negro nella pura cultura tedesca.

 

 

Tutti i mondi possibili. Un’avventura nella grande biblioteca dell’evoluzione – Telmo Pievani

Raffaello Cortina Milano 2024

Pag. 189 euro 15

Borges, La biblioteca di Babele, 1941. Nell’estate del 1976 quel gran testo capita fra le mani di Frances Arnold (1956), a Madrid in vacanza, lei ventenne studentessa statunitense di Ingegneria meccanica e aerospaziale a Princeton. Avrà un’illuminazione, le resterà sempre in testa durante decenni di studi e ricerche fino al Premio Nobel per la Chimica nel 2018. Se ci fermiamo un attimo a pensarci (sotto una guida sicura) non si trattò di una combinazione solo casuale, bensì possibile, giustificata e feconda. L’immagine della libreria di tutte le librerie un po’ è un’idea di un reale concepibile, un po’ è una metafora di altre idee da concepire intorno alla geometria e alla matematica: un esagono circondato da altri esagoni, 10 alla 84 libri, un numero finito ancorché iperastronomicamente grande, una biblioteca malinconica illimitata periodica, un gioco combinatorio. Ci si riflette da millenni: per rendere il mondo intellegibile bisogna raccontarlo, bisogna esplorare le combinazioni rispettive di parole e cose. Tuttavia, quando ci si trova immersi in una quantità così soverchiante di informazioni e non si ha una guida, il vero e il falso sono indistinguibili e nessuna notizia è attendibile. E se non ci limitassimo ai libri? Se cercassimo una guida adatta? Il noto evoluzionista John Maynard Smith diede uno spunto ad Arnold: fantasticò su un’enorme biblioteca di proteine, i mattoni degli esseri viventi che vengono sintetizzati a partire dai geni. Le proteine sono come parole: sono date da una sequenza di “lettere” di un alfabeto (gli aminoacidi). La selezione fa viaggiare ed evolvere le proteine, i loro geni, gli organismi, le specie, dentro vari paesaggi o ecosistemi adattativi. Eppure, il morfospazio degli animali è pieno di zone vuote: perché? Qual è il senso, per la scienza, di immaginare mondi che non esistono per spiegare la realtà? Dopo più di 40 anni Frances Arnold, svelerà qualche enigma e scoprirà forme e combinazioni che l’evoluzione non aveva ancora esplorato. Lasciamoci guidare.

Il grande Telmo Pievani (Bergamo, 1970) fu allievo di uno straordinario scienziato americano (Stephen Jay Gould, 1941-2002) e oggi è lui stesso maestro di cultura scientifica universale, docente di Filosofia delle scienze biologiche all’Università di Padova, ora visiting professor presso l’American Museum of Natural History di New York. Intrecciando scienza, filosofia e letteratura, tra Lucrezio e Calvino, Pievani ci guida attraverso Babele per mostrarci quanto è vasto e sconosciuto il mondo del possibile che non si è ancora realizzato. L’evoluzione ha esplorato sin qui soltanto un piccolo sottoinsieme del possibile, in barba a tutte le nostre idee di progresso, efficienza, ottimalità, teleologia. Se poi ci accorgiamo che anche tra le forme plausibili di vita ci sono vastissime lacune, allora è sensato pensare che vi sia un elemento di contingenza pure nel modo in cui la realtà si dissemina nello spazio delle possibilità. Così, sperimentando dal basso, con l’evoluzione direzionata degli enzimi Arnold ha scoperto che le proteine possono fare molte cose che la natura contingentemente non ha mai chiesto loro di fare, incluse alcune dalle quali gli esseri umani potrebbero trarre notevole giovamento. Gli enzimi possiedono un potenziale latente, per esempio la scienziata ha realizzato (e offerto gratuitamente all’umanità) enzimi che creano legami carbonio-silicio per prodotti organo-siliconici. I sette capitoli intrecciano mirabilmente Borges e Arnold, contesti culturali e vicende biografiche, antiche intuizioni e polemiche contemporanee, ipotesi studiate e domande future. Capiamo così meglio la storia sociale delle ricerche scientifiche e le intenzionalità logicamente determinate, l’importanza delle domande del ricercatore e delle menti preparate, il ruolo preponderante della contingenza serendipitosa, il peso possibile di errori e dimenticanze, le eventuali anomalie degli accidenti e dei sogni, insomma l’ecologia della serendipità. La specie umana è un’enciclopedia di exaptation (Gould), di riuso ingegnoso e opportunistico di strutture già esistenti. L’ignoto è e sempre sarà sterminato, ma la vera ignoranza non è l’assenza di conoscenza, ma il rifiuto di acquisirla, di usare (insieme e democraticamente) il metodo sperimentale e la razionalità del possibile.

