Palestina. Domani nella battaglia pensa a me

di Natalino Piras

 

Nico Orunesu Kirku, Drago, 2006

Ieri sera* ho sfogliato un libro di fotografie, “I bambini di Gaza”, opera fotografica di Gazzella Onlus (Roma, Edizioni Q, 2009, 96 pagine, 5 euro).

Era l’ora che la coga di “Bellas mariposas” dal libro di Sergio Atzeni e dal film di Salvatore Mereu, girava per chi sa quale altra parte della città dove abito, Nuoro, accompagnata dai suoi gatti neri a leggere mani e predire il futuro. È un personaggio della nostra tradizione ma sa adattarsi al tempo che attraversiamo, brutto tempo.

I bambini di Gaza, quelli ritratti nel libro fotografico, sono veri. Potrebbero essere nostri coetanei, nostri figli, nostri nipoti. Non hanno futuro. Sono bambine e bambini morti di guerra, orribilmente devastati nel corpo, in qualsiasi parte, bruciati vivi da bombe al fosforo, senza gambe, senza mani, moncherini in carrozzina, neonati imbottiti di fasce, “iffascatos” nell’inutile tentativo di non farli crescere storpi.

Dice in presentazione la coga Margherita Hack, una coga buona e però qui necessariamente spietata, che questo libro documenta di bambine e bambini “vittime delle armi”. E serve a mostrare il «“probabile utilizzo” da parte di Israele di armi non convenzionali contro i Palestinesi, che nell’operazione “Piombo fuso” a Gaza, 27 dicembre 2008 – 18 gennaio 2009, ha causato la morte di più di 1500 civili e il ferimento di altri 5000».

Era nel 2009, quella della coga Hack, una spietata previsione del 2012, del 2023, dopo il 7 ottobre dell’attacco di Hamas contro Israele, dopo il 2024 che Netanyahu gareggia in crudeltà, personaggio di Antico Testamento, con gli hezbollah del Libano.

I bambini di Gaza, di Israele e del Libano continuano a morire, una strage di innocenti. Sono sceso in strada e mi è capitato di incontrare la coga-jana di “Bellas mariposas”. Accade lo stesso ancora oggi. Gli ho chiesto e chiedo alla coga se moriranno ancora bambini a causa della guerra, in Palestina e altrove. E la coga mi ha detto le stesse parole dell’astrofisica Margherita Hack: “Non lasciare che il silenzio uccida gli innocenti”.

La guerra, forse la terza mondiale, è alle porte. È in atto. Cinque anni fa, viaggiatore in Israele, ho visto e avvertito i sintomi della guerra, delle guerre in corso. Volti di giovani soldatesse e soldati per le strade di Gerusalemme. Sorridenti, quasi lieti, nella spensieratezza che danno le ore libere dallo stare al fronte. Perché chi sa domani. Ciascuno di loro era come se ripetesse, per esorcizzare il nemico, la maledizione che Shakespeare nel “Riccardo III”, tragedia dentro una sanguinosa guerra civile adattabile a tutti i luoghi e i tempi, fa dire al fantasma della regina Anna, contro il tiranno che l’ha fatta uccidere: “Domani nella battaglia (quella di Bosworth, in Inghilterra, nel lontano 22 agosto 1482) pensa e me“. E possa la tua spada essere senza filo tagliente quando cade sopra colui o colei contro cui combatti, di modo che sia poi lui o lei a sopraffarti, a ucciderti, ad ammazzarti. Sia il tuo di sangue a sporcare la terra, non il mio.

Dico questo perché l’Iran degli ayatollah, la sanguinaria repubblica teocratica islamica fondata dal criminale Khomeini, falso profeta di liberazione dal tiranno che fu lo scià di Persia, mette, nel mirino della guerra da scatenare, anche Israele. Dopo l’ammazzamento con un paio di missili americani del generale Sulemani, stratega di terrorismo e costruttore di fanatici che compiono stragi e si immolano in nome di Allah, e di altri sette sodati.

