L’europarlamento vota per l’escalation militare in Ucraina

da Alessandro Marescotti (ripreso da peacelink.it)

Ci sia consentito porre qualche legittimo dubbio. Quanti tra gli europarlamentari favorevoli a questa escalation sarebbero disposti a sostituire coloro che, tra disertori e renitenti ucraini, non vogliono più combattere in una guerra armata dalla NATO? Quanti manderebbero i loro figli e nipoti?

 

Oggi il Parlamento Europeo ha votato per intensificare il sostegno militare all’Ucraina. La risoluzione approvata intende sostenere l’invio di un numero sempre maggiore di armi e, persino, missili occidentali capaci di colpire il territorio russo e le sue basi militari in profondità. Tuttavia, è lecito chiedersi quanto di questo sostegno militare sia davvero ispirato da buona fede. Poniamoci quattro domande e una riflessione finale.

  1. Quanti tra gli europarlamentari favorevoli a questa escalation militare sarebbero disposti a sostituire coloro che, tra disertori e renitenti ucraini, non vogliono più combattere in una guerra alimentata, finanziata e armata dalla NATO?
  2. Quanti di questi europarlamentari sarebbero disposti a lasciare per un solo mese le loro comode poltrone per recarsi al fronte e sostenere direttamente, con coraggio e convinzione, le forze armate ucraine?
  3. Quanti rischierebbero la propria vita per difendere le idee che oggi sostengono con il loro voto?
  4. Quanti donerebbero almeno metà del loro stipendio per supportare la popolazione civile ucraina e le famiglie degli orfani di guerra, vittime di questo conflitto senza fine?

Riflessione finale: negli anni Trenta, migliaia di volontari antifascisti, mossi dagli ideali di libertà e democrazia, partirono per la Spagna per combattere al fianco dei repubblicani e contro i golpisti del generale Franco. Nacquero così le Brigate Internazionali, che riunivano uomini provenienti da circa cinquanta nazioni diverse. Questi volontari diedero un contributo fondamentale, sia militare che morale, alle forze repubblicane, ricevendo anche un grande sostegno da parte di intellettuali antifascisti. Quelle persone erano davvero coerenti: erano pronte a sacrificare la propria vita per le idee in cui credevano. Tra loro, cinquecento italiani persero la vita.

Non è necessario aggiungere molte altre parole. Se non che il Wall Street Journal ha da poco rivelato con uno scoop quello che era un dato segreto gelosamente custodito e che i nostri TG non amavano indagare, ossia che siamo arrivati a un milione di morti e feriti in questa guerra. E’ una catastrofe in stile prima guerra mondiale che sembra non aver insegnanto nulla e che oltre quattrocento europarlamentari vorrebbero ulteriormente prolungare. Ma con la vita degli altri, senza mettere a rischio i propri figli e nipoti e senza tagliarsi le prebende. La guerra continua mentre 20 mila soldati ucraini sono stati dichiarati disertori (un soldato su 10 al fronte) e 800 mila renitenti alla leva sono fuggiti, o si nascondono nelle cantine e nelle campagne per non farsi reclutare da Zelensky. Sempre più soldati non vogliono sparare con le armi occidentali che inviamo loro. Sono scene, anche queste, già viste nella prima guerra mondiale. E in quella del Vietnam. Soldati che non sparano. Che abbandonano il loro posto di combattimento. Lo hanno appurato i servizi di inchiesta americani, non la propaganda filorussa. E, ciò nonostante, approviamo altre risoluzioni per ingozzarli di armi, armi che li obbligheranno a combattere e segneranno la loro condanna, sempre di più, a morire.

Il sonno della ragione genera mostri.

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