 

 

La regina dei sentieri – Marco Malvaldi e Samantha Bruzzone

Sellerio Palermo 2024

Pag. 338 euro 16

Ponte San Giacomo e Bolgheri, Maremma. Ottobre 2023. La 46enne Serena Martini non lavora da quattro anni, convive con i due figli in piena dipendente età scolastica, da accudire nutrire accompagnare, Pietro (verso i quattordici anni, studia violoncello) e Martino (undici, si allena con lo judo) e il pur ottimo marito (da oltre venti anni) Virgilio, ordinario di Intelligenza Artificiale a Informatica all’Università di Pisa. Lei si era laureata e aveva un po’ lavorato in quanto bravissima esperta di chimica sopramolecolare dei metalli (inorganica), mantiene da sempre uno straordinario olfatto (organico) ancor più evidente da quando è divenuta sommelier (talora con collaborazioni retribuite in ristoranti), continua a domandarsi se cercare o accettare lavori a tempo pieno. Quasi tutte le mattine va a camminare con le amiche Giulia e Debora. L’anno prima era stata coinvolta in un’indagine, aveva dato un contributo e si era sentita viva come non le accadeva da tempo. Così si lascia ancora una volta coinvolgere dalla sovrintendente Ana Corinna Stelea, che invece indaga senza annusare, con buon piglio e rigore giuridico, alta un metro e novantuno, capelli biondi e occhi grigi orlati di verde, bellissima e intelligente, non sposata né fidanzata, senza figli. Nel laghetto di una tenuta vitivinicola è stato (finalmente) trovato il motocarro Ape del mitico marchese produttore di vino della tenuta limitrofa Crisante Olivieri Frangipane, pure lui scomparso il 20 ottobre 2013 e allora 75enne. Le due aziende avevano vinto i tre bicchieri del “Gambero Rosso” (Basileus 2010 e Alcielo 2010), insieme a un’altra ventina di altri produttori toscani, e tutti dovevano festeggiare quel dì a Firenze, ma lui aveva mandato la figlia. Serena ricorda l’orizzontale di Bolgheri superiore a Castagneto Carducci proprio quell’anno, dove aveva conosciuto molti dei protagonisti. Corinna la manda in avanscoperta, le due marciano in parallelo, anche il cadavere verrà fuori e qualche intrigo dovrà essere svelato, prima o poi.

La chimica scrittrice Samantha Bruzzone (Genova, 1974) e il chimico scrittore Marco Malvaldi (Pisa, 1974) sono incidentalmente sposati da una ventina d’anni, da sempre appassionati di gialli per deformazione professionale. Nel loro secondo godibile odoroso bel romanzo a quattro mani fanno ancora di continuo riferimento alle differenze fra fiction e no fiction, fra letteratura o cinema e realtà, continuano a scherzare spesso, ben venga! Malvaldi è divenuto un apprezzato originale vendutissimo giallista dal 2007 con l’inizio della celebrata divertente serie del BarLume. Nel 2011 iniziò a intervallare le avventure matematiche dei vecchietti di Pineta con altri romanzi di genere e con saggi di natura scientifica. Le divagazioni sono via via divenute prevalenti, per il gusto nostro e di lettori curiosi che cercano intrattenimento e divulgazione. Il giallo (umoristico) di coppia non è una divagazione. Insieme hanno già scritto vari libri per ragazzi e la moglie era sempre ringraziata dal marito per il contributo preventivo alle stesure dei testi. Nei loro romanzi la narrazione al passato alterna capitoli narrati liberamente in prima persona femminile da Serena (non sempre in ordine cronologico, giorni della settimana nel titoletto), a capitoli sulla libera Corinna (nel titoletto le relative disposizioni del codice penale o di procedura penale) esposti in terza da un narratore maschile esterno (che spesso si manifesta per pratica ironia), con l’obiettivo (abbastanza riuscito) della “fusione di punti di vista” di genere. Il titolo fa riferimento ai percorsi fisici e virtuali del camminare di Serena, le analisi chimiche e psicologiche le piacciono davvero, scientificamente. E la suocera Augusta incombe. Le acrobatiche, continue e simpatiche digressioni sul lato comico o paradossale o assurdo o triste della vita questa volta ruotano intorno all’enologia (si impara tanto, fra l’altro su: annate e ampelografia, tappi e bottiglie, degustazioni e temperature, truffe e affari), fatto salvo che l’intreccio resta giallo e il dipanarsi della vicenda un’indagine criminale per scoprire colpevoli. Accanto ad attenzione e pillole scientifiche, battute e toscanismi sono salutari e benvenuti (talora conditi di polemiche sociali contemporanee), si rintracciano anche la ricetta della carbonara e spiegazioni sulla conservazione del vino in frigo. Le bontà e qualità del liquido odoroso (con nomi ed etichette da appuntarsi) sono molteplici. Il paesino è minuscolo e inventato, il contesto quello pisano di San Giuliano Terme.

Redazione
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