Così ieri. Oggi continuano gli ammazzamenti di boia Hamas e hezbollah da parte degli israeliani in guerra, del criminale di guerra Netanyahu. Con i boia continuano a morire molti bambini, una autentica strage di innocenti, oltre quarantamila innocenti palestinesi in un anno, dal 2023 al 2024. Cinque anni fa è stato lo stesso Trump, presidente americano, folle tiranno, autentico criminale di guerra e distruttore di pace e patti stabiliti dai suoi predecessori (ultimo in ordine di tempo Obama, primo presidente nero) a volere la guerra mascherandola di volontà di pace. Oggi Trump rischia di essere rieletto. Israele è sempre più ostinato a continuare la guerra. L’attuale stato ebraico, che come in una sindrome di Stoccolma ritorce su arabi e palestinesi tutto il male subito dagli ebrei nella Shoah, era alleato di Trump è alleato e sostenuto da Biden.

Il mondo, il pianeta terra, è in balia dei suoi distruttori – una delle cause del disastro ecologico globale, Sardegna compresa, sono le fabbriche di armi – e degli eserciti fatti da truppe composte da soldati di leva, perciò costretti, indotti alla guerra, ma pure da mercenari: fare il soldato è un mestiere come un altro, più rischioso ma con buona paga.

Da una prospettiva europea, la nostra, è da tremila e passa anni che i persiani attaccano la culla, cosiddetta, della libertà e della civiltà.

Ma è pure dall’Europa che partirono guerre di conquista dell’Oriente. Alessandro il Macedone era folle e sanguinario, assetato di potere, prima che magno. Le battaglie di Maratona e di Platea, rispettivamente agosto-settembre 490 e agosto 479 a.C. sono paradigmi di libertà ma le truppe degli invasori persiani contro cui combatterono Milziade e Pausania erano rafforzate da mercenari greci: passati dall’altra parte, perciò traditori, per il soldo o per risentimento. Era greco, europeo, il capraro Efialte che mostrò ai nemici il passaggio segreto che permise ancora ai persiani di sorprendere alle spalle Leonida e i suoi trecento valorosi alle Termopili (ancora agosto-settembre 480 a.C.).

Chi sa e come se tutta questa gente, i soldati giusti e i traditori, gli strateghi e gli orchi (ruoli ribaltabili e interscambiabili), i destinati a scampare e i destinati a morire, avranno ciascuno pensato e magari mormorato: domani nella battaglia pensa a me.

Chi sa come questo refrain inventato dal Bardo sulle visioni dei campi di battaglia dopo il feroce scontro tra contrapposti eserciti, lo vivono oggi, adesso, i soldati e le soldatesse destinati alla guerra, tanti lumini inesplosi. E la gente, cosiddetta, civile. Noi europei, noi americani, noi persiani, iraniani e iracheni, noi siriani, noi israeliani eccetera eccetera.

Dovremmo essere noi, gente civile, la maggioranza, a impedire la guerra. Invece ci sovrastano, si sopraffanno, ci corrompono e rendono traditori, una minoranza di guerrafondai, di odiatori di professione, di falsi profeti, di illusionisti del male che progettano e attuano la morte dell’uomo e dell’umanità, criminali specie quelli che corrompono anime e preparano carne da campi di battaglia, in nome del re, della patria sovrana, di Dio. “Preparate le bare!” avvertono così gli iraniani rivolti ad americani e israeliani. “La vostra festa si tramuterà in lutto quando attueremo la nostra giusta vendetta!”. Così parlavano e parlano a milioni di entusiasti succubi, preparandoli a guerre di conquista e di vendetta, di odio e dazione di orrenda morte al nemico, appena ieri, Mussolini e Hitler, appena un ventennio fa così ripetevano i tagliagole nella ex-Jugoslavia, in piena Europa. Tutti a ispessire quel domani nella battaglia pensa a me.

Chi sa perché l’uomo, la razza umana, continua ad avere come orizzonte e come progetto il fumo dei forni crematori di Auschwitz e quello dell’atomica su Hiroshima e Nagasaki, i campi di calcio fatti diventare stadi di fucilazioni e pubbliche esecuzioni di masse di giovani da Pinochet e dalla Cina. Chi sa perché, senza che c’entri Dio in tutto questo. L’ orizzonte e il progetto degli uomini resta il sangue di innumerevoli scannatoi centrali e periferici: in tutto il mondo.

Questo abbiate come memento: ciascuna guerra è più vicina a noi di quanto si creda. E, la guerra, ammazza soprattutto giovani e bambini.

Natalino Piras  9 ottobre 2024  https://www.facebook.com/natalino.piras

*Le stesure precedenti risalgono al 27 novembre 2012, 4 gennaio 2020, 9 ottobre 2023.

Immagini: Nico Orunesu